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Autore: Aky ivanov    08/10/2020    2 recensioni
Kei Hiwatari & Hilary Tachibana
Sono lieti di invitarvi al loro matrimonio.
Sabato 15 Agosto 2020, ore 10:30
presso Villa Hiwatari Nagoya, Aichi-ken, Tokyo

Cosa può scatenare un semplice invito?
Più di quanto gli sposi e alcuni invitati avessero mai potuto immaginare.
[KeixHilary]
[YurixJulia]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Hilary, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un caloroso saluto a tutti voi che continuate a sorbirvi questa storia!

Come al solito vi rubo qualche attimo nelle battute iniziali per i miei sproloqui.

Ho seri dubbi su questo capitolo nonché la paura di vedere un abbandono di massa verso le ultime pagine ma non sono riuscita a eliminare la parte più trash…se i personaggi potessero ribellarsi ora mi troverei Kei sotto casa con un fucile.

Vi prego siate clementi nel giudicarmi >.<

 

Questa storia continua a regalarmi gioie ogni qual volta apro il sito! Anche se silenziosi, apprezzo tutti coloro che continuano a seguirla celati nell’ombra, solo vedervi ad ogni capitolo è una gioia per gli occhi ç.ç Ci tenevo però a ringraziare particolarmente le ultime recensioni ricevute da Davide1993, Beatris Hiwatari e Henya, ho riletto le vostre belle parole per darmi la spinta necessaria ad aggiornare senza far passare ulteriori secoli, non sapete quanto ve ne sono grata

Infine, nuotando nel mio personale mare di felicità ringrazio Elisa Saba e Henya per aver inserito la storia tra le preferite e senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura

 

E le stelle stanno a guardare

~ Tra confronti e affronti, l’orgoglio affonda~

 

 

 

Le lancette dell’orologio da polso segnarono le diciannove e venti.

Michelle le fissò sperando di spostarle avanti di un’ora con la sola forza del pensiero ma suo malgrado dovette rassegnarsi all’assenza di quel superpotere. Mathilda accomodata sul ceppo di legno accanto a lui gli strinse la mano in un muto gesto di sostegno, quel matrimonio stava provando fisicamente anche lei, aveva decisamente esagerato con le portate trovandosi a combattere la sonnolenza.

Arenati nella zona antistante alla villa dove il caos della festa giungeva attenuato, i due speravano davvero di potersi abbandonare ad un breve pisolino ristoratore.

«Guarda il lato positivo» il ragazzo si voltò verso la vocina delicata con un’espressione più che disperata, privato anche dalla forza della parola per chiedere effettivamente qualche fosse il lato della medaglia non negativo «Siamo fermi al secondo di mare, potremmo essere ancora al primo piatto!»

«Questo non mi consola, mi fa solo tornare in mente perché mi stia sentendo male»

Michelle poggiò afflitto la fronte sulla spalla della ragazza in un basso mormorio lamentoso, assediato dai crampi alla pancia che proprio non volevano dargli tregua.

Mathilda rassicurò la tacita domanda preoccupata di Mariam continuando ad accarezzare dolcemente i capelli del suo futuro marito, non mancando di suggerirgli per l’ennesima volta di andare a preparare insieme un po’ d’acqua e limone. Ovviamente, non ascoltata.

«La serata non è ancora finita!»

Gianni seduto su uno dei divanetti puntò il dito accusatorio verso Julia intenta ad aggiustarsi la matita colata via a causa delle lacrime durante le risate, spingendo Mariam accanto alla ragazza ad alzare gli occhi al cielo mentre continuava a far luce sullo specchietto avendo cura di non accecarla col riflesso.

«Per favore, non me lo ricordare»

Hilary sospirò pesantemente massaggiandosi le tempie chiamando a sé tutto il suo autocontrollo per poter giungere a fine serata con la propria sanità mentale intatta. I suoi piani della giornata erano stati stravolti da quella serie di intoppi e dopo l’ultimo di pochi minuti prima, difficilmente sua madre avrebbe dimenticato il nome di Boris. In un qualche anfratto della casa la donna ricoperta di cibo era ancora intenta a sbraitare con sua zia sul poco tatto del russo in questione divenuto il capro espiatorio perfetto al posto dei bambini.

«Gianni mi dispiace ma hai perso, Julia ha invitato Yuri. Capisci non ci sia nessuno di più sfuggente con cui tu possa batterla?»

«Emily è la quarta volta che me lo ricordi, ti stai divertendo a infierire?»

«Non sai quanto»

Emily scoppiò a ridere dirottando involontariamente le preoccupazioni della sposa lungo una strada non meno tortuosa, l’apprensione di Hilary per Julia vinceva anche sullo sfacelo del matrimonio. Julia era stata un’ingenua oltre che sfrontata con il suo invito per le danze, si era fatta intrappolare come una mosca nella tela del ragno ed il problema era stato proprio l’atto volontario.
La giapponese evitò per un soffio il braccio di Gianni barcamenatosi in un qualche epiteto verso Emily maledicendo la sua amica e la sua testardaggine. Concordava con l’osservazione amara di Mao, Julia c’era ricascata di nuovo facendosi coinvolgere maggiormente rispetto al passato.

Quell’aura di pura felicità l’aveva vista dieci anni prima e continuava a vederla anche ora ad illuminarle il viso, sperava solo in una conclusione differente.

Gianni indispettito per una risposta dell’americana autocensurò il suo commento astioso pronunciandolo in extremis nella sua lingua natia per non farlo comprendere, passando due attimi dopo a rimproverarsi da solo per quel comportamento aggressivo e poco adatto nei riguardi di una ragazza.

«C’è da dire che Ivanov nasconde tante qualità…chi l’avrebbe mai detto fosse capace di ballare»

Julia restò con la matita sospesa a mezz’aria al commento di Mariam, lei conosceva benissimo a quali altri tratti stesse alludendo la fidanzata di Max. Le lanciò di sottecchi uno sguardo d’ammonimento che cadde nel vuoto, la donna più che mandare frecciatine a lei sembrava provare un sadico piacere ad infierire verso Gianni.

«Tzè, nulla di eccezionale! Tutti sarebbero capaci di muoversi in quel modo»

«Dilla la verità, ti brucia la sconfitta non è vero?»

«Emily ancora?! So accettare dignitosamente una sconfitta…e poi non ho ancora perso definitivamente! Julia ha vinto uno scontro non la guerra!»

«Da una scommessa ora siete passati alla guerra? Sicuro tu non l’abbia presa troppo sul serio?» la domanda insolente di Hilary fu posta mentre si chinava a punzecchiare il braccio dell’italiano posizionato accanto a lei, il sorrisetto ironico che ricordava vagamente quello usato dal marito.

«Tu non stavi facendo il vegetale fino ad un attimo fa? Ti sei svegliata all’improvviso?»

«Suvvia Gianni, la mia osservazione iniziale era solo una considerazione innocente» la donna dai capelli blu notte si arricciò noncurante una ciocca tra le dita, indossando una delle maschere più false che Gianni avesse mai visto.

«Es la vida, no siempre puoi vincere!»

«Santo cielo Julia, hai appena ucciso due lingue con una sola frase» l’ex blader italiano si portò una mano sul cuore per sottolineare melodrammaticamente il dolore aggiungendo con una nota più scontrosa «Tra l’altro, io non ho mai detto di non accettare una sconfitta state facendo tutto voi!»

«Noi siamo la voce della tua coscienza» Emily aprì platealmente le braccia tra una risata e l’altra dondolandosi sulla sedia, raccogliendo con quel gesto un sonoro assenso generale che portò Gianni all’esasperazione.

«Altro che voce della ragione, voi siete il mio incubo! Odio essere circondato da donne!»

Il ronzio della musica e il suono dei grilli seguirono lo sbotto adirato finché il silenzio attonito non fu rotto dalle risate generali, persino Mathilda rimasta in disparte fino a quel momento non poté trattenersi alla paradossale esternazione.

«Non posso crederci! Mai avrei pensato di sentirti dire una frase del genere!» lo schienale del divanetto accolse Hilary contorta dalle risate nel suo blando tentativo di asciugare le lacrime senza diventare la sosia di un panda.

«Tu non sei il vero Gianni! Lui si sarebbe fatto uccidere pur di stare in compagnia di cinque donne contemporaneamente!»

«Emily ho i miei limiti anche io. Dove sono queste donne? A me sembra di essere in mezzo a cinque mantidi religiose che chiedono la mia vita!» sbottò irritato guardandole una per una, soffermandosi infine sulla ragazza dai capelli rosa in compagnia del suo fidanzato, colpito dalla consapevolezza di aver dimenticato un altro esponente del sesso maschile.

Inutile fu l’occhiata di scuse, Michelle in preda al suo stato malaticcio candidamente aveva ammesso di non star ascoltando una singola parola del discorso.

Julia chiuso di scatto lo specchietto scosse la testa divertita, pochi passi mossi sul manto erboso per scoccare un bacio a sorpresa sulla guancia di Gianni dove restò visibile il segno corallo. L’italiano non colse il motivo del ringraziamento sussurrato, inconsapevole di come la sua scommessa fosse stata utile come scusante per la donna nell’avvicinare Yuri, invece preferì esultare e vantarsi del bacio appena ricevuto nella sua indole da perfetto dongiovanni.

Su sua ammissione, quel marchio l’avrebbe sfoggiato per il resto della serata.

«Sorellina!»

Raul arrivò trafelato dinanzi alla fonte del suo richiamo, catapultandosi su di lei con fare apprensivo.

Le spiegazioni furono considerate superflue dallo spagnolo mentre afferrava agitato la faccia della sorella ruotandola da più angolazioni, analizzando accuratamente ogni singolo centimetro di pelle prima di cascare seduto sul tavolino in un sospiro di sollievo.

«Meno male che stai bene!»

«Perché non dovrei? La mamma di Hilary è la povera vittima delle catastrofi di questa giornata»

«Infatti, Julia se ne stava a sghignazzare tranquillamente fra le braccia di Ivanov» il commento sarcastico di Mariam era privo di malizia, posto solo come osservazione di circostanza ma Julia sperò ugualmente che il buio circostante stemprato dalle sole candele alla citronella coprisse bene il rossore spuntato sulla sua faccia.

«Proprio per quello sono preoccupato!» se possibile Raul aumentò il suo stato inquieto rizzandosi come una molla e un’aggressività che non gli apparteneva «Ho visto che te ne sei andata via all’improvviso piangendo! Se Ivanov ti ha fatto qualcosa giuro che gliela faccio pagare!»

«Raúl, estás loco?! Me estaba riendo

Raul arretrò istintivamente alla furia della sorella finendo per inciampare nel tavolino, ribaltandosi con esso e annullando la sua iniziale baldanza. Lui l’aveva vista solo andar via asciugandosi le lacrime e aveva tratto le sue conclusioni, poteva anche essersi sbagliato ma a suo modesto parere Julia stava vendo una reazione fin troppo eccessiva con la sua scarica di rimproveri spagnoli.

«Peccato che Julia si sia messa in mezzo» mormorò derisorio l’italiano vedendo il povero ragazzo accampare scuse nel vuoto «Ora non sapremo mai se Raul sarebbe stato capace di andare a fare una sfuriata a Yuri. Sarebbe stato uno spettacolino carino da guardare, un ritorno allo splendore delle lotte nel Colosseo»

«Sì, certo, Boris e Sergej li hai dimenticati? Quei due non gli avrebbero dato nemmeno il tempo di parlare»

«Appunto Emily, sarebbe stato un bagno di sangue come nell’antica Roma»

«Gianni te lo giuro, stasera mi preoccupi»

Hilary si limitò a sospirare scambiandosi un’occhiata con Mariam, l’accalorata difesa di Julia nei confronti di Yuri risultava davvero esplicita solo per loro?

Eppure, non pensava potesse passare davvero inosservata la strana intesa manifestata tra i due durante il ballo.

Mariam scosse la testa borbottando all’ennesime scuse di Raul sul voler proteggere la sorella.

«Fratelli. Che siano maggiori, minori, gemelli, sono tutti uguali»

 

 

Takao batté incredulo le palpebre.

Seduto allo sgabello dell’angolo bar insieme a Lai, Daichi, Kiki e Gao nel soggiorno di villa Hiwatari, il giapponese seguiva ipnotizzato il volteggiare delle bottiglie traslucide piene di liquidi dai diversi colori. Reazione del tutto differente dall’evidente scetticismo di Olivier e dalla palese preoccupazione di Ralph per la possibile rottura di una di quelle bottiglie d’altissimo costo di marche pregiate.

Ivan con una precisione incredibile le lanciava da una parte all’altra come dei birilli in intricati passaggi dietro la schiena con tanto di giravolte d’accompagnamento.

«Ivan, dimmi che non è anche questa una conoscenza acquisita al monastero»

«No Takao, esperienza lavorativa» il russo afferrò il collo di una bottiglia dalla scritta straniera ruotandolo fra le dita, non nascondendo un discreto livello d’orgoglio per quell’ammissione «Lavoro come bartender in un pub da quando ho diciotto anni e si potrebbe dire che ormai abbia una conoscenza enciclopedica in questo campo, anche se da un annetto a questa parte ho ridotto il contratto ai weekend per la mole di lavoro aumentata all’orfanotrofio»

Vodka, cognac, assenzio, sciroppi dai gusti più strani e bottiglie dai nomi a Takao sconosciuti vennero versati e mescolati tra loro con rapidi e precisi movimenti del polso all’interno di svariati bicchieri depositati sul bancone, creando altrettante a lui ignote combinazioni di cocktail.

Il tutto con una precisione a dir poco maniacale, senza lasciare che la minima goccia trasbordasse e andasse sprecata.

«Orfanotrofio?» la domanda di Kiki espresse tutta la confusione dei suoi connazionali.

Ivan fermò i suoi movimenti guardandoli con uno scetticismo per nulla dissimulato, ricordando solo qualche istante dopo l’avvezza asocialità che caratterizzava lui e gli altri membri del team dal termine delle apparizioni ai mondiali. Fatta esclusione per la squadra di Kinomiya, avevano praticamente interrotti i contatti con gli altri blader.

«Sì, il lugubre monastero Vorkov è diventato ufficialmente un orfanotrofio da sei anni a questa parte, dopo aver vinto su tutti i fronti la causa contro quel pezzo di merda di un monaco. Oh, ovviamente è stata una grande soddisfazione anche soffiare l’atto di proprietà dalle mani di Hiwatari senior. Attualmente la struttura è intestata ai genitori di Nataliya per questioni legali ma concretamente è Yuri a portare avanti la direzione, ovviamente aiutato da me, Boris, Sergej, Nataliya e altri addetti che collaborano con il progetto alcuni giorni a settimana» terminò la frase nel più completo silenzio circostante, la coppetta da cocktail dall’insolita miscela azzurra opalescente posizionata davanti Lai con fare più professionale «Gin navy strenght, assenzio, curaçao e succo di limone, tipico drink da festa»

Il cinese contemplò il bicchiere destabilizzato dal repentino cambio di argomento, un cenno d’assenso confuso all’offerta della fettina di limone poggiata sull’orlo.

«Quindi state dietro a dei bambini tutto il giorno?»

«Oui francesino, tutti i santi i giorni a rincorrere marmocchi urlanti…quasi mi manca fare il bartender a tempo pieno delle volte!» lo shaker fu sbattuto in alto e in basso con maggior pressione prima di versarne il liquido porpora nella coppetta dinanzi Olivier «Per te un cocktail che i tuoi compatrioti chiedevano spesso al locale: vodka, chambord e succo d’ananas»

Ralph vide il suo amico scettico sorridere raggiante dopo l’assaggio, invitandolo ad ordinare la medesima bevanda che Ivan sembrava divertirsi davvero a preparare. Assecondò l’insistenza restando con il dubbio più atroce.

«Kei lo sa che stai usando i suoi alcolici?»

