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Autore: Klainbow    04/10/2020    1 recensioni
[Julie and the Phantoms]
Alex, Luke e Reggie si ritrovano a fare i conti con i nuovi (riscoperti?) sentimenti, forse non esattamente platonici, che sanno di nutrire nei confronti dell'altro.
Dalla storia:
|| Luke non volle perdersi un fotogramma: mai li aveva sorpresi ad essere più belli che nell'attimo in cui Reggie posò la fronte su quella di Alex e gli scostò il ciuffo dietro l'orecchio per venerarlo a pieno. ||
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Threesome
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Disclaimer: questa fanfiction tratta il tema del poliamore in maniera piuttosto esplicita. Se il tipo di relazione scelta e le dinamiche che ne derivano non dovessero essere di gradimento al lettore, questi è pregato di abbandonare la lettura prima di subito onde evitare conflitti di qualsiasi natura. 

Detto ciò, spero che la mia piccola one shot possa allietarvi la serata!

Julie and the Phantoms ha avuto un forte impatto sul mio umore in queste ultime settimane, perciò mi sono lasciata ispirare dai personaggi della serie per darmi un'altra possibilità di scrivere, ma soprattutto di pubblicare un mio lavoro. 

Faccio un veloce ma sincero ringraziamento a Misa e a Melissa per essermi state accanto durante i miei deliri a riguardo e vi lascio alla storia!

Alla mia band,

Mogs, Nala 

e Ren.
Just the Three of Us
I baci creavano dipendenza. 

Luke aveva avuto modo di impararlo a sue spese, in quel soporifero pomeriggio di Ottobre. Le giornate si rincorrevano placidamente, imitando le lancette di un orologio dalle batterie scariche. Il cielo non era più dello stesso azzurrino vivace che aveva caratterizzato l'estate da sballo che lui e i suoi migliori amici si erano dovuti gettare alle spalle. I Sunset Curve avevano cavalcato quei mesi di frenesia come un'onda delle acque di Malibu, spremendo fino al midollo le nuove esperienze vissute e prendendosi ciò che gli spettava senza neppure chiedere. 

Era stato uno sballo, ma è risaputo che le cose belle erano tali perché dotate di proprietà fuggevoli. Così, quando gli alberi furono denudati dai propri abiti lussureggianti e le strade si allagarono di un mare di foglie gialle e arancioni, la scuola richiamò a sé perfino loro, tra tutti i comuni mortali. 

I monarchi assoluti del rock 'n' roll della nuova generazione. A scuola.

Se si collegava l'inizio di un nuovo anno scolastico ai tanti problemi che la band stava collezionando, ecco che saltava fuori la ragione ultima per cui Luke, Alex e Reggie si trovavano di fronte ad un bivio. 

Applicarsi nello studio, e dunque rendere orgogliosi - rabbonire? - i loro genitori... oppure rinunciare per sempre alla prospettiva di trasformarsi nelle leggende della musica che sognavano di poter, un giorno forse non troppo lontano, impersonare? Non era stato difficile scegliere quando la madre di Luke, un'adorabile signora di nome Emily, gli aveva afferrato l'orecchio sfoggiando il suo migliore sorriso, e lo aveva convinto a giurare di portare a casa un voto che fosse abbastanza dignitoso da non farle dare di matto alla notizia del piccolo concerto improvvisato che avrebbero tenuto al club del libro della zia di Bobby. La settimana del compito di chimica.

Pertanto, lui e Alex si erano accordati per tornare a casa di quest'ultimo dopo la scuola e fare quel che doveva essere fatto per amore della loro preziosa band: studiare

Insomma, magari si sarebbero fatti una partitina a Tekken tra una pausa e l'altra e quasi certamente avrebbero finito col provare la loro ultima canzone un paio di volte, ma di sicuro non si sarebbero lasciati distrarre da niente e da nessuno. Sì, perché Luke era un uomo con una missione. Cercare di accaparrarsi un voto che non avrebbe compromesso troppo la sua oh, tanto preziosa vita sociale (la stessa che i suoi genitori avrebbero annientato senza pietà se non avesse scovato segreti e tranelli di quella materia oscura) era diventato il peggiore degli incubi, dove a spartirsi la parte del protagonista c'erano solo Luke e la sua A+ in Disperazione; lettera che si abbinava perfettamente alla D che la sua professoressa si era divertita a cerchiare sul foglio macchiato di energy drink del test precedente.

