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Autore: Asmodeus    08/10/2020    2 recensioni
8 ottobre: una data molto particolare per Martino Rametta, in quanto la sua vita è destinata a subire una svolta improvvisa.
Songfic per celebrare i due anni dal primo incontro di Martino e Niccolò.
[Dal testo:]
Martino odia il lunedì, ottobre e la gente che parla di stronzate la mattina presto [...] Il dover ascoltare sua madre che gli legge l’oroscopo alle sette di un lunedì mattina d’ottobre, dunque, è qualcosa che si è appena guadagnato un’ottima posizione nella sua personalissima “Top Ten delle cose che mi hanno rotto ampiamente il cazzo”.
«Senti qui, Marti: “Gemelli: giornata di cambiamento. Nuovi progetti e persone stanno per entrare nella vostra vita. Drizzate le antenne e state attenti ai segnali”!»
«Hai visto che bella giornata ti si prospetta, tesoro?» domanda lei, mentre allunga la mano per accarezzargli la faccia mentre lui sta ancora finendo il caffelatte.
Martino si ritrae di scatto con un grugnito, rovesciando un po’ di caffelatte sui pantaloni.
«Già, proprio una bella giornata Ma’» ringhia alterato, alzandosi e dirigendosi verso camera sua.

[Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Sine from Above 


Lunedì
7:13
8 ottobre 2018

Martino odia il lunedì: è l’inizio di una settimana di sveglie presto, corse sull’autobus, lezioni noiose e interrogazioni o verifiche che gli mettono l’ansia.
Martino odia ottobre: è un mese assurdo, che sa di morte e decadenza, in cui il ricordo delle lunghe giornate estive è ancora vivido ma viene pugnalato dal buio che cala sempre prima col passare dei giorni.
Martino odia le persone che gli parlano troppo presto al mattino: vorrebbe un po’ di calma e silenzio per sé stesso prima di dover affrontare il caos della giornata, e non sorbirsi parole inutili che spesso nascondono solo stronzate.
Il dover ascoltare sua madre che gli legge l’oroscopo alle sette di un lunedì mattina d’ottobre, dunque, è qualcosa che si è appena guadagnato un’ottima posizione nella sua personalissima “Top Ten delle cose che mi hanno rotto ampiamente il cazzo”.
«Senti qui, Marti: “Gemelli: giornata di cambiamento. Nuovi progetti e persone stanno per entrare nella vostra vita. Drizzate le antenne e state attenti ai segnali”!»
Sua madre solleva gli occhi dal telefono per guardarlo radiosa: Martino non riesce a capire come lei possa essere quasi sempre in catalessi per la depressione tranne di prima mattina, quando è sempre euforica e scintillante.
«Hai visto che bella giornata ti si prospetta, tesoro?» domanda lei, mentre allunga la mano per accarezzargli la faccia mentre lui sta ancora finendo il caffelatte.
Martino si ritrae di scatto con un grugnito, rovesciando un po’ di caffelatte sui pantaloni. Sua madre lo guarda preoccupata, mentre lui le lancia occhiate d’odio e rancore.
«Già, proprio una bella giornata Ma’» ringhia alterato, alzandosi e dirigendosi verso camera sua.
«“Giornata di cambiamento” …dei cazzo di pantaloni puliti appena messi!» borbotta incazzato tra sé e sé mentre si spoglia per cambiarsi velocemente.
Se ne esce di casa poco dopo, senza nemmeno salutare sua madre per la fretta: è tardissimo, e rischia di perdere il bus se non corre alla fermata.
Martino si affretta più che può, maledicendosi perché con quella corsa arriverà a scuola già sudato – ecco cos’altro odia: l’autunno e il suo cazzo di tempo che ti fa vestire a cipolla e finisci sempre per morire di caldo o gelare di freddo.
Svolta velocemente l’angolo, la fermata a un centinaio di metri da lui. Ma ovviamente l’autobus è già lì che chiude le porte, pronto a partire.
Martino scatta, spinto dalla rabbia e dalle maledizioni verso quella giornata già così storta, sbracciandosi verso l’autista del mezzo: tutto inutile.
Il bus riparte quando lui è a pochi passi di distanza, e Martino saluta con un bel dito medio l’autista infame che non l’ha aspettato.
Prende fuori il cellulare dalle tasche e scrive a Giovanni e agli altri per avvisarli del ritardo, poi si infila le cuffiette nelle orecchie e si isola dal resto del mondo in un vano tentativo di calmarsi un po’.
Almeno Gio non mi vedrà in questa condizione” pensa, per poi maledirsi davanti a quel pensiero.
Non avevamo deciso di farla finita con queste stronzate, eh Marti?” ricorda a sé stesso. Averlo nel suo letto due giorni prima è stato fin troppo doloroso, tanto da spingerlo ad andare a dormire giù dal letto per non rischiare che lo toccasse nel sonno provocandogli risposte fisiche che non poteva accettare. Gli ha dato del tricheco in quell’occasione, per evitare delle domande troppo scomode: una scusa proprio del cazzo, ora che ci pensa meglio.
Martino si morde la lingua, cercando di cancellare col dolore quei pensieri che non vuole più avere. Si sente vuoto dentro, come trafitto da un buco nero che nulla può riempire e oscurato da un abisso nero che nessuna luce può illuminare.
Alza gli occhi umidi al cielo, in una preghiera silenziosa rivolta al nulla cosmico che sa più di bestemmia e voglia di rompere tutto.
Sarà un’orribile giornata.