«No, ha altro a cui pensare che tenere sotto controllo il suo angolo bar» pronta risposta strafottente, lo shaker nuovamente in funzione per acrobazie insolite tanto da mostrare un cocktail uguale al precedente in meno di un minuto «Piuttosto mi chiederei cosa se ne faccia di tutta questa roba se non è in grado di reggere nemmeno mezzo bicchiere dell’intruglio più leggero…mah, sarà una di quelle strambe ossessioni da ricchi»

Daichi ottenuta compagnia finalmente si decise ad assaggiare il suo drink dorato calandoselo tutto d’un fiato sotto lo sguardo attonito del professor Kappa appena giunto e già irrimediabilmente preoccupato. Il rossino dopo poco aveva cominciato a ridere da solo alludendo a un qualche futuro di Ivan nella compagnia circense di Julia e Raul, battendo ripetutamente una mano sulla schiena del povero professore che fu costretto a sedersi sullo sgabello.

«Barman! Per favore, uno per il mio amico! Stupiscici!»

«Daichi non siamo al bar…oh no, Ivan che stai facendo?! Io non voglio nulla!» inutili furono le repliche, Ivan era già entrato in azione.

Takao sorrise nervosamente all’idea del suo amico occhialuto alle prese con l’alcool, ad Amsterdam l’aveva fatto sposare dopo aver bevuto pochissimo non osava immaginare nelle mani di quel russo che fine avrebbe fatto. Proprio sulla scia dell’ultimo pensiero si rivolse ad Ivan piuttosto incuriosito.

«Ora che ci penso, tutte le acrobazie che fai mentre li prepari sono di tua invenzione o le richiedeva il locale?»

«Mh, un po’ tutte e due» Ivan si lasciò sfuggire una leggera smorfia contrariata, lo straccio usato per asciugare il piano accanto al lavello quasi sbattuto con forza «Avevo trovato quel posto con Yuri, nei primi tempi abbiamo fatto tutti diversi lavoretti per aiutare Sergej e la sua retta universitaria…sì, Sergej è laureato in infermieristica insieme a Nataliya, si sono conosciuti lì…dicevo, il proprietario voleva solo che gestissimo al meglio la clientela però lui non aveva idea di cosa significasse avere il turno con Yuri! Nonostante si limitasse a un gelido e laconico “buonasera”, al contrario mio che provavo ad essere un minimo cordiale, la gente perdeva la testa per lui accalcandosi dal suo lato del balcone. Qualcosa me la dovevo pure inventare per non vederlo morire sommerso dal carico di lavoro, ed ecco il perché delle acrobazie»

«Di che ti sorprendi? Mi sembra ovvio che riconoscendovi le fangirl sfegatate scegliessero Yuri al posto tuo…» commentò sarcasticamente Ralph lasciando volutamente in sospeso la frase al volto del russo sempre più inasprito. Probabilmente era un bene avere già il suo drink a portata di mano, poteva ritrovarselo avvelenato.

«Il naso Ivan, è quello che sta tentando di dirti Ralph. Preferivano te a Yuri per il naso…lo hai troppo grande e voluminoso, alle donne non piace»

Takao cercò di non ridere davanti alla lucidità di Daichi ormai morta, il piccoletto in quel tono sbiascicato mostrava di aver già oltrepassato i propri limiti gettandosi in quei commenti suicidi.

«Io non ho mai parlato di sole donne» ribatté piatto Ivan, l’old fashioned rubino sbattuto malamente davanti il povero Manabu ancora intento a sprecare scuse sul non volerlo bere «Uomini, donne, vecchiette arzille e anche persone dal dubbio sesso…chiunque lo fissava come un rincitrullito o faceva strane proposte»

«Guardala da un’altra ottica, alla fine sei riuscito ad attirare l’attenzione se lavori ancora lì, no?» il misero tentativo di Takao di quietare gli animi sembrò funzionare, lui era l’unico ad essere rimasto senza drink e non voleva di certo lasciarsi sfuggire l’occasione di assaggiare qualcosa di particolare.

«Sì, ha funzionato abbastanza bene, il lato davvero positivo è stato farmi aumentare lo stipendio per continuare a metter su quei giochetti dopo che Yuri è stato licenziato» un sorrisino vittorioso fece capolino al ricordo dei soldi estorti al vecchiaccio taccagno, bella persona ma fin troppo avida «Uhm, ma tu sei rimasto senza drink…lascia fare a me»

«Perché licenziato?»

«Ha spaccato un bicchiere in testa a un cliente»

Ivan roteò gli occhi all’espressione perplessa del giapponese stappando l’ennesima bottiglia, la ricordava bene quella serata. Il tizio aveva scambiato Yuri per una ragazza guardandolo di spalle, fin lì sarebbe potuto andare tutto bene ma il genio incompreso scoperto l’errore aveva commesso l’ulteriore sbaglio di deridere il suo amico. Persino lui si era sorpreso quando il vetro era andato in frantumi, Yuri completamente impassibile si era limitato a colpirlo e abbandonarlo lì sanguinante senza preoccuparsi minimante di eventuali ripercussioni.

Ogni tanto si domandava che fine avesse fatto, la denuncia per aggressione non era mai arrivata e lo sciocco non si era più visto in giro al locale.

Yuri in compenso i giorni seguenti aveva mostrato una certa allegria…pensandoci, Ivan non voleva sapere cosa fosse realmente successo allo sconsiderato.

Si riscosse dai suoi pensieri ultimando l’ennesima creazione e assecondando il giapponese nella mole di domande tecniche rivolte a quella professione.

«Un bicchiere old fashioned, si usa generalmente per i liquori on the rocks, ossia immersi nel ghiaccio come questo. Sono sicuro che il “White Russian” ti piacerà, provalo» Ivan spinse sul ripiano in mogano il suddetto bicchiere basso e largo dalla forma cilindrica, il liquido all’interno dal colorito brunastro era ricoperto sulla superfice per oltre due centimetri da una patina bianca che ricordava la neve sulle vette più alte «Vodka Moskovskaya, Kahlúa e panna shakerata, scende che è una bellezza per quanto è dolce»

Takao bevve a piccoli sorsi il primo assaggio valutandone il sapore, in una futile reticenza di pochissimi attimi.

Il contenuto fu trangugiato con conseguente richiesta del bis.

 

 

La leggera brezza serale si insinuò nel foro della portafinestra.

Boris giocherellava con uno dei cocci di ceramica seduto ai piedi del letto della camera ancora a soqquadro, schiena contro l’asta del baldacchino e gamba penzolante oltre il materasso.

Sergej l’aveva invitato gentilmente a eclissarsi per qualche minuto, estromettendolo dalla festa quasi fosse stata colpa sua – e non del figlio casinista – l’origine della fragranza ittica attorno alla signora Kazuko.

Al ricordo le labbra si incresparono ancora una volta in un ghigno beffardo rivolto alla soglia dove Yuri era appena arrivato.

Due tonfi sordi al telaio della porta ancora scardinata e abbandonata su una parete.

«Stai facendo dell’ironia? Lo stare incollato alla spagnola deve esserti proprio piaciuto»

Un colpo ben assestato e più forte dei precedenti gli fece intendere che il prossimo non avrebbe centrato il legno.

Lanciò il pezzettino ceramico in un angolo della stanza tramutando il suo ghigno in uno più sardonico.

«Ma non restare lì impalato mi amor. È aperto, entra pure»

«Il tuo accento spagnolo fa pena»

«Scusami tanto se non sono la tua bella»

Yuri percorse un paio di passi all’interno fermandosi incerto a metà tragitto, la sua attenzione attirata dagli uccellini entrati al mattino che avevano creato il proprio nido sul comò. L’esserino dalle piume azzurre lo accolse addirittura con un sonoro cinguettio.

“Benvenuto compagno stanza”, ecco cosa sembrava volesse dirgli.

Boris alzò gli occhi al cielo contando mentalmente i secondi che lo separavano dallo sbotto made in Ivanov, il suo amico era di una prevedibilità inaudita quando premeva le mani sui fianchi e lo guardava con fare accusatorio.

Valutò velocemente le sue opzioni di fuga: il vano della porta troppo distante e il balcone troppo alto per tentare un salto.

Nella valutazione capì anche un’altra cosa, la lentezza in cui era ricaduto il suo istinto di sopravvivenza.

Il gong immaginario diede inizio allo scontro.

«Ti costava tanto farli uscire?» la domanda fu posta con un nervosismo esagerato per quella sciocchezza.

«Diavolo Yu, calmati. Non danno fastidio a nessuno» il russo si meravigliò al tic nervoso al sopracciglio rosso seguito alla sua minimizzazione, quello scatto accadeva solo quando la pazienza oltrepassava la soglia di tolleranza e di certo degli stupidi uccellini non erano fra le cause scatenanti, almeno così credeva.

«Ci dobbiamo dormire stanotte qui dentro, ora li prendi e li porti fuori»

«Per chi mi hai preso, il tuo schiavo personale? Chiama Brooklyn se vuoi l’accalappia uccellini»

«Tu hai combinato il casino, tu lo sistemi» un ordine sibilato, non dissimile da quello di un comandante dell’esercito.

«La smettete di darmi la colpa di tutto?!» esplose infine Boris ricambiando il tono astioso, il suo amico troppo spesso dimenticava di non essere più il capitano di una squadra continuando inflessibilmente a dettare ordini a destra e a manca «Sono entrati perché Hilary ha distrutto il vetro della portafinestra!»

«Ti ricordo che se tu per primo non fossi uscito mezzo nudo sul balcone la signora non sarebbe svenuta, Hilary non avrebbe sfondato la porta distruggendo la stanza, gli uccellini non sarebbero i nostri nuovi coinquilini e io non avrei dovuto cercare un fottuto bagno per tutta la casa… non sarebbe successo nulla!» l’ultima parola Yuri la rimarcò con foga, imprimendo in essa la frustrazione di sentirsi impotente dinanzi alle proprie emozioni confuse e allo scorrere del tempo che continuava a farsi beffa di lui sottraendogli quell’attimo necessario a dare a Julia un secondo bacio, lasciando lì con la sola amarezza di una gioia negata.

Si era ripromesso di mantenere il controllo salendo in stanza, si era imposto di non lasciarsi dominare da quel recondito lato impulsivo fallendo miseramente.

Se Boris fosse stato attento al mattino, lui non sarebbe finito in quella piccola stanza con Julia.

Il passato non sarebbe tornato così prepotentemente.

Non ci sarebbe stato alcun incidente.

Nessun bacio l’avrebbe perseguitato.

«È sempre colpa tua!»

Yuri restò in silenzio con un leggero prurito alla gola dopo la sua accusa, Boris fece altrettanto squadrandolo attentamente.

La nota velenosa non era sfuggita né al mittente né al destinatario di quel messaggio, si conoscevano, erano entrambi consapevoli di dove l’avrebbe portati una discussione se si incamminavano su quella scia tossica fatta di insinuazioni. L’ultima volta non era finita bene, erano arrivati alle mani.

Dieci anni prima però, non erano giunti ad insultarsi partendo da un’idiozia.

Senza proferir parola Yuri per primo si distanziò, conscio in uno sprazzo di lucidità di quanto futili ed effimere fossero le sue motivazioni per innescare quella diatriba verbale. Erano pur sempre ad un matrimonio, lo scopo era divertirsi, poteva evitare di sfruttare il suo amico come valvola di sfogo per una questione in cui alla fine dei conti non c’entrava nulla. Aveva approfittato di quell’insolita pazienza nei suoi confronti per troppi anni.

Ricadde pesantemente sul letto disfatto provocando un sonoro tonfo al rimbalzo, distruggendo ben altro oltre ad un ulteriore pezzo della stanza.

Quasi stesse aspettando quel momento, la tensione si allentò.

«Dimmi che non ho rotto una doga del letto» gli occhi azzurri si sollevarono colpevoli verso l’altro ragazzo voltatosi divertito al suono del botto.

«Oh, io credo che tu non ne abbia rotta una ma due» il tono velatamente allusivo «Chi è che ha sempre colpa di tutto, eh?»

«È capitato soltanto ora, tu combini casini di continuo»

Yuri emise un verso stizzito all’eccessivo divertimento dell’altro, tutti i presupposti per aver ragione sul loro battibecco erano appena caduti.

Boris ritirò le gambe spostandosi al centro del letto, incurante delle scarpe ancora indossate dalle cui suole il terriccio del giardino venne disseminato sulle lenzuola in parte aggrovigliate alla rinfusa ai piedi del letto. Uno sbuffo scocciato emesso all’ennesimo rimprovero non verbale, mentre il dito veniva ruotato in tondo per indicare l’ambiente circostante.

«Pensi davvero che quando Hiwatari e consorte vedranno questa stanza si preoccuperanno del lenzuolo sporco?»

Yuri si lasciò sfuggire un sospiro arrendevole dinanzi all’evidenza.

Boris soddisfatto della piccola vincita, senza alcun preambolo, afferrò il suo ormai fratello di vita per l’estremità posteriore della camicia obbligandolo con la forza a distendersi accanto a lui. Yuri non oppose alcuna resistenza né cerco di rialzarsi al gesto improvviso, piegò semplicemente le gambe sul materasso piuttosto concentrato ad esaminare il drappo bordeaux sulle loro teste.

Lo stomaco manifestò tutto il suo disappunto stringendosi in una morsa, i segnali di pericolo di quella che da entrambi veniva definita ironicamente “resa dei conti” erano stati captati e recepiti.

«Yu, vuoi dirmi cosa ti frulla nella testa?» la precedente inclinazione scanzonata era scomparsa del tutto dalla voce di Boris, sostituita da una serietà riservata solo ad alcune particolari situazioni.

Yuri tamburellò le dita sullo stomaco perseverando imperterrito nella sua contemplazione del baldacchino.

Lo spirito d’osservazione di Boris risultava estremamente fastidioso alle volte, non c’era sorpresa se Vorkov lo avesse sempre elogiato per quell’aspetto – anche se il monaco pazzo lo aveva distorto e piegato rendendolo quasi una macchina per uccidere – e lui stesso l’ammirasse per quel tratto.

Boris guardò il suo profilo aspettando pazientemente, erano stati centinaia di ore in quella posizione fin dal monastero. Era il loro piccolo segreto sdraiarsi l’uno vicino all’altro, alle volte per parlare altre solo per confortarsi o darsi forza a vicenda, soprattutto nelle notti più cupe in cui gli incubi proprio non volevano andar via. Alcune abitudini erano davvero dure a morire.

Yuri sospirò pesantemente affondando maggiormente la testa nel cuscino, troppe cose gli stavano arrovellando il cervello per trovare una risposta.

«Io…non so cosa dirti» un mormorio scostante diretto al soffitto, incapace di guardarlo in faccia.

 

 

«Oliviér

Il ragazzo in questione allontanò il volto da quello dell’ex campione del mondo il cui alito, un puzzo d’alcool misto al forte odore di caffè, gli aveva fatto salire la nasua. Per non parlare del fastidio provato all’accento sbagliato sul suo nome e alla “r” pronunciata similmente al rumore di una motosega.

«Ne khoodshi Oliviér!1» due braccia protese a stringere forte il francese in un abbraccio fra le lacrime.

«Pour tous les poissons de la Seine2, Takao cosa stai facendo?!»

«Non ti chiedi piuttosto cosa stia dicendo?»

«Parbleu3 Raplh! Cosa vuoi me ne importi? Toglimelo di dosso!»

Ivan lucidò per la ventesima volta lo stesso boccale ignorando Takao cascato giù dallo sgabello e Olivier sbraitante andato via a passo di marcia seguito da un reticente Ralph che in gesto di scuse – per la presa da combattimento con cui l’aveva schiantato– aveva aggiustato la giacca del giapponese inerme sul pavimento prima di sparire a sua volta. Posizionò infine il bicchiere sulla pila nel mobile afferrando con gesti meccanici il successivo dal lavello.

Non c’era assolutamente nulla di diverso dalle solite azzuffate nel locale, anzi, lì sicuramente non sarebbero saltate fuori delle pistole.

«Oh sì! Ancora! Ancora!»

«Ora te lo faccio vedere io!»

Ivan arrestò lo strofinaccio sollevando lo sguardo quasi per essere veramente certo che le parole fossero fraintendibili, per l’appunto, solo a parole.

Lo strillo allegro e l’incitamento di Kiki erano rivolti non alle scene malate da lui inizialmente supposte che ora non gli davano tregua nella mente procurandogli brividi di ribrezzo, bensì alla strampalata gara messa in atto con Lai.

Ovviamente, dopo un pranzo chilometrico e una dose massiccia di alcolici in circolo, era logico gareggiare per chi resistesse più a lungo nella verticale.