C'era solo una persona che avrebbe potuto aiutarlo a compiere quel miracolo. E non sarebbe riuscito a corromperla se non avesse chiamato i rinforzi.


* * * 


''Ti prego, Alex'', lo implorò Luke, le sopracciglia inarcate che conferivano al suo viso l'espressione di un cucciolo abbandonato in autostrada. Reggie gli stava accanto, pronto a dargli man forte - il gomito arrossato puntato sulla spalla di lui e un cipiglio gemello a sostituire il suo classico ghigno. Erano pronti a dare inizio ad una battaglia di solletico, se si fosse reso necessario.

Alex spostò lo sguardo dall'uno all'altro, sopprimendo l'impulso di alzare gli occhi al cielo dinnanzi al ridicolo tentativo di impietosirlo messo in scena dai due ragazzi. Si morse il labbro per evitare di sorridere, pure, ma avrebbe preferito offrirsi come cavia per una tortura medievale piuttosto che ammettere ad alta voce di nutrire una neanche troppo velata debolezza per quegli sciocchi. 

''Va bene.'' si arrese, alzando le mani in segno di sconfitta. ''Dio, quando vi ci mettete non riesco a sopportare il pensiero di - di conoscervi.'' 

Reggie si finse offeso, la bocca teatralmente spalancata. Luke rise gettando indietro il capo. Si fecero segno a vicenda di stare zitti, siccome il Professor Myers aveva appena fatto la propria apparizione in aula, ma funzionò soltanto a risultare doppiamente molesti. Alex, dietro al banco alla loro destra, avvertì una vampata di calore depositarsi nella bocca dello stomaco, ma non vi diede credito. Non era una reazione a lui sconosciuta, tuttavia non ne comprendeva l'origine, e ne ignorava l'eventuale, nonché allarmante, espansione. O almeno era ciò che si ripeteva con frequenza quotidiana per tranquillizzarsi.

''Ma'', aggiunse. ''mi dedicherò a colmare le vostre terrificanti lacune singolarmente.'' Perlomeno si sarebbe risparmiato l'ennesimo esaurimento nervoso... e il terzo episodio di salivazione a mille della mattinata. 

Impedendo loro qualsiasi possibilità di replicare, Alex tornò a concentrarsi sul proprio quaderno, ticchettando la penna sul foglio a ritmo incostante.

Aveva quasi smesso di far caso all'oh, Dio! con il quale la vocina nella sua testa aveva preso a perforargli il sistema nervoso, quando realizzò di aver scribacchiato un infiocchettato ''R&A&L'' ai margini degli appunti che non aveva terminato di annotare. Si sbarazzò delle prove diligentemente, conscio del fatto che non sarebbe sopravvissuto.


* * *


Erano seduti l'uno di fronte all'altro, sull'ampio tappeto peloso che campeggiava al centro della stanza. Nell'aria aleggiava un'atmosfera carica di intenzioni inespresse, e pur di evitare il contatto visivo Luke aveva preso a fare l'inventario perfino dei fragili granelli di polvere che gli svolazzavano attorno di tanto in tanto. Una matita rotolata tra i loro corpi ricurvi sui libri portò le loro mani a sfiorarsi. 

Nell'incontrarsi a metà strada, una scia di brividi s'incamminò lungo la spina dorsale di Alex, mentre Luke tremava piano.

Il primo a far sgusciare via il dorso da quel piacevole nido di dita e pelle fu Luke, la cui mano formicolava nei punti in cui la loro pelle era entrata in contatto. Poteva ancora percepire il torpore lasciato dal palmo di Alex, il quale, imbarazzato, prese a studiare la matita che adesso stava stringendo da solo.

