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Autore: Lamy_    04/10/2020    0 recensioni
Il sergente Hank Voight e la procuratrice Daphne Collins continuano la loro relazione e continuano a lavorare insieme, cercando di trovare un equilibrio fra vita privata e professionale.
Hank è pronto a fare il grande il passo, ma i suoi piani vengono ostacolati da un omicidio che mette in allerta l’intero Paese. Daphne si trova così coinvolta e viene mandata sotto copertura per risolvere il caso.
Quanto si è disposti a infrangere le regole per la persona che ami?
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hank Voight, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE PRIMA
 
UN ANNO DOPO.
Daphne si stava specchiando con attenzione in cerca di eventuali sbavature del trucco. Quella sera era diretta al Gala indetto dal sindaco per festeggiare i venti anni di onorato servizio svolto dalla Procura di Chicago. Sobbalzò quando il cellulare squillò, evitando per un pelo di bucarsi il dito con un orecchino. Era Hank.
“Pronto?”
“Ah, sei viva. credevo di dover contattare l’FBI per avere tue notizie.”
Daphne alzò gli occhi al cielo e sorrise.
“Scusami se lavoro tutto il giorno e non ho il tempo neanche di fare pipì. Comunque, oggi ho trascorso mattina e pomeriggio in tribunale per quel brutto affare di droga e sono rientrata a casa un’ora fa. Adesso mi sto preparando per andare al Gala.”
“Allora in tribunale sono stati onorati dalla tua presenza.”
La ragazza si sistemò il rossetto e aggrottò le sopracciglia, capendo subito dove volesse arrivare il sergente.
“Non ci casco, Voight. Lo so che usi i complimenti per distrarmi, però sappi che non funziona. Sono ancora arrabbiata con te perché non vuoi accompagnarmi al Gala.”
Hank sospirò dall’altro capo del telefono, soltanto due giorni prima avevano avuto uno screzio al riguardo.
“Lo sai che queste feste non fanno per me, c’è gente che odio e non mi va di vestirmi come un pinguino. Inoltre, qui c’è una montagna di lavoro da fare.”
“L’ho capito. Mi dispiace per te perché non hai la possibilità di vedere quanto sono meravigliosa stasera. Indosso un abito con uno spacco esagerato, ma tu non potrai godere della visuale. Sono mozzafiato stasera.”
Daphne si infilò il soprabito e recuperò il portafogli, dopodiché si diresse in soggiorno per cercare le chiavi di casa.
“Allora suppongo che la camera da letto sia campo minato, vero? Avrai lasciato un disordine inimmaginabile.”
Lei lanciò un’occhiata preoccupata alla camera: vestiti accatastati sulla poltrona, scarpe disseminate sul pavimento, trucchi e accessori vari riversati sul comò. Hank si sarebbe di sicuro arrabbiato, anche se poi l’avrebbe perdonata due minuti dopo perché non riusciva a tenerle il muso.
“No, no! E’ tutto in ordine, parola di lupetto!”
Hank ridacchiò, certo che la ragazza stesse mentendo. Daphne a volte sembrava una bambina che fa una marachella e tenta invano di coprire i danni.
“Fingerò di crederci. Adesso devo andare, ho due rapporti da scrivere. Tu divertiti e fa attenzione.”
“Sta tranquillo, sergente.”
 
Hank stava sorseggiando distrattamente una birra quando il resto della squadra entrò al Molly's. Fece loro un cenno ma rimase seduto al bancone, non aveva voglia di stare in compagnia. La sua mente era affollata di pensieri. Negli ultimi tempi stava riflettendo a fondo su una questione personale che riguardava Daphne. Ormai stavano insieme da due anni e la loro convivenza si era rivelata piuttosto facile, nonostante lei fosse disordinata e pigra quando si trattava di faccende di casa. Era innegabile che Daphne avesse portato una nuova luce nella vita solitaria del sergente, lei era piena di energie ed era la giusta dose di vitalità per uno che come lui aveva una storia difficile alle spalle. Per queste ragioni un mese prima aveva acquistato un costoso anello di fidanzamento, che poi non le aveva mai offerto perché una parte di lui era restia a lasciarsi andare del tutto. Era già stato sposato una volta e le cose non erano finite bene, perciò adesso rimuginava sulla sua scelta.
“Sergente, abbiamo un caso!” lo avvisò Kim dandogli una pacca sulla spalla.
