Fanfic su artisti musicali > Slash, Myles Kennedy & The Conspirators
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Autore: Soul Mancini    07/10/2020    3 recensioni
Camminava in fretta e ogni suo passo sembrava sprofondare nell’asfalto, si espandeva, riecheggiava. Sembrava allontanarlo sempre più dalla sua meta, al posto di avvicinarlo.
Myles stava male. Cos’aveva? Perché non gliene aveva parlato?
E ogni respiro si faceva sempre più affannato.
E ogni battito del cuore gli rimbombava in testa.
E forse si trattava solo di una bazzecola, ma lui la voleva sapere e curare.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Myles Kennedy, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Screams in the silence
 
 
 
 
Lo cercava, con lo sguardo e con il cuore. Da secondi, minuti, ore interminabili non si immergeva in quell’azzurro che sapeva di casa, e le dita gli tremavano un po’ perché non potevano sfiorare le sue.
 
“Dov’è Myles?” chiese col suo solito tono piatto, per non far trasparire la preoccupazione. Era una domanda come un’altra, dopotutto.
Todd scambiò un’occhiata con Brent, poi si strinse nelle spalle. “L’abbiamo visto entrare nel tour bus qualche ora fa, diceva di non stare tanto bene ma non ci ha spiegato cos’avesse” replicò, facendo un cenno verso il mezzo.
“Grazie” lo liquidò in fretta, abbassando lo sguardo e allontanandosi a passo spedito.
“Ehi, Slash… se hai qualcosa di importante da dirgli, possiamo riferirglielo noi” si offrì Brent in tono pacato.
Non gli rispose. A loro non doveva interessare quello che avrebbe detto o fatto con Myles.
 
Camminava in fretta e ogni suo passo sembrava sprofondare nell’asfalto, si espandeva, riecheggiava. Sembrava allontanarlo sempre più dalla sua meta, al posto di avvicinarlo.
Myles stava male. Cos’aveva? Perché non gliene aveva parlato?
E ogni respiro si faceva sempre più affannato.
E ogni battito del cuore gli rimbombava in testa.
E forse si trattava solo di una bazzecola, ma lui la voleva sapere e curare.
 
“Myles” sussurrò.
Il cantante se ne stava rannicchiato nella sua cuccetta, le palpebre socchiuse e due dita posate sulla tempia, a sfiorare le ciocche scure.
“Ehi, Myles.”
Gli posò una mano sulla fronte, dolcemente, e la trovò tiepida e umida di sudore.
“Mmh?” mormorò lui, sforzandosi di aprire gli occhi e puntandoli su Slash – ora le sue iridi erano blu scuro e torbido, venato di una sofferenza che le sbiadiva e le incupiva al contempo.
“Che c’è?” Nel pronunciare quella frase, Slash addolcì il più possibile la sua voce; voleva accarezzare le orecchie di Myles.
“Niente di che. Chi ti ha detto che ero qui?”
“Non è importante. Che cos’hai?”
“Sto bene” mentì Myles – le sue labbra si incresparono in un sorriso forzato, sbiadito come l’azzurro dei suoi occhi, che faceva a pugni col volto pallido e contratto dal dolore.
 
Era una pugnalata per lui, quel sorriso così falso, così tirato. Quel sorriso che non aveva niente a che vedere col suo Myles.
Non voleva farlo preoccupare, ma lui non aveva scelta. Non aveva deciso lui di affogare in quel mare tormentato che erano i suoi occhi.
Fece scorrere le dita tra i suoi capelli, ne sciolse i nodi e sperò che quel tocco leggero potesse sciogliere anche il suo malessere.
 
“Non me ne vado finché non mi dici cos’hai.”
Myles sospirò e scosse appena il capo. “Solite cose. Un po’ di acufene, niente di cui preoccuparsi. Passerà in fretta.”
Slash si morse il labbro e si diede dello stupido; come aveva fatto a non pensarci? Myles gliene aveva parlato tante volte, ne soffriva da anni.
Già. Ma non l’aveva mai visto tanto giù.
“Non si può fare niente per farlo passare?” La domanda venne fuori così, con la voce rotta e venata da un’ingenuità che non sapeva di possedere.
Conosceva già la risposta: no, non si poteva far niente, se non attendere che Myles stesse meglio. Ma lui voleva, doveva trovare un modo per alleviare quel dolore.
Myles sorrise debolmente e si strinse ancora più in un angolo per fargli posto accanto a sé. Non parlò, non glielo chiese, ma Slash capì e si accoccolò al suo fianco.
“No. Posso solo aspettare.”
“E allora aspettiamo.”
 