Era consumata. Non ne era stupito, perché Luke aveva lo strano vizio di temperarne la punta ogni qualvolta scrivesse più di tre frasi di seguito. Gli piaceva usarla come arma, una lancia intagliata ad arte da affondare nelle braccia degli amici durante le lezioni. Era anche mordicchiata, indice del fatto che Luke fosse agitato, o quantomeno sovrappensiero. Un singolo dito andò a posarsi sul gommino umidiccio, e Alex vi roteò il polpastrello sulla cima, magneticamente, incantato dal mero concetto secondo cui le labbra di Luke si fossero posate su quell'esatto punto appena un secondo prima di lui.

Per un istante gli passò per la testa di rubargliela. Se si fosse alzato per andare in bagno, se ne sarebbe appropriato per assillo del proprio cuore scalmanato. Ma Luke si schiarì la gola, e Alex, finalmente, lasciò andare la presa. Seguì un silenzio simile ad un fischio immaginario ma incessante: nessun altro lo avrebbe sentito a parte loro, eppure c'era ed era assordante.

''Mi vuoi?'' chiese Luke, rapito.

Alex rischiò di strozzarsi con la saliva. ''C-cosa?''

Le gote di Luke si colorarono di un rosso acceso, rendendosi conto di quanto aveva appena domandato. ''Uh,'' disse, esalando una risatina frustrata. ''Voglio dire. La vuoi? La matita.'' chiuse gli occhi, mentre una perla di sudore si fece strada sulla tempia. ''Se ti serve, puoi averla.'' 

Alex lasciò viaggiare gli occhi tra quelli di Luke e la matita, indeciso sul da farsi. Non era la matita che voleva, e Luke non gli stava rendendo le cose facili. 

''Voglio.'', rispose solamente. Nessuno dei due stava guardando la matita.

Sul viso di Luke fece capolino un piccolo sorriso. Alex pensò che gli sarebbe piaciuto diventarne parte, finanche esserne la ragione, ed ingoiare ogni singola goccia di felicità che Luke aveva da promettergli.

C'era convinzione nel suo portamento. Forse aveva annusato quanto Alex lo volesse e si stesse struggendo per averlo.

In quel momento, quel che era ovvio sia per Alex che per Luke, era che sarebbe bastato davvero poco, per placare la fame che li stava divorando dall'interno. Una manciata di centimetri, e si sarebbero appartenuti. 

Allora Alex li azzerò, con foga, conquistandoli uno ad uno finché non si ritrovò a condividere una bolla fatta di respiro e affanni con Luke.

Alex era foglie di menta piperita, masticate di fretta e furia mentre Luke era sceso a recuperare gli snacks dalla credenza per la loro sessione di studio. E di gelato alla vaniglia, zuccherino e inebriante. 

La pelle di Luke profumava di cannella spolverata sui dolci a Natale, ma il suo alito sapeva del sandwich alla marmellata di fragole e burro d'arachidi che aveva mangiato per pranzo. Alex, che aveva sempre detestato quella combinazione, era stregato.

''Penso che dovresti farlo.''

Fu l'ultima parola che dovette soffiare contro l'arco di cupido di Alex. Il resto di esse venne inghiottito da carezze nascoste sotto la maglietta e suoni decisamente più dolci.

Wow, i baci creavano dipendenza.

Luke non aveva mai assaggiato niente di più intossicante.

Alex capì di essere stato plasmato per essere toccato e viziato e riverito dalle dita callose di Luke.


* * *



''Alex?'' 

Una voce femminile lo chiamò.

Se Alex e Luke fossero stati meno ebbri d'amore, forse avrebbero registrato in tempo il rumore di ruote che sfregano nella ghiaia del vialetto, le serrande del garage che si aprono per accogliere i padroni di casa e lo sportello di un'auto sbattere. 

Se Alex e Luke fossero stati più coscienti del mondo circostante e delle ore che erano passate dal loro primo bacio, si sarebbero accorti che era pomeriggio inoltrato.

"Alex!"

Una volta.

Due volte.

Se Alex e Luke fossero stati capaci di separarsi per riprendere fiato, avrebbero udito dei tacchi da dodici centimetri picchiare su ciascun gradino con crescente convinzione.

Tre volte.