“Che succede?”
“A quanto pare c’è stato un omicidio durante il Gala organizzato dal sindaco.”
Hank capì al volo che l’omicidio era avvenuto mentre Daphne era al Gala.
“Chi è morto?”
Jay, che si era appena vicinato, lesse il comunicato al cellulare.
“Mmh, un uomo che era tra gli invitati. Non sappiamo altro.”
Il sergente si alzò senza pagare e si diresse a passo spedito verso l’auto, lasciando la squadra senza ordini. La sua unica preoccupazione era raggiungere Daphne per accertarsi che stesse bene.
“Che gli è preso?” domandò Kevin.
“Tra gli invitati al Gala c’è anche Daphne. Andiamo, di sicuro ci vorrà lì.” Disse Kim.
 
Daphne stava compilando il verbale quando Hank irruppe nel ristorante con la sua solita aria da ‘prendiamo a calci qualcuno’.
“Ti mancavo già?” chiese lei ridacchiando.
Hank le lanciò un’occhiataccia che la fece sbuffare, odiava quando faceva il duro con lei.
“Sul serio? Vai ad una festa e un tizio muore.”
“Scusami, l’omicidio non era previsto nel menù della serata!” replicò Daphne, infastidita.
Il sergente cercò di calmarsi, anche se sentiva l’ansia divorarlo vivo. Si avvicinò a lei e le diede un rapido abbraccio, non voleva attirare occhi indiscreti.
“Tu stai bene?”
“Sto bene, Hank. Non sono io quella stesa sul pavimento.”
“Che cosa è successo? Hai visto qualcosa?”
“No, mi dispiace. Stavo parlando con una vecchia collega di università quando ho sentito una cameriera gridare. Mi sono avvicinata per capire e … beh, ho visto il corpo a terra. Il suo occhio destro è bruciato, o almeno così mi sembra. Non so altro. Scusami.”
Hank le accarezzò il braccio e le rivolse un mezzo sorriso di conforto.
“Non ti devi scusare. Prenderemo il bastardo, stanne certa.”
Daphne annuì e fece un respiro profondo, poi abbozzò un sorriso.
“Va bene.”
“Sai, Daphne, avevi ragione.”
“Su cosa?”
“Sei davvero meravigliosa stasera.” Sussurrò lui, attento a non farsi sentire.
“Allora te ne sei accorto che sono un vero schianto! Iniziavo a temere che non mi avessi notata.”
Hank stava per replicare ma l’attenzione fu attirata dalla sua squadra che entrava per iniziare l’indagine.
“Vado a parlare un attimo con la squadra, poi sono di nuovo da te.”
“Tranquillo, me la so cavare cinque minuti senza di te.” disse Daphne con una risatina.
Mentre lui si allontanava, Daphne tornò dal poliziotto per finire di rilasciare la sua deposizione. Altre poche domande ed era libera di andare.
“Grazie per disponibilità. Buona serata.” Disse il poliziotto, dopodiché torno dai colleghi.
Daphne si guardava attorno e vedeva solo volti spaventati e intimoriti, una bella festa rovinata da un cadavere smuoveva anche gli animi più coraggiosi.
“Daphne Collins, che piacere!”
Voltandosi, incontrò gli occhi velenosi di Carter Wright, ovvero il suo acerrimo nemico in ambito lavorativo. Dopo che Ross era morto e quindi il posto da procuratore era rimasto vuoto, la carica era passata a Daphne e Carter non sopportava di essere stato escluso.
“Carter, che ci fai qui? Ora lavori per le pompe funebri?”
Carter rise senza divertimento, detestava le battutine della donna.
“Sono qui per il caso. Lo sai che sta succedendo, vero?”
Daphne smise di sorridere, di colpo si era fatta seria perché non capiva quelle parole.
“In che senso?”
“Beh, la procura ha avviato un’indagine di valutazione che coinvolge noi due.”
Hank da lontano notò l’espressione pallida di Daphne e lasciò che il coroner continuasse da solo.
“Daphne, tutto bene?”
“Sì, sì, tutto bene.”
“No! – intervenne Carter – Non va proprio tutto bene per la nostra signorinella.”
“E tu saresti?” chiese Hank, innervosito.
“Sono Carter Wright, avvocato penale. Io e Daphne siamo vecchi amici dai tempi dell’università, poi lei mi ha stroncato la carriera.”
