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Autore: MaryFangirl    06/10/2020    7 recensioni
Uno psicopatico si aggira per la città, causando una prima vittima. Quanti omicidi commetterà prima di venire arrestato? City Hunter indagherà, ma una questione personale verrà a intromettersi...
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Immersa in un sonno profondo, nonostante la scomodità di essere su una sedia, la testa inclinata in avanti appoggiata al petto e le mani dietro la schiena, Kaori sembrava impermeabile a tutto ciò che la circondava.

Lo scomodo viaggio nel bagagliaio della macchina non era riuscito a strappare la giovane donna dalla sua incoscienza; i vapori soporiferi intorpidivano ancora i sensi e gli arti dell'ultima vittima dello psicopatico.

Accarezzando i capelli color mogano con la punta delle dita, provò un malsano piacere nel riuscire a toccare quella consistenza che perseguitava i suoi peggiori incubi. Con un gesto lento e vivace allo stesso tempo, tagliò una delle ciocche ribelli e ne odorò il profumo esageratamente.

Infilando il ciuffo in una piccola custodia di plastica, posizionò con cura il piccolo mazzetto di capelli e con un gesto preciso chiuse la cerniera per sistemarla con molta attenzione in un angolo discreto, come un trofeo della sua vittoria finalmente raggiunta. Diverse bustine di piccole dimensioni accompagnavano quella, ma quest'ultima differiva dalle altre perché vi era scritto sopra il nome della giovane donna.

Mentre contemplava ancora una volta la sua vendetta assorbendo concretamente i lineamenti della sua rivale, si avvicinò silenziosamente all'addormentata, come per non svegliarla, e un sorriso trionfante apparve sulle sue labbra prima che la sua mano destra si abbattesse violentemente sulla guancia di Kaori, che improvvisamente sobbalzò.

“Non è più ora di dormire, piccola sgualdrina!” sbottò amaramente mentre gli occhi della giovane donna si aprivano con difficoltà. “Credo che dobbiamo parlare”

Con infinita lentezza, Kaori trovò finalmente il volto del suo aggressore mentre i suoi occhi nocciola gradualmente distinguevano le linee fisionomiche del suo interlocutore.

Studiando con grande difficoltà l'arredamento scuro che la circondava, la giovane riuscì finalmente a riunire i vari oggetti e i brandelli di informazioni raccolte che la incorniciarono per giungere alla conclusione che doveva trattarsi di una cantina o di una stanza in seminterrato che serviva per conservare cose vecchie.

Quel vano di colore immacolato che lui aveva preparato con tanta accuratezza, all'uomo non piaceva più; era stanco di vedere le tracce rossastre rimaste a macchiare le piastrelle a tinta unita, al punto da non essersi preso la briga di cancellarle. Aveva calcolato il suo tempo per organizzare quella stanza ma, in quel momento, trovava che lei non meritasse più il 'lusso' che lui le offriva. Lei sarebbe morta tra la muffa e la puzza di un vecchio magazzino; ragnatele e altra sporcizia sarebbero state perfette per la sua Rivale.

 

 

Ancora una volta al volante della sua Mini dopo una breve visita al commissariato, Ryo, con un auricolare affondato vicino al timpano, ascoltava con maggiore attenzione il rapporto letto dall'affascinante ispettrice.

Dunque Natsume sospettava che il suo manager avesse orchestrato gli omicidi, ma aveva avuto grande difficoltà a denunciarlo e addirittura a considerare quell'ipotesi. L'uomo era stato un prezioso supporto nei momenti difficili della sua vita sentimentale e ancora della sua carriera professionale, un confidente diligente e una spalla confortante per le sue confessioni. Ricordava di avergli ripetutamente detto quanto fosse felice di tornare in Giappone nella speranza di 'vederla' nuovamente.

A quel punto, Ryo si contrasse leggermente ma continuò ad ascoltare il rapporto che Saeko gli enunciava. In base a una promessa fatta a fior di labbra prima di precipitarsi nella sua auto rossa, lei continuava a divulgargli le preziose informazioni mentre la burocrazia rallentava le sue indagini per l'emissione di un mandato di arresto. La donna ancora una volta contava su Ryo per fermare il criminale e senza giri di parole lui glielo aveva giurato.