Se avessero prestato attenzione, si sarebbero risparmiati, in quest'ordine: un urlo stridulo, un vassoio precipitato, due tazze di thé infrante sul parquet, qualche lacrima e una porta richiusa con la violenza di chi avrebbe voluto strapparla via di velto. 

Se Alex e Luke avessero posseduto una macchina del tempo, sarebbero andati a scambiarsi effusioni in un bosco, o nello scantinato della vecchia casa della nonna di Luke. 

Ma era tardi per tornare indietro. Invece, recuperarono il contenuto dei loro appunti e compiti dal tappeto. Alex ficcò nello zaino un paio di magliette e qualche boxer. Luke afferrò le bacchette di ricambio per la batteria di Alex e se le mise nella tasca dei jeans. 

E senza lasciarsi tentare dall'occasione di commentare quanto appena accaduto, fuggirono dall'unica persona che avrebbero voluto vedere. 


* * *


''Finalmente, diamine! Mi domandavo quanto avrei dovuto aspettare, non sono messo male quanto Luke ma anch'io devo-'' 

Quando Reggie spalancò la porta di casa, il gran sorriso che già gli attraversava il viso da un orecchio all'altro crollò precipitosamente.

Alex e Luke avevano corso. No, non avevano soltanto corso. 

Erano scappati. E lo avevano fatto con le dita intrecciate, decisi a non lasciarsi andare, se quelle nocche color latte significavano qualcosa.

''Hey, Reggs,'' disse Luke, le pupille dilatate e il petto che si sollevava e si abbassava per inerzia.

Le mani, le mani, le mani. Si tengono per mano.

Reggie era nauseato. 

Alex tirò su col naso. Aveva una pessima cera.

''Ti dispiace se restiamo qui, circa, per sempre?''


* * *


Avrebbe voluto piangere, Reggie, nel cercare di metabolizzare il racconto degli ultimi avvenimenti affrontati dai suoi migliori amici. 

La schiena contro il muro, Reggie premeva il punto in cui la sua colonna vertebrale era più sporgente contro la carta da parati; una spinta ad ogni nuovo dettaglio, fino ad ottenere l'esatta, confortante qualità di dolore che stava disperatamente rincorrendo. Gli serviva per placare il proprio animo. Qualcosa gli diceva che a breve, anni e anni di quell'idilliaco rapporto costruito a fatica sarebbero stati demoliti.

E fu così, con le braccia conserte per proibire loro di tremare, che Reggie venne messo al corrente del bacio. Dopodiché, una voragine gli squarciò muscoli, tessuti e arterie. Il resto - la madre di Alex che gli intimava di non dirlo a suo padre, la fuga verso casa di Reggie, la conseguente realtà che fossero entrambi senzatetto - fu a malapena registrato, dal ragazzo che era stato lasciato indietro.


* * *


''C'è qualcosa che non va, Reginald?'', chiese Alex. Lo chiamava con il suo nome per intero, quando le cose sembravano mettersi male e Reggie accennava a volersi abbattere. E quel giorno era evidente che il bassista fosse turbato, ma non lo avrebbe spinto a parlarne se non avesse voluto farlo.

Reggie scosse il capo e sbattè le palpebre, come se si fosse ridestato da un sogno lungo una vita. Uno di quelli che ti lasciano con l'amaro in bocca, s'intende. Reggie li distingueva con una certa maestria, dopo aver passato anni ad inseguire l'irraggiungibile.

La sua solita energia stava scemando, e già appariva come una flebile aura di illusioni stroncate sul nascere e promesse disattese. 

Si sentiva venir meno, ma non lo diede a vedere. 

Invece, rispose: ''no, ma figurati.'' 

Alex fece per controbattere qualcosa, ma Reggie fu tempestivo. ''Sto bene,'' confermò, arricciando il naso in una smorfia inusuale. 

Luke, che non era stato benedetto dal dono dell'empatia che Alex, invece, possedeva e padroneggiava con maggiore professionalità, gli afferrò le spalle con gli artigli che sembravano avergli sostituito le dita per l'occasione, e gli rifilò uno scossone deciso. 

