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Autore: xerrygorh    03/10/2020    1 recensioni
Genevìeve cercò di trattenere, con scarsi risultati una risatina, attirando però l'attenzione di tutti i suoi compagni e beccandosi così rimproveri del Preside: «Cosa c'è da ridere, signorina?» tutti rimasero zitti e la ragazza smise.
« Non e' un po' presto per i giubbotti in pelle?!» sussurrò all'amica che la zittì nuovamente.
Il nuovo professore udii le parole della ragazza, anche perché la distanza fra i due non era molta,subito esclamò : « Non e' un po' presto per le camice in raso della nonna?» rispose a tono.
Genevìeve alzò un sopracciglio e poi rise.
Genere: Angst, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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"Sembra sempre troppo facile capire le persone al primo sguardo, ma tante volte, dietro un viso che sembra dire: - Io sto bene così come sono-, si nascondono numerosi dubbi, incertezze, paure o sogni segreti.

Ognuno di noi interpreta un ruolo, una parte".

« Bella questa frase! Credo che la posterò su facebook!» esclamò Robin.

«Signore e signori, ecco a voi l'emblema dell'ignoranza, superficialità e idiozia in una sola persona, ovvero Bob! Infangare una frase così, perché?» puntualizzò Charlie, la precisina del gruppo.

«Dio Santo, Charlotte! Era una battuta, però...Sai quanti "mi piace" avrei avuto?»

Concluse sempre Robin, ridendo.

«Abbiamo proprio degli amici stupidi» pensò Charlie guardando Genevieve, la sua compagna di banco, a cui le era bastato un solo sguardo per capirsi.
Le due ragazze erano diventate amiche durante il secondo anno delle superiori, come si erano ritrovate in quel gruppetto di amici scalmanati non lo sapevano.
Di colpo nella classe entrò il Preside e tutti i ragazzi si alzarono in piedi, insieme a lui vi era un ragazzo sulla sessantina; egli portava una giacca nera di pelle, pantaloni stretti e stivali con punta di ferro, sempre neri.
«Cari studenti, lui sarà il vostro nuovo professore di musica.»
Genevìeve cercò di trattenere, con scarsi risultati una risatina, attirando però l'attenzione di tutti i suoi compagni e beccandosi così rimproveri del Preside: «Cosa c'è da ridere, signorina?» tutti rimasero zitti e la ragazza smise.
« Non e' un po' presto per i giubbotti in pelle?!» sussurrò all'amica che la zittì nuovamente.
Il nuovo professore udii le parole della ragazza, anche perché la distanza fra i due non era molta,subito esclamò : « Non e' un po' presto per le camice in raso della nonna?» rispose a tono.
Genevìeve alzò un sopracciglio e poi rise.
«Se fossi in lei, signorina non riderei, dal momento che dovremmo passare un intero anno scolastico assieme e poi, potrei ridacchiare anche io, visto il suo, a mio parere ridicolo colore di capelli» la ragazza sentendo queste parole avvampò, tutti risero; come osava offenderla, dicendo che i suoi capelli tinti rosso fuoco (il suo "marchio di fabbrica"), erano ridicoli? Eppure piacevano a tutti; ella era infatti famosa nella scuola, fra i suoi compagni, proprio per questa particolarità e non solo! Il suo modo di vestire sempre alla moda ma, anche eccentrico la contraddistingueva dalla massa: pailettes, tacchi e gonne color rosa cipria rendevano la ragazza unica nel suo genere.
Spesso e volentieri però i suoi abiti erano causa di polemiche nella scuola poiché considerati "troppo esagerati", troppo corti o troppo aderenti e delle volte anche troppo eleganti, insomma Genevìeve non era un'amante delle vie di mezzo.
O troppo o niente.
Per questo, la ragazza doveva far sempre i conti con i rimproveri da parte dei professori, dal preside e anche dal fratello gemello: Sebastìen, il migliore amico di Robin.
Ella, non mandava giù le critiche, soprattutto quelle mosse poco prima dal professore; rimase comunque zitta, non voleva fare la figura della maleducata.
Dopo qualche minuto di disagio, il professore disse con voce pacata :«Avrete sentito sicuramente tutti parlare di me...O quasi tutti...»
Una mano si alzò proprio sotto il suo naso, si trattava di un ragazzo abbastanza goffo e impacciato con degli enormi occhiali da vista che coprivano mezza faccia: «Io la conosco! Lei è l'ex frontman dei Black Diamond!», il preside si avvicinò al nuovo professore dicendogli: «Il ragazzo che ha davanti si chiama Martin Lambert ed è uno studente modello, è il più preparato, ha il massimo dei voti ed eccelle in tutte le materie».
«Io sono un fan del gruppo, sarà un onore averla come insegnante di musica, lei è una leggenda per me!»
Genevìeve e Charlotte si guardarono con espressione indignata: «Tra sfigati si capiscono» dissero quasi contemporaneamente a bassa voce.
« Potete chiamarmi T.J., é il mio nome d'arte»
«E' carino!» disse il gemello Sebastìen attirando l'attenzione dei suoi amici che si voltarono per guardarlo.
« Il nome intendo.» Precisò, poco dopo.