“Sono arrivato!” esclamò lo sweeper, parcheggiando non lontano da un edificio di alto livello.

“Ryo!” lo chiamò Saeko un'ultima volta, tramite l'auricolare. “Non dimenticarti la tua parola”

“Non me la rimangio, ma se il contesto lo richiede, non esiterò un istante” disse con calma, togliendo il ricevitore dall'orecchio, gettandolo sul sedile del conducente e dirigendosi verso l'edificio.

Fermandosi obbligatoriamente davanti alla porta dotata di citofono, si adirò silenziosamente per il fatto che l'immobile si trovasse al centro della città, quindi in bella vista. Altrimenti non avrebbe esitato un secondo a lanciare un sasso o qualsiasi altra cosa per abbattere quella prima barriera.

Ma la fortuna gli sorrise nel momento di sventura perché un presumibile occupante dell'immobile, un po' ubriaco a causa di una serata bella accesa, apparve barcollando allegramente. Con gesti goffi, cercò invano di aprire la porta con mano vacillante, armata della chiave con cui continuava a mancare la serratura.

Leggermente infastidito ma anche con la fretta di poter finalmente raggiungere il suo obiettivo, Ryo afferrò prontamente il mazzo di chiavi dell'uomo, facendogli capire che era felice di aiutarla.

“Grazie, mia moglie mi avrebbe fatto a pezzi se avessi passato la notte fuori perché ho esagerato con la bottiglia”

“So cosa significa!” aggiunse lo sweeper con un sorriso amaro.

Ma una fitta al cuore lo colse improvvisamente pensando a Kaori; avrebbe dato tutto per vederla apparire alla curva di uno di quei corridoi, avrebbe significato che era riuscita a liberarsi da quello psicopatico. Se il suo rapitore fosse apparso improvvisamente minacciandola, avrebbe tirato immediatamente fuori la sua Magnum e gli avrebbe sparato un proiettile tra gli occhi.

Molto rapidamente, si riprese perché la realtà era ben diversa e si affrettò verso il pannello che forniva i nomi e i piani degli alloggi degli inquilini; prese l'ascensore fino all'ottavo piano.

I minuti di attesa per raggiungere l'ambito piano gli sembrarono infiniti e la musica sdolcinata rendeva l'atmosfera pesante per chiunque fosse intrappolato in quella gabbia.

Mentre risuonava il 'ding' annunciando l'apertura della porta scorrevole, Ryo si incamminò lungo il corridoio per raggiungere l'appartamento 815. lentamente bussò alla porta mentre le dita della mano destra si agitavano nervosamente alla ricerca dell'arma che avrebbe dovuto estrarre solo in caso di estrema emergenza. Ma chi poteva biasimarlo?

 

 

L'interlocutore era ora in piedi a distanza da Kaori e la sua aura collerica veniva emanata da ogni poro della sua pelle, riempendo lo stretto spazio della lugubre stanza.

La figura appena visibile nell'ombra incrociò le braccia sul petto in attesa, come volesse assicurarsi di avere l'attenzione completa della giovane donna.

Gli occhi di Kaori incontrarono quelli del suo aggressore e, nonostante la furia che vi si poteva leggere, erano pieni di domande legate al suo risentimento.

“Vedo che finalmente ti degni di prendere parte alla discussione...”

“Voglio solo sapere perché mia sorella?!”

“No, no, no! Non avere tanta fretta. Una storia comincia dall'inizio. Dimentichi le quattro vittime precedenti a tua sorella”

“Quattro? Ma...”

“Sì, quattro!” si infuriò, uscendo dall'ombra per bloccarle improvvisamente la gola. “Anch'io sono una vittima, per colpa tua!”

Scoprendo con gioia non mascherata i lineamenti di Kaori che cambiarono colore mentre la pressione delle sue dita le stringevano la gola, lui la respinse violentemente. Con quel brusco gesto, la sedia si girò repentinamente gettando Kaori senza troppe cerimonie sul pavimento. Cercando di riprendere l'aria che le era mancata in quegli istanti di soffocamento e tossendo con sollecitudine, il suo interlocutore si accovacciò accanto a lei e le prese il mento tra le dita per guardarla.