''Andiamo, dicci cos'hai.'' insistette. Un folto - e perfetto, aggiunse Reggie mentalmente - sopracciglio svettò verso l'alto. Poi, si illuminò di colpo. Ma certo!

''Non mi dire che la biondina di ieri non ti ha dato il suo numero'', indagò, alzando la voce nel pronunciare l'ultima parola. ''Perché non ci crederei, bro.'' 

Le labbra di Alex, che fino ad allora era rimasto in silenzio, formarono una linea dritta, prima di distendersi in un sorriso rigido. ''Ma dai, Luke, lo sai che nessuno gli direbbe di no!''

Reggie si mosse a disagio sul materasso, lo sguardo fisso sulle pieghe della trapunta dalla fantasia spaziale. ''Eh già, proprio nessuno...''.

Fu un mormorio a denti stretti, ma non abbastanza silenzioso perché Luke ed Alex non lo sentissero. 

In men che non si dicesse, gli occhi di entrambi furono su di lui. E Reggie si irrigidì. Non sarebbe uscito da quella camera senza pentirsi di aver mai imparato a farneticare. 

Come previsto, il suo cattivo umore non passò inosservato.

''Che cosa intendi?'', gli aveva appena domandato Luke. Il suo tono non conteneva più la stessa ironia di poco prima; la voce gli si era addolcita un po'. Lui e Alex si scambiarono un'occhiata confusa, pregna di apprensione. Parafrasava: dove abbiamo sbagliato? E soprattutto, perché?

Reggie sospirò, la rassegnazione tangibile oltre la propria pretesa di fingere indifferenza. Ad essere sinceri, venire a patti con la verità non lo sconvolse particolarmente. Non si sentì raggelare il sangue, né tanto meno alcun treno lo investì in pieno; d'altronde era abituato a restare in bilico sui binari, costantemente schiaffeggiato dalla consapevolezza che i suoi sentimenti non fossero ricambiati. Ma quel pomeriggio era diverso.

Aveva avuto la conferma di essere nient'altro che un peso.

''Non è nulla, mettiamo su un po' di musica, okay?'' 

I ragazzi lo osservarono mentre saltava giù dal letto e con passo traballante si dirigeva verso lo scaffale della sua scrivania, dove era posizionato uno stereo giallo la cui vernice presentava dei fiori scarabocchiati da un Luke decisamente più giovane e combina guai.

Un bel pezzo allegro avrebbe ucciso la tensione che si poteva fendere nell'aria, si raccontò mentre faceva scattare il pulsante d'accensione verso il basso, corrugando la fronte all'inopportuno pop! che borbottò il vecchio aggeggio. 

Si preparò ad ondeggiare i fianchi a tempo e a scuotere il sedere nella maniera inconfondibile in cui solo lui sapeva metterlo in mostra, contando sulle proprie abilità perché quella conversazione fosse presto dimenticata.

Ma il Destino ci teneva a renderlo miserabile. La canzone che partì era tutt'altro che adatta a ballare.

Dalla radio si diffusero le note di una hit nuova di zecca... e dannatamente perfetta per la situazione. 


Today is gonna be the day

That they're gonna throw it back to you


''Cazzo.'' Reggie imprecò a pieni polmoni, ignorando temporaneamente il motivo della propria frustrazione. 

Era Wonderwall. Degli Oasis. Fantastico, proprio la recente fissazione di Luke.

''Cazzo!'', strepitò con maggiore enfasi quando si procurò un taglietto al dito nella corsa per spegnere la radio (o distruggerla, non era da escludere). 

''Hey!'', obbiettò Luke. Dio, se detestava l'universo.


By now, you should've somehow

Realized what you gotta do.


Reggie si pizzicò l'orecchio tra il pollice e l'indice, il panico che gravava sul metro e settantatré della sua persona sotto forma di un'ombra nera. Anche la vista gli si annebbiò d'un tratto. Se il pavimento non lo avesse inghiottito di lì a poco, avrebbe cominciato ad urlare e a dimenarsi dallo sconforto.