Da solo non l’avrebbe lasciato mai.
Anche se non poteva capire cosa Myles stesse sentendo, poteva riempirgli le orecchie col suo respiro.
Anche se non poteva percepire le fitte nella sua testa, poteva lasciargli dolci carezze tra i capelli per scacciarle via.
Perché tutto il dolore di Myles, lui poteva prenderlo tra le dita e farlo scorrere nel suo cuore.
 
Gli avvolse le spalle con un braccio e lo trascinò più vicino a sé, facendogli posare la testa sulla sua spalla. Proprio lui, che non era affatto abituato a prendersi cura del prossimo e non riusciva mai a capire di cosa gli altri avessero bisogno, aveva agito d’istinto e per una volta aveva fatto la cosa giusta.
Curioso. Myles lo portava sempre a fare la cosa giusta, lo migliorava giorno dopo giorno con la sua sola presenza.
Il cantante mugolò e seppellì il viso nella sua maglietta. “Grazie.”
Slash fece scorrere i polpastrelli lungo il suo viso e indugiò per un attimo sulla fronte – poteva quasi sentirla martellare. “Ti fa male?”
Lui sospirò. “L’acufene è come stare in un silenzio surreale, interrotto solo da delle grida che non sai come far smettere.”
Il chitarrista lo strinse ancora più forte a sé, posò con leggerezza il mento sul suo capo e il suo fiato solleticò i capelli di Myles.
 
Stretto a lui, quest’ultimo ebbe quasi l’impressione che il suo silenzio fosse meno doloroso e le grida meno potenti; posò l’orecchio all’altezza del suo cuore e si rese conto che pulsava più forte della propria testa. Se avesse contato, uno dopo l’altro, quei battiti così rassicuranti, pian piano si sarebbe dimenticato del suo personale e stridente inferno.
 
“E cosa si può fare per portarti fuori da questo surreale silenzio?” domandò Slash, carezzandogli piano la schiena.
“Parlami.”
 
E lui gli avrebbe parlato di qualsiasi cosa gli saltasse in mente, gli avrebbe descritto il sole e le stelle, avrebbe inseguito vecchi ricordi e attimi dal sapore d’infinito, e se le parole a sua disposizione fossero finite se ne sarebbe inventate di nuove apposta per lui, apposta per riempire quel vuoto.
Avrebbe preso quelle grida nel silenzio e le avrebbe trasformate in frasi sussurrate a un millimetro dal suo orecchio.
Gli avrebbe detto tutto quello che non diceva mai a nessuno, pur di vederlo stare meglio.
Ci avrebbe impiegato tante ore piene di milioni di parole, milioni di carezze, milioni di baci per dirgli quanto lo amava.
 
 
 
 
♥ ♥ ♥
 
 
Ultimamente sto scrivendo un sacco di cose senza senso, spero che vogliate perdonarmi XD
Questa storia non serve assolutamente a niente, non aggiunge e non toglie niente a ciò che c’era già, ma sentivo la necessità di scrivere una Mylash. Mi mancavano un sacco, i miei bimbi *______*
E poi era da tanto che volevo scrivere qualcosa sull’acufene di Myles, che purtroppo non mi sono inventata; il cantante ne soffre da ancora prima di entrare negli Alter Bridge e ha dichiarato che ormai ha imparato a conviverci, ma posso immaginare che non sia facile quando torna più forte che mai. Così ho voluto immaginare una scena in cui lui sta particolarmente male per via dei fischi nelle sue orecchie e Slash si ritrova ancora una volta a prendersi cura di lui ^^
Io ovviamente non so bene come funzioni questo problema – fortunatamente non ne soffro – ma mi piaceva l’idea di inserirlo in un contesto hurt/comfort :3
Grazie a chiunque abbia perso tempo a leggere questa sciocchezza sdolcinata, io ho letteralmente sognato a occhi aperti mentre la scrivevo *_______*
Alla prossima!!! ♥
 
 
   
 
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