“So che mi odi più di ogni altra cosa in questo momento ed è quello che voglio. Adesso avrò tutta la tua attenzione per cominciare”

Il cloroformio continuava ad esercitare il suo effetto disturbando la vista di Kaori e facendole girare la testa, ma doveva salvarsi perché, una volta terminata la storia, sapeva benissimo quale sarebbe stato l'epilogo di quel macabro ciclo. Il lieto fine non sembrava incluso nel programma.

Girando in tondo, il narratore si fermò all'improvviso per parlare.

“La mia prima vittima fu quella prostituta...se avessi visto il suo sguardo quando aveva capito il destino che avevo in serbo per lei e soprattutto che non era Natsume che avrebbe incantato ancora una volta.” rise, “Le consigliai di rilassarsi e bere un po' di vino, sembrava così stressata” disse con tono di scherno, “Ma, come se avesse compreso di essere alla mia mercé, si sedette in silenzio e bevve. Si era decisa a morire per me”

“Sei un malato!” esclamò Kaori.

“Piccola puttanella, stai zitta!” sbottò, dandole un calcio nello stomaco.

Nuovamente senza fiato per la forza del colpo, Kaori riprese il controllo del suo respiro scoordinato per udire la risata esagerata del suo aggressore.

“Sei davvero molto insolente. Mi chiedo cosa ci trovino tutti in te...non credo di aver finito la mia storia. Dov'ero rimasto...oh sì...la portai qui come te e tutte le altre. Anzi, loro hanno avuto il diritto a favori che tu non avrai e che non meriti più” aggiunse con disprezzo. “Quando lei si riprese e mi vide, provò a urlare ma non le uscì alcun suono. Non puoi sapere quanto mi fece ridere. Potevo vedere i suoi occhi fissi su di me riempirsi di lacrime perché non poteva muoversi di un centimetro. Vidi la retina del suo sguardo chiaro dilatarsi quando la lama si conficcò nel suo cuore. Lui non faceva che parlare di te come di una persona generosa e devota con il cuore in mano. Quel cuore e tutta la tua persona, non ho mai smesso di odiarli. Continuava a dire che non dovevi essere cambiata nonostante i dieci anni passati. Perché aveva scelto loro, quando non avevano la tu bontà? Lui diceva che non voleva farmi del male, ma era peggio di qualsiasi altra cosa” sussurrò tristemente. “E quella ragazzina che lo seguiva come un cagnolino...” serrò i denti. “Mi irritava enormemente. Mi hai dato l'opportunità di liberarmi di quel fardello la sera della mostra; avevo bisogno di una pausa dopo averti visto baciare l'uomo che...”

Un tonfo giunse sul finale della frase, sembravano dei colpi dal piano superiore. Forse scorgendo una via di fuga, Kaori iniziò a urlare a pieni polmoni.

“Aiuto, qualcuno mi aiuti!”

“Stai zitta!” la rimproverò lui, colpendola con violenza al punto da farle perdere conoscenza.

Armando il cane dell'arma rubata dalla sua ultima vittima, lui salì al piano di sopra.

“Hai fatto bene a portarmi questo regalino”

Dirigendosi con l'aria più naturale possibile verso la porta d'ingresso, l'aprì...

 

 

Mentre la porta si apriva lentamente, Ryo si sentì afferrare da una rabbia devastante; spingendo la porta all'improvviso, Ryo, furibondo, entrò in salotto.

“Dov'è Kaori?!” sbottò.

“Ma di cosa sta parlando?” chiese l'uomo, ancora intontito dal sonno.

Accigliato, lo sweeper si avventò su di lui.

“Parlo dell'ultima donna che giustizierai...la MIA donna!” sibilò, prendendolo per il colletto del pigiama per placcarlo contro il muro.

“Davvero non capisco!” borbottò il manager.

“Come hai potuto uccidere tutte quelle donne senza il minimo rimpianto, e soprattutto tua nipote!”

“Non le ho uccise!” balbettò l'uomo, incontrando lo sguardo oscuro del suo interlocutore, cercando di convincerlo a lasciare la presa. “Come può credere che avrei potuto fare del male a mia nipote!”