Alex si alzò di scatto, stufo dell'insolito atteggiamento e risoluto a scoprire da cosa fosse scaturito. 

''Smettila, stai andando in escandescenza.'' Lo fece voltare su se stesso, piegandosi di una manciata di centimetri per guardarlo meglio in faccia. 

''Parlaci'', si aggiunse Luke. C'era del dolore celato nella richiesta del cantante. 

Si sentì l'ultima feccia sulla Terra. Stava rovinando il loro rapporto con tutte quelle bugie. 

Reggie si passò una mano tra le ciocche gellate. ''Non posso farlo...'' 

''Certo che puoi!''

''Siamo solo noi, Reggs, che ti prende?''


I don't believe that anybody

Feels the way I do about you now


''È solo che...'' esitò. No. Non poteva dirlo. 

''Che...?'', lo incalzò Alex. Luke aprì e chiuse la bocca, preoccupato.

Reggie giurò che qualcuno avesse cominciato a mescolargli le interiora con un bastone chiodato. 


There are many things that 

I would like to say to you, 

but I don't know how


''È solo,'' ripeté, la rabbia che ammontava dentro di sé man mano che assisteva all'incontrollabile forza che sembrava far gravitare Alex attorno a Luke e viceversa. ''che non avrei mai creduto di contare meno di niente per voi. Ero sicuro che, se un giorno vi foste svegliati e aveste deciso di avere una... cotta, o che so io, nei confronti dell'altro, voi... sì, avreste almeno avuto la decenza di- di dirmelo! O di lasciarmelo intendere. E adesso mi sento un completo idiota e forse lo sono sempre stato.'' Alex e Luke provarono a fermarlo, ma Reggie scacciò il tentativo con un gesto infastidito. ''È esilarante'', singhiozzò. ''Volete sapere che c'è? C'è che gli scenari erano tanti, e io mi ero perfino illuso di poterci esserci anch'io, con voi, in almeno uno di questi.'' proseguì, avvertendo un pizzicore alle retine. ''Ma è chiaro che -'' 

Alex bloccò il suo sfogo non appena individuò una crepa in cui potersi intromettere. ''Bastava chiedere, Reginald.'' 

Approfittando dell'intervento di Alex, Luke annuì nell'immediato. Era curiosamente intimidito. ''Se me lo avessi detto, sarei stato io a chiederlo a te.''

Reggie rimase immobile.

''Oh'', argomentò stupidamente. 

Oh.


And after all

You're my wonderwall.


* * *


Le labbra di Luke si avvicinarono a lui lentamente. Intanto che Reggie lo aspettava, permise a se stesso di immaginarsi nei panni dell'affascinante protagonista di un film d'amore. Troppe erano state le occasioni in cui, immerso fino al collo nella proiezione di una commedia romantica (poteva spiegare!) al cinema, aveva sperato di poter, un giorno, perfino lui sperimentare quei diavolo di cliché da quattro soldi. Forse proprio con le persone che gli stavano tenendo compagnia, le quali piuttosto si tenevano impegnate a sgranocchiare patatine e sputacchiare opinioni superflue e spiritose sulla scelta dei dialoghi. 

Stava accadendo, dunque.

Le sue palpebre si calarono, arrendevoli e incapaci di sostenere ancora quella dolce tortura. Lasciò che le ciglia gli coprissero la visione, quasi ad imitare una coperta - magari lo stesso plaid che il trio si portava dietro quando decidevano di partire all'avventura e finivano col coprirvisi il capo per il freddo, schiacciati l'uno sull'altro, al cospetto di una notte trapunta di stelle e poco altro che contasse quanto le loro ginocchia che si sfioravano.

 Nello scrutare senza rimorsi di Alex, anche a lui sovvenne una metafora simile: stavolta sarebbero state le lentiggini spruzzate alla rinfusa sul volto delicato di Reggie a comporre una costellazione da ammirare insieme.

Luke si fermò ad un paio di centimetri di distanza da lui, di nuovo, e poi ancora - un percorso crudelmente graduale, prima di concedergli la gioia di adorarlo.

