Prompt:
13. "Ma che musica
ascolti?" e 29. "Potresti abbassare il volume?"
Nana-
la madre affidataria di
Hardison- si era trovata in difficoltà, e così il
team si era temporaneamente
trasferito a Detroit, nella sua graziosa casetta che per tanti anni
aveva
ospitato ragazzini in difficoltà provenienti da famiglie
disagiate o senza
nessuno al mondo, con il solo scopo di rimetterli in carreggiata- cosa
che
pensava di aver fatto con tuti, Hardison e sua sorella compresi,
nonostante le
entrate di entrambi non provenissero esattamente da fonti lecite (non
che lei
lo sapesse).
Sophie
e Nathan stavano lavorandosi
gli assicuratori, fingendosi una ricca coppia in cerca di buoni affari
su cui
investire; Parker era sotto copertura, come stagista
all’interno della società,
Eliot aveva nuovamente vestito i panni dell’affascinante
filantropo Wes
Abernathy (con l’intento di conquistare
l’assistente del presidente della
compagnia), Hardison
stava lavorando a
un trojan con cui intrufolarsi nel sistema della società
assicurativa che aveva
tentato di fregare la sua nonnina(grazie alla presenza in loco di
Parker), allo
scopo di entrare nei loro server e fare uscire tutti i loro panni
sporchi, e
anche nei computer dei grandi cocomeri, facendo casualmente uscire
tutte quelle
cosaccie che avevano combinato dai tre anni in su, dal furto della
merendina
fino ai loro video osé, mentre Becks si era buttata a
capofitto su una droga
sintetica che facesse andare su di giri uno dei grandi capi, a cui
avrebbero
poi scattato foto compromettenti per rovinargli la vita come lui
l’aveva
rovinata a troppe persone (cosa non esattamente moralmente
irreprensibile, ma
ehi, quello non era certo uno stinco di santo).
In
tarda mattinata, nella casetta
erano rimasti solo i due nerd- Hardison, con le cuffie per monitorare
meglio
cosa stesse accadendo al team- e Becks- che lavorava ascoltando musica
a palla
nello stereo, dividendosi il tavolo della
cucina con Hardison neanche fosse stato il più
pazzo episodio di Breaking Bad, ed
Eliot, che era tornato
alle cinque da una serata con la sua “bella”, che
avrebbe di nuovo visto quella
sera, e che stava cercando di fare uno dei suoi
“micro-sonnellini di bellezza”,
come li definiva scherzosamente Parker.
Becks
stava per versare alcune gocce
di glicerina all’interno del composto per stabilizzarlo,
operazione molto
delicata data l’alta instabilità della sostanza
che era potenzialmente
esplosiva, quando la porta della cucina venne sbattuta contro il muro
all’improvviso, ed Eliot, digrignando i denti come un cane
rabbioso, le si parò
davanti, sbattendo i pugno sul tavolo e facendo saltellare gli
alambicchi con
cui stava lavorando mentre sbraitava a pieni polmoni tutta una serie di
frasi
in un soffio: da ma che roba ascoltate
fino spegnete
quello strazio passando per abbassa
il volume e qui
c’è qualcuno che
lavorato fuori fino a tardi e vorrebbe riposare.
Becks
però a malapena lo stette ad
ascoltare, perché vide la scena al rallentatore, la vita le
passò davanti agli
occhi, sentì il desiderio di piangere per tutte le
opportunità che si era
lasciata fuggire e per non aver mai provato a mettere la mani addosso
all’affascinate e iracondo picchiatore e solo dopo che tutto
fu finito- cioè la
casa non scoppiò in aria- si lasciò cadere sulla
sedia tirando un sospiro di
sollievo, passandosi una mano sul viso.
Hardison,
intanto, aveva fermato la
musica, come ad intuire che il sottofondo musicale non fosse
esattamente ben
accetto, e se ne stava semi-nascosto in un angolino a leccarsi le sue
ferite e
guardare il collega andare all’attacco del Chimico- non aveva
ancora capito
come mai, nonostante fossero oltre sei mesi che lavorava con loro, lui
continuasse a comportarsi come un cinghiale inferocito tutte le volte
che
doveva avere una conversazione con lei, o perché tendesse a
darle tutte le
colpe possibili ed immaginabili.