Stranamente, lo sweeper sembrò dar credito alle parole del suo capro espiatorio.

“Se non sei tu, chi è?!” sbottò perdendo la calma, liberandolo per poi prendersi la testa tra le mani come se le grida e i pianti di Kaori gli colpissero le orecchie, facendolo impazzire.

“Non lo so” si limitò a dire l'altro.

“Perché tua nipote, la figlia di tuo fratello, non ha il tuo stesso cognome?”
“È una storia lunga!” sospirò l'uomo disilluso.

“Ti consiglio di darmi la versione breve” si infastidì lo sweeper.

“Da adolescente, Izumi ebbe seri problemi psicologici. La bambina fu internata in gran segreto con il nome da nubile di sua madre. La reputazione di suo padre sarebbe stata rovinata ancora una volta per una storia simile”

“Ancora una volta?”

“Sua madre si era suicidata diversi anni prima. Era veramente squilibrata. Capirà che la carriera professionale di mio fratello non avrebbe potuto subire un nuovo problema”

“Qual era il motivo dell'internamento e qual era la professione di tuo fratello?”

“Una grave depressione di origine sentimentale ma non ho mai saputo chi fosse la causa. Per quanto riguarda mio fratello, è uno dei più importanti medici di Shinjuku”

I pezzi del puzzle finalmente prendevano ordine nel cervello dello sweeper e all'improvviso compose il numero di Saeko.

“Natsume è ancora lì?”

“È appena uscito dal mio ufficio”

“Riprendilo!”

“Cosa?”

“Sbrigati”

Appoggiando la cornetta sulla scrivania, l'ispettrice seguì l'artista che stava per entrare nell'ascensore.

“Natsume, ho Ryo al telefono che vorrebbe parlarle”

Alzando interrogativamente il sopracciglio, Yoshiki seguì Saeko per rispondere al telefono un minuto dopo.

“Pronto?”

“Natsume, da quanto tempo conosci Izumi?”

“Da molti anni!”

“Da quanto esattamente!” si innervosì lo sweeper, passandosi una mano agitata tra i capelli.

“Da quando ho lasciato Shinjuku dopo il liceo, ma l'ho persa di vista per due o tre anni”

“Bingo! Grazie” disse, riattaccando.

Con l'orecchio incollato alla cornetta, Natsume chiamò il suo corrispondente ma ottenne risposta solo da squilli a vuoto.

“Tuo fratello ha una casa familiare o una cosa del genere nei paraggi?”
“Perché?”

“Rispondi e basta!” si irritò lo sweeper, chiudendo automaticamente il pugno come pronto a colpirlo per ottenere la risposta.

Nascondendo il viso dietro le mani, Massao rispose subito.

“Fuori città, mio fratello possiede una proprietà che usa come seconda casa, ma è fuori uso da anni”

“Molto bene, vieni con me” disse Ryo, prendendolo per la parte superiore del pigiama.

“Non esco vestito così” si offese l'altro.

Scrutandolo dalla testa ai piedi, lo sguardo di Ryo si posò su un lungo cappotto che troneggiava sull'appendiabiti.

“Metti questo!” ordinò, gettandogli l'indumento in faccia e dandogli a malapena il tempo di prendere le chiavi e chiudersi la porta alle spalle.

“Perché vuole andare in quella vecchia baracca?” azzardò il manager mentre si precipitavano nell'ascensore e i numeri si susseguivano.

“Penso che tua nipote non sia morta e che sia la responsabile di tutto questo!”

Stupito, l'omino guardò lo sweeper che fissava i numeri luminosi mentre lo zero si illuminava.

“Fammi strada!” gli ordinò, salendo sull'auto rossa e costringendolo a piazzarsi sul sedile accanto.

“Vada a sud della città, le mostrerò la strada”

Senza attendere, si udì lo stridio delle gomme mentre il veicolo rosso attraversava le strade deserte.

 

 

Facendo qualche passo all'ingresso, si sorprese dell'assenza di visitatori, ma quando un ramo urtò contro la finestra adiacente alla porta, sorrise per quell'assurdità. Per precauzione, fece un minuzioso giro della casa.