“Non ho fatto proprio niente. La procura ha dato a me la carica di Ross perché io era la persona più vicina a lui ed ero a conoscenza del suo lavoro. Sono i grandi capi che non hanno scelto te.”
Carter fece spallucce e rise.
“Sei stata scelta tu solo perché Ross è morto e perché ti scopi il capo dell’Intelligence.”   
Hank lo afferrò per il braccio e strinse forte fino a che Carter non digrignò i denti per il dolore.
“Ascoltami bene, stronzo, perché non mi ripeterò due volte: se tu provi a rivolgerti a Daphne in questo modo ancora una volta, io ti vengo a prendere e ti seppellisco vivo. Sono stato chiaro?”
Daphne, sebbene la vergogna, rimase composta e risoluta.
“Hank, lascia perdere. Sono sicura che Carter avrà già fatto circolare queste voci sul mio conto.”
“In verità tutti sanno che sei stata promossa per le tue doti da amante.” Disse Carter.
“Ora ti spacco la faccia.” lo minacciò Hank.
Daphne tirò indietro il sergente quando vide che il Sopraintende a Interim Jason Crawford era sopraggiunto sulla scena del crimine.
“Per favore, Hank, non è il momento adatto per una scazzottata.” Sussurrò lei.
Carter si aggiustò la cravatta mentre sorrideva soddisfatto per aver colto nel segno.
“Non denuncerò questo spiacevole episodio a Crawford perché quando sarò nominato procuratore potrò licenziare Voight e la sua squadra di bifolchi.”
“Dovrai passare sul mio corpo per ottenere la nomina.” Lo minacciò Daphne.
“La nomina è già a un passo da me. Sei tu che sei indietro.”
Carter la salutò con la mano e andò a parlare con il medico legale per conoscere le sue prime osservazioni.
“Hank, di che stava parlando Carter? Tu ne sai qualcosa?” fece Daphne, ancora nervosa.
“Tu vai dagli altri e vedi cos’hanno scoperto. Io vado a fare due chiacchiere con Crawford.”
Hank era davvero infuriato con Carter Wright sia per come aveva offeso Daphne sia perché stava tramando qualcosa di oscuro. Crawford strinse la mano di una bella donna e si congedò con cortesia, rivolgendo la sua attenzione al sergente.
“Voight, ti serve qualcosa?”
“Mi serve sapere cosa sta combinando Wright. E’ venuto qui a minacciare la procuratrice Collins. Cosa mi sono perso?”
Crawford sospirò e gli fece cenno di seguirlo fuori, non voleva che tutta quella gente assistesse ad una sfuriata eventuale.
“La procura ha avviato un’indagine di valutazione perché vogliono nominare ufficialmente il procuratore distrettuale. La carica di Daphne non è mai stata ufficializzata perché lei è la sostituta di Ross. E inoltre, il suo lavoro viene messo in dubbio per via della vostra relazione.”
“Daphne è un’ottima procuratrice. Non lo dico perché stiamo insieme ma perché è vero. Lei tiene molto al suo lavoro e ci mette tutto l’impegno possibile. Non lascerò che una valutazione rovini la sua carriera.”
Crawford sbuffò, sapeva che Voight era un osso duro da affrontare.
“Hank, non posso fare niente per aiutarti. Daphne dovrà essere valutata. Se la valutazione sarà positiva di conseguenza la nomina ufficiale andrà a lei. Ho le mani legate in questo caso. E sta buono anche tu, altrimenti metti la tua ragazza in difficoltà.”
 
Daphne non capiva perché Hank fosse così silenzioso. Alla fine la squadra aveva richiesto i filmati di sorveglianza e aveva interrogato i presenti, ma intorno alle due del mattino il sergente aveva mandato tutti a casa per riposare prima di tuffarsi su questo caso.
“Hank, perché fai così? Ho sbagliato qualcosa? E’ colpa mia?”
“Non hai sbagliato niente.”
“Allora Crawford ti ha dato brutte notizie? Ti prego, rispondimi.”
Il sergente parcheggiò davanti casa ed emise un sospiro stanco, quella serata non stava andando come aveva immaginato.
“Daphne, l’indagine di valutazione di cui parlava Carter è vera. La procura vuole valutare sia te che lui per capire a chi affidare il ruolo di procuratore.”
