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Autore: milla4    03/10/2020    0 recensioni
Rose aveva compreso di aver sbagliato in un giorno qualunque, di un momento qualunque. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e troppo presto per pensare a una fine. Era in un limbo da cui non poter uscire.
Rose - Atticus - Jimmy
Storia pubblicata per il "Gioco di scritura" sul gruppo Caffé e calderotti su Fb
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jimmy Kent
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una rosa senza spine




 
 


 
 



 
«Le rose hanno sempre le loro spine, puoi provare a staccarle una a una ma rispunteranno sempre.»
 
Le profezie della zia Violet erano difficili da dimenticare quanto da smentire, ma Rose Aldridge sapeva che quella volta anche la saggia Contessa Grantham aveva sbagliato. Perché lei, la piccola Rose, aveva perso le sue spine.
 
Era così bello Atticus, dormiva sempre con una mano sullo stomaco, talvolta  facendo rapidi movimenti come a riscaldarsi, e aveva davvero creduto di amarlo, ma giorno dopo giorno mentre lo trovava a letto accanto a sé nel loro appartamento di New York, aveva compreso che non era lui il suo amore assoluto.
Lo aveva capito trovandosi a condividere quell'avventura americana: sarebbero dovuti essere una cosa sola ma la realtà era che lui aveva una base solida, una base su cui poggiarsi e su cui fare affidamento, una base che non la coinvolgeva, anzi, forse la riteneva ostile.
E aveva cominciato a perdere le sue spine. Un'estranea per una religione che era anche cultura; Atticus era così a suo agio alle cene a cui partecipavano e anche se la coinvolgevano nelle loro discussioni c'era sempre uno stacco, un qualcosa che la faceva allontanare. A ben vedere probabilmente non era colpa di quelle persone che cercavano invece di conoscerla senza pregiudizi evidenti, era lei che non aveva trovato quel qualcosa che la faceva sentire a casa in quello Stato, in quelle cene e, soprattutto, in quel matrimonio.
 
Ma la vera ultima rivelazione fu spontanea, come una bolla che aveva trovato il momento adatto per scoppiare.
Un giorno, mentre facevano colazione insieme, lo aveva visto leggere il giornale e lì, di punto in bianco, si era resa conto che non aveva più nulla. Dentro di sé non c'era nulla che potesse assomigliare a un sentimento più forte dell'affetto.
Era stato una mattinata qualunque, senza qualcosa che potesse sconvolgere i delicati passaggi dal sonno alla veglia, di estraneo alla loro quotidianità, eppure era arrivata come uno schiaffo, uno di quelli che sua madre avrebbe voluto darle ma che il loro status le aveva impedito, lì in piena volto. Lì in quel di New York Rose aveva compreso che Atticus non era che uno di quei amori fugaci che i giovani consumano e di cui neanche si dovrebbero ricordare una volta trovato il loro vero posto nel mondo. E invece lei non aveva voluto attendere, sentire i segnali di un qualcosa già provato, una ripetizione del suo modus operandi: ogni cosa che aveva fatto era stata fatta per essere scoperta e veder soffrire sua madre, uccidere quell'odio che le aveva riversato addosso. Ogni volta alzando la posta, ogni volta osando di più.
 
 Perché non aveva compreso, prima di legarsi? Perché quella fretta di innamorarsi in un solo mese?
Un uomo più grande e sposato, un musicista nero e ora lui... Atticus, un bellissimo uomo di una religione contestata e di una famiglia complicata. Forse se non si fosse fermata sarebbe finita come Sybil a sposare un cameriere, forse si era voluta incosciamente salvare da una grande rovina.
 