Nel seminterrato, Kaori tornava poco a poco in sé; rendendosi improvvisamente conto dell'assenza del suo rapitore, si affrettò a guardarsi intorno nella stanza alla ricerca di un oggetto che potesse liberarla. La sua scelta cadde su un vecchio tavolo di ferro battuto, consumato dalla ruggine; girovagando per terra per raggiungere il suo obiettivo, si rimise in piedi e con un movimento ripetitivo, riuscì a tagliare ciò che la teneva legata mentre sentiva avvicinarsi i passi del suo aguzzino.

Quando la corda cedette, una boccata d'aria fresca sembrò riempire di nuovo i suoi polmoni, ma rimaneva un problema e non da poco. C'era una sola uscita e le prese d'aria erano troppo strette perché lei potesse intrufolarvisi.

Frettolosamente, afferrò il primo oggetto che trovò, una piccola statuetta rappresentante la Venere di Milo, e si rimise in posizione stendendosi a terra per non destare sospetti.

Mentre i passi si facevano più nitidi, il cuore di Kaori le batteva forte in petto.

“Mi spiace per te, Kaori, ma stasera nessuno verrà ad aiutarti” sorrise, tornando nella cantina. Mentre si sporgeva per contemplare la sua preda, non capì subito cosa stava succedendo. Violentemente la piccola statuetta si abbatté sul suo cranio e con una bassa lamentela, il corpo cadde a terra.

Raddrizzandosi bruscamente, Kaori sovrastò questa volta il suo aggressore, prendendosi qualche secondo per scrutarlo. Lo stesso taglio corto e ribelle circondava il suo viso, una colorazione artificiale tingeva i suoi capelli.

“Povera mia, sei davvero da compatire”

A quella constatazione, macabre immagini tornarono nella sua mente e la rabbia batté nelle sue vene, il desiderio di vendetta martellò le sue tempie e annerì il suo cuore. Quando le dita incontrarono nuovamente l'oggetto di poco prima, una vertigine afferrò Kaori che si riprese in extremis; il cloroformio non doveva essere l'unica causa del suo malessere.

Passandosi una mano febbrile sulla fronte, dove scorrevano piccole gocce di sudore, si appoggiò a un piccolo mobile nelle vicinanze, la vista iniziava a giocarle brutti scherzi. Doveva fuggire perché non avrebbe resistito a lungo in quel modo. Doveva essere stata drogata come tutte le donne che avevano sopportato la follia devastante di Izumi.

Afferrando saldamente il corrimano, riuscì a risalire, quindi si fermò per alcuni secondi in cima alle scale, lanciò un'ultima occhiata alla cantina, il corpo non sembrava essersi mosso. Casualmente, attraversò il piano terra mentre un turbine offuscava la sua già limitata visibilità. Colpendo senza mezzi termini mobili e oggetti decorativi che si frantumarono sul pavimento, Kaori si diresse verso il bagliore che sembrava emergere di fronte a lei.

Pesantemente, si appoggiò alla porta principale mentre il suo respiro si faceva ansimante come se avesse appena corso per cento metri. Chiudendo gli occhi per alcuni istanti nel tentativo di riacquistare la visibilità, deglutì a fatica e con la punta delle dita girò la manopola della pesante porta.

Barcollando come se fosse ubriaca, si incamminò per scendere i pochi gradini dell'ingresso. Mettendosi sulla schiena, ammirò la luna per un momento, mentre le sue palpebre chiedevano solo di chiudersi. Scuotendo vigorosamente la testa e dandosi un leggero schiaffo, cercò di conservare la poca forza che le era rimasta, cadde a pancia in giù e strisciò sul terreno, raggiungendo il bosco che si ergeva davanti a lei.

Pochi minuti dopo, il tappeto scintillante della foresta scivolò sotto le sue dita, poi incontrò le radici di un albero, a cui si aggrappò il più saldamente possibile per raggiungere il tronco a cui appoggiarsi e grazia al quale raddrizzarsi. Con il cuore in gola, lasciò sfogare la sua nausea; forse così anche il veleno che le era stato dato si sarebbe ridotto.