Daphne non disse nulla, sembrava stranamente tranquilla.
“Sapevo che la mia carica era provvisoria. Non c’è mai stata una nomina ufficiale. Sono troppo giovane per ricoprire quel ruolo, e sono anche inesperta secondo la procura.”
“Non è solo questo. La nostra relazione getta dubbi sul tuo modo di lavorare.”
“Sapevo anche questo. La procura non accetta che una donna possa essere capace senza fare sesso con qualcuno. E’ odioso questo modo di pensare.”
“Mi dispiace.” Disse Hank, la voce ridotta a un sussurro.
“Nah, non c’è nessun dispiacere. Noi stavamo insieme ancora prima di tutto questo, perciò noi conosciamo la verità. Sono pronta se la procura vuole valutarmi. Carter è uno sciocco e sono certa che commetterà un errore perché non sa lavorare sotto pressione.”
Daphne scese dall’auto ed entrò in casa come se nulla fosse successo. Hank sospettava che quella calma fosse apparenza e che la donna dentro stesse soffrendo per quella situazione.
 
Erano le tre del mattino e Daphne erano ancora sveglia. Se ne stava sul divano a fare zapping fra i canali senza guardare un programma preciso. Indossava una maglia del sergente a maniche corte e i capelli sciolti erano ancora acconciati in morbide onde.
“Signorina Collins, dovrebbe dormire.”
Hank le mise le mani sulle spalle e le baciò la testa, poi si sedette accanto a lei. Daphne distese le gambe sulle sue e si sistemò meglio sul cuscino.
“Signorina, eh? Mi piace quando sei professionale.”
Hank evitò di rispondere a quel tentativo di flirt, non era dell’umore per scherzare.
“Dico sul serio, hai bisogno di una bella dormita. Devi essere nel pieno delle forze per la valutazione.”
“Ora sei noioso. Non mi piaci più.”
Daphne, che non voleva fare discorsi seri, si sedette sulle gambe di Hank e gli diede un bacio a stampo.
“Daphne, non ci provare. Questa valutazione è …”
Lei scosse la testa per interrompere il resto della frase.
“E’ una noia mortale! Sai, invece, cosa sarebbe divertente? Se adesso tu mi portassi di sopra, nel nostro letto, e iniziassi a baciarmi dappertutto.”
Quando Daphne si mosse per mettersi più comoda, la giacca di Hank che giaceva sul bracciolo del divano cadde e dalla tasca interna uscì uno scatolino di velluto nero.
“Non è come pensi!” disse subito Hank.
Lei recuperò lo scatolino e se lo rigirò tra le mani con gli occhi sbalorditi.
“Devo pensare che si tratti di un regalo per la tua amante?”
Il sergente non poteva più nascondersi, quindi le tolse l’oggetto di mano e le mostrò l’anello che conteneva. Il diamante brillava nella fioca luce del soggiorno.
“Volevo chiedertelo da un po’ e pensavo che stasera fosse il momento giusto, però poi le cose sono cambiate e ho deciso di conservarlo per tempi migliori.”
“Sì.” disse Daphne.
“Come, scusa?”
“Ho detto di sì! Sì! Voglio sposarti!”
Hank rise per l’entusiasmo eccessivo di Daphne.
“Ma non te l’ho nemmeno chiesto!”
“Chiedimelo e basta!”
“Vuoi sposarmi?”
Per un istante il mondo sembrava essersi fermato. Hank aveva già pronunciato quella domanda anni addietro, quando aveva capito che Camille era quella giusta. Ora era assurdo che stesse facendo la stessa domanda ad una ragazza di trentuno anni che aveva stravolto la sua vita. Non credeva che i sentimenti potessero bussare ancora alla sua porta, eppure era successo e lui voleva godersi l’attimo.
“Assolutamente sì!”
Daphne gli strappò lo scatolino per indossare l’anello che le calzava a pennello. Hank le prese la mano e dovette ammettere che quel diamante sembrava fatto apposta per lei.
“Questo peggiorerà il tuo punteggio per la valut-“
Daphne lo interruppe con un bacio appassionato, non voleva ascoltare altre lamentele perché era troppo felice per farsi abbattere dalla negatività.
“Sta zitto, Voight. Adesso andiamo di sopra perché la tua futura moglie ha voglia di fare l’amore con te.”