Ivan rimproverò duramente sé stesso per la sua malsana idea di invitare tutti loro nell’angolo bar, gli affari suoi poteva pure farseli e godersi la festa.

Mosso da uno spirito compassionevole, consigliò ai folli atleti di darsi una calmata e tornare seduti ma fu bellamente ignorato. Pertanto, si limitò a scrollare le spalle noncurante nello stesso momento in cui Lai fuggì via per la verticale andata male seguita da una rovinosa caduta in cui lo stomaco scombussolato aveva reclamato un bagno tutto per sé.
Lui ci aveva provato a fermarli.

«Ehi Ivan-cha! Ehi! Ehi!» attirato dalla voce giocosa si sporse oltre il bancone, Takao ancora sul pavimento con un’espressione ebete continuava a chiamarlo sbracciandosi come un pargoletto nella culla.

«Dimmi Takao»

«Ehi Ivan-chan

«Dimmi. Takao»

«Eh-»

«Dillo di nuovo e ti farò del male»

Takao sporse il labbro tremolante rizzandosi istantaneamente in piedi, le mani prontamente afferrate in quelle del russo costretto a star sulle punte per il trascinamento imprevisto. Takao lo aveva attirato a sé incurante del largo bancone in mezzo.

Ivan sospirò afflitto, doveva restare calmo, non poteva mutilare e ferire gravemente un ubriaco innocuo non in grado di difendersi.

Maledetta deformazione professionale.

«Ivan-chan tu mi vuoi bene?»

«Lasciami andare e ne riparleremo»

«Quindi non mi vuoi bene?! Perché?! Cosa ti ho fatto?!» le lacrime sgorgarono copiose dagli occhi nocciola lasciando Ivan più confuso che mai, solitamente gli ubriachi con cui aveva a che fare non lo conoscevano al punto da dargli tutta quella confidenza.

«Takao, calm

«CONQUISTERÒ TUTTI I BIT POWER DEL MONDO!» le mani batterono con ferocia sul bancone, la zazzera castana si scostò dagli occhiali per l’impeto della risata sguainata mentre il bicchiere ormai vuoto rotolò giù dal bancone frantumandosi.

Ivan sopprimendo il colpo al cuore per l’urlo inaspettato osservò ad occhi spalancati la brutta copia di Manabu ormai in completo delirio di onnipotenza. Il giovane tecnico in un miscuglio di frasi sconnesse continuava a farneticare piani di conquista del mondo elencando quintali di dati sui bit power di cui probabilmente solo lui era a conoscenza.

«Quattrocchi hai preso la Vorkite?» domandò titubante ritrovandosi Takao mezzo seduto sul bancone e avvinghiato a lui come fosse un’ancora di salvezza.

«Il mondo sarà mio! Tutto in mio potere!» la saliva fu sputacchiata qua e là per l’enfasi mentre le gambe traballanti si issarono sullo sgabello per parlare a una platea inesistente.

«Ehi prof, tu mi vuoi bene?»

«Kinomiya pianatala con questa domanda! E tu moscerino non sei capace nemmeno di averlo un bit power, figurati conquistare il mondo!»

«Questo lo dici tu!» gli occhi iniettati di sangue si avvicinarono improvvisamente verso il russo «Ho studiato per anni le mosse di insignificanti pazzoidi che hanno tentato questo progetto giungendo a realizzare il piano perfetto! Tremate, il vero signore e padrone degli animali sacri è appena arrivato!»

«No, tu hai semplicemente bevuto troppo» ribeccò il russo spingendo lontano il volto dell’uomo vaneggiante, cercando al contempo di staccarsi di dosso l’altra piovra.

«Miscredente!! Ti pentirai amaramente delle tue parole, quando governerò il mondo ti chiuderò nelle segrete!»

«Cambia solfa, quelle sono come una seconda casa e Vorkov minacciava in maniera più convincente» rispose beffardamente piantando il gomito nel collo di Takao per tenerlo un minimo a distanza dalla sua faccia.

«Ivan-chan mi fai male!»

«Smettila di chiamarmi in quel dannato modo!»

«Addio misere formiche, vi schiaccerò dopo aver radunato il mio esercito!» la risata grottesca risuonò fra le mura del salone, Manabu con le braccia distese verso il cielo percorse freneticamente la distanza che lo separava dal corridoio diretto ad una destinazione ignota per tutti gli altri.

«Dove diavolo stai andando razza di deficiente?!» il russo non riuscì a fermare il pazzoide in fuga poiché ancora bloccato da Takao nell’abbraccio stritolatore che iniziò pericolosamente a fargli perdere la pazienza.

«Ehi Ivan-chan, mi vuoi bene?»

«Cazzo Kinomiya, piantala!» urlò ormai al limite della sopportazione mollando due colpi secchi all’altezza dell’ultima costola del giapponese che istintivamente fu costretto a lasciare la presa, ma il sospiro di sollievo ebbe durata molto breve «DAICHI MOLLA QUELLA BOTTIGLIA!»

Svuotato di tutta l’aria dai polmoni per il grido disumano, Ivan si fiondò verso il ragazzo dai capelli rossi rannicchiato a poca distanza da lui al di sotto del bancone, precisamente accanto agli sportelli dove erano conservate ancora le bottiglie inscatolate, di cui una appena trafugata. Daichi scosse la testa e a causa della forte quantità d’alcool in circolo espresse il suo dissenso ridendo come uno sciocco, scivolando di faccia a terra nel maldestro tentativo di rimettersi in piedi.

Ivan gli fu subito addosso, ma a differenza della lucidità svanita, la forza al ragazzo non mancava di certo.

Iniziarono un tira e molla che li vide rotolare sul pavimento, fra urli confusi e strepiti accusatori vari in cui agli urti con i mobili in più di un’occasione Ivan aveva dovuto afferrare al volo qualcosa in caduta libera per evitare che si sfracellasse al suolo. Ben presto divenuta una lotta per la sopravvivenza i colpi assestati da ambo le parti non mancarono, fra cui la gomitata nello stomaco di Ivan e il pugno in pieno volto a Daichi, finché non fu proprio il primo a prevalere grazie all’equilibrio dell’altro ormai inesistente.

Ivan storse la bocca al sapore ferroso del sangue a rissa ultimata evitando accuratamente di lasciare i polsi della sua preda inchiodati sul pavimento. Era riuscito a bloccarlo a pancia giù issandosi sopra di lui e per quanto la suddetta posizione risultasse a lui stesso molto ambigua non era intenzionato a ripetere nuovamente un combattimento. Se avesse lasciato anche solo una delle braccia quella scimmia impazzita si sarebbe liberata.

«Ora, molla quella bottiglia» ordinò in un ringhio accentuando la presa per convincere Daichi a lasciare finalmente l’oggetto incriminato.

Il rossino però non l’ascoltò minimamente ne provò dolore a causa della soglia di tolleranza estesa per via dell’alcool, cercò piuttosto di liberarsi scalciando nel tentativo di colpire con le gambe la schiena del russo ma la costituzione del suo corpo gli ricordò ben presto che non possedeva l’elasticità muscolare di Raul. Afflitto e convinto di essere finito prigioniero nelle mani di un membro di una banda criminale iniziò ad urlare in cerca di aiuto provando ancora una volta a rotolare su sé stesso senza raggiungere alcun risultato soddisfacente.

«La vuoi piantare di urlare?!» sbraitò a sua volta Ivan per sovrastare le urla mentre Takao dondolava nell’angolino vicino al divano in una sorta di trans «Per dio, sembra che stiamo facendo chissà cosa se continui in questo modo!»

«Non mi avrai mai! Non mi piacciono gli uomini! Aiuto! Takao, aiutami!»

«Avere cosa?! Che diavolo ti passa per la testa?! Io voglio solo che posi la bottiglia!»

«Ivan-chan mi ha tradito…» esordi sconsolato Takao asciugandosi gli occhi.

«Ohi, io non ho tradito nessuno!» sbottò esasperato guardando verso il giapponese che non lo degnò di uno sguardo ma rinunciò ad ulteriori ed inutili spiegazioni inveendo contro l’altro che aveva provato a sollevarsi con il bacino «E tu qua sotto smettila di far sembrare il tutto un porno squallido di infima categoria! Lascia la vodka!»

«Per tutti i numi cosa sta succedendo qui dentro?!»

L’urlo adirato femminile provenne dal corridoio, Ivan alzò di scatto la testa nell’esatto istante in cui la signora Kazuko entrò nel soggiorno.

Daichi continuò a urlare, Takao a piangere adagiato allo schienale di stoffa e Ivan, l’unico ancora dotato di lucidità, si ritrovò a pregare interiormente che la donna non si facesse un’idea drasticamente sbagliata della sua persona. Il completo formale sgualcito e l’aspetto selvaggio dopo la rissa non andavano a suo favore.

La signora restò ammutolita ad osservare il russo a sua volta, concentrata prima sul ragazzo disteso, poi su quello seduto cavalcioni.

Daichi provò a chiedere di nuovo aiuto ma Ivan allungò una gamba calpestandogli la mano e lasciando fuoriuscire un altro grido.

«Signora, la prego di lasciarmi spie-» le parole del russo vennero bruscamente interrotte da un urletto stridulo.

«Tu! Devi solo stare zitto!» la donna si portò una mano sul cuore mentre con l’altra tremolante additò il presunto colpevole di quella situazione, incapace di articolare una frase compiuta tra la rabbia e il disgusto che trasparirono chiaramente «Maleducati…gioventù senza ritegno…farlo qui, nel soggiorno della casa della mia bambina. Voi…voi dovreste solo vergognarvi!»

La controbattuta studiata da Ivan restò inespressa, il colorito della donna svanito velocemente pose in risalto due occhi color cioccolato improvvisamente vacui.

Il russo in uno slanciò fulmineo si precipitò ad afferrare la donna prima che ella sbattesse in terra, abbandonando l’ubriaco impazzito e ritrovandosi a dover sorreggere un peso morto fra le braccia.

«Signora! Signora la prego si svegli, non è il momento di dormire! Se qualcuno ci vedesse in questo momento io rischierei una denuncia per molestie sessuali, ho già la fedina penale non proprio pulita, non mi sembra il caso di ampliarla» un sottile velo di panico lasciò la bocca di Ivan che a malapena riusciva a sorreggere la donna decisamente più alta di lui, esitò un istante prima di afferrarla al meglio attorno alla vita trovandosi così il volto femmineo adagiato sulla spalla « Lei non se ne rende conto ma non è esattamente un peso piuma…cavolo, questo non avrei dovuto dirlo, forse è un bene che non mi senta…no, no, ma che sto dicendo?! Signora apra gli occhi! Takao, razza di pelandrone vieni ad aiutarmi!»

Non ricevendo risposta girò faticosamente sui talloni trascinando a fatica la donna nell’azione, il panico crescente nell’appurare di essere stato completamente abbandonato dal giapponese e dagli altri due della squadra cinese che non si vedevano da nessuna parte al contrario di Daichi che saltellava sul divano bevendo e rovesciandosi addosso gran parte del contenuto della bottiglia di vodka.

«Scimmia mal riuscita vieni ad aiutarmi anziché pensare a tracannarti!»

«Ivan… il mondo gira! Lo sapevi?» rispose allegro l’altro roteando tra un saltello e l’altro, la risata gioiosa esplosa all’ennesimo sorso che portò l’alcool rovesciato in giro e sulla stoffa candida del divano.

«Slaboumnyy4» sputò tra i denti Ivan spostandosi a fatica, l’estremità inferiore del kimono della donna strusciato per terra nell’impresa.

Daichi continuò a urlare frasi senza il minimo senso saltando da un divano all’altro, sul tavolino, su una delle poltrone lasciando orme evidenti di terra sul bianco perlaceo che ricordarono ad Ivan il gioco della lava che i bambini facevano all’orfanotrofio. Il russo urlò al ragazzo di placarsi e di pulire il divano o per lo meno di lasciare una zona libera in cui adagiare il corpo inerme fra le sue braccia ma ciò che ottenne fu solo una considerazione su quanto costassero i funghi nei supermercati a differenza della facilità con cui si trovavano nei boschi dietro casa sua. In sintesi, una considerazione che ad Ivan non importava minimamente e la cui risposta non fu certo garbata nell’allusione al dove sarebbero finiti i funghi se non l’avesse aiutato.

Daichi se ne infischiò di tutte le possibili minacce iniziando il suo nuovissimo e personalissimo gioco: afferrare i pendenti del lampadario.

Ivan si appuntò mentalmente di farla pagare al ragazzo continuando a trascinare il corpo della signora che iniziava a chiedersi seriamente se fosse ancora viva data la mancanza di respiro sul suo collo. Era prossimo ad una vera e propria crisi di nervi per l’ennesimo urlo di Daichi tornato mentalmente bambino e per la musica esterna alzata a tutto volume quando le sue preghiere sembrarono essere state finalmente ascoltate. Di sfuggita, nei pressi della finestra aperta, una chioma bionda familiare era appena passata.

«Sergej! Sergej ho bisogno di aiuto!»

Ivan soltanto al terzo urlo riuscì a sovrastare il caos richiamando alla finestra del pianterreno l’amico dubbioso che fece capolino mano nella mano con la moglie, entrambi esterrefatti davanti alla stravagante scena in corso all’interno dell’abitazione.

«Ivan, in nome del cielo! Cosa sta succedendo qui dentro?!» esclamò scioccata la donna mentre il marito in un balzo felino senza pensarci ulteriormente scavalcava il davanzale per andare a soccorrere l’altro russo «E cos’altro è successo a quella povera donna?!»

«Oh, Nataliya non guardarmi in quel modo! Non è stata colpa mia…non direttamente almeno!» scoppiò inacidito arretrando di un passo e restando in equilibrio per puro miracolo sul pavimento bagnato, sarebbe caduto sicuramente se Sergej non gli avesse tolto di dosso il gravoso peso della signora.

«Non credo la signora sia svenuta per una sciocchezza…Voi due cosa credete di fare?! Immediatamente giù!»

Dimitrij e Anja abbandonarono il loro tentativo di afferrare con i piccoli balzi il bordo del davanzale della finestra, giocandosi invano la carta degli occhi da cuccioli bastonati che con la loro mamma non riuscivano mai a far prevalere.

«Ma mamma, volevamo vedere anche noi cosa fosse successo» rispose la vocina morbida del bambino mentre la sorellina gli dava manforte annuendo vigorosamente.

«La suocera dello zio Kei si è sentita poco bene, non c’è nulla da guardare e voi non dovete arrampicarvi alla finestra, chiaro?»

«Però papà l’ha fatto! Hai sempre detto che non dovevamo prendere esempio solo dallo zio Boris e dallo zio Ivan!» si lamentò il bambino sporgendo il labbro inferiore.

«Dimitrij ha ragione!» continuò la bambina nel medesimo tono «Lo hai detto tu di imitare papà o lo zio Yuri, tranne quando lo zio inizia a tramare qualcosa sorridendo in modo pauroso da solo!»

«Vero, ma in questo caso la regola non vale, anche papà mi sentirà» ribatté perentoria ponendo fine alle successive rimostranze dei due con una tecnica che funzionava sempre «Se continuate a fare i capricci non vi faccio avere il gelato»

Anja spalancò la bocca richiudendola offesa in un broncio buffo prima di sedersi sul prato seguita poco dopo dal fratellino, Nataliya sospirò tornando a porre l’attenzione all’interno dove qualcosa in vetro era appena andato in frantumi. Daichi all’ennesimo balzo non aveva trovato la giusta aderenza scivolando dal tavolino e sbattendo la testa contro il bracciolo del divano fracassando la bottiglia nella caduta, Sergej aveva annuito titubante al consiglio di Ivan di lasciar perdere l’infortunato mentre spostava il tappeto lontano dal disastro sul pavimento. Avrebbe ignorato sicuramente quel pazzo ubriaco se il suo stesso amico non avesse volontariamente prelevato il tappeto e di conseguenza spostato il tavolo, nell’esatto momento in cui Daichi ci stava per saltare sopra.

Alcuni dei cuscini furono gettati sul tappeto su cui ben presto fu adagiato il corpo inerte della signora Kazuko.