Un primo bacio si schiuse contro la sua guancia ormai bollente, proprio quando aveva iniziato a credere che non sarebbe più arrivato. L'aria calda del respiro di Luke che gli solleticò la leggera peluria del viso, e fu abbastanza da affamarlo. Una mano di Reggie sgattaiolò tra quelle di Alex, la cui inebriante presenza si manifestava come un tamburo tribale contro cassa toracica e timpani. Reggie avrebbe fatto le cose con calma. Era innamorato, e si sarebbe preso cura di loro. Con l'altra mano, si appropriò del mento di Luke, il quale subito ne comprese le intenzioni e lo seguì con la sua intera figura.

 Si baciarono, allora, tra morsi e risate, lottando con le lingue per il gusto di farlo, perché era così che si sarebbero divertiti a competere da quel momento in avanti. Luke non era il suo primo, eppure lo divenne. I ricordi delle sue precedenti fiamme vennero spazzati via, cestinati dalla memoria.

Si scambiarono bacetti intimi e fugaci, poi Reggie dovette prendersi una pausa. Mancava un pezzo del puzzle, e voleva, doveva ricomporsi ad esso - poiché se non lo avesse fatto, avrebbe perduto il senno all'istante.

Alex era lì, ansioso di accoglierlo, una sottile patina di sudore ad illuminargli i lineamenti. Luke non volle perdersi un fotogramma: non se lo sarebbe mai perdonato; mai li aveva sorpresi ad essere più belli che nell'attimo in cui Reggie posò la fronte su quella di Alex e gli scostò il ciuffo dietro l'orecchio per venerarlo a pieno. 

''Woah'', mugugnò Reggie, le pagliuzze dorate nei suoi occhi che luccicavano d'incredulità. Fece di no con la testa, fatalmente imprigionato dal ragazzo che gli stava inginocchiato tra le gambe. Alex fuse i loro nasi assieme e li mosse in una coccola assai appagante.

''Questo era un bacio eschimese...'', canticchiò malizioso sulla bocca di Reggie. ''E questo...'' 

Il cuore di Reggie non fece in tempo a fermarsi, che subito dovette ripartire: Alex lo stava baciando. Il suo odore, già dal principio inconfondibile, gli finì addosso, ovunque potesse raggiungerlo. Non importava che avessero appena preso a mischiarsi le viscere, Alex era già dappertutto.

Si ubriacarono dell'altro ad ogni risata soffiata col fiato mozzato di attenzioni. Le dita di Reggie gli pettinarono i capelli biondi come gambe che scorrazzano in un campo di grano. Non riusciva a star fermo, Reggie, iperattivo per natura, con le loro bocche unite e Alex che scivolava assieme a lui verso il piacevole naufragare che li stava avvolgendo. 

Luke, le cui labbra stavano subendo un martirio di denti, un'euforia mista a qualcosa di più intenso, gattonò fino a trovarsi a cavalcioni su una delle gambe magre di Reggie. Snudò il suo miglior ghigno, e spinse il capo contro i loro teneramente, richiamando la loro attenzione. Reggie ed Alex si distaccarono, ansimanti ma forti dell'esigenza di tornare dal loro amante impaziente e vezzeggiarlo fino a quando non si sarebbe ritenuto soddisfatto.

''Vieni qui'', Alex lo invocò. Luke non se lo fece ripetere una seconda volta. Stampò un sonoro bacio su ciascun angolo della sua bocca, avvertendo il modo in cui quelle virgole si levarono in una curva seducente. I mignoli di Reggie e Luke attorcigliati.

 Sì, i baci creavano decisamente dipendenza.

''Mi piace quello che sta succedendo'', disse Reggie, le braccia ancorate attorno alle spalle dei suoi futuri fidanzati. 

''Mi piace aver avuto le palle di farlo'', concordò Luke, crogiolandosi nella contentezza.

''Mi piace essere vostro.'', concluse Alex, lo stomaco in subbuglio e il diaframma in panne.

Piaceva anche a loro.


* * *

''Alex, i tuoi non hanno mai accettato che tu fossi gay!''


''Ma non ha mai avuto importanza, fintanto che eravamo noi tre.''


''Solo noi tre.''

  
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