 
Daphne riaprì gli occhi che era già giorno. La sveglia segnava le sette e un quarto, e i raggi timidi del sole penetravano attraverso le persiane. Si girò nel letto e rimase delusa nello scoprire che l’altra parte era vuota. Andò dritta nella doccia nella speranza di svegliarsi per bene e per rimuovere ogni traccia di stanchezza. Era sicura che quella mattina la sua allegria sarebbe stata rovinata da Carter Wright che le dava il tormento per la valutazione. Uscita dal bagno, scese in cucina per un caffè e trovò Hank che rincasava.
“Buongiorno, sergente. Dove vai alle sette di mattina?”
“Ho pensato di comprarti quelle ciambelle con la glassa al cioccolato che ti piacciono tanto. Ho fatto bene?”
Daphne pescò una ciambella dalla confezione e l’addentò, erano settimane che non ne mangiava una.
“Hai fatto benissimo. Sono deliziose!”
“Lo so.”
“Aspetta, perché mi hai comprato le ciambelle? Che cosa è successo?”
Hank si versò il caffè nella tazza e roteò gli occhi.
“Non è successo niente. Volevo solo fare un gesto carino. Dici sempre che non sono romantico.”
“Hank, tu non sei romantico. Tu sei proprio l’opposto del romanticismo.” Replicò Daphne.
Il sergente scrollò le spalle ignorando quella specie di accusa, si versò altro caffè e si appoggiò contro l’isola della cucina.
“Sei pronta a ciò che ti aspetta oggi? Forse la valutazione inizierà stamattina.”
“La smetti di parlare di questa valutazione? Poche ore fa ho accettato di essere tua moglie ma ora inizio a pentirmene.”
“Puoi restituirmi l’anello quando vuoi.”
Daphne si portò la mano al petto e aggrottò le sopracciglia.
“Questo anello rimarrà al mio dito anche se rifiutassi di sposarti. E’ un diamante troppo bello per lasciare che vada sprecato.”
“Quindi preferisci l’anello a me? Buono a sapersi.” Disse Hank, fingendosi offeso.
“Sai com’è, un diamante è per sempre mentre un marito può essere provvisorio.”
“Questa suona come una minaccia.”
Daphne rise e si avvicinò a lui per circondargli il collo con le braccia.
“Quindi tu vedi di fare il bravo maritino, sergente.”
“Io non prendo ordini da nessuno, ragazzina.”
“Oh, lo sappiamo tutti che tu pendi dalle mie labbra. Non fare il furbo con me.”
Hank lo sapeva di dipendere da lei e ciò spesso lo spaventava perché non pensava di poter provare dei sentimenti tanto forti. Qualsiasi cosa Daphne facesse o dicesse per lui era oro colato. Era totalmente in balìa di quella donna. 
Il sergente si chinò a baciarle il collo mentre lei gli stringeva le braccia intorno alle spalle per tenerlo più vicino. Quel momento fu interrotto dal cellulare di Hank che squillava.
“Tempismo tremendo.” Commentò Daphne.
Lui si scostò per leggere il messaggio che gli aveva inviato Adam.
“E’ il lavoro. Ci occupiamo dell’uomo morto al Gala. Tu che fai oggi?”
“Andrò in procura e immagino che conoscerò il valutatore. Vediamo come si evolve questa faccenda assurda. Ti terrò aggiornato.”
Intanto Hank si stava aggiustando la pistola nella fondina per poi coprirla con la giacca.
“Farò tardi stasera. Mi spiace.”
“Non ti preoccupare. Va a salvare il mondo, sergente!”
Daphne gli diede un lungo bacio a stampo e tornò in camera per vestirsi, avrebbe indossato le scarpe più adatte per una guerra aperta con il nemico.
 
Tutta la squadra dell’Intelligence era impegnata a fare ricerche quando un ticchettio rumoroso riecheggiò attraverso le scale. Hank uscì dal suo ufficio e vide Daphne salire gli ultimi scalini. Indossava un tubino nero a maniche corte, un paio di sgargianti scarpe rosse e un giubbotto nero di pelle.
“Guarda un po’ chi si vede!” esordì Kim con un sorriso.
Daphne fece un giro su se stessa con fare teatrale, era sempre la grande protagonista.
“Vengo a portare un tocco di stile in questo ammasso di camicie e t-shirt usurate!”
