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Autore: Nirvana_04    02/10/2020    5 recensioni
L'aula di musica è sempre chiusa a quell’ora.
L'aula di musica è chiusa per tutti, tranne per te. Vuole sedurti, farti prudere il cuore, ti chiede di abbandonarti all’oblio.
Ascoltare diventa un vizio.

L'orrore non si cancella premendo un semplice tasto, la paura non si dissolve con delle banali scuse. L'amore, però, a tutto questo non bada. E Marine dovrà fare i conti con questa nuova stagione che avanza.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mami Suzuki/Marine, Shinichi Gomi/George
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'In un altro altrove'
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Nei sospiri e sui ricordi, fruscii
 
 
 
 



L'aula di musica è sempre vuota a quell’ora.
L'aula di musica è sempre vuota eppure tu la senti, la melodia. Sembra parlarti, sfregarti lo sterno da dentro.
Accostarti è un’esigenza.
Non sai qual è il suo nome, ma la comprendi. Ne riconosci la lingua. E subito l’incertezza si fa adagio e intreccia un filo rosso, e la solitudine si stempera tra meste note rabbiose e una tastiera d’ossa.
La carne trema.
È così straziante che non puoi fare a meno di far scorrere la porta, mettere un piede all’interno, stropicciarti le labbra. Nonostante la timidezza, nonostante la bocca vuota.
«Ciao...»
Lo senti il freddo dentro, Marine?
«Che ci fai qui?» chiede. “Non avresti dovuto dire quelle cose sul nostro Heric” affoga il tuo respiro.
Non dovresti essere qui, Marine.
«Ti serve qualcosa?» domanda incerto. “Adesso te la diamo noi una lezione” snuda i denti, sicuro.
Avevi sentito qualcosa, una melodia ti era parso. Oppure era il fruscio di un cuore spezzato.
Qualunque cosa fosse, comunque, muore.
 
 


L'aula di musica è sempre chiusa a quell’ora.
L'aula di musica è chiusa per tutti, tranne per te. Vuole sedurti, farti prudere il cuore, ti chiede di abbandonarti all’oblio.
Ascoltare diventa un vizio.
Inizi con passo timoroso, prima dietro la porta, poi sulla soglia. Ogni volta lotti per non soffocare, ma il bisogno è più forte del terrore. Alla fine ti conquisti un angolo, il più lontano possibile da lui. Non parli, non vuoi che lo faccia nemmeno lui. Sono le sue dita che pretendi di ascoltare.  E non ti accorgi che è con quelle dita che George inizia ad accarezzarti le vertebre, i fianchi, l’anima.
Il fiato rantola.
È così doloroso che non puoi fare a meno d’incolparlo per questo, stringere i denti, soffiare la rabbia, rigirare le immagini del passato nella mente. Nonostante la dolcezza, nonostante gli occhi umidi.
«Sai, a volte ci ripenso.»
Lo senti il silenzio, Marine?
«A quello che ti ho fatto» balbetta. “Così impari a stare al tuo posto” ti urla nelle orecchie.
Non dovresti essere qui, Marine.
«Ecco… non ti ho mai chiesto scusa» sospira impacciato. “Chiedi scusa” le ordina violento.
Avevi provato qualcosa, un po’ di pace forse. Oppure era il fruscio di un cuore consolato.
«Non m’interessa.»
Qualunque cosa fosse, comunque, la uccidi.
 
 
 

L'aula di musica è sempre piena di fruscii a quell’ora.
L'aula di musica è piena di fruscii che sfiatano dalla tua bocca e dalle sue dita, e grattano assieme sui ricordi. Non li raschiano via, non potrebbero mai farlo. È più un solletico, il loro raschiare, un leggero tocco di palmi aperti. Calore che smussa l’umiliazione e il risentimento.
Sederti accanto a lui è finalmente un istinto naturale.
Conoscevi il suo nome, una volta, sapevi chi era. Ma ora siete in un altro altrove. Anneghi il silenzio, annega la paura, annegano le distanze. Suonano le fragilità su un sottofondo allegro, si mischiano gli odori, mentre le note viaggiano più lente attorno a voi, un unico respiro.
Lo spirito vibra.
È così struggente che non puoi fare a meno d’implorare che continui, pigiare un tasto bianco, trattenere un sorriso, scambiarsi uno sguardo. Nonostante la vergogna, nonostante l’incertezza.
«Perdonami, sono stato uno stupido.»
Lo senti questo fruscio, Marine?
«No, sono stato… io mi sono comportato come un piccolo diavoletto» sbotta annaspando. Nel tuo sospiro, una leggera brezza.
Non dovresti essere qui, Marine.
«Io… io…» sembra annegare. Sui tuoi ricordi, un fruscio di foglie.
Stai osservando qualcosa, una nuova stagione può darsi. Oppure due cuori che si guariscono a vicenda.
«Ti va… ti va di suonare ancora un po’?»
Qualunque cosa sia, comunque, trattieni il respiro.




 

N.d.A.
Mi rendo contro che questa coppia è assurda, ma io li shipppo da praticamente una vita, da quando ho visto per la prima volta il cartone, a dimostrazione del fatto che "stranezza" è sempre stato il mio secondo nome.
Ci sono alcune cose che devo specificare.
La prima è che non avrei mai trovato la voglia di scrivere questa storia senza l'incoraggiamento di MusicDanceRomance, per qualunque lamentela potete rivolgervi direttamente a lei.
La seconda cosa è che, pur non essendo pienamente una Soulmate!AU, ci sono forti riferimenti al filo rosso che lega due anime gemelle, è comunque un'ambientazione molto nipponica (spero) ispiratami prevalentemente dal bellissimo film d'animazione "Your name". Ripeto, non segue un prompt Soulmate, ma il messaggio resta quello.
La terza cosa è che ho sempre immaginato George suonare il pianoforte e tenerlo segreto a tutti. Mi rendo conto che è un mio headcanon, influenzato soprattutto dalla famiglia di lui, benestante, che lo voleva iscrivere in una scuola privata di elite. Ho immaginato, quindi, che fin da piccolo gli avessero fatto prendere lezioni private di musica. Sì, è un po' un cliché, ma che ci posso fare. La cosa, dovete ammettere, ha il suo intramontabile fascino.
La quarta cosa è che - a dimostrazione che il mio terzo nome è "pazzia" - le parole in corsivo sparse nelle varie righe delle tre miniflash formano una specie di pseudo poesia (mi vergogno anche solo a profanare un simile termine).
La quinta cosa è che se siete arrivati fin qua giù vi siete guadagnati la mia stima. Grazie.
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna
   
 
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