«Allora, io mando il messaggio al marito e poi ce la diamo a gambe» disse concitatamente il più basso scrollando la rubrica del telefono, appuntandosi mentalmente la violazione della privacy fra le possibili denunce mentre digitava freneticamente sullo schermo «“Mi sono sentita poco bene e sono entrata in casa, raggiungimi nel soggiorno….Come pensi lo chiami? Amore? Tesoro?»

«Cosa vuoi che ne sappia io!» ribatté scocciato il biondo mentre controllava per scrupolo il battito cardiaco della donna.

«Sei tu quello sposato tra i due!»

«Non vedo questo cosa centri, scrivi quello che ti pare e andiamocene da qui! Non voglio essere coinvolto ulteriormente»

«Sei inutile Ser» schioccò insofferente volgendosi poi verso la finestra e urlando più del dovuto «Nataliya! Come preferisce chiamarti Sergej nei messaggini che ti scrive ogni tanto? Amore o tesoro?»

La donna li guardò scettica incrociando le braccia sul petto, la stavano prendendo in giro con una domanda simile in quel momento?

«Il più delle volte nessuno dei due, in alcuni casi amore mio, perché?» la testa inclinata incapiente all’occhiata furente del marito che aveva assunto una tonalità rosea.

Ivan ridacchiò malizioso evitando il pugno del suo amico mentre completava il messaggio e abbandonava il cellulare sullo stomaco della donna, un invito frenetico con le braccia per invitare l’altro a darsi velocemente alla fuga.

Raggiunsero a grandi falcate la finestra venendo bloccati nel loro tentativo da uno sguardo gelido della donna che aveva spalancato le braccia ostruendo loro l’uscita.

«Non ci pensate minimamente, usate la porta, non siete dei topi d’appartamento»

«Nataliya si tratta di una questione di vita o di morte, fai un’eccezione»

«La mia invece è una questione d’educazione per i miei figli» ripeté più duramente indicando imperiosa la porta presente nella stanza «Già col colpo di testa di Sergej si sono messi in testa di scavalcare la finestra, non gli darete un altro cattivo esempio. Vi conviene muovervi se non volete essere beccati qui dentro»

«Ora capisco perché con Yuri non ha funzionato, siete praticamente identici» borbottò aspro in una smorfia procurandosi un’occhiataccia dalla donna e la mano di Sergej premuta repentinamente sulla sua bocca mentre lo trascinava via verso la loro via di fuga.

I due russi riuscirono ad uscire incolumi dall’abitazione solo grazie alla rientranza nel pilastro del corridoio dove poterono nascondersi quando il marito della donna corse verso di loro in direzione opposta. Premuti l’uno contro l’altro nell’angusto spazio i due si erano chiesti esattamente in quale momento della giornata quel matrimonio avesse preso una piega sbagliata.

 

 

Yuri imperterrito continuò a battere ritmicamente le dita racchiuso nel suo ostinato silenzio.

Dopo la sua ammissione di confusione, Boris aveva riproposto la stessa domanda un paio di volte, segno inequivocabile della sua convinzione di trovarsi a combattere una bugia che non era più disposto ad accettare. Se lo era aspettato quell’attacco, sapeva che alla minima occasione in cui sarebbero stati soli l’amico non avrebbe perso tempo a fargli il terzo grado e lui gli aveva servito l’occasione su un piatto d’oro anziché d’argento.

«Vorrà dire che ti racconterò una storia nell’attesa di una risposta» la lingua di Boris crepitò d’un tratto senza lasciare intendere alcuna intonazione emozionale precisa, un leggero spostamento del peso sul materasso per sistemarsi al meglio e voltare completamente la testa verso l’amico disteso accanto.

La fase di studio era appena cominciata.

«Tanto tempo fa, in una città dell’est dove la neve sostituiva il sole più volta all’anno, in un putrido e fatiscente vicolo due orfanelli di cinque anni si incontrarono. Il più basso dai capelli fiammeggianti ebbe l’ardire di provare a rubare i soldi dell’altro facendosi molto male. Sai, testardo com’era il bambinetto continuò a provarci finché non si ritrovò rannicchiato dolorante accanto a un bidone»

Yuri si morse l’interno guancia fin troppo consapevole di non star ascoltando una favola qualunque, il loro primo incontro era difficile da dimenticare e veniva tirato fuori ogni qual volta Boris voleva rinfacciargli qualcosa o ricordargli che non era una persona qualunque messa in squadra da Vorkov. Il sotterfugio della terza persona era la pratica prediletta per intavolare discussioni spinose con lui o per confonderlo dal vero obiettivo prendendole alla larga e infine attaccare.

«Il più grande, nonostante si fosse fatto il culo per fregare quel portafoglio ad un vecchiaccio distratto decise comunque di condividere il piccolo gruzzoletto raccolto e lo so che ti starai chiedendo: “Perché?” Molto semplicemente, lo strambo ragazzino gracilino inaspettatamente aveva deciso di condividere il cappotto di due taglie più grande quando aveva visto l’altro tremare per il freddo. Sai, i normali incontri dei bambini» una smorfia tirata e la mano sventolata nell’aria d’accompagnamento a quelle parole che non stavano ricevendo alcuna interruzione «Da quel giorno sono passati ventitré anni, quei mocciosi non sono morti come presupponevano le persone che con commiserazione li vedevano correre per strada. Sono sopravvissuti persino ad un campo d’addestramento per soldatini privi di emozioni mascherato da struttura religiosa, hanno condiviso tutto eppure… nonostante si conoscano da una vita, il moccioso testardo è diventato un uomo testardo, si rifiuta ancora di esternare i suoi problemi»

Yuri non si mosse di un millimetro al termine del racconto che lasciò udibile solo la musichetta esterna tornata ad un repertorio soave, quel giorno non aveva la minima voglia di assecondare quel trucchetto. La sua mente era diventata un labirinto in cui nemmeno lui era più in grado di identificare l’uscita.

«Forse quell’uomo non ha davvero nulla da dire» rispose in un soffio limitandosi ad un leggero sbuffo.

«No, no, non contraddire il narratore! Ti stai sbagliando, il protagonista della mia storia vuole solo far credere di star bene ma in realtà il coprotagonista sa che il suo amico tace soltanto per non sembrare debole…come se il coprotagonista potesse davvero pensare una cosa del genere!» una breve pausa necessaria per calibrare al meglio le successive parole con la consapevolezza di star addentrandosi in un terreno pericoloso «La fiammella ambulante ha sempre avuto il gran brutto difetto di soffrire da solo senza coinvolgere chi gli stava accanto e voleva solo il suo bene. Lui ha sempre fatto finta che tutto filasse liscio davanti agli altri… anche davanti al suo migliore amico»

Boris assottigliò gli occhi alla leggera contrazione delle dita, ogni volta che doveva estorcere quattro parole a Yuri si sentiva sempre il generale di una squadra d’assalto che doveva prima redigere un piano perfetto e inattaccabile affinché non fallisse. Era una sfida logorante avere a che fare con quel lato caratteriale.

La prima volta che aveva affrontato il tasto dolente riferito al peperino spagnolo il tutto si era concluso con un completo fallimento e una poco velata intimazione di farsi gli affaracci propri, rendendo ben esplicito il concetto di non riaprire mai più l’argomento. Lui l’aveva assecondato, ignorando anche diverse piccolezze nel corso degli anni solo per il rispetto che nutriva nei suoi confronti ma quel giorno non era disposto a farlo, non avrebbe lasciato il suo amico ottuso in balia delle sue stupide ed errate convinzioni.

«Accidenti, ho creato proprio un personaggio contorto» continuò imperterrito con una sfumatura ironica «Sai che persino da bambino aveva questo difetto del cavolo di volersi tenere tutto dentro?»

«Boris, piantala» un freddo ammonimento per intimare il silenzio che dalla controparte venne preso come un invito a continuare.

Prima fase: attacca dove il tuo avversario è più debole.

«Dicevo, il moccioso non versava mai una lacrima davanti agli altri ma passava notti intere a piangere silenziosamente nel bagno credendo che il suo amico, nonché compagno di stanza, dormisse» il russo si interruppe momentaneamente all’improvvisa tensione dei muscoli di Yuri trovandosi ad osservare due iridi cerulee sbarrate e puntate verso di lui, avrebbe fatto i conti con i suoi sensi di colpa in un prossimo futuro.

«Tu…lo sapevi?» domandò debolmente scombussolato da quella rivelazione a così lunga distanza.

Boris si limitò ad annuire tenendo per sé la vera risposta, nonostante il suo piano si era comunque imposto un limite, non gli avrebbe rinfacciato il suo non essere per nulla silenzioso in quelle occasioni e i conseguenti abbracci in cui lo avvolgeva quando crollava addormentato esausto.

Seconda fase: impedisci una via di fuga.

Al primo accenno di movimento allungò il braccio più lontano sul busto del moscovita, puntellato su un gomito esercitò una maggior pressione in corrispondenza dello stomaco per evitare si allontanasse. Dall’occhiataccia di sfida ricevuta, l’atto non era stato ben gradito soprattutto se correlato alla difficoltà di scrollarsi un peso muscolare decisamente superiore al proprio.

Yuri osservò contrariato l’avambraccio premuto sul suo sterno, era praticamente trattenuto con la forza e odiava quando Boris si impuntava in quel modo per forzarlo a parlare a tutti i costi.

Terza fase: colpisci il centro della questione.

«Quante interruzioni…Come stavo dicendo, lui ha questo brutto vizio. Abbiamo vinto con non poca fatica un mondiale a cui abbiamo dedicato interamente noi stessi e lui che ha fatto una volta tornati a casa? Anziché festeggiare per il grande smacco dato a Vorkov, ha iniziato a giare afflitto come un’anima in pena a tutte le ore del giorno neanche gli avessero ucciso il gatto, rifilandoci continui “sto bene” come se fossimo veramente cretini» il risentimento per quei ricordi velatamente celato, un’accusa verso un comportamento che più volte aveva messo a dura prova i nervi del russo «Si è gettato a capofitto nel lavoro illudendosi di trovare una soluzione ai suoi problemi, lo ha fatto con semplici lavoretti e poi nella gestione a tempo pieno dell’orfanotrofio…ha potuto ingannare gli altri con la scusa di numerosi impegni ogni qual volta voleva restare da solo, ma non il sottoscritto»

A Yuri la piega assunta del discorso non piacque, proprio per quel motivo decise di concentrarsi sulla parte più futile dimenticando a sue spese quanto Boris potesse risultare manipolatore con le sue chiacchiere apparentemente superflue.

«Boris, non abbiamo mai avuto un gatto»

«Infatti, da dieci anni a questa parte a te non manca un gatto ma Julia»

Quarta fase: attendi una reazione.

Boris attese in allerta un qualunque segno alle sue dure parole, non era un mistero la sua poca mancanza di tatto ma era consapevole di aver impresso più aggressività del dovuto nel suo attacco. Non c’era peggior sordo di quello che non voleva sentire e lui era stanco di girare intorno al vero problema. In realtà, era stanco anche di avere sempre ragione nelle risposte trite e ritrite che il russo gli rifilava quando si parlava di lei.

«Ti sbagli» sputò acido la sua vittima in un ringhio, il volto scostato nervosamente per guardare il soffitto «Te l’ho ripetuto decine di volte, tra me e Julia non c’è stato nulla di quello che credi, il nostro rapporto non ha mai avuto una definizione corretta. D’accordo, nelle ultime due settimane del campionato mi è capitato di baciarla e portarla a letto ma è finita lì. Si è trattato solo di pura attrazione fisica»

Yuri non ebbe il tempo di elaborare correttamente quanto il suo scudo orgoglioso si fosse innalzato, Boris dopo aver rinunciato a mantenerlo fermo con uno strattone fulmineo aveva afferrato il suo polso sinistro trascinandolo nel mezzo della loro lotta di sguardi. Le gambe incrociate per mantenersi sopraelevato rispetto a lui mentre aggirava facilmente l’istantaneo tentativo di resistenza riuscendo a sbottonare il polsino della camicia.

Il sottile braccialetto portafortuna in stoffa rosso e verde, sfilacciato in alcuni punti dal tempo, fece capolino sulla pelle lattea.

«Yuri mi hai rotto le scatole con le tue continue bugie» sibilò feroce serrando le dita in una morsa d’acciaio che nella migliore delle ipotesi avrebbe lasciato il segno per svariati minuti «Smettila di inventare balle e caccia le palle o vuoi passare tutta la vita a nasconderti dietro inutili scuse?! Se fosse davvero come dici, se Julia è stata davvero tanto “insignificante” nella tua vita, allora perché cavolo non lo hai tagliato?! E non prendermi per il culo con un’altra delle tue omissioni, ti ho visto più di una volta rimuginare per ore con le forbici sul bracciale, ti sarebbe bastato un attimo per eliminarlo»

Il divincolarsi cessò lasciando solo due pupille dilatate atterrite.

Yuri incassò dolorosamente la pesante consapevolezza di non essere stato realmente solo in quegli attimi di debolezza. Avrebbe preferito continuare a restare all’oscuro di tutto quello che Boris volente o nolente aveva appreso negli anni, il suo amico impiccione sembrava essere sempre nel posto e nel momento sbagliato quando le cose lo riguardavano personalmente, almeno dal suo punto di vista, come il giorno in cui il braccialetto gli era stato regalato.

La mattina della sfida della quarta tappa, quella contro la squadra Bega, per evitare alcuni dei disguidi dei giorni precedenti Sergej e Ivan erano usciti dagli spogliatoi per prendere una boccata d’aria, Kei si era dato alla macchia all’interno dello stadio mentre Boris dopo diversi attimi in un silenzio opprimente aveva optato per andare nel bagno a sciacquarsi il viso, ed era stato proprio in quel momento che Julia era piombata inaspettatamente negli spogliatoi.

Dato il diverbio della sera precedente era rimasto disorientato davanti alla parlantina spensierata della ragazza, destabilizzato al punto da essere incapace di fermare la sua raffica di parole per informarla di non essere soli come credeva. Julia aveva accantonato ogni possibile sentimento negativo nei suoi confronti allacciandogli senza preavviso e con immotivata gioia il braccialetto, un gesto scaramantico per augurargli buona fortuna in quella sfida per lui molto importante.

Il tocco bollente delle mani di Julia strette attorno alla sua l’aveva ridestato dal limbo d’insensibilità.

«Solitamente auguro in bocca al lupo ma… nel tuo caso, ecco, non mi sembrava molto appropriato!»

Non poté fare a meno di perdersi nei ricordi di quegli attimi.

Nella risata parzialmente imbarazzata e nel gesticolare frenetico seguito alla strampalata ammissione mentre gli spiegava che quel tipo di bracciale era in grado di portare fortuna ed esaudire i desideri solo se regalato con il cuore, nella leggera fossetta formata all’angolo della bocca come ogni qual volta lei sorrideva per smorzare un silenzio impacciato o provocarlo ulteriormente, nella repentina fuga dopo l’ultima frase detta tanto per gioco che lui invece non aveva mai dimenticato.

«Mi raccomando, il desiderio si realizza solo se ci credi fermamente!» un attimo di tentennamento prima di chiudere la porta alle sue spalle, le guance arrossate intraviste in un battito di ciglia «Se proprio non credi in queste “sciocchezze” puoi sempre conservarlo per ricordati di me solo guardandolo!»

Boris era uscito dal bagno dopo la scomparsa di Julia squadrandolo senza dire nulla, le provocazioni e le velate allusioni erano iniziate soltanto il giorno seguente.

Il ragazzo dai capelli rossi ritornò nel presente alla successiva affermazione infastidita per la mancata risposta.

«Chi hai voluto…anzi, chi stai ancora cercando di convincere definendo il tuo attaccamento per Julia solamente fisico? Me oppure te?» la contrazione marcata sui due pronomi fu enfatizzata dal polso ancora intrappolato usato come freccia per indicare i soggetti in questione.

Yuri appiattì la schiena sul materasso in mancanza di utili alternative per sfuggire all’analisi inquisitoria, lo sguardo rivolto nella direzione opposta all’avvoltoio che stava impiegando tutto il suo impegno per non farlo sentire a proprio agio. Gettò il braccio libero sulla testa per celarsi alla vista, sbattendolo frustrato lungo il fianco pochi secondi dopo.