“Quello che vedo è un diamante?” chiese Jay.
Lei sventolò la mano perché tutti potessero vedere l’anello scintillante.
“Questo, dici? Sì, è un diamante. Ieri notte un certo sergente mi ha chiesto di sposarlo.”
Un boato di schiamazzi si sollevò nella stanza, tutti fischiavano e applaudivano. Hank, invece, scuoteva la testa con le braccia incrociate.
“Uh, abbiamo qui la futura signora Voight!” scherzò Kevin ridendo.
“La regina del reame!” aggiunse Hailey.
Daphne rise con loro e annuì, sbattendo le ciglia come solo sapeva fare.
“Mi piace! ‘Regina’ suona davvero bene! Non trovi, Hank?”
“Nel mio ufficio.” Ordinò l’uomo.
Le risate si smorzarono all’istante e Daphne si chiuse la porta alle spalle per evitare che gli altri ascoltassero la ramanzina.
“Ho esagerato? Scusami. Tendo a cadere nell’eccesso.”
“Giusto un po’.” Disse Hank.
Daphne si sedette sul bordo della scrivania e allungò una gamba verso Hank, il tacco della scarpa erano puntato sul bracciolo della sedia.
“Ma lo sai che sono un tipo … eccessivo!”
“Metti giù la gamba, Daphne. Sta buona.”
Lei in risposta si piegò a lasciargli un bacio passionale sulle labbra, impugnando la stoffa della camicia.
“Ammettilo che non mi resisti, sergente.”
“Lo sai.”
Hank notò che nell’altra stanza c’era fin troppo silenzio, quindi si liberò dalla presa della sua fidanzata e aprì la porta. Storse il naso quando si accorse che Carter Wright era appena arrivato in compagnia di Diego Lopez.
“Sergente Voight, è un piacere.” Disse Lopez con cortesia.
“Che ci fai qui? Non ricordo avessimo un appuntamento.”
Daphne uscì dall’ufficio e sbuffò alla vista di Carter che sorrideva come se stesse ad un parco divertimenti.
“Tu, misera canaglia! Che diavolo ci fai qui? Vuoi rovinarmi la giornata?”
“Non è come pensi, anche se rovinarti la giornata è sempre un piacere.” Replicò Carter.
“Siamo qui per conto della procura.” Intervenne Lopez.
Hank si portò le mani nelle tasche e irrigidì la mascella, quella visita portava solo guai.
“Spiegati meglio.”
“Gli Affari Interni sono stati chiamati a lavorare al vostro caso. Voi avete la Collins e noi abbiamo Wright. La procura valuterà il loro modo di operare per questo caso.”
“Chi è il responsabile della valutazione?”
“Non si sa. E’ anonimo per evitare favoritismi.”
“O per evitare che Voight lo intimidisca.” Disse Carter.
Daphne gli puntò in dito contro e lo guardò con espressione disgustata.
“Non vincerai mai questa valutazione. Sei solo un avvocato da quattro soldi che grazie ai suoi amici ai piani alti può aspirare alla carica di procuratore. Tu non vali niente e te lo dimostrerò.”
“Non avrai mica paura di me, Daphne?”
“Paura di te? Piuttosto provo un odio smisurato.”
“L’atmosfera è pacifica, eh.” Ironizzò Lopez.
“Vogliamo metterci a lavoro?” fece Carter senza smettere di sorridere.
Hank e Daphne si scambiarono un’occhiata, dopodiché il sergente richiamò i suoi agenti.
“Avete sentito? Collaboreremo con l’agente Lopez e l’avvocato Wright, dunque condivideremo ogni informazione. Iniziamo a visionare i filmati delle telecamere interne ed esterne, scopriamo il possibile sulla vittima ed eventuali problemi nella sua vita lavorativa e privata, poi ci aggiorniamo di nuovo.”
“Daphne, ti va di stare con me e Adam?” propose Kevin.
“Sì, mi va.”
Hank fece un cenno di ringraziamento a Kevin, diede una pacca sulla spalla a Lopez e lo invitò nel suo ufficio.
“E io che faccio?” disse Carter.
“Ti butti dalla finestra.” Rispose Daphne, acida.
“Noto della tensione sessuale da parte tua. Se vuoi ci possiamo chiudere nello stanzino delle scope.”
