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Autore: Bloodred Ridin Hood    03/10/2020    1 recensioni
Jin sconfigge Kazuya e impara ad avere pieno controllo del Devil.
A questo punto deve prendere delle decisioni.
[Ho immaginato un possibile scenario post Tekken 8(?) che non è ancora uscito] [Perché noi invecchiamo, ma questi personaggi hanno perpetuamente 21 anni e non è mica giusto!] [Squarci di vita quotidiana sullo sfondo di un ambiente professionale]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Jin Kazama, Lars Alexandersson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questione d'estetica

 

“Muoversi!! Che fate ancora lì?! Come è possibile che ho il doppio dei vostri anni e il doppio del vostro fiato?! Chi è il migliore? Chi è il migliore?! Non vi sento! Più forte! Rispondete, se non volete fare altri venti giri dell’edificio!”
“Tu, Paul!!” urlano le reclute della Tekken Force disperate, costrette a salire le scale esterne del grattacielo per il riscaldamento pre-addestramento mattutino.
L’istruttore scoppia a ridere fragorosamente e riprende la sua corsa skip in testa alle reclute come se niente fosse.
Jin osserva la scena soddisfatto dalla sua terrazza. Phoenix avrà pure un atteggiamento un po’ eccentrico, un po’ megalomane e fuori dal comune, ma non c’è dubbio che stia facendo sudare quei soldati. E i progressi iniziano a vedersi.
“La gioventù è questione di fiato! È tutta questione di fiato!” continua ad urlare Paul, con il respiro solo appena affannato, sparendo dietro l’angolo.
Jin si accende la prima sigaretta della giornata e non riesce a non sorridere pensando all’ironia della situazione. Questione di fiato.
Emette una prima nuvola di fumo e ripensa a quando quella stupida abitudine si è insidiosamente fatta strada nella sua vita. Non è stata una questione estetica per lui, non è stata una questione di moda, non la voglia di trasgressione e neanche curiosità. Era semplicemente un altro esasperato gesto di autolesionismo, di dichiarato odio per sé stesso, per quella vita maledetta, come l'abitudine di dormire tre ore a notte e di mangiare solo quando occasionalmente se ne ricordava. Non ha provato sostanze più distruttive solo perché gli serviva conservare una costante lucidità, ma ha comunque adottato tutta quella serie di abitudini poco salutari, invalidate dalla assoluta convinzione che la sua impeccabile forma fisica era comunque garantita da un aiuto di natura demoniaca, il tanto che bastava per raggiungere i suoi obiettivi. E poi c'era anche quella convinzione, quasi certezza, che non avrebbe comunque avuto il tempo di morire per via del suo stile di vita. Molto più realisticamente parlando, la sua fine sarebbe arrivata per mano di un qualche demone, di qualche suo familiare, o persino di sé stesso, entro i venticinque anni d’età.
Questa convinzione però, poteva aver senso fino a che demoni e familiari erano ancora in circolazione. E adesso che di anni ne aveva quasi trentasette, e stava effettivamente provando a condurre un’esistenza quanto più normale possibile, tra i lasciti di quel periodo maledetto rimaneva ancora quella stupida dipendenza da nicotina, il cui peso col passare del tempo si faceva sempre più pesante. Perché in fin dei conti questa vita sarà pure da prendere così come viene, ma finché è possibile - e il demone dentro di te non è più un problema così debilitante - cercare di continuare ad esistere il più a lungo possibile non sarebbe poi così una cattiva idea.
Jin riflette osservando quell’oggetto in combustione tra le sue dita, così amato e così odiato al tempo stesso.
“Signore?” una delle assistenti apre la porta finestra del terrazzo.
Jin si volta all’indietro.