“Cristo
santo, Eliot, non fare mai più
una cosa del genere! Stavo dosando della glicerina!”
“E
si può sapere che diavolo ci fa una
ragazzina con la glicerina? Volevi farci saltare tutti in aria? Tu e le
tue
dannate pozioni!” Sibilava lui a denti stretti, gli occhi due
fessure infuocate
riempite di capillari rossi. Era
talmente incavolato che aveva le vene sulle tempie che pulsavano- e lo
vedeva
pure Hardison, che intanto
aveva preso
una confezione di popcorn dalla dispensa, e si era seduto a godersi lo
spettacolo. Guardare quei due era meglio che stare al cinema- aveva la
netta
impressione di stare guardando un documentario sulle tecniche di
seduzione e
accoppiamento dell’uomo di Neanderthal.
“Punto
primo, ragazzina lo dici a tua
sorella.” Rispose lei ringhiando in un modo molto poco
femminile- non che Becks
fosse normalmente femminile, ma se c’era da litigare con
Eliot (cosa che
accadeva molto, molto spesso) dava davvero il peggio di sé.
“Punto secondo, la
glicerina è usata praticamente in tutti
i
composti farmaceutici perché è anche un ottimo
stabilizzante se usato nella
giusta misura. Punto terzo…” fece una lunga pausa,
incrociando le braccia e
mettendosi bella dritta, fissando Eliot dall’alto in basso
(metaforicamente
parlando, perché, anche se Eliot era piuttosto basso, lei lo
era ancora di
più).”
“Punto
terzo…. Cosa, baby?”
La sfidò lui, mettendosi nella
stessa e identica posizione di Becks e guardandola con un sorrisetto
sghembo.
Eliot
trascinò l’ultima parola, e la
disse in un modo che era a dir poco indecente- al limite del
pornografico- e
Hardison notò l’effetto che fece a Becks, le si
dilatarono le pupille e la gola
le venne secca, e si morse le labbra. Era pure certo che stesse fremendo di desiderio, per usare una
delle espressioni degli Harmony che lei fingeva di non conoscere ma
divorava in
modo compulsivo.
Però,
per quanto Hardison fosse certo
che il chimico avesse un debole per Eliot (una cosa piuttosto lampante,
che
forse solo a Eliot steso non era del tutto chiara; il flirtare non
significava
nulla perché quella era la modalità standard
dell’ex militare quando si
relazionava con un qualsiasi elemento del gentil sesso),
c’era anche da dire
un’altra cosa.
Becks
detestava perdere- e non avrebbe
mai ammesso, nemmeno sotto tortura, di avere torto. Nemmeno con Eliot -
anzi, soprattutto con Eliot, a
dirla tutta.
“Punte
terzo, da quando fare il gigolò
è considerato lavorare?” Lo colpì lei.
Le
narici di Eliot di dilatarono e
presero a fumare, o almeno così sembrava ad Hardison, che si
era ficcato una
manciata di popcorn in bocca e si sentiva come alla penultima scena del
finale
di stagione della sua serie preferita, quando si chiedeva se la scena
successiva sarebbe stata un cliff-anger o avrebbe risolto tutto, e il
caro buon
Alec fremeva, attendendo la reazione dell’amico: pugni
sbattuti? Sbattere i
piedi? Urla? Avrebbe cercato di spaventare Becks o di ragionare con
lei? Che
emozione! Che suspense! Meglio del cinema sul serio!
Beh,
Eliot lo spiazzò, anzi, li
spiazzò tutti e due,
rivelandosi per
l’ennesima volta pieno di sorprese, perché la sua
reazione fu quella di
metterle un paio di cuffie sul capo, con un sorriso sghembo e
malandrino.
“Mi
raccomando, ragazzina, non tenere
il volume di quella roba che chiami musica al massimo - non vorrei che
le tue
delicate orecchie ne soffrissero,” le disse, sarcastico,
prima di girare sui
tacchi tutto tronfio e soddisfatto per aver avuto l’ultima
parola.
…almeno
fino a che lei non gli tirò
dietro le cuffie, centrandolo in testa.
“E
comunque, gli Evanescence hanno
vinto dei Grammy!”