«Tagliarlo significava dimenticarla definitivamente» esclamò ad un tratto liberando tutta l’aria precedentemente trattenuta, forzando le sue corde vocali per una confessione troppo a lungo taciuta «Dovresti saperlo…avrei dovuto capirlo io stesso, non sono mai stato capace di sbarazzarmi completamente dei ricordi del passato, belli o brutti che fossero. La dottoressa Sokolova, quella bisbetica che ci ha seguito dopo il crollo della Borg, tra i tanti disturbi di cui secondo lei ero affetto uno potrebbe averlo centrato: il morboso attaccamento al passato»

«Mh, sai che non ho mai preso sul serio il ciarlare di quella psicologa. Non mi fido dei giudizi di una tizia con cui sono stato costretto a parlare per meno di ottanta ore, preferisco affidarmi a quello che vedo. Tu sei attaccato al passato ma non come ha voluto fartelo credere lei, lo fai per portare rancore o perché non vuoi dimenticare i momenti in cui sei stato finalmente bene»

«Non vedo molta differenza con quello che ho detto io»

«C’è invece, conservare un bracciale per dieci anni non è avere un attaccamento morboso al passato» ribatté piatto inchiodando lo sguardo dell’altro «È malsano osservarlo ogni santo giorno con aria malinconica rimpiangendo scelte non fatte, tu puoi ancora salvarti. Sei giusto nel mezzo, ti perdi nel ricordo di Julia a periodi alterni»

«Dovrebbe essere un consiglio?»

«No, un ordine ad alzare il culo e ad approfittare della chance fornita da questo matrimonio per sistemare una volta per tutte questa situazione»

Yuri inarcò un sopracciglio per quella presa di posizione, raramente Boris si impuntava a quella maniera nei suoi confronti, men che meno lo faceva con quel tono imperioso che tante volte aveva invece adottato lui. Si era rammollito al tal punto che Boris non si poneva più il problema di scavalcarlo?

No, era semplicemente la schiettezza che tanto adorava e detestava.

«Sistemare cosa esattamente? Me la sono portata a letto senza poi rivolgerle più la parola per dieci anni, l’ho praticamente usata e tu credi che lei sia rimasta lì ad aspettarmi?» sbuffò contrariato dai suoi stessi pensieri parlando a ruota libera «Potrei aver affascinato quella ragazza strana che continua a chiedere di me ad Ivan ogni weekend ma non Julia, lei non è il tipo di persona che accetta di essere usata rimanendo a disposizione per anni. Sono io il problema, io che per una stupida battutina detta scherzando sono cascato in pieno in qualcosa che non mi appartiene!»

Boris non lo interruppe, a labbra serrate aspettava solo il continuo di quello sfogo che in verità non si era nemmeno aspettato di riuscire realmente a ottenere.

«Ho provato in tutti i modi a convincermi fosse la decisione giusta dimenticarla, mi sono autoconvinto di esserci usati a vicenda anche se so benissimo di averle fatto del male, il tutto per eliminare dalla mia testa ogni singolo suo ricordo» il rosso si morse invano le labbra nel tentativo di arginare quell’inusuale piena di parole, la voce piegata in una nota afflitta che rare volete aveva lasciato trasparire «Ho cancellato tutto dalla mia mente, o almeno così credevo finché non l’ho incontrata stamattina… D’altronde come potevo pensare di raggiungere lo scopo senza aver trovato il coraggio di bruciare un misero pezzo di stoffa? Sono uno stupido illuso»

«Sei uno stupido innamorato» fu la schietta e laconica constatazione.

La risposta piccata del rosso fu prontamente bloccata dalla mano di Boris volata a tappargli la bocca, nel mugugno soffocato la ginocchiata di rimostranza per poco non centrò il bersaglio innescando una lotta corpo a copro che finì per scompigliare ulteriormente quanto poco era rimasto dello stato ordinato del letto. Boris roteò gli occhi esasperato per quell’eccessiva reazione, non era il tipo da girarci intorno ed erano affaracci del suo amico se non voleva fare i conti con le scomode verità, il suo compito era solo fargliele notare. Per ovvie necessità dell’organismo, a causa della mancanza d’ossigeno Yuri fu il primo a rallentare finendo incastrato nel punto di partenza con Boris seduto sullo sterno, le dita allargate quel tanto per farlo respirare.

«Ah che schifo, sono tutto sudato adesso. Questa è l’ultima volta che provo a farti capire qualcosa in estate, ricordami di riprovarci al di sotto dei dieci gradi» ammise disgustato scrollandosi la camicia attaccatasi addosso, abbassando poi lo sguardo sull’occhiata furibonda che sostenne senza problemi «Sei tu che non mi fai parlare liberamente, non lamentarti se dobbiamo ricorrere a questi metodi estremi. Onestamente, sono la persona meno indicata per fare simili discorsi e penso che al mio posto sarebbe stata più adatta Nataliya ma questo passa l’ex monastero, accontentati. Non ho la benché minima idea di cosa sia l’amore o come tu debba comportarti, sono cose che nessuno ci ha correttamente insegnato, ma sono sicuro quando dico che sei uno stupido innamorato. Hai guardato Julia nello stesso identico modo in cui Sergej si imbambola con Nataliya…e sto facendo uno sforzo anche io a parlarne quindi smettila di mordermi!»

I canini smisero di perforare la pelle al rimprovero infastidito per lasciar udire parzialmente il suono ovattato ostruito dalla mano, un augurio simile all’invito di andare a quel paese senza mai fare ritorno.

«Bravo piccolo Woffy…AHIA! Cosa tiri pugni allo stomaco dopo tutto quello che ho mangiato?!» proruppe indolenzito Boris bloccando almeno il braccio incriminato sul cuscino, maledicendosi per non aver pensato di farlo prima «Non so girarci intorno quindi sarò diretto, sono serio quando ti chiedo di non commettere gli stessi errori di dieci anni fa. Sei Yuri Ivanov no? Quando mai ti sei arreso per qualcosa? Ho visto il modo in cui hai guardato Julia durante il suo spettacolo, ho visto i tuoi occhi e i tuoi gesti mentre ballavate insieme, ho visto come ridevi abbracciato a lei… e fattelo dire, sei stato un emerito cretino a credere che allontanarla fosse la scelta più giusta. Evidentemente non ti sei mai visto allo specchio d’allora e tanto meno lo hai fatto nelle ultime ventiquattro ore per accorgerti della luce che ti si è accesa negli occhi da quando l’hai rivista, una scintilla che mi ha ricordato cosa mancasse al mio fastidioso fratello: la vera felicità. Cavolo! Dopo nemmeno una giornata insieme hai perfino fatto lo spiritoso bussando a una porta inesistente!»

Yuri fu libero di muovere gli arti superiori e di respirare normalmente ma sembrò non rendersene conto appieno, troppo sconcertato per la preoccupazione e per la finale irritazione lasciata trasparire dal suo amico nel suo chilometrico discorso. C’era qualcosa di enormemente in sbagliato in tutta quella situazione e in cima sicuramente si trovava quell’insolita parlantina, quanto doveva essere stato cieco ed egoista per spingere Boris a esplodere in quel modo?

La fonte di quei pensieri soffiò seccato non distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri spiazzati che iniziava a dubitare lo stessero realmente fissando.

«Yu ti conosco più di quanto tu sia disposto ad ammettere e credo di aver capito il perché tu ti sia allontanato da Julia» proseguì ammorbidendo il tono di voce senza eliminare totalmente la sottile irritazione «Ma, per quanto ti capisca mi viene voglia di prendere la tua testa e sbatterla contro il muro per vedere se non sia soltanto vuota, perché non è assecondando le tue paure che sarai in pace con te stesso. Sei stato tu a dire a Sergej di lasciarsi andare con Nataliya, per una volta smetti di predicare bene e razzolare male, ascolta i tuoi stessi consigli senza comportar-»

«Senza comportarmi da codardo, lo so»

Yuri terminò la frase senza batter ciglio, almeno quel punto nella sua testa era ormai abbastanza chiaro dopo averci rimuginato dalla notte precedente.

«Oh, meno male che te lo sei detto da solo così non tenterai di uccidermi»

«Boris, te lo hanno mai detto che sei una fastidiosa spina nel fianco?» domandò apatico il rosso colpendo la spalla dell’altro ancora comodamente intento a schiacciarlo.

«Sì, me lo ripeti continuamente» il sorriso insolente venne sfoggiato con una discreta dose d’orgoglio.

«Non ti sopporto»

«L’insofferenza è reciproca»

«Pensavo aveste rimontato almeno la porta»

I due sussultarono per la sorpresa alla terza voce sopraggiunta, ponendo fine alla loro bislacca dimostrazione d’affetto

Kei fermo sulla soglia fissava con occhi vacui il vano vuoto dell’ingresso, due ametiste sempre più grandi man mano che si addentrava all’interno e recepiva l’ammontare di danni dell’intera camera da letto. Evidentemente la sua ansia del mattino non gli aveva dato il giusto spazio per analizzare quanto fosse successo, al di là del vetraio e del lavoro extra di pulizia per gli inservienti, aveva idea che i graffi lasciati dagli artigli degli uccellini non sarebbero andati via facilmente dal legno.

Avevano deciso di adottare i volatili per addestrarli e sostituire il loro postino distratto?

«Cosa fai qui?»

La domanda di Boris cadde nel nulla cosmico. Il novello sposo contò mentalmente fino a dieci per non aggredire i suoi ospiti, lasciando momentaneamente perdere la questione “danni in casa Hiwatari” per il forte mal di testa. L’indomani avrebbe lasciato loro il foglio con la somma del risarcimento.

Presa la porta accantonata in un angolo l’adagiò davanti l’entrata giusto per dare la parvenza fosse chiusa, dirigendosi spedito verso il centro della stanza senza pronunciarsi in alcun modo. Aveva quasi aggirato il letto quando l’immagine catturata di sfuggita lo portò ad arretrare su suoi passi per osservare attentamente la stramba posizione dei due.

Cosa ci faceva Boris cavalcioni su Yuri?

«Me lo chiedo da anni» domandò titubante ignorando la sottile vocina razionale della sua testa che lo invitava a restare nell’ignoranza «Avete una relazione intima?»

I chiamati in causa lo fissarono in silenzio sbattendo gli occhi perplessi per qualche secondo e se Yuri inizialmente sembrò intenzionato a parlare saggiamente per chiarire l’equivoco, l’altro non fu dello stesso avviso.

«OH SI!» Boris urlò all’improvviso gettandosi addosso al suo ex capitano «Non ti sei mai accorto delle nostre notti passionali durante il mondiale?»

Kei rievocò a disagio il frammento di una delle tappe in cui per l’errata prenotazione da parte di Daitenji si erano ritrovati con due letti in meno nella stanza, per dormire avevano dovuto unire quelli a disposizione creandone uno gigante. Sperò vivamente che non avessero fatto nulla, nel prossimo futuro voleva dormire sonni tranquilli.

«Hiwatari, la nostra passione è così prorompente che quando il desiderio ci assale proprio non riusciamo a contenerci e tu ci hai interrotto proprio sul più bello»

Il moscovita sorrise malizioso passandosi la lingua sulle labbra trattenendosi dal ridere, sorprendentemente retto nel gioco da Yuri che anziché gettarlo di sotto come aveva supposto si era invece sollevato con lui osservando provocatorio la vittima designata.

«L’hai sentito Boriushka, la nostra è un’attrazione fatele, basta guardare come è ridotta questa stanza per capirlo» gli occhi cerulei scintillarono pericolosamente al sussurro sensuale ma la lingua protratta per sfiorare l’orecchio di Boris non resse il confronto con il colore defluito dal volto di Kei.

Yuri abbandonò la sua serietà sbattendo divertito la testa sulla spalla dell’altro russo che non credeva di poter veramente rendere credibile una simile beffa.

«Hiwatari rirendi colore, stiamo scherzando»

«Vi siete rincretiniti nel corso degli anni» commentò inacidito eludendo il letto e gettandosi a peso morto sul lato rimasto libero, aggiungendo in un soffio sofferente per le tempie pulsanti «Almeno sono sicuro di non star interrompendo nulla»

Boris tornò civilmente disteso sulla schiena, lo sguardo alternato dalla sua destra alla sua sinistra ascoltando solo il brusio esterno della festa.

Finiva con un uno e ne arrivava un altro, lo avevano preso per lo psicologo del giorno?

 

 

«Quindi non sei geloso?»

«No»

«Oh, certo»

Nataliya annui energicamente continuando a sghignazzare, suo marito seguitava a negare ma stranamente dopo le numerose scuse accampate era lì a ballare con lei. Superato il negligente atto di lasciare una povera donna svenuta sul pavimento e considerata la cattiva fama accumulata sulle loro teste dai membri del loro gruppo, per eludere un qualsivoglia coinvolgimento nel caos del soggiorno erano tornati a godersi la festa come se nulla fosse successo.

Perlomeno quello era il pensiero della donna, Sergej avrebbe preferito sedersi alla sua tavola senza destreggiarsi in alcuna movenza ma l’inglese aveva cacciato un coraggio inaspettato chiedendo a Nataliya di ballare. Consapevole che la moglie avrebbe accettato solo per fargli un dispetto aveva interrotto la proposta d’invito tossicchiando alle spalle di Andrew.

L’ultima canzone adatta ad un ballo di coppia terminò dando inizio a melodie più movimentante, con gli sposi che avevano abbandonato la festa Ming Ming trovava inutile continuare la sua performance e ne aveva approfittato per fare una pausa lasciando piena libertà al suo dj nell’assecondare le richieste degli ospiti.

Sergej propose a Nataliya di tornare a sedersi, non mancando di linciare con un’occhiataccia il pretendente della sua donna quando gli passò accanto. La russa ridacchiò fra sé abbassandosi ad aggiustare i capelli della sua bambina una volta avvicinatasi a Ivan intento a chiacchierare con Max e Ralph.

Sergej si riempì il calice affogando nel vino il suo nervosismo, contemplando i posti vuoti attorno a lui.

«Dov’è finito Yuri?»

I due bambini si scambiarono un’occhiatina complice prima di alludere a qualcosa che venne solamente sussurrato, scoppiando a ridere e correndo via a giocare ignorando le domande del padre e la conseguente scrollata incapiente della madre.

«Hilary lo ha praticamente supplicato di star dietro a Boris quando lo hai allontanato» rispose annoiato Ivan interrompendo le sue chiacchiere, lanciando sguardi circospetti qua e là alla ricerca dei coniugi Tachibana non trovandone ancora nessuna traccia.

Sergej non seppe se esserne contento o meno, Boris non avrebbe combinato casini ma Yuri dopo lo scherzetto della spinta addosso alla madrilena poteva pure pensare di ucciderlo indisturbato.

«Rick come on, join us!» il biondino si sbracciò dalla sua posizione attirando l’americano e lo spagnolo ancora con lui.

«Max, non ho ancora capito di cosa ti fai per essere sempre così allegro»

«Siamo a un matrimonio Rick, bisogna divertirsi!»

«Vallo a dire alla suocera di Hiwatari…» rispose l’altro americano con una smorfia tirando via la sedia e accasciandosi fiaccamente «Hilary è corsa come una furia dentro la casa per l’ennesimo danno, a quanto pare la mamma ha sorpreso due uomini in atteggiamenti piuttosto spinti e focosi nel soggiorno»

Ivan giocherellò con le posate fingendo di non ascoltare mentre Sergej si concentrò sul cellulare.

Nataliya calciò sotto al tavolo la gamba del più piccolo alla ricerca di spiegazioni, nel suo precedente racconto non era stata menzionata nessuna situazione incresciosa.

Data la compagnia il russo optò per risponderle disegnando i caratteri cirillici sulla tovaglia, in apparenti e casuali movimenti col cucchiaio.

“Non sono gay, è la donna che inventa cose”

«Siamo arrivati a questi livelli? Non posso crederci» sospirò annichilito il tedesco ricevendo un cenno d’assenso dal gruppetto, alcuni più coinvolti di altri.

«Con tutte le stanze a disposizione»

«Rick, this is not a good suggestion»

«Mi chiedo chi sia tanto irresponsabile da fare questo al matrimonio di Kei» aggiunse pensieroso Raul prestando poca attenzione al sudore che imperlava la fronte di un certo russo.