“Sono arrivate le candidate per la nuova linea della filiale di moda.” comincia “Sono state selezionate dalle risorse umane, dovrebbero discutere la loro idea con lei. Le ho lasciato la cartella col resoconto del loro colloquio sulla scrivania. Stanno aspettando fuori dal suo ufficio.”
“Fuori dal mio ufficio?” ripete Jin corrugando la fronte “Che ci fanno fuori dal mio ufficio?! Le mandi da Alexandersson! Se ne doveva occupare lui di questo!”
“Signore, le avevo mandate dal signor Alexandersson come era scritto sull’ordine del giorno, ma lui le ha rimandate indietro. Pare che le candidate abbiano espressamente chiesto di poter vedere lei!”
“Non mi importa di quello che chiedono le candidate!” risponde acido “È un compito di Alexandersson! Io ho altro in programma per oggi!”
La donna sospira.
“A questo punto devo informarla che il signor Alexandersson si è fatto carico dei suoi impegni del giorno, così che lei sia libero di ricevere le signore.”
“Che cosa ha fatto?!” esclama Jin arrabbiandosi “E chi gli avrebbe dato il diritto di decidere?!”
“Onestamente non lo so, signore! Ma mi creda sulla parola, non è affatto semplice dover seguire gli ordini di due capi che non sono mai d’accordo tra di loro!” risponde stanca l’assistente “Credo sia meglio che ne parliate voi faccia a faccia!”
Fa per rientrare dentro all’ufficio.
“Beh, comunque dica a quella gente che io oggi non ho intenzione di ricevere nessuno!”
L’assistente si ferma a metà strada e torna indietro.
“Signore, mi dispiace, si sono già accomodate!” dice osservando preoccupata attraverso il vetro della finestra.
Jin inspira silenziosamente un’altra dose di fumo.
“Gli avevo espressamente detto di aspettare fuori, non so cosa dire…” continua la donna mortificata.
“Shibaru, non si preoccupi. Ci penso io a buttarle fuori tra un attimo.” risponde l’uomo con un sibilo “Ma se lo vede, dica pure ad Alexandersson che questa non gliela faccio passare liscia.”
La donna annuisce e torna dentro all’ufficio.
Jin cerca di sbirciare la situazione dentro la stanza, oltre la vetrata. Vede Shibaru gesticolare e dire qualcosa davanti alle due persone che aspettano sedute di fronte alla sua scrivania, poi l’assistente scuote la testa ed esce dalla stanza.
Una delle due donne si volta a guardare verso la terrazza, Jin torna subito a girarsi verso la città sbuffando infastidito. Ma che razza di modi sono questi? Entrare in un ufficio e sedersi come se niente fosse prima di essere stati invitati?!
Questa Lars l’avrebbe pagata. Oh, se l’avrebbe pagata!
“Buongiorno! Si può?”
Jin si volta di nuovo esterrefatto.
Una donna occidentale sulla trentina con dei lunghi capelli biondo platino si è appena permessa di raggiungerlo sulla sua terrazza.
“Lili, torna subito qui! Sei impazzita?! Che razza di figura di merda mi stai facendo fare?!” la richiama un’altra donna asiatica più o meno della stessa età dalla porta finestra aperta.
“Wow, è un posticino interessante questo!” commenta la ragazza bionda guardandosi intorno e notando l’arredamento “Un ufficio all’aperto! Puoi lavorare e nel mentre prendere il sole, è geniale! Dovrei farlo anch'io!” sorride a Jin.
Lui continua ad assistere alla scena incredulo.
“Mi scusi ma che…” inizia a dire, ma è fin troppo confuso per creare una frase coerente “Insomma come…”
La donna sogghigna e si avvicina a lui con passo deciso.
“Cos’è tutta questa formalità? Sarà pure passato un po’ di tempo, ma non mi dirai che ti sei dimenticato di me, Kazama.”
Jin solleva gli occhiali da sole fin sopra la testa e la guarda accigliato, infastidito da quella maleducazione e presupponenza.
“Non ho la minima idea di chi tu sia, ma certamente non hai alcun permesso di stare qui!” sbotta mettendo da parte ogni cortesia “Vattene da sola o chiamo la sicurezza!”
“Oddio, Lili!” esclama l’altra donna andando a ripescarla.