Alzandosi con difficoltà e asciugandosi le labbra con la manica, ebbe l'impulso di continuare per la sua strada; inciampando goffamente su una radice, perse l'equilibrio e cadde pesantemente sulle foglie morte.

Posandosi una mano fresca sulla fronte, sapeva di non sentirsi affatto bene.

Ma una voce la costrinse a rialzarsi e, più discretamente, si appoggiò a un albero.

“Kaori! Kaori! Dove sei, puttanella!” urlò Izumi, asciugando le gocce di sangue che scorrevano sulla sua tempia. “Non potrai resistere per sempre. Ti ho somministrato un sedativo, come a tua sorella e a tutte le altre”

Un piano prese forma nella mente malata della giovane donna e un sorriso allargò le sue labbra.

“Non credo di aver finito la mia storia. Quella famosa sera in cui tu baciasti Natsume, io uccisi quella stupida studentessa” continuò, scendendo per i gradini dell'ingresso. “Come sai, rientrai a casa. Tu mi avevi nuovamente spezzata” confessò in un sussurro. “Piansi a lungo a causa tua, poi mentre tornavo al mio appartamento, automaticamente presi una busta che era destinata a una di voi. Non mi disturbai nemmeno ad accendere la luce, i lampi mi resero consapevole del buio di quel luogo. Vidi quella lettera come per la prima volta, e un altro lampo mi fece vedere il mio riflesso nello specchio davanti al letto. Allora iniziai a urlare; mi vedevo devastata dal dolore per causa tua. Dieci anni fa, incontrai Natsume che era venuto a studiare in Francia, ero nel suo stesso edificio perché avevamo delle lezioni in comune per via della somiglianza delle nostre facoltà. Io mi specializzavo in arte, lui era un artista. Successe quello che doveva succedere, ci innamorammo” sorrise tristemente. “Abbiamo vissuto due anni di amore appassionato fino al giorno in cui sei ricomparsa. Quel ritratto, lo odiavo...aveva una tale dolcezza quando lo guardava o parlava di te. Ero gelosa da morire. Non ero riuscita ad estrometterti. Poi le cose peggiorarono e ci lasciammo. Ho vissuto molto male quella rottura. Ho dovuto prendermi cura di me stessa” disse tenendosi la testa, come se le voci le risuonassero nel cervello. “Riprendemmo contatto tre anni dopo, sono rimasta con lui per tutti questi anni ma ecco che, a distanza di dieci anni, torniamo in Giappone e tu riappari” disse amaramente infilandosi, a sua volta, nel bosco. “Non ha smesso di respingermi perché non voleva ferirmi, ma sai cosa si prova a essere rifiutate all'infinito dall'uomo che ami?”

In quel momento, Kaori provò pietà e dolore per Izumi, per quanti anni lei aveva sofferto a causa dell'indifferenza di Ryo. Ma si riprese presto, rendendosi conto che lei non aveva mai fatto del male a nessuno e soprattutto non aveva mai ucciso una rivale per colmare l'amarezza di quell'amore.

“Mi ha fatto particolarmente piacere uccidere tua sorella” continuò.

A quelle parole, Kaori si bloccò.

“Avrei voluto che fossi tu a prendere tutte quelle coltellate al petto. Credo che la prima le sia stata fatale” spiegò. “Hai ragione a pensare che le altre erano superflue, ma con lei avevo bisogno di sfogarmi” concluse.

Sopraffatta dalla rabbia, Kaori saltò su Izumi nel tentativo di picchiarla a dovere, ma Izumi aveva un grande vantaggio. L'effetto del sedativo aumentava nel corso dei minuti.

 

 

La Mini attraversava i tortuosi sentieri di campagna sotto le direttive di Massao. Mentre lo sweeper ascoltava con crescente attenzione le istruzioni fornite dal manager, uno sparo attirò l'interesse dell'uomo.

“Kaori!” fece istintivamente.

Premendo più forte l'acceleratore e cambiando marcia, l'auto arrivò in vista dell'edificio.

Le gomme scricchiolarono sulla ghiaietta, il veicolo si fermò e lo sweeper balzò fuori con la pistola in mano.

“Tu rimani qui!” ordinò Ryo.