Alcune ore dopo, tutti gli studenti si trovavano nei corridoi.
«Hai sentito la nuova canzone dei Motionless in White?».
«Si Ian, ma non mi ha colpito molto» rispose Martin ad Ian, il suo migliore amico storico.
«Martin, cosa dici? Il suo assolo di chitarra che farebbe impazzire chiunque» Martin lo ignorò e si mise le cuffiette; si appoggiò al suo armadietto e chiudendo gli occhi, si lasciò trasportare dalla sua musica preferita: il Punk Rock.
Martin era per Robin come una vittima succulenta da torturare prima di uccidere, proprio come un ragno nei confronti dei malcapitati nella sua tela, pensò quindi di fargli uno dei suoi soliti dispetti.
Gli andò vicino senza farsi notare (dato che era distratto per via della musica) e tirò un calcio allo zaino del povero ragazzo scaraventandolo così in mezzo al corridoio.
Martin aprì improvvisamente gli occhi e vide la solita scena che ormai si ripeteva quasi tutti i giorni; Egli si voltò piano dietro di sé e vide i ragazzi che gli stavano ormai da anni rovinando la vita: Robin e il suo inseparabile amico Sebastìen insieme ad altri amici.
Martin lo guardò con timore perché sapeva cosa sarebbe successo dopo, come tutte le volte, anche questa volta.
Con voce bassa e tremante in seguito il goffo ragazzino disse: «Ti prego, lasciami stare» il gruppetto, sentendo le parole del ragazzo si misero a ridere; Robin lo prese bruscamente dal collo, sbattendolo contro l'armadietto, attirando così l'attenzione di chi si trovava nel corridoio, tra cui Charlie e Genevìeve.
Alcuni iniziarono ad incitare il "leader" del gruppo a picchiare il povero Martin.
«Pensi che picchiandomi questa gente ti vedrà come un esempio da seguire,Robin? Picchiare un ragazzo più debole di te ti renderà una persona più forte?» disse il povero ragazzo al suo "aguzzino" guardandolo negli occhi, con la speranza che si rendesse conto della stupidaggine che stava per fare e che cambiasse così idea. Invano.
Robin, si voltò verso il "pubblico" e disse urlando: «Allora gente, gli faccio un occhio nero o no?»
La maggior parte degli studenti urlava di si, mentre il resto rideva e basta.
Improvvisamente, Genevìeve esclamò tra la folla: «Eddai Rob! Non vedi che sta morendo di paura? Lascialo perdere!» il tono della ragazza però non sembrava essere preoccupato, anzi, come se ormai quello spettacolino facesse parte della quotidianità; l'intervento della rossa non fece altro che peggiorare la situazione facendo in modo che Martin si sentisse ancor più umiliato di prima.
Robin ridacchiò per poi lasciare la presa e allontanarsi poco dopo continuando a ridere con i suoi amici mentre altri ragazzi nel corridoio continuavano a canzonare la povera "vittima".
«Se non fosse stato per Genevìeve...Avresti un occhio nero adesso, proprio come due settimane fa» disse Ian.
«Ma per favore! Ha peggiorato solo le cose, quella è solo una una stupida oca giuliva! La odio! Come odio Rob , Sebastìen e tutti quanti!» urlò isterico il ragazzo; tutti i giorni era la stessa storia, era ormai esasperato.
« Devi farti rispettare, invece di subire e basta. Io sono stanco! E' una tortura vedere tutto quello che ti fanno! Che ci fanno!» continuò l'amico, ormai esasperato anche lui.
Martin non rispose, prese le sue cuffie e rimase zitto, chiudendosi in un mondo tutto suo.
Ci passava ore intere così.
Occhi vitrei e un immenso senso di vuoto e di sconforto, sperava che l'ultimo anno passasse in fretta.

   
 
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