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Autore: ChiiCat92    02/10/2020    1 recensioni
"[...] « Cosa ti avevo detto? » lui però spostò lo sguardo da una parte, offeso. « Guardami quando ti parlo. Cosa ti avevo detto? »
Il corpo di Etaìn cambiò forma, progressivamente. Le zampe si allungarono, le orecchie rimpicciolirono, la coda scomparve con uno sbuffo, e quella che prima era una piccola volpe argentea divenne un ragazzino con una zazzera di capelli spettinati e occhi blu. [...]"
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26/09/2020

 

Cerchio


« So che sei lì. » 

Etaìn, a sentire quelle parole, rimase immobile, la zampa destra sollevata e la coda improvvisamente ritta. 

« Andiamo, esci. » 

Con uno sbuffo, Etaìn saltò fuori dal cespuglio dentro cui si stava nascondendo.

Gli occhi rossicci di Diaspro lo fissarono con disappunto. 

« Cosa ti avevo detto? » lui però spostò lo sguardo da una parte, offeso. « Guardami quando ti parlo. Cosa ti avevo detto? » 

Il corpo di Etaìn cambiò forma, progressivamente. Le zampe si allungarono, le orecchie rimpicciolirono, la coda scomparve con uno sbuffo, e quella che prima era una piccola volpe argentea divenne un ragazzino con una zazzera di capelli spettinati e occhi blu.

« Di non seguirti. » rispose, un broncio infantile sulle labbra. L’adolescenza era adatta al suo corpo, scattante, pieno di energia, tonico per lo scorrazzare nei boschi, ma sul suo volto era nota stonata. 

Suo malgrado, la donna non poté impedirsi di sorridere, un sorriso, però, che non si estese agli occhi. « Non voglio che lasci il bosco, lo sai. Ė pericoloso. E per di più… » 

« Stai andando ad una riunione del Consiglio, lo so. » sbuffò di nuovo il ragazzino. 

Spostò il peso del corpo da un piede all’altro. Nudo, come sempre quando cambiava forma, non suscitava più alcun imbarazzo in Diaspro, che l’aveva visto letteralmente muovere i primi passi. Ma la delicata pelle lattea cominciava ad accapponarsi per il freddo.

All’improvviso l’aria dell’estate si era fatta più fresca, le giornate avevano cominciato ad accorciarsi, il cielo a diventare sempre più plumbeo, il Sole più lontano, e alla fine era arrivato l’autunno con le sue pennellate di arancione e giallo. Etaìn non se ne sarebbe accorto se Diaspro non fosse stata convocata dal Consiglio. 

« Vorrei solo...venire con te. » 

Il modo in cui piegava la testa verso il basso e la guardava tra le folte ciglia, le lentiggini che ricoprivano il suo corpo come una pioggia di stelle, le spalle basse...e gli occhi pieni di adolescente malizia: Etaìn sapeva come colpire Diaspro, e approfittava di ogni spiraglio nella sua invisibile armatura. 

« No. » disse lei, secca. « Non stavolta. »

« Lo dici tutte le volte! Se non stavolta, quando?! » 

« Non stavolta. » ribadì la donna. Le dita si strinsero intorno al cuoio della sacca, la mascella si strinse. 

Non stavolta, e neanche la prossima. Mai.

Se avesse potuto proteggere Etaìn per sempre dal Consiglio l’avrebbe fatto, a costo di tenerlo legato nel suo capanno nel bosco.

« Non vediamo una Cacciatrice da mesi, e tu non mi permetti di assisterti in nessuno dei tuoi rituali. Ma posso farlo, sono pronto. » 

« Non è questione di essere pronto o meno, queste non sono faccende che ti riguardano. » 

« Ė perché sono un maschio? So che le streghe sono tutte donne ma...ci sarà qualcosa che posso fare e… » 

« Non è per questo. » 

« E allora? Sono troppo giovane? Ho sedici anni! » 

« No. » 

« Per cosa allora?! »

Perché non sei umano, e loro vogliono il tuo sangue. 

Diaspro tirò un profondo respiro, cercando di calmare il pulsare frenetico del cuore nelle tempie, annuncio di un temporalesco mal di testa. 

« Ti prego Etaìn, torna a casa. Ne parleremo domani. » 

Il ragazzo avrebbe ribattuto ancora se non fosse stato per il fuoco negli occhi di Diaspro. Per un attimo ne ebbe paura. La magia che fluiva nelle sue vene era rovente, la circondava come un’aura di calore, poteva essere gentile come il fuoco del camino, o devastante come un incendio.

Abbassò la testa, risentito, e mosse qualche passo indietro. Nel farlo il suo corpo cambiò forma, tornando a essere quello di una piccola volpe bianca. 

Saltellò tra i cespugli, sparendo alla vista di Diaspro. 

La donna rimase ad osservare il punto in cui era sparito per un lungo istante. Avrebbe potuto lanciare un incantesimo per accertarsi che se ne fosse effettivamente andato ma voleva fidarsi di lui, doveva, altrimenti l’avrebbe perso. 