“Se c'è davvero mia nipote dietro tutto questo, forse posso farla ragionare”

“D'accordo, ma rimani ad aspettare un mio segno in casa”

Di corsa, Ryo attraversò l'abitazione, evitando all'ultimo momento diversi oggetti che ostruivano il suo percorso. Con andatura meno agitata, Massao varcò la soglia e accese la luce; quanti ricordi in quella casa familiare. Il suo sguardo si posò sulla porta che conduceva alla cantina, vi si diresse lentamente e scese le scale.

Presto scoprì il macabro armamentario.

“Izumi, cos'hai fatto?”

 

 

Nel bosco, Ryo procedeva alla ricerca delle due donne, e una figura femminile si profilò davanti a lui. Un sorriso apparve sulle sue labbra correndo verso di lui, ma rallentò il suo ritmo impaziente.

La giovane donna si voltò verso il suo interlocutore e, abbassandosi come per raccogliere qualcosa all'improvviso, due Kaori apparvero di fronte all'uomo.

Erano entrambe malconce, ma la sua Kaori era quella che aveva subito i maggiori danni.

Armando il cane, la rabbia guidava ora le azioni dello sweeper.

“Izumi, lasciala” ordinò, prendendola di mira.

Usando la sua preda come scudo, Izumi sorrise.

“Andiamo, Saeba, non vorrai sparare rischiando di ferire la tua fidanzata” ghignò stringendo la presa sulla gola di Kaori, mentre con la pistola premeva tra i capelli della prigioniera.

La carnagione pallida della giovane donna, le perle di sudore che brillavano sulla sua fronte e il suo sguardo nebuloso non significavano nulla di buono. Lentamente, Ryo abbandonò il suo bersaglio, continuando a guardare Kaori. Quest'ultima, in un impulso di lucidità e forza, schiacciò con forza il piede della sua aguzzina, che la spinse rabbiosamente e un proiettile frustava l'aria per disarmare Izumi.

Riprendendo di mira il suo obiettivo, Ryo faticava a controllare il suo dito indice, ma la sua promessa ebbe il sopravvento, tutto stava finendo bene.

Kaori afferrò con la punta delle dita l'arma che Izumi aveva lasciato e, appoggiandosi al tronco di un albero, si alzò in piedi. Con mano tremante, puntando verso la donna a terra, Kaori avanzò di alcuni passi.

“Ryo, allontanati” gli ordinò con calma.

“Kaori, lascia giù quella pistola” la implorò lui, mettendo la propria nella fondina.

“No” singhiozzò. “Sayuri è morta a causa della sua follia; non voglio accontentarmi di rinchiuderla in un ospedale. Voglio che paghi equamente per tutto quello che ha fatto” disse, asciugandosi con la mano sinistra le lacrime che offuscavano ulteriormente la sua vista.

“Kaori, non abbassarti a sporcarti le mani a causa sua” tentò lui, avvicinandosi lentamente a lei.

“No, lasciami. Voglio regolare il conto a modo mio, per una volta” lo interruppe lei, raddrizzandosi per darsi più forza nonostante i suoi gesti incerti. “Spostati, ti ho detto!” urlò.

Facendo da scudo all'assassina, Ryo distese le braccia e disse:

“Uccidimi insieme a lei”

“Cosa? Smettila di fare l'idiota” borbottò lei, tenere gli occhi aperti in quel momento era la cosa più difficile.

“Ti ho protetta dal nostro ambiente per anni, se tu uccidi questa donna, avrò fallito nel mio compito”

“Non puoi voler morire e lasciarmi” farfugliò lei. “Non hai il diritto di lasciarmi anche tu” scoppiò a piangere mentre le sue gambe si piegavano automaticamente.

Togliendole l'arma, Ryo la prese teneramente tra le braccia mentre lei gli colpiva il petto, dicendogli che non aveva il diritto di abbandonarla, poi il dolore prese il sopravvento e lasciò evacuare la tristezza in grida di impotenza e di rabbia.

Fissando la coppia per alcuni secondi, Izumi fece scivolare una mano nella tasca interna della giacca con un sorriso enigmatico e, mentre tendeva la mano verso il suo bersaglio, un proiettile si schiantò nel suo cuore. Il corpo crollò in due momenti, prima sulle ginocchia e poi sul fianco.