Le afferra un braccio, poi guarda Jin imbarazzata. 
“Mi dispiace per questa intromissione!”
La donna bionda si divincola dalla presa dell’altra e sostiene lo sguardo di Jin.
“Non ricordi chi siamo?” sogghigna la donna di nome Lili “Certo, immagino che la superstar del torneo del pugno di ferro non abbia mai prestato troppa attenzione agli altri partecipanti in gara, non è vero? Non eravamo alla tua altezza?!”
Jin alza gli occhi al cielo. Ecco un'altra ex partecipante al torneo che avrà chissà quale conto in sospeso con lui. 
“Che vuoi che ti dica, non partecipavo a quei tornei con l'intento di farmi degli amici.” risponde acido.
La donna lo guarda con rabbia.
“Azienda petrolifera Rochefort.” dice facendosi seria “Ti dice qualcosa?”
Jin esita per qualche secondo, poi ammorbidisce l’espressione.
“Ecco, vedo che inizi a ricordare.” sogghigna la donna.
Jin annuisce.
“Ho restituito quegli stabilimenti alla tua famiglia anni fa.” dice poi tornando confuso “Che diavolo vuoi ancora?”
“Ehm, penso sarebbe meglio per tutti se ci sedessimo e ne parlassimo con calma e professionalità.” interviene a quel punto l’altra donna.
Poi guarda la bionda con rabbia.
“Questo ovviamente se il signor Kazama avrà voglia di invitarci a sederci dentro al suo ufficio, dopo questa sceneggiata!”
“Il signor Kazama? Anche tu con queste formalità Asuka?!” ride Lili “Siete pure cugini!”
“Cosa?” Jin corruga la fronte sempre più confuso.
La donna di nome Asuka si copre la fronte con una mano.
“Che c’è? È la verità!” 
“Tappati quella bocca, Lili!”
“Ma sta’ zitta tu, Asuka! Che ho detto di male?!”
“Ti avevo espressamente chiesto di non fare menzione di quella cosa!”
“Che male c’è?!”
Jin si riporta la sigaretta alle labbra e osserva incerto quello scambio di battute, come se assistesse ad una sitcom.
“Non dovevi dirlo e basta!”
“Sì, ma perché?!”
“Perché non ha niente a che vedere con il motivo per cui siamo qui!” risponde quell’Asuka.
“Perché siete qui?” ripete allora Jin intervenendo a quel punto “Vorrei capirci qualcosa anche io!”
La donna di nome Lili scoppia a ridere.
“Ma per la filiale di moda, è ovvio!”
“E ora non sarà mai disposto a considerarci dopo aver visto la tua pazzia!”
“Ma vedrai come cambierà idea dopo aver dato un’occhiata alla mia collezione!” continua Lili rivolgendosi a Jin con un sorriso suadente.
“Ok, siete qui seriamente per affari?" chiede Jin con sospetto.
“E per che altro sennò?” lo sfida Lili.
“Chiedermi un risarcimento? Minacciarmi? Uccidermi?” ipotizza Jin “Vi metto in chiaro fin da subito che non ho intenzione di morire e non riuscirete ad ammazzarmi.”
Lili sogghigna.
“Non hai intenzione di morire?” ripete “E allora che ci fai con questa?!”
Lili allunga una mano e con un gesto veloce colpisce la sigaretta di Jin, la fa cadere sul pavimento e la schiaccia sotto la suola della sua scarpa tacco 12.
Jin osserva la scena paralizzato dallo stupore, con le dita ancora a mezz’aria.
Asuka spalanca la bocca e guarda l'altra agghiacciata.
“Ma sei completamente impazzita?!” chiede poi.
“Che c'è? Gli ho fatto solo un favore!” poi si gira da Jin “Che poi, oltre agli ovvi rischi per la salute che tutti conoscono, c'è anche una questione estetica lo sai? Hai idea di quanto siano in grado di imbruttirti queste cose? Per adesso sembri ancora abbastanza giovane e carino, ma tra un paio d'anni quelle già abbastanza evidenti linee in zona occhi, fronte e bocca saranno molto, molto peggio di così e la tua pelle si raggrinzirà e ingiallirà... e fidati che a quel punto nessuno vorrà più aggiungerti nella classifica dei dieci CEO più sexy dell'anno…”
“Che cos…” mormora Jin esterrefatto.
Asuka strattona Lili all'indietro e la zittisce premendole una mano sulle labbra.
“Mi dispiace tanto, non doveva andare così.” dice poi a Jin “Lili è una stilista, io le faccio da manager. È brava, ma come si sarà notato è anche un po' fuori di testa. Avevamo portato un'idea per la nuova linea d'abbigliamento, ma mi rendo conto che il colloquio non sia andato molto bene… hai! Lili sto cercando di salvarci la faccia se non te ne fossi resa conto!”
Lili le ha appena morso un dito per liberarsi la bocca.
Jin la guarda ancora più sconcertato, fin troppo disorientato per arrabbiarsi sul serio.
“Non gli hai detto che siete cugini!”
“Oh sei incredibile!” sbotta Asuka paonazza di rabbia.
Giusto! L'aveva accennato anche poco fa.