«Ora che ci penso, Ivan non c’eri tu con Takao, Daichi e i cinesi nel soggiorno?»

«No. Li ho abbandonati lì poco dopo che sei andato via!»

Ralph non sembrò far caso al tono frenetico della risposta.

Ivan aveva totalmente dimenticato che se il suo nome fosse uscito non se la sarebbe di certo passata bene, fraintendimento o meno aveva consumato sbadatamente più alcolici del previsto senza il permesso del proprietario.

«CHE LA FESTA ABBIA INIZIO!»

All’urlo seguito dal rullo di tamburi tutti si voltarono sconcertati verso il centro della pista dove Takao ormai privo di ogni freno inibitore e della giacca aveva afferrato sottobraccio uno stranamente euforico Manabu dando il via a un girotondo saltellante totalmente scoordinato. Nessuna delle note della canzone venne centrata dal canto a squarciagola dei due che sovrastarono la voce registrata del cantante incuranti di essere al centro dell’attenzione.

«Cosa accidenti è preso a quei due?!» domandò faticosamente Rick ai ragazzi accanto a lui ottenendo una reazione peculiare solo dal tedesco che aveva improvvisamente guardato accusatorio Ivan a sua volta abbassatosi di scatto sotto il tavolo con la scusa di raccogliere le posate che tutti gli avevano visto buttare a terra.

«Oh santo cielo!»

Hilary schizzò accanto a loro urlando ripetutamente come una litania quella frase in un crescendo di disperazione, le mani portate nei capelli con il rischio di smontare definitivamente l’intricato groviglio raccolto sulla testa. Diretta imperterrita verso il tavolo della Bega dove i posti degli spagnoli erano momentaneamente occupati dai suoi testimoni, quasi travolse il presidente Daitenji nella sua corsa sbiascicando frettolose scuse.

Il vecchietto arzillo rimessosi in piedi stabilmente indicò sorridente con il bastone la pista da ballo completamente vuota ad eccezione dei due scalmanati, senza scomporsi minimante per quella baraonda.

«Hitoshi, dovresti prendere un po’ della spensieratezza di tuo fratello»

L’interpellato si coprì il volto con la mano al limite dell’imbarazzo, gli uomini e le donne d’affari dell’azienda non erano ragazzi abituati alle scemenze di Takao tanto da non prestarci attenzione, lo stavano giudicando silenziosamente. Avrebbe tanto voluto restare anonimo senza dover divulgare il suo grado di parentela ma Daitenji mezzo sordo per il frastuono aveva alzato il tono più del dovuto.

Hilary giunta trafelata al tavolo non riuscì a porre la domanda sperata.

Scombussolata dall’ennesime lamentele della madre sull’indecenza dei suoi amici – a tal proposito, avrebbe strangolato Ivan e Daichi alla prima occasione – il fondo che pensava di aver toccato venne superato dal nuovo colpo di genio di Takao. Il suo migliore amico stanco del girotondo aveva cessato le deliranti piroette decidendo di guidare il professor Kappa in movenze non del tutto adeguate ad un ballo da matrimonio.

Hilary appurò con certezza la cattiva influenza esercitata da Amsterdam sulla stabilità già precaria del nipponico, perseverando la sua osservazione scioccata sull’allegro Brooklyn che era l’unico ad apprezzare la danza con tanto di battimani.

Garland le fece segno di ignorare il ragazzo dai capelli arancioni imbarazzandosi al posto dell’amico, quell’innocenza infantile era eccessivamente disarmante alle volte tanto da diventare uno scomodo problema. Era certo che il fanatico della natura non notasse alcuna stranezza in quella situazione.

«Hilary, dovresti averci ormai fatto l’abitudine con Takao»

La ragazza si riscosse dal suo avvilimento interiore al commento di Mystel, riacquistando parte del suo temperamento impetuoso.

«Appunto! Takao ormai è irrecuperabile, mi preoccupo della dignità del professor Kappa! Ha una posizione di rilievo alla BBA quasi quanto il presidente!» le mani sbattute ferocemente sulla tovaglia fecero segnalare al ragazzo la propria ritirata con un’alzata di braccia «Con quale coraggio dovrebbe tornare a lavoro dopo un tale spettacolo?!»

Mystel preferì non intervenire più riprendendo a fare giochetti illusionistici con le carte alla piccola Lin.

La sposa per nulla soddisfatta – e ancor più inviperita per l’essere stata ignorata nonostante lo avesse praticamente imposto – rivolse l’attenzione ai suoi testimoni nel misero il tentativo di placare la sua agitazione.

«Perché Takao si sta strusciando addosso a Manabu?!»

«Ivan ha invitato quei due e Daichi a bere insieme, a giudicare dal risultato sarà stato qualcosa di fin troppo alcolico» rispose Mao laconicamente indicando il tavolo della sua ex squadra dove proprio tali membri erano accasciati «Gli altri idioti che si son fatti abbindolare sono lì, tranne Lai, lui è a vomitare da qualche parte. Gli unici sani di mente sono stati Olivier e Ralph»

«Perché Kei non ha fermato questo scempio?!» chiese sempre più isterica guardandosi intorno alla ricerca del marito, cosa alquanto difficile date le luci soffuse.

«Tuo marito è sparito dieci minuti fa» si voltò verso Garland alla ricerca di maggior precisazioni, almeno sul dove si fosse cacciato «Probabilmente era venuto a cercarti dato che non accennavi a tornare, mi spiace non so aiutarti ulteriormente»

«PROF, STAI RUOTANDO COME DRAGOON!»

Con la paura nel cuore Hilary seguì la direzione dell’urlo euforico non sapendo più che espressione assumere.

Manabu era stato fatto accomodare su una sedia da ufficio – rubata in qualche angolo della casa – che ora ruotava da una parte all’altra come una trottola spinta da Takao in preda ad un ebete risata. La giapponese prevedeva di lì a poco un risultato simile allo stato di Lai.

 

 

Nella camera al secondo piano la musica esterna passò in sordina.

I tre ragazzi non accennavano a volersi alzare dal letto su cui erano ancora distesi, bypassando automaticamente ogni suono ritenuto superfluo.

Boris annoiato picchiettò il braccio di Yuri nella muta di richiesta di farsi passare la bottiglietta d’acqua situata sul comodino, il ragazzo lo assecondò scuotendo la testa divertito comprendendo appieno le malsane intenzioni senza però fermarle.

Quelle distrazioni lo aiutavano a ragionare meglio su quello che avrebbe dovuto fare con Julia, senza sfociare in risvolti negativi.

Boris svitò la bottiglia ostruendone il buco in modo tale che uscissero solo poche gocce dai piccoli spazi, brandendola sul novello sposo in maniera non dissimile da un sacerdote col turibolo che sparge l’incenso durante le benedizioni.

«Caro figliolo, esterna i tuoi peccati!»

Kei maledicendo in più lingue aprì gli occhi colto alla sprovvista.

La bottiglia fu afferrata e scagliata in terra con malagrazia e l’intero contenuto schizzato inevitabilmente sulla carta da parati rovinò i contorni della decorazione.

«Senti a me, a fine giornata abbatti direttamente la stanza»

Yuri cercò di non mostrare esplicitamente il suo divertimento al commento dell’amico con cui stava attualmente dividendo il cuscino, compativa in parte Kei e il misero desiderio di voler restare lì in santa pace per qualche minuto ma non era colpa sua se il mezzo nipponico aveva dimenticato quanto inesistente fosse la parola “pace” alla presenza di Boris.

«Andiamo Hiwatari, cosa ti turba? Dillo al dottor Boris Kuznetsov, psicologo professionista, laureato in nottata presso l’Università Kuznestov»

Kei aveva scelto quella stanza consapevole che nessuno sarebbe andato a cercarlo dove potesse stare in compagnia, ma negli incontri sporadici annuali non si era accorto di quanto il moscovita fosse diventato loquace e petulante. Quasi lo preferiva nella versione robot assassino dove spiccicava due parole.

Si voltò lentamente verso di lui corrugando la fronte per sottolineare lo scetticismo, ponendo con acidità la successiva domanda.

«Tu, uno psicologo professionista?»

«Sì», Boris prese una breve pausa e alzando gli occhi al cielo continuò onnisciente «Dopo anni ed anni a stretto contatto con “soggetti problematici” si potrebbe dire che io abbia ottenuto oramai la laurea ad honoris causa in "individuazione e recupero soggetti depressi durante le feste"»

Boris si colpì fieramente il petto parando per tempo una gomitata diretta al suo sterno, l’allusione iniziale ovviamente non era andata giù a Yuri.

«Sono disposto ad aiutare anche te e mi sento magnanimo, ti faccio risparmiare i 6940 rubli5 perché è la prima seduta»

«Cosa affligge Ivanov per farlo cadere così in basso tanto da chiederti aiuto?»

«Che centra Yuri? Io non l’ho nominato»

«Lui si è tradito da solo provando a colpirti»

«Mi dispiace ma non posso né negare né asserire codesta costatazione. Violerei il giuramento del segreto professionale»

«Io vi ricordo che sono qui e vi sento» proferì seccato il moscovita ignorando il presunto psicologo con la mano ancora al petto, immedesimato nel ruolo di protettore della privacy che non gli si addiceva per nulla.

Prima dell’arrivo del terzo incomodo, Boris aveva praticamente confessato di spiarlo nell’ombra da tutta una vita.

«Visto che mi senti, come mai così pensieroso?»

«Problemi miei»

Kei abbandonò ogni suo interesse nel recupero di ore di sonno perdute all’udire l’irritazione nella voce di Yuri. Passare troppo tempo con Takao lo aveva rovinato, risentiva fortemente degli effetti collaterali sulla sua vena curiosa che in passato il suo carattere era riuscito a mascherare tenendola a bada ma che in anni recenti si accendeva con troppa facilità prevalendo.

«Problemi di che genere? Personali? Amicizia? Lavoro? Economici?» lo aveva chiesto con fare annoiato, tanto per fare conversazione ma dalla sua angolazione con Boris di mezzo non era in grado di vedere alcuna reazione e tantomeno stava ricevendo risposte soddisfacenti.

Yuri si era rinchiuso nel proprio ostinato silenzio.

Kei sperava vivamente non avessero problemi con i fondi destinati all’ ex monastero, aveva detto loro di chiamarlo senza remore nel caso fosse successo ma era piuttosto consapevole della reticenza di Yuri nel chiedere aiuto. Pensando al russo era certo che Yuri fosse capacissimo di lasciarsi morire anziché abbassarsi a chiamarlo per chiedere soccorso, ma se c’era di mezzo l’orfanotrofio era sicuro che l’orgoglio sarebbe stato messo da parte per tenerlo aggiornato.

Se si rifiutava di dire alcunché doveva essere qualcosa di molto riservato e personale. Violare la sfera privata di Ivanov era più complicato della ricerca di un ago in un pagliaio, con il diretto interessato non avrebbe avuto speranze di cavarne un ragno dal buco nemmeno provandoci per i secoli avvenire.

Accompagnato dal ticchettio della sveglia decise di puntare il tutto per tutto rivolgendo la domanda a Boris.

«Problemi d’amore

Boris imprecò mentalmente per l’esser stato messo in mezzo, in quel momento in tutti i sensi. Indossata la sua miglior faccia da poker era deciso a mandar fuori strada e far smettere Kei con le sue domande, però ebbe giusto il tempo di aprire la bocca senza aggiungere un singolo suono.

Si ritrovò ad annaspare alla ricerca d’aria a causa del dolore acuto allo stomaco dove un cazzotto proveniente dalla sua sinistra era atterrato, in un singulto sommesso e rannicchiato in posizione fetale a fatica si voltò proprio verso Yuri che stava esaminando incredulo la sua mano ancora serrata.

«Yu, sei completamente impazzito?! Tra morsi, gomitate, pugni, mi hai preso per il tuo punchball personale?!» domandò tra l’alterato e il dolorante tenendo le mani premute sulla parte lesa, le palpebre strizzate come reazione involontaria «Alle volte sei un’idiota incredibile, tu e il tuo schifo di poca fiducia nei miei confronti! Dovresti saperlo benissimo che non direi mai i fatti tuoi!»

Nella loro vita si erano picchiati a vicenda tre volte contate di cui l’ultima all’aeroporto qualche giorno prima, gli altri combattimenti comprendevano quei colpi di ammonimento che non volevano far male tranne il pugno appena ricevuto, in quello l’intenzione di colpire c’era stata eccome.

Per la seconda volta quel giorno, Boris avvertì lo scoppio della quarta rissa sempre più imminente.

Yuri riscossosi stentò a credere a quanto appena fatto, non era da lui essere così istintivo ma l’idea di Kei informato della sua questione con Julia lo aveva fatto scattare come una molla portandolo a colpire la persona che l’aveva aiutato.

«Non era mia intenzione, scusami» bisbigliò rammaricato e probabilmente fu proprio l’ammissione repentina dello sbaglio a salvare l’atmosfera precaria.

Kei ignorò il resto della conversazione dei russi intenti a discutere sottovoce piuttosto sorpreso dal controllo di Yuri venuto meno nuovamente nel giro di pochissimi minuti. Non era nell’indole del russo tradirsi in quel modo, l’unica spiegazione possibile era l’aver colto nel segno il problema che lo tediava ma gli risultò difficile gioire appieno della scoperta ripensando al nitido ricordo di quel mattino.

Se in un primo momento aveva sorvolato sulla faccenda, ora il tutto veniva visto sotto una luce decisamente diversa.

Yuri era rimasto chiuso tutta la notte in cucina con la sua aria afflitta, all’alba Hilary era entrata proprio in quella stanza uscendone a mani vuote dopo un bel po’ di tempo restando sola soletta con lui a fare chissà cosa. Se a ciò aggiungeva il russo tediato dalle pene d’amore che non voleva fargli conoscere a tutti costi e Boris che in quel momento continuava a insistere di saper mantenere i segreti, il tutto lo portava ad un’unica conclusione.

Boris smise di parlare al suo amico quando il peso sul materasso alle sue spalle venne meno, voltatosi sulla schiena trovò Kei messosi seduto con le mani strette a pugno sui pantaloni eleganti.

Kei con lentezza esasperante si era girato a fissare Yuri con un’espressione inferocita simile ad un toro pronto a scaraventarsi contro un drappo rosso, lo spaventoso ringhio sommesso era reso quasi blando dagli occhi ridotti a due fessure colmi d’istinto omicida.

«Ivanov. Cosa hai fatto stamattina per venticinque minuti e trenta secondi da solo con Hilary in cucina?»

«Hiwatari cosa stai blaterando?»

«Eh?» si lasciò sfuggire Boris strofinandosi stranito l’orecchio per assicurarsi di aver sentito bene.

Si voltò verso Yuri immerso nella sua completa maschera impassibile constatando simultaneamente l’espressione contraria di Kei che dava l’idea di una bomba ad orologeria con il conto alla rovescia innescato, lui non si sentiva perfettamente sicuro al centro della contesa.

Tornò a rivolgersi a sinistra dove l’unico segno di vita erano gli occhi azzurri leggermente contratti, esaminando poi la sua destra dove i denti serrati sguainati apparvero più pericolosi nella visione dal basso.

Boris fermandosi nel mezzo iniziò seriamente a preoccuparsi di quel silenzio, da una parte aveva un’espressione sempre più indecifrabile mentre dall’altra una pazienza oltre il normale limite. Cessò il suo movimento alterno, una mano gradualmente spostata sulla faccia mentre rifletteva su cosa avesse mai fatto di male nella via per ritrovarsi in quelle situazioni stravaganti, perché per lui non c’era nulla di normale in una lotta silenziosa ad un matrimonio fra l’innamorato incompreso preda di tortuose turbe amorose e il maritino geloso che prendeva fischi per fiaschi.

Hiwatari, non hai capito un cazzo.

Fu con quell’ultimo pensiero nella testa che non riuscì più a trattenersi scoppiando a ridere a crepapelle.

Yuri non abbandonò la sua maschera di ghiaccio nemmeno all’improvvisa partenza per la tangente dell’amico accanto a lui, Boris in preda alle convulsioni aveva persino iniziato a rotolare tra i suoi sospiri strozzati mentre asciugava maldestramente le lacrime.

Il moscovita invidiò quell’indole umoristica, lui contrariamente era impegnato a chiedersi che razza di film mentali potesse arrivare a farsi Hiwatari.