Afferrandola, Ryo la tenne tra le braccia per vedere quel viso che non smise di riflettere la sua soddisfazione.

“Credo di aver vinto” mormorò, lasciando cadere la mano insanguinata sul pavimento.

Allargando delicatamente le dita, scoprì un piccolo pezzo di carta; un'ultima lettera dimostrava che Izumi avrebbe posto fine alla sua vita alla fine della storia. La E completava il puzzle...RIVALE.

 

 

Pochi giorni dopo, Natsume decise di ripartire all'estero, ma prima di lasciare definitivamente la città volle salutare Kaori.

Nel cortile, la coppia di sweeper disse addio all'artista.

“Grazie di tutto, signor Saeba, anche se i nostri incontri sono stati molto esplosivi” sorrise, sfiorandosi lo zigomo ancora dolorante.

“Niente di che, ma ora sai cosa ti costerà oltrepassare i limiti” proclamò Ryo, stringendo ulteriormente la vita della sua fidanzata.

“Non si preoccupi, credo che mi dedicherò interamente e senza confine alla mia carriera da oggi” soffiò, disilluso.

“Non dire così” lo interruppe Kaori prendendogli delicatamente le mani. “Hai tutta la vita davanti a te per sistemarti”

“Grazie Kaori, ma non credo che un po' d'ordine della mia vita mi farà male, e credo che ci penserò due volte prima di impegnarmi con qualcuno” concluse.

Il suono del clacson lo fece tornare alla realtà, il suo manager appoggiato all'auto gli fece segno di raggiungerlo.

“Non so se tornerò un giorno, ma sii felice, Kaori. Sii felice per entrambi”

Lasciando le mani dell'amica, prese la sua valigetta e, con un ultimo cenno alla coppia, salì in macchina che partì poco dopo.

“Che facciamo adesso?” chiese la giovane donna.

“Andiamo a dormire” soffiò lo sweeper nell'orecchio della sua fidanzata.

“Non pensi che a questo, cavoli!” si esasperò Kaori.

“Non credi che meriti un po' di riposo?” si lagnò l'uomo.

“Perdonami, hai ragione” sorrise lei, baciandolo delicatamente sulle labbra.

Facendo qualche passo in avanti, aggiunse:

“Sai dove si trova la stanza, vai a stenderti”

“Ma...e tu?”

“Io sto bene così” disse, scrollando le spalle e poi tradendosi con un ampio sorriso provocatorio.

“Ah, è così!” aggiunse lo sweeper, compiendo qualche passo nella direzione della sua compagna.

“No, Ryo! Calmati” gli disse, indietreggiando mentre il volto dell'uomo si trasformava intanto che la distanza diminuiva.

Si udì un piccolo squittio mentre Ryo la sollevava tra le sue braccia.

“Penso che abbiamo del tempo da recuperare” sussurrò, catturando le sue labbra.

Tornarono velocemente all'edificio e sbatterono la porta.

Nell'auto che li conduceva all'aeroporto, la scenetta non era sfuggita all'occhio di Massao, che osservava attraverso lo specchietto retrovisore. Sorridendo di più quando vide il suo protetto con il naso seppellito nelle sue carte, con la punta delle dita sfiorò una piccola custodia in plastica che aveva in tasca.

“Le tue azioni sono state al di là delle mie aspettative” sussurrò mentre accarezzava la ciocca di capelli color mogano prigioniera dell'involucro.

Sopra, vi erano scritte cinque lettere...

KAORI.

 

 

 

Eccoci arrivati al finale ^__^ non ho molto da dire se non che spero che la storia vi sia piaciuta e che chi l'ha letta e apprezzata farà lo stesso con il sequel che posterò a breve, sarà una fanfiction di 6 capitoli :)

 

Ringrazio chiunque l'abbia letta ma ovviamente il cuoricino va a chi ha commentato: klau86, Stekao, Kyoko_09, Kaory06081987, Giampins, Susie_who. È sempre un piacere ricevere supporto ^__^

 

Alla prossima :)

 

  
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