“Siamo cugini?” ripete Jin con preoccupazione, in mezzo a tutto quel caos.
Asuka lo guarda con un po' di imbarazzo e annuisce.
“Sei una Mishima?” domanda allarmato.
Un'altra discendente segreta di Heihachi?! Ce ne sono altri in giro per il mondo?! O… potrebbe essere imparentata con gli Hachijo e allora sì che sarebbero guai! 
La donna scuote subito la testa.
“No! Mi chiamo Asuka Kazama.” precisa.
Perfetto, pericolo scampato. Jin tira un sospiro di sollievo interno. 
“Sai che la famiglia di tua madre era originaria del Kansai, giusto? Osaka nello specifico.” dice Asuka.
“Mi dispiace, non so praticamente niente della famiglia di mia madre.” risponde lui.
Asuka annuisce.
“Beh, sì. Era originaria di Osaka e io e te effettivamente siamo imparentati, ma comunque questo non ha importanza.” riprende “Ci dispiace aver sprecato il tuo tempo, ci dispiace aver invaso i tuoi spazi in maniera così maleducata, togliamo il disturbo…”
Inizia ad arretrare, trascinandosi dietro la socia.
“Un momento…” le ferma Jin poi.
“Sì?” fa Asuka preoccupata.
“Sto riflettendo.”
È da folli il fatto che lo stia solo considerando, sa che probabilmente se ne pentirà prima o poi, ma è questione di intuito.
Le altre due lo guardano in silenzio.
“Per essere state mandate qui avete superato il primo colloquio.” riflette Jin.
“Oh sì! E alla grande!” conferma Lili “La nostra linea è piaciuta un sacco al team degli esperti! Abbiamo della roba buona!”
“E poi avete incontrato il mio socio.” sibila Jin maledicendo mentalmente Lars.
“Sì, ma abbiamo chiesto di poter parlare con te, visto che ci conoscevamo già!” spiega Lili “E lui è stato disponibilissimo.”
Jin sospira, scuote la testa fra sé e sé e inizia a camminare verso la porta finestra.
“Avete portato qualcosa da farmi vedere?” chiede poi aprendo l’anta e facendo loro cenno di entrare nella stanza.
Le due si scambiano un’occhiata colma di sorpresa, Lili poi mostra un sorriso compiaciuto.
“Certo, abbiamo un book dimostrativo con tutta la collezione!” risponde Asuka entrando dentro all'ufficio “Perché? Ti interessa vederlo?”
Jin segue Lili all'interno della stanza e chiude la porta a vetri.
“Avanti, sedetevi e ne parliamo seriamente, prima che cambi idea e vi butti fuori!”
“Wow, Asu-chan! Hai visto?!” sibila Lili andando ad accomodarsi.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così davanti alla gente!” soffia Asuka.
Jin alza gli occhi al soffitto.
“Per favore, inizio a sentirmi come il terzo incomodo ad un appuntamento se continuate a parlottare così tra di voi!” commenta Jin raggiungendole alla scrivania.
“Uh, davvero?!” ridacchia Lili, poi si gira dall'altra “Hey, hai sentito che ha detto?!”  
Asuka abbassa lo sguardo un po’ arrossendo visibilmente.
Jin prende il rapporto su di loro, lasciato dalla sua assistente sopra la scrivania e inizia a leggere l’esito del loro colloquio e il giudizio degli esperti del settore.