Erano passati degli anni da quel momento di vera consapevolezza, insieme gli Altridge avevano messo al mondo tre figli e una vasta rete di conoscenze, amicizie false in un mondo che stava diventando pericoloso e senza speranza. E Rose aveva continuato a perdere le sue spine una a una, sentendo il dolore ogni volta che lui la toccava, ogni volta che lui le sorrideva... ogni volta, ogni dannata volta.
Era in trappola. Troppo tardi per tornare indietro e troppo presto per sperare in una fine. 
Lui aveva compreso qualcosa, aveva sentito i buchi lasciati dalla caduta, li aveva toccati, tastati, aveva sentito il dolore che provocavano ogni volta, ma aveva deciso di tacere, di non far comprendere che avesse capito tutto: non era una religione a dividerli ma qualcosa di astratto, di viscerale.
 E piangeva Rose, si stringeva forte le braccia al petto, perché si era messa in qualcosa più grande di lei, qualcosa che non le aderiva più come un vestito che inizialmente aveva deciso di acquistare senza nemmeno provarlo.
 
Poi c'era Jimmy, il cameriere carico di vita venuto in America a trovare il suo futuro e invece aveva trovato una contessina, pronta da salvare.
Si erano incontrati in uno dei pranzi al club dove la crema della società veniva a far sfoggio delle ultime cose acquistate, di mostrare i propri successi.
Lo aveva riconosciuto, ma non aveva potuto parlargli: era una donna sposata ormai e i pettegolezzi erano bestie semplici da concepire. Gli aveva lasciato un biglietto, aveva bisogno di qualcuno che le ricordasse i momenti prima della sua scelta, quando ancora ne aveva altre. Parlarono molto in quel caffé sulla Quinta strada, parlano di Downton, della morte della zia Violet e della perdita del bambino di Mary, dei bei tempi, dei picnic, di quel ballo... 
E da lì era cominciata.
 
Jimmy la faceva sentire ancora giovane, anche se i suoi trentacinque anni erano una realtà ormai vicina. La portava in posti dove non avrebbero dato scandalo, dove poter ballare e bere, divertirsi come una volta, quando aveva diciotto anni e troppa fretta di andarsene. Quando si era sposata non si era resa conto di dover diventare una donna, madre di famiglia. Forse sarebbe stato lui il passo successivo, ciò che avrebbe definitivamente fatto cadere sua madre in mille e luccicanti pezzi... se solo avesse osato. 
No... in realtà non pensava questo mentre dolcemente la prendeva tra le sue braccia, mentre la faceva sua: Jimmy non era soltanto un cameriere, era ciò che le faceva sentire viva, il suo amore assoluto scovato troppo tardi.
Atticus non sospettava nulla, la sua mente non avrebbe potuto accettare di essere stato qualcosa di sbagliato.
 
Ma questo era stato per lei, un attimo che era durato un'intera vita, e non glielo aveva dato a vedere, era rimasta sempre lì, al suo posto, tra pranzi al club e balli mascherati, a fare la madre di figli che non avevano colpa.
Era una brava moglie Rose Aldrigde, se anche la passione in lei era scemata, la buona scuola dell'alta classe inglese le aveva insegnato a dissimulare la cosa, perché così avrebbero potuto andare avanti ancora un po', un giorno alla volta, un bacio alla volta: non avrebbero potuto divorziare, avrebbero portato vergogna alle rispettive famiglie e, sopratttutto, Rose non avrebbe potuto dare questa soddisfazione a sua madre, vedere il suo sospiro di vittoria. No, non se lo meritava. E suo padre... aveva tanto combattuto per lei, se avesse saputo che il figlio che portava in grembo, il quartogenito era figlio di un irlandese spiantato ne sarebbe morto. 
 
 
Rose aveva perso le sue spine, tanto tempo prima e aveva imparato a godere  delle poche che le erano rimaste.




 
Beh... beh... che dire? Per questa storia mi è uscito il personaggio di Rose e il genere  angst e cosa non fare con questo genere se non creare drammoni e sotterfugi in una delle relazioni forse più limpide e coccolose della storia di Downton? 
Ringrazio il gruppo che mi sta facendo impazzire con queste storie (sì. ne vedrete altre e no, non avranno coppie belline e morigerate). Jimmy sarà tipo una banderuola, sappiatelo.

A presto, e non odiatemi troppo 
   
 
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