Non poteva perdere l’unica cosa che per lei contasse davvero, non se lo sarebbe mai perdonato.

Volse le spalle e riprese a camminare. 

 

Le streghe del Consiglio avevano già iniziato i preparativi per il rituale.

Il cielo era ormai scuro, la Luna al primo quarto gettava più ombre che luce sul campo. 

Al centro del cerchio di pietre era stato acceso un fuoco, il suo canto fatto di scintille e scricchiolii riempiva l’aria.

Quando arrivò, Diaspro fu accolta da silenti cenni del capo e occhiate taglienti.

Una coppa passò di mano in mano finché non arrivò a lei.

L’odore acre del nettare le riempì le narici, e provò, provò davvero, a non sentirsi felice per essere lì, con le sue sorelle, al chiarore di quel quarto di luna, tra le prescelte del cerchio di pietre. 

Ma come poteva non esserlo? Era tutto il suo mondo, era quello che era.

Bevve avidamente e ascoltò con piacere il suo corpo che si abbandonava al nettare. 

Quasi dimenticò perché, sulle prime, aveva rifiutato l’invito del Consiglio. 

Tanto era presa dal calore del fuoco e del nettare e della magia che non si accorse del musetto bianco della volpe che occhieggiava a poca distanza, nascosto dal buio e dalla fortuna.

Etaìn l’aveva seguita, ma prima di tutto...l’aveva tradita. 

Osservò con i suoi occhioni blu le streghe che danzavano intorno al cerchio, la pelliccia gonfia per il potere magico che riempiva l’aria, le zampe tese, pronte alla fuga.

Benché non sapesse cosa stessero facendo, lo capì subito: Diaspro aveva ragione a non volerlo portare con sé. Quello non era il suo posto.

Sentì la sensazione di pericolo fargli formicolare la pelle, fremere i baffi. Avrebbe voluto avere la forza di andarsene, ma le zampe erano incollate al terreno da una forza estranea. 

Fu quasi costretto a vedere e sentire le urla della ragazza.

Pregava e guaiva insieme come un animale quando la trascinarono nel cerchio intorno al fuoco che ora formavano le streghe. 

« Vi prego, vi prego! » strillava la ragazza, poi cadde bocconi sul terreno.

Era nuda, Etaìn poteva vederla chiaramente. Anche se non avrebbe voluto. 

Non voleva vedere i suoi capelli d’argento e gli occhi color del cielo, né la coda e le orecchie canine che affioravano dal fondo della schiena e sulla testa: una mutaforma.

Etaìn provò una sensazione che non aveva mai provato fino a quel momento, un senso di appartenenza ma anche di estraniamento. Era una della sua specie, un’altra che, come lui, poteva capire il richiamo della foresta, il bisogno di sentire la pioggia sulla pelle, la terra sotto le unghie, ma allo stesso tempo gli era estranea, pericolosa come una notte di tempesta.

“No”. si ritrovò a pensare, stretto nel suo anfratto buio, al sicuro tra i rami di un cespuglio.

« NO! » gridò la ragazza mutaforma nel cerchio di streghe.

Cercò di cambiare forma, e per un attimo ci riuscì anche, il suo corpo si ricoprì di pelliccia color di luna. Ma non riuscì mai a portare a termine la trasformazione. 

Una delle streghe, Etaìn non riuscì a vedere chi, la pugnalò al cuore, e dopo di lei un’altra colpì, a fondo nella carne, e poi un’altra, e un’altra ancora. Anche Diaspro? Etaìn non avrebbe saputo dirlo.

Gli occhi erano pieni di lacrime, riusciva a malapena a pensare con le urla della mutaforma morente che gli straziavano le orecchie.

Corse, corse più veloce che poté, scappando da quel cerchio di pietre, fuoco, sangue, e streghe. Corse per allontanarsi dalle urla della ragazza e da Diaspro e il pugnale e la carne che cedeva sotto la lama.

 

Alle prime luci dell’alba, Diaspro rientrò. 

Etaìn era nascosto sotto il letto, come quando era bambino, incapace di cambiare forma per lo shock. 

La strega lo chiamò a gran voce, finché, forse spinta da un insolito istinto materno, non andò ad accucciarsi sul pavimento per controllare sotto il letto.

« Sei qui! Dai vieni fuori, preparo la colazione. » 

Etaìn, però, non riuscì a muovere un muscolo. Diaspro profumava di rugiada e polline, sui suoi abiti non c’era traccia di sangue, degli orrori che erano capitati quella notte, dalla morte. 

Non c’era traccia di ciò che era successo nel cerchio di pietre.  


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The Corner 

Diaspro ed Etaìn sono due personaggi a cui sono molto affezionata; nati l'anno scorso proprio con il writober avevano in realtà un mondo loro e un enorme potenziale...mai espresso. Forse perché il fantasy non vende più? 

Chii

 
   
 
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