Boris gesticolò alla ricerca di ossigeno sopraffatto dai crampi alla pancia, non ricordando di aver mai riso così tanto in vita sua, goffamente si sedette tra le belle statuine, mantenendo il ventre nel vano tentativo di riacquistare la sua serietà.

Yuri con movimenti lenti fece leva sulla mano per mettersi seduto, il gioco di sguardi era stato interrotto dalla stazza poco invisibile di Boris e per quanto i rapporti con Hiwatari fossero burrascosi non voleva dicerto vedere il matrimonio mandato all’aria per un malinteso.

Senza troppi complimenti, con una leggera e decisa spinta rispedì Boris nuovamente disteso che incurante restò disperso nel suo personale giubilo.

Perché doveva avere sempre ragione? In vacanza non doveva andarci.

Inarcò un sopracciglio facendolo scattare al pari di un tic nervoso, parlando in quel tono apatico e distaccato che non usava da un bel po’ di tempo.

«Non voglio conoscere l’idea che la tua mente ha elaborato, ma io e tua moglie abbiamo cercato una confezione nuova di valeriana» una leggera pausa, azzurro contro ametista in una lotta inesistente «La stessa che ti ho offerto e da cui spero tu abbia tratto beneficio. Dovresti esserne felice, sembrava essersi totalmente finita»

Valeriana? Yuri ma fai sul serio?

Boris fu solo in grado di formulare mentalmente la frase incapace di proferir parola, perché l’idea di suo fratello assuefatto dalle tisane aveva solo aumentato il gas esilarante che ormai gli circolava nella testa.

«Ivanov inventa una scusa più credibile»

«Non è una bugia, puoi chiedere ad Hilary»

«Nella dispensa c’era valeriana per un esercito, vorresti dirmi che te la sei finita tutta?»

«Non riuscivo a prendere sonno. Problemi?»

Kei smise di controbattere scrutandolo attentamente, la follia che gli aveva annebbiato il cervello si era leggermene attenuata. Yuri era decisamente il tipo di persona capace di mentire spudoratamente in faccia ma pensare che potesse rubargli la donna la mattina del matrimonio…Doveva essere impazzito, e non era sposato nemmeno da ventiquattro ore.

La mancanza di sonno, ecco qual era la causa.

«Quindi non ti interessa mia moglie?»

«No»

Yuri si contorse internamente, sapeva quale sarebbe stata la prossima domanda: chi ti interessa?

«Tecnicamente, stando a quanto detto da Sergej non siete ancora sposati ufficialmente» Boris tossicchiò riprendendo faticosamente il controllo «Lo sarete domani quando firmerete il certificato, quindi Hilary è ancora una donna libera!»

«Tu pensi mai prima di parlare?» chiese aspramente Kei spostando la sua attenzione sul ragazzo in basso.

Boris sorrise sornione, certo che ci pensava, il suo compito era aiutare il migliore amico in ogni occasione e nessun’altra alternativa poteva battere il classico “cambio discorso” per salvare qualcuno.

Hiwatari, ci sei cascato come un allocco.

«ONE,TWO…ONE, TWO, THREE, FOUR!»

I tre rimasero impietriti nelle loro posizioni, non tanto all’enunciazione del conteggio urlata quanto più a cosa fu aggiunto negli attimi seguenti.

«Quello che abbiamo sentito…» cominciò Yuri inebetito, due occhi sbarrati verso le ante del balcone da cui filtravano luci colorate.

«…era il verso di una gallina? Sì» terminò Boris per lui nella medesima espressione.

Contemporaneamente tutti e tre si alzarono precipitandosi verso il balcone della camera che affacciava perfettamente sulla zona della festa, primo fra tutti Kei che lo aprì con foga trovandosi in mano la maniglia scagliata quasi con violenza in un angolo della stanza.

Il paio di passi sulle piastrelle esterne della balconata bastò a lasciarlo senza parole dinanzi all’assordante musica da discoteca alzata oltre i limiti della sensibilità acustica e caratterizzata dal verso di una gallina starnazzante.

Pensò di star sognando, ma lo sconcerto di Yuri e Boris era fin troppo reale.

 

[Vi prego non giudicatemi per questo, ancora mi pento di cosa ho creato ma per rendervi partecipi del delirio, vi linko la canzoncina ascoltata da loro in sottofondo >.> = Link]

 

«Voglio morire»

Gianni posizionò una sedia dietro Hilary giusto in tempo per non farla cadere a terra, attirati dal frastuono erano accorsi quasi tutti attorno al tavolo dove si era fermata la sposa provando sentimenti contrastanti che andavano dalla pietà alla paura, dall’ilarità alla disperazione.

Julia sfilato il tovagliolo dal suo tavolo aveva iniziato a sventolarlo freneticamente sul volto della povera ragazza riconoscendone una certa somiglianza con la madre.

«Tesoro ti senti bene?!» chiese preoccupata Nataliya accucciatasi accanto a Hilary.

La russa tastò il polso riscontrando dei battiti troppo frenetici per qualcuno colpito da giramenti di testa e in mancanza di un misuratore per la pressione dovette affidarsi al suo istinto ordinando agli astanti di fare spazio lì attorno e a Mathilda di recuperare un bicchiere di acqua e zucchero.

Mariam incapace di muoversi si limitò a lanciare un solo sguardo rammaricato alla sposa, il volto semi coperto per evitare di guardare le stramberie a pochi passi da lei dove Takao aveva superato ogni sua precedente figuraccia. Il nipponico con le mani sotto le ascelle ondeggiava le braccia simulando lo sbatter d’ali di una gallina, girando in tondo con le gambe dimenate nell’aria a mo’ di zampette.

Il peggio era l’aver raccolto compagnia.

«Mon Dieu»

«GAO! KIKI! VI STATE RENDENDO RIDICOLI!» l’urlo di Mao passò inascoltato dal duo intento a comporre un cerchio più esterno attorno al giapponese e al professor Kappa incapace di intendere e di volere ancora lì in mezzo.

«Rick fa qualcosa!»

«Emily, cosa diavolo vuoi che faccia?!»

«Fermali con la forza, tiragli una botta in testa!...Insomma, qualcosa!»

L’americano si grattò la testa sconfitto.

Maledicendo lui e il suo desiderio di assecondare la ragazza, prese la rincorsa muovendosi velocemente dietro Takao per afferrarlo proprio come si farebbe con una gallina correndo dietro di lui. Si slanciò in avanti per bloccarlo in contropiede senza ottenere il successo sperato, il giapponese sgusciò via ricordandogli molto lo strampalato uccellaccio del cartone animato che mandavano in onda nel suo continente e non solo, lui era il coyote disadattato destinato a schiantarsi perennemente.

L’unica differenza lì era l’assenza di montagne sostituite dai tavoli, precisamente quello degli Scudi Sacri contro cui finì di volata.

Emily corse da lui seguita da Eddy mentre Max volle provare a placare la fonte dello scempio situata alla console del dj dove il componente della band era stato allontanato da Daichi e Lai.

«Giuro che stanotte lo lascio! Ma che razza di figure!» sbraitò la cantante rannicchiata per la vergona sul prato accanto a Garland che le elargiva pacche consolatorie sulla testa mormorandole rassicurazioni.

«Ricordami di non invitarli al nostro matrimonio» sussurrò impaurito Michelle accanto a Mathilda tornata con il bicchiere d’acqua per la sposa.

«Sentite, potete dire quello che volete ma… è esilarante!»

Micheal contrariamente al resto delle persone vicine scoppiò a ridere seguito ben presto anche da altri blader trascinati dalla risata contagiosa.

Hilary privata di qualunque forza dalla crescente depressione non trovò la forza nemmeno per insultare l’americano, limitandosi ad assecondare il poco celato ordine di Nataliya di bere acqua e zucchero.

Pensò persino di aver ingerito delle droghe che causassero allucinazioni quando udì il suo nome tra uno starnazzo e l’altro.

 

 

«E meno male che ero io quello di cui si preoccupavano!»

Boris alzò le spalle indifferente al rimprovero silenzioso di Yuri, la sua frecciatina sarcastica era stata totalmente ignorata dal destinatario alla sua destra altresì concentrato ad osservare con difficolta il paesaggio sottostante, accecato continuamente dai faretti colorati in movimento e le luci psichedeliche. Fu facile riconoscere le quattro persone intente a ballare ma nettamente più difficile cercare di identificare i diversi invitati in quel concitato andirivieni ostruito dalle tende di alcuni gazebi ancora coperti.

Kei strizzò gli occhi per il bruciore distinguendo a malapena i contorni delle figure ogni qual volta veniva colpito dalla forte luce, stentando a tener buoni i suoi istinti omicidi tra i due ragazzi che non erano più suoi amici ma comari di paese.

«Almeno Rick ci prova a fermarli» fu la distaccata considerazione di Yuri nell’estrema destra del balcone.

«Ouch, quello fa male» aggiunse in una smorfia Boris allo schianto dell’americano.

«Volete due popcorn già che ci siete?!»

«Io li accetterei volentieri»

Kei calciò frustrato la ringhiera deviando verso il metallo all’ultimo secondo, colpire Boris non era saggio nemmeno se lo mandava in escandescenza con quelle ridicole risposte. Infatti, a completare il caotico quadro del giardino ci pensò proprio il russo con le inutili disquisizioni su quale fosse il miglior snack in circolazione.

«Kuznestov non me ne frega un cazzo se sono meglio le patatine al formaggio o quelle al pomodoro, chiaro?!»

«Rilassati, volevo solo sdrammatizzare, dov’è il tuo autocontrollo?»

«Si è suicidato a inizio giornata grazie a te»

«Oh, ma allora è un vizio darmi la colpa»

Yuri stufo delle liti infantili afferrò alle spalle il colletto della giacca di Kei allontanandolo dal russo a cui intimò di far silenzio con il solo sguardo, lo sposo seccato dall’essere trattato come un sacco di patate evitò di attaccare una nuova discussione solo al pensiero del giardino completamente sfasciato.

Sporgendosi oltre il balconcino riuscì finalmente a individuare sua moglie in mezzo a un folto gruppo di persone, la chiamò a gran voce per attirare la sua attenzione più volte venendo coperto dal frastuono.

«HILARY!» al quarto tentativo riuscì smuoverla e al quinto a farle alzare lo sguardo.

«KEI!» la donna ricambiò l’urlo alzandosi di scatto spostandosi da sotto l’intelaiatura d’acciaio che impediva la visuale, pochi passi per trovarsi ad osservare liberamente il balconcino seguita da una discreta processione d’accompagnamento.

«I moderni Romeo e Giulietta»

«Boris fa silenzio!» sibilò minacciosamente Kei colpendo col dito il petto del russo ad ogni singola parola.

«La tragedia di Shakespeare vedeva Romeo in basso e Giulietta in alto»

«Yu non star sempre a puntualizzare, goditi la battuta»

«Kei cosa ci fai lì sopra?!» domandò Hilary per attirare nuovamente l’attenzione del suo uomo visibilmente fuori dalle staffe.

«Perché ti sta chiedendo se hai una scopa?» Boris si grattò la nuca con espressione confusa.

«Ma quale scopa, mi ha chiesto cosa faccio qui sopra!» irritato oltremisura per l’espressione rimasta confusa, Kei sbatté le mani sulla ringhiera riprendendo a urlare verso il basso «Hilary questo ora non ha importanza, mi dici che diavolo sta succedendo lì sotto?!»

«Si sono ubriacati e c’è chi ha perso completamente il controllo!»

«Kei ha perso il completo del nonno?... Di Hito?» il chiamato in causa si premette le dita sulle tempie lasciando che fosse l’altro russo a dar corda a quelle stupidaggini, con l’unico difetto di trovarsi in mezzo e non poterli completamente ignorare «Il vecchiaccio è rimasto senza vestito? Non ha senso»

«Boris dimmi che non sei serio»

«Yu sei tu quello con l’udito anormale, noi comuni mortali abbiamo dei limiti in questo chiasso»

«Se prestassi attenzione capiresti anche tu»

«Lupacchiotto non ho le tue orecchie…perché ora parlano dello smarrimento di una corona?» il discorso cambiò rotta agli stralici di parole recepiti nelle frasi sovrapposte, l’ultima nota dubbiosa sostituita dalle braccia oscillate in avanti dopo aver scostato Kei dalla balconata «No Hilary, devi stare tranquilla! Il tuo principe è tale anche senza la corona!»

«Di quali corna stai parlando Boris?!» la brunetta ad occhi sbarrati era prossima al completo esaurimento.

Yuri si schiaffò una mano sulla fronte ammirando e detestando al contempo quella innata abilità di travisare tutto, arretrò di un passo agguantando il braccio dell’amico e spostandolo indietro con lui per salvarlo da morte quasi certa.

«Boris per favore non dire altro, la situazione è già un disastro così com’è» dichiarò esasperato in un soffio, tendendosi poi verso le spalle di Kei per parlare al suo orecchio «Credo che dovresti far smettere prima Daichi e Lai per sperare di trovare una soluzione»

«Geniale Yuri, credi non lo sapessi?!»

 

 

«Ma cosa stanno confabulando quei tre?!»

Lo sbuffo infastidito di Mariam venne accompagnato dal piede battuto ritmicamente per la frustrazione, le stava venendo il torcicollo in quella posizione oltre ad un crescente mal di testa per il martellare delle casse che nessuno sembrava saper interrompere. Accanto a lei il sorriso tremolante di Sergej le suggerì che non se la stava passando meglio, i due bambini fra le braccia continuavano a far domande nella loro lingua natia ed anche se incomprensibili, non dovevano essere proprio belle.

«Papà, gli zii stanno facendo un nuovo gioco? Possiamo farlo anche noi tornati a casa?»

«Sì, usiamo la terrazza dell’orfanotrofio! Io voglio essere la principessa!»

«Io ti vengo a salvare e troviamo qualcuno che vuole essere un pollo gigante da dover sconfiggere!»

«No bambini, questo non potete farlo…no Anja, nemmeno lo strampalato balletto»

Sergej sentiva il terrore scorrergli nelle vene al pensiero di mettere in scena una situazione simile nella struttura piena di bambini scalmanati, sarebbe stato quasi impossibile placarli e in seguito avrebbe dovuto trovare un rifugio molto sicuro lontano dal suo amico dai capelli rossi. Decisamente c’erano troppi svantaggi, in primo luogo non avrebbe mai permesso ai suoi figli di ridicolizzarsi in quel modo e su quello non avrebbe di certo cambiato idea nonostante la bambina avesse messo il broncio nel vano tentativo di convincerlo. Sarebbe stato irremovibile su quel punto, ed era sicuro di non essere il solo.

«Perché il tuo maritino non scende a darci una mano?» il braccio di Andrew picchiettò la spalla della donna in attesa di risposta.

Hilary non rispose, avrebbe voluto porre la stessa domanda all’uomo ma la gola le bruciava a furia di urlare a quella distanza e suo malgrado era impegnata a fulminare con gli occhi il russo più piccolo senza riuscire minimamente a scombussolarlo, il ragazzo era troppo impegnato a discutere con Nataliya ma non seppe dire su cosa esattamente.

Il suo unico pensiero era il desiderio di sfogare la furia crescente.

«MUEVE TU CULITO HIWATARI! VIENI A FERMARE TAKAO E QUEST’ORDA DI PAZZI!»

Hilary dovette coprirsi le orecchie all’urlo della spagnola ad un centimetro da lei.

 

 

Boris fischiò esaltato.

Julia stava sbraitando ben oltre l’essere incavolati, enfatizzando l’ordine col battito dei piedi e un dito imperioso rivolto verso il basso mostrando che il coraggio di emanare ordini a Kei non le mancava di certo, tanto la sete di sangue del protettore della fenice l’aveva già attirata. L’uomo rimase interdetto a osservarla e Boris nel frangente frastornato pensò seriamente che il neo sposino l’avrebbe uccisa in nottata, si ritrovò anche a sperare che fosse in buona compagnia quando quel momento sarebbe giunto. Lui non poteva permettere la morte di quella donna.