“Posso sapere come mai… ehm... non ci hai buttato fuori?” vuole sapere poi Asuka.
Lili le dà una gomitata, tirando fuori il book dimostrativo dalla sua borsa.
“Sta' zitta! Che sei, scema? Gli dai idee?!” sibila porgendo il book a Jin.
Lui lo prende e mettendo da parte il rapporto della prima selezione inizia a dare un'occhiata al loro materiale.
“È solo una curiosità…” sussurra Asuka all’altra.
Jin le ignora e continua a sfogliare le pagine del book.
“Beh, tieniti queste curiosità per te!”
Jin si schiarisce la voce, per richiamare l'attenzione su di sé.
“Allora, non farò finta di capirne di questa roba.” comincia dopo un po' “Ma avete ottenuto un’ottima valutazione dagli esperti e deve pur sempre voler dire qualcosa.”
Jin guarda Lili. 

“Tu sei completamente pazza, fastidiosa e maleducata all'eccesso. Ma è vero che a volte follia ed eccentricità sono sinonimo di genialità, specialmente in campo artistico.”
Lili sorride soddisfatta.

Jin guarda Asuka.
“Tu sembri quasi a posto e potresti fare da portavoce per l'artista e occuparti del management come già stai facendo.”
Asuka spalanca la bocca sconcertata.
“Ci stai assumendo?” mormora un po' troppo sorpresa.
Lili le dà una forte gomitata.

“Non così in fretta.” risponde Jin “Dico solo che, per quanto solo l'idea di poter ripetere un'esperienza come quella di oggi mi faccia venire l'orticaria, sembrate effettivamente avere una proposta interessante… e penso che se ne possa per lo meno discutere.”
“Non te ne pentirai!” promette Lili “So che ho una personalità un po’ effervescente e non ho molti freni, ma tanto non ci vedremo quasi mai, no? La nostra sede sarà ad Hamamatsu, no?”
“Sì, e questa è una delle ragioni per cui non sto scartando l’idea a priori.” ammette Jin. 
Poi allunga la mano sulla cornetta del telefono e fa un mezzo ghigno.
“Scusatemi un secondo. Ho bisogno di consultarmi col mio socio.”
Preme il tasto per attivare la chiamata rapida.
“Sì?” Lars risponde dall’altra parte.
“Brutto stronzo.”
“Sì, Shibaru me l’ha detto e sinceramente non capisco perché ti sia arrabbiato tanto. Non appena le ho fatte entrare la bionda ha iniziato ad insistere che avrebbero preferito parlare con te, che eravate vecchi amici.”
“Ha detto così?”
“Sì, ha detto che hanno partecipato entrambe ai tornei. Perché, non era vero?”
“Era vero.” conferma Jin “E quindi di che avete parlato?”
“Di niente, gli ho detto di aspettare fuori e che avrei visto che cosa potevo fare. Poi ho scambiato i nostri programmi della giornata e le ho mandate da te. C'è qualche problema?”
“Hai fatto tutto senza chiedermi che cosa ne pensavo.” ringhia Jin.
“Esatto, perché sei stronzo e ogni tanto queste cose te le meriti!”
Jin fa una smorfia.
“Ah, è così?” sibila “Ma quindi... non ci hai parlato molto? Insomma, non ti sei fatto un’idea su di loro?”
“No, no… perché?”
Jin sogghigna e guarda le due divertito.

“Era una curiosità.” risponde.
“Ma è finito il colloquio?” chiede Lars “Come è andata?”
Jin riaggancia la cornetta senza rispondere e guarda le altre con un sorriso malefico.
“Credo che anche il mio socio abbia il diritto di conoscervi.” dice “Lili, voglio che tu vada nel suo ufficio a spiegargli perché dovrebbe assumerti. Voglio che tu gli descriva la tua arte dando liberamente sfogo alla tua personalità, nel modo più eccentrico, esuberante, estremo... fastidioso possibile!”
Lili lo guarda spalancando gli occhi, piena di eccitazione.
“Sarà divertente! Non sto già nella pelle!”
Anche Asuka spalanca gli occhi, ma con orrore.
“Oddio, no! È già stato un disastro con te!” protesta “La butterà fuori! Non accetterà mai di prenderci!” 
“Tranquilla, io starò a guardare e me ne assumo totalmente la responsabilità.” continua Jin con un sorriso diabolico “Voglio solo ricordare al mio socio che non mi piace che mi vengano cambiati i programmi senza essere consultato.”






 
  
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