Jay avrebbe voluto attaccare Carter ma Daphne lo fermò alzando la mano.
“Carter, io non verrei a letto con te neanche se fossi l’ultimo uomo sulla terra e il sesso fosse l’unico modo per sopravvivere. Mi fai schifo, mettitelo in quella zucca vuota dove riverbera il vuoto.”
“Entro la fine del caso cadrai ai miei piedi.”
“Cadrò ai tuoi piedi solo per raccogliere il coltello con cui ti taglierò la gola se continui con le allusioni sessuali.”
Quell’alterco fu bloccato da Hank e Lopez che tornavano dopo aver firmato un paio di documenti. Voight andò dalla sua fidanzata e le sfiorò il braccio.
“C’è qualche problema?”
“No. Stavo solo ricordando a Carter qual è il suo posto.”
“Non voglio litigi durante il caso. Cercate di comportarvi bene.” disse Lopez.
“Se per la signorina Collins va bene, anche per me va bene.” asserì Carter.
Daphne colse l’occasione per sfoggiare il diamante all’anulare con un sorriso sornione.
“Per la procuratrice Collins-Voight va bene.”
 
Daphne sorseggiava il suo caffè mentre osservava con cura ogni fotogramma dalle riprese interne del Gala. Alle sue spalle Kevin leggeva un fascicolo e Adam muoveva piano il mouse per visionare ogni dettaglio.
“Ho capito!” esclamò Daphne sbarrando gli occhi.
Adam corrugò la fronte e la guardò come se avesse due teste.
“Davvero?”
“Voight! Voight, vieni qui!” gridò lei mettendosi in piedi.
“Che succede?”
“Ho capito che cosa cercava l’assassino. Venite a vedere. Adam, per favore, passa il video sullo schermo grande.”
Tutti si radunarono davanti allo schermo e Daphne indicò il filmato.
“Il medico legale ha detto che la vittima è morta intorno alle undici e un quarto, però dal filmato risulta che l’assassino si è avvicinato alla vittima alle undici. Che hanno fatto per quindici minuti? Hanno chiacchierato del tempo? Non credo. Guardate con attenzione: l’assassino estrae il coltello e tiene il braccio sollevato per quindici minuti per estrarre l’occhio, poi depone l’occhio in una scatola bianca.”
“E quindi?” chiese Jay, confuso.
“La scatola bianca emana una specie di fumo bianco, ciò significa che è refrigerante. Capite? L’assassino ha conservato l’occhio perché gli serve. Ha reciso l’organo con maestria chirurgica.”
“Perché gli serve l’occhio? E’ inquietante.” Disse Adam, disgustato.
“Daphne, sei un genio!” esclamò Kim.
Daphne sorrise e fece una sorta di buffo inchino.
“Oh, questo già lo sapevo. Grazie mille.”
Kim mostrò sullo schermo la foto della vittima con il fascicolo contente le informazioni relative.
“La vittima è Larry Manners, trentotto anni, celibe e senza figli. Solo ora abbiamo ricevuto il fascicolo perché era secretato. Manners un mese fa è stato scelto per un progetto di massima sicurezza: in pratica doveva custodire tutti i dati sugli informatori di Chicago e la chiave di sicurezza ai dati è la sua retina.”
“L’occhio serve per avere accesso ai dati.” Concluse Hailey.
“Se l’assassino ottiene quei dati, verrà a conoscenza di tutti gli informatori e venderà di sicuro le informazioni. Sarà una carneficina.” Disse Hank, preoccupato.
Il gruppo fu distratto dall’arrivo della Platt, la cui faccia scura preannunciava una cattiva notizia.
“E’ stato rinvenuto un altro corpo senza occhio a Grant Park. E’ stato ucciso mentre faceva jogging.”
“Andiamo!” disse Lopez con un gesto della mano.
Mentre tutti raccattavano giacche e pistole, Hank si prese qualche secondo per stringere la mano di Daphne.
“Sei stata davvero brava. Hai risolto la metà del caso.”
“Sì, beh, il lavoro da fare è ancora tanto. Dobbiamo impedire a questo stronzo di uccidere ancora.”
“Venite oppure restare lì a tubare come due piccioni?” scherzò Carter.
“Arriviamo, arriviamo.” 
 
Salve a tutti! :)
Questa coppia continua a ispirarmi, quindi ecco qui due capitoli.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
 
  
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