«Atteggiamento dispotico, inclinazione a urlare al limite della pazienza, mani sui fianchi per esaltare i suoi sproloqui…siete la coppia perfetta!» commentò gongolante stando ben attento a farsi sentire solo da Yuri che lo incenerì tirandolo a sé per la cravatta, ricordandogli in un grugnito minaccioso di trovarsi su un balcone con diversi metri al di sotto.

«Anziché urlare come una befana potevi provare a fermarli anche tu!»

Il grido infastidito di Kei giunse finalmente in risposta portando la madrilena a gonfiare le guance indispettita, Mao le fu immediatamente accanto insieme a Raul per impedirle di usare il tubo di scolo come sostegno per scalare l’edificio e arrivare al balcone.

«Julia calmati per l’amor del cielo!» a nulla valsero i tentativi della cinese di calmarla.

Kei sbuffò rumorosamente pensando seriamente ad un attentato verso la camera della madrilena, supponeva fosse l’aura negativa della donna ad attirare disgrazie su di lui dato che sua moglie aveva smesso di rispondere alle domande per quietare proprio l’animo della vipera, come se non fossero sufficienti a fargli saltare i nervi i due alle spalle. Yuri e Boris avevano colto l’attimo per aizzarsi contro una qualunque ascia di guerra dall’ordine della pazza, iniziando a litigare per qualche motivo recondito a lui sconosciuto e riuscire a cogliere il nesso della discussione sussurrata era più che impossibile.

«Boris, impara a tenere la bocca chiusa. Chiaro?»

«Ho solo detto la verità, siete più simili di quanto credi»

«E questo secondo te ti dà il diritto di sbandierarlo ai quattro venti?»

«Rilassati Yu, non mi ha sentito nessuno a parte te!»

«Se continui a parlare così a sproposito qualcuno lo farà!» strattonò la cravatta stringendola sulla gola di Boris che riuscì miracolosamente a salvarsi per l’ira direzionata improvvisamente altrove, uno sguardo arcigno rivolto interamente a Kei «A chi ha dato della befana quest’altro?»

«Indovina un po’?» fu la contro domanda provocatoria ghignante in attesa di reazione.

 

 

«Cobarde! Ven y dime aquí abajo! 6»

Hilary desiderò ardentemente avere la stessa potenza delle corde vocali di Julia e dei muscoli allenati ore al trapezio, la sua amica in uno scatto nevrotico si era slacciata la scarpa scagliandola in aria e c’era mancato veramente poco non arrivasse sul balcone, il tutto aveva intrapreso una piega scomoda.

Suo marito aveva ormai perso l’autocontrollo che lo contraddistingueva.

Nessuno stava più cercando di fermare il suo migliore amico danzante.

Sua madre arrivata col padre sembrava intenzionata a chiamare la polizia.

Dietro di lei sentiva sghignazzare alcuni degli invitati per quello spettacolo imprevisto.

Persino le sue visioni catastrofiche pre-matrimonio erano più idilliache in confronto.

«Kei non si tratta così una signorina!»

«Gianni fatti gli affaracci tuoi!» Kei interruppe la sua frase sbattendo una mano sulla ringhiera, urlando questa volta con i due ragazzi lì con lui che nel buio scandagliato dalle luci si vedevano a tratti «Mi avete appena colpito nella schiena?!»

Julia fermò il prossimo urlo osservando il suo amato russo scuotere innocentemente la testa insieme al compare con le mani alzate, era davvero un incidente o Yuri aveva colpito Hiwatari per quell’offesa rivolta a lei? Probabilmente fantasticava troppo.

Kei tornò a rivolgersi in basso chiamando a gran voce il suo testimone per chiedergli di aiutare Max nella lotta contro Daichi e Lai.

 

 

«Non ci credo… lo hai colpito davvero!»

Boris, le stelline sbrilluccicanti negli occhi, in un impeto di gioia afferrò il volto di Yuri tenendolo saldamente per le guance osservandolo con lo stesso orgoglio con cui un padre ammira gli sviluppi di crescita del figlio. Il suo discorso aveva davvero sbloccato una porticina nascosta?

«Non so di cosa stai parlando» il russo si divincolò sbuffando scocciato, braccia incrociate e testa voltata dalla parte opposta.

«Certo» la “e” venne allunga per diversi secondi attraverso un sorriso malizioso «Lo sappiamo entrambi che dovevi schiacciare una zanzara»

Yuri odiava a dismisura quel tono allusivo.

«Rei! Almeno tu puoi aiutare Max a bloccare quei due idioti?!»

Kei si trovò a tossire alla fine della frase, sovrastare quella “musica” non era per nulla semplice e l’indomani avrebbe avuto seri problemi a spiccicare parola più del solito se avesse continuato su quella lunghezza d’onda.

«Scendi tu anziché sgolarti»

«Yuri, se lo facessi stanotte non vedrei una camera da letto ma una prigione» una nota leggermente isterica sulla parte finale della frase.

«Giusto, stai aspettando solo di poter andare in camera, non è così?»

Yuri ebbe la prontezza di indicare a Kei la zona sottostante da dove Hilary lo stava chiamando, salvando così Boris dalle mani strette attorno al collo.

Dopotutto, gli piaceva quel tono allusivo se rivolto ad altri.

«Guarda il vecchio Hito com’è incazzato» sghignazzando Boris aveva quasi sussurrato la frase all’orecchio, comodamente poggiato con un braccio sulla spalla del suo amico dai capelli rossi. Yuri seguì la direzione indicata dove il vecchio isterico brandiva il suo bastone allontanando gli scalmanati e cercando di attirare l’attenzione dei camerieri. Il succo delle parole urlate impossibile da captare a distanza.

Alcuni istanti di silenzio ovattato sostennero l’illusione di una pace raggiunta rotta troppo presto, alla console vi era ormai una vera e propria guerra. La musica ripartita venne accompagnata dalle imprecazioni di Kei ormai afflosciato sulla ringhiera, ma chi gliel’aveva detto che doveva sposarsi?

«Yu…te lo immagini Vorkov in questa situazione?» la voce di Boris calò improvvisamente al di sotto del suono delle casse, un misto tra riflessione e divertimento.

Yuri trasalì leggermente voltandosi faccia a faccia verso l’amico ancora tranquillamente poggiato a lui, un sorrisetto obliquo, l’indice alzato e abbasto a ritmo di musica e un leggero movimento di fianchi verso l’alto.

Boris ti senti bene?

Avrebbe voluto chiederglielo ma le parole gli morirono in gola.

Vorkov lo tormentava ancora negli sporadici incubi facendolo svegliare nel cuore della notte, non aveva molta voglia di pensare a lui in nessun momento della giornata e Boris ne era al corrente, c’era sempre lui a fargli compagnia nelle nottate di veglia fornendogli metodi alternativi di pensare al monaco per alleggerire i ricordi.

Come in quel momento.

L’immagine della cuffietta orribile sostituita da un cappello da pollo, la veste svolazzante nel medesimo ballo visto fare a Takao mentre con vocina starnazzante ordinava di dedicarsi al beyblade.

Sbarrò gli occhi specchiandosi in quelli lucidi di Boris che ormai aveva la mano portata alla bocca per coprire la risatina involontaria e non dare a Kei l’idea sbagliata.

Yuri non si rese immediatamente conto del suo angolo della bocca curvato all’insù.

 

 

«Kei scendi! Uccidi chi ti pare non mi interessa ma vieni qui!»

Mariam accarezzò la spalla di Hilary prossima a una crisi di pianto rabbioso, poteva capirla, anche a lei sarebbe sembrato un incubo sposarsi in quel modo e stava pensando di proporre a Max un matrimonio in gran segreto proprio per evitare una simile catastrofe. Aveva anche deciso di urlare insieme a Mao seguendo l’esempio di Julia ma per la gioia delle sue corde vocali Kei sembrò finalmente rinsavire abbandonando le diatribe personali ai piani alti, dedicandosi alla moglie. Ok, in un gioco di sguardi spiaccicato sulla ringhiera ma era già un risultato eclatante se comparato agli altri tentativi.

La musica cessò per qualche istante generando un’effimera gioia nel gruppetto che aveva spostato l’attenzione sull’attrezzatura del dj, restando stupefatto alla scena inusuale loro presentata. Il tenero e dolce Max in piedi accanto ad un esamine Lai aveva il pugno ancora sollevato a mezzaria dopo il colpo inflittogli mentre Rei accanto alla vittima cercava di valutarne il danno. Fu però proprio la distrazione del biondino, sorpreso del suo stesso gesto, a portare Daichi ad azionare la ripetizione della canzone, dando nuovamente inizio al supplizio.

Nataliya si mordicchiò le unghie lanciando un’occhiata supplicante ad Ivan accanto a lei che scosse la testa, un cenno del capo più incisivo verso la fonte dei danni ricevendo una smorfia stizzita, un ulteriore tentativo fu bloccato dal passaggio della signora Kazuko verso la figlia che portò il russo a celarsi dietro la stazza di Sergej aggirandolo per non farsi vedere. Dimitrij inclinò la testolina con curiosità chiedendo alla sorellina perché tutti gli zii sembrassero strani quel giorno ma soprattutto chiedendosi perché la mamma della zia Hilary fosse così tanto arrabbiata.

Ivan a corto di pazienza per la donna russa diventata la reincarnazione di un avvoltoio intorno a lui – stavano praticamente facendo il girotondo attorno a Sergej – si diresse improvvisamente a passo di carica verso il dj improvvisato ignorando le cose che gli stava sbraitando dietro la mamma della sposa dopo averlo notato.

«Kei per favore, questo matrimonio sta diventando un qualcosa di indefinibile!» implorò Hilary in un misto di disperazione e imposizione, aveva rubato il telefono dalle mani della madre prima che chiamasse la polizia pregandola di aspettare qualche altro minuto, ormai erano diventati il pettegolezzo dell’anno.

«HILARY STO ARRIVANDO!»

Un fortissimo fischio nel microfono non diede alla brunetta la felicità di consolarsi, troppo impegnata a coprirsi le orecchie per non perdere l’udito.

Alla console Ivan aveva tentato di strozzare Daichi con il filo del microfono ponendo fine al supplizio musicale, lasciandolo privo di sensi e vivo per miracolo solo grazie all’intervento di Rei. Le imprecazioni eccessivamente volgari di Kei ormai al limite della pazienza per quell’ultimo segnale acustico fastidioso lasciarono di stucco i dipendenti dell’azienda, enunciate nel momento stesso in cui il pesante silenzio era piombato nell’ala della festa.

Hilary sgranò gli occhi coprendosi il volto arrossato all’ennesima figuraccia caduta sulle spalle della sua famiglia, pregando una qualche divinità di vivere soltanto un terribile incubo troppo realistico.

La portafinestra sbattuta con violenza mandò in frantumi quello che restava del vetro perforato alla sparizione di Kei catalizzando l’attenzione di tutti sul balconcino e sui restanti russi abbandonati al loro destino nella ravvicinata posizione.

 

 

Yuri come se nulla fosse successo riacquistò la sua espressione algida non sentendo minimamente la pressione degli sguardi penetranti, ad eccezione di uno che lui stesso aveva cercato per ignorare tutto il resto ma di cui poté bearsi poco. Julia gli aveva donato un sorrisetto fugace allontanandosi per supportare la sposa e lui era rimasto lì ad osservarla andar via. Quella era la prima occasione in cui si trovava a riflettere sui consigli ricevuti dal migliore amico distanziatosi da lui e pronto a rientrare, era preparato a vederla voltargli le spalle e scomparire nuovamente dalla sua vita l’indomani?

La risposta il suo cuore gliela suggerì senza rimorsi più velocemente del previsto.

«Boris» ottenuta l’attenzione del ragazzo non si voltò a osservarlo «Grazie»

Anche fissando i faretti luminosi era certo di averlo sorpreso e la prova era il chiacchiericcio esterno unica fonte di rumore, ringraziarlo non era l’ultimo dei suoi mali dopo aver ammesso di sua spontanea volontà quanto tenesse a Julia.

«Accidenti, devo aspettarmi la nevicata in agosto per questo?» l’amico rientrò nel suo campo visivo poggiandosi con la schiena alla balconata «Non pensavo che le riviste disseminate da Nataliya potessero diventare davvero utili, devi ringraziare gli scrittori degli articoli è da lì che ho tratto ispirazione»

Yuri arricciò le labbra in un lieve sorriso chiudendo gli occhi, a quanto pareva non era l’unico pessimo bugiardo in circolazione.

«Dubito tu abbia mai aperto uno di quei giornaletti di gossip» riaprì le palpebre aumentando la curvatura della bocca «Lì nessuno ti avrebbe suggerito di fare l’idiota da quando è arrivato Kei, ti riesce poco bene fare lo stupido anche se la farsa del mezzo sordo per alleggerire l’atmosfera quasi mi stava convincendo»

Boris ghignò serafico a sua volta.

«Potevi anche accorgertene prima e evitarmi il cazzotto nello stomaco, non credi?»

«Non è sempre facile capire quando non stai volontariamente rendendo un inferno la vita di Kei»

Yuri sorvolò sul luccichio maligno intravisto negli occhi chiari al nome dell’ex compagno di squadra girando i tacchi per tornare dentro, si sentiva sollevato e molto più leggero di quanto non lo fosse stato mentre saliva le scale, ma non avrebbe mai ammesso quanto considerasse liberatorio dar voce ai suoi pensieri con lui. Gettò un ultimo occhio alla ringhiera vedendo un minaccioso sorrisetto sul volto dell’amico sportosi per guardare in basso.

La sua fortuna - o sfortuna - era che Boris restava pur sempre Boris.

«Hiwatari allora, hai finito di prendertela con noi per i tuoi problemi d’astinenza!?»

 


 

Note finali

 

1 Ne khodi = Non andare via (Takao voleva dire questo ma ha fatto un mezzo casino)

2 Pour tous les poissons de la Seine = Per tutti i pesci della Senna

3 Parbleu = Per Dio!

4 Slaboumnyy = Imbecille

5 6940 rubli = 80 euro circa

6 Cobarde! Ven y dime aquí abajo! = Codardo! Vieni a dirmelo qui giù!

 

Ehm…salve a tutti coloro giunti alle fine! >//>

Probabilmente vi starete chiedendo cosa avete appena letto e posso comprendervi, ho cambiato scene più volte per dare maggiormente l’idea di come si svolgessero in contemporanea ma diciamo che la parte più stramba è quella finale… la canzone è stata un’illuminazione quando youtube ha deciso di consigliarmela (non chiedetevi perché l’applicazione mi consigli tali canzoni) e il danno finale che volevo infliggere al matrimonio ha solo subito una piccola impennata verso il caos. Non mollatemi qui da sola dopo aver rovinato il grande giorno di Kei e Hilary (anche se qualcuno tra voi a cui non piace la coppia penso ne starà gioendo) >.>

Più la scrivo più mi convinco che in futuro non voglio sposarmi, magari qualche mia conoscenza a mia insaputa sta leggendo la storia e quando la inviterò al mio matrimonio vorrà mettere in pratica qualcosa… Ora, al di là della mia mania complottista e tornando alla trama, abbiamo visto cosa accade ai baldi giovani che esagerano con l’alcool e a tal proposito sappiate che non ho la benché minima idea di cosa abbia fatto fare a Ivan, io al massimo bevo un bicchiere d’acqua. Tutto ciò che ho scritto proviene da diverse ricerche effettuate in rete, nel caso abbia creato un qualcosa di incommestibile, fatemelo sapere xD

C’è stato poco spazio per le interazioni tra Yuri e Julia ma il nostro bel russo aveva bisogno di aprire gli occhi prima di tornare a relazionarsi con lei, e chi meglio di Boris poteva farlo? Quindi non preoccupatevi, nel prossimo torneranno a interagire e spero quanto voi in un esito positivo (io continuo a parlare della storia come se fossi un’estranea, ma dettagli).

Nel prossimo capitolo la giornata avrà finalmente una conclusione (a meno che il capitolo non sarà eccessivamente lungo), chissà se soprattutto i due sposi ci arriveranno sani e salvi >.>

Per quanto riguarda la mamma di Hilary… ormai è andata, povera donna.

Concludo la sezione note che sta diventando fin troppo lunga ringraziando nuovamente tutti coloro che non sono fuggiti, spero vivamente d ricevere ancora dei pareri sulla storia e mi raccomando seguitela fino alla fine

 

Un abbraccio a tutti, alla prossima!

 

Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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