When I was young, I prayed for lighting
My mother said it would come and find me
I found myself without a prayer
I lost my love and no one cared
When I was young, I prayed for lightning
Yeah, I looked
With my face up to the sky
But I saw nothing there
No, no, nothing there
Yeah, I stared
While my eyes filled up with tears
But there was nothing there
No, no, nothing


Lunedì
13:02
8 ottobre 2018


Luchino sta raccontando la sua ennesima avventura, e Martino prova a concentrarsi sul racconto sicuramente assurdo che tirerà fuori per evitare di pensare a quella mattinata oscena.
Ovviamente è stata una giornata di merda a scuola, ma almeno è quasi finita: manca l’ultima ora e poi sarà libero.
«Regà, avete presente la tipa che fa le ripetizioni con mia madre?» comincia a raccontare il biondino, un sorriso eccitato in volto.
«La strabica con le tette grosse?» azzarda Elia, come sempre delicato come un elefante in una cristalleria.
«No, quella con l’apparecchio e le tette medie…» lo corregge Luchino, mimando con le mani la prosperosità della ragazza in questione.
«Ah sì sì ho capito!» coglie subito al balzo Giovanni.
Martino invece tace, non avendo assolutamente idea di chi sia la ragazza in questione e anzi con un leggero moto di stizza nel notare che Giovanni ricorda perfettamente tutte le numerose ragazze di cui gli parla Luchino.
Luchino attende qualche attimo prima di continuare, per creare un po’ di suspence.
«Abbiamo pomiciato regà!»
Luchino sorride a trentadue denti, e Martino si unisce al coro di complimenti degli altri due schiaffando un cinque al più piccolo di loro.
«C’hai na foto? La voglio vedè!» salta subito su Elia, frenato da un altrettanto delicato Giovanni che annuncia quanto la ragazza “faccia schifo”.
Fa schifo, però te la ricordi bene” pensa fra sé Martino, tornando a concentrarsi sul biondino per non perdersi in brutti pensieri.
«Non è vero che fa schifo!» difende la sua conquista Luchino, per poi continuare col racconto. «Non v’ho detto la cosa più importante!»
A quel punto nella testa di Martino suonano mille allarmi sulla piega che sta prendendo il discorso, tutt’altro che congeniale per lui.
«No no no, ceh, se sono zozzerie vostre io non le voglio sapere eh!» stoppa immediatamente Luchino, provando a uscirsene da quel discorso probabilmente imbarazzante. Giovanni però lo blocca a sua volta: è più curioso che mai e invita il biondino ad andare avanti coi dettagli.
Martino lo squadra per un secondo con un impercettibile sguardo d’odio, poi torna a guardare Luchino provando a concentrarsi per trattenersi dal mostrare qualunque emozione di fronte a un racconto sicuramente per lui problematico.

Qualcos’altro, però, attira la sua attenzione.


I heard one sine from above
I heard one sine from above
Then the signal split in two
The sound created stars like me and you
Before there was up, there was silence
I heard one sine
And it healed my heart, heard a sine
Healed my heart, heard a sine


Per la prima volta, nota un ragazzo che parla con un amico qualche metro dietro Luchino.
È alto più o meno come lui, col naso dritto e i capelli castano scuri, quasi neri, che incorniciano un volto particolare. Indossa una felpa bianca sotto a un giubbotto di jeans, e parla con un ragazzo del quinto che Martino conosce solo di vista.
Non l’ha mai visto, prima di quel momento.
Eppure, è come se in quell’attimo qualcosa di quello sconosciuto sia riuscito a far breccia nella sua corazza di malumore e disinteresse, attirandolo come una calamita.
Luchino e il suo racconto, Elia e le sue battute acide, perfino Giovanni e tutto il marasma di sentimenti che prova verso di lui spariscono dal suo orizzonte sensoriale. La voce del biondino è lontana, ovattata, come se Martino si trovasse sott’acqua e il suo arrivasse al suo orecchio con grande fatica. Anche le figure dei suoi amici si fanno sfumate, fuori fuoco, mentre tutti i suoi sensi si rivolgono verso lo sconosciuto.
Di fianco a lui appaiono Sana e Silvia, le amiche di Eva con cui lui ancora fatica a legare bene, e gli attaccano pezza.
Lo sconosciuto scambia qualche parola con loro, poi la sua bocca si apre in un sorriso particolare e luminoso, e il cervello di Martino va in tilt.
È come se qualcuno avesse staccato la spina, e Martino si riprende solo quando il telefono gli vibra in tasca.
Si riscuote, perdendo di vista il ragazzo dal sorriso enigmatico per concentrarsi sul telefono.
È papà. Martino risponde al suo messaggio in modo asciutto, ma quando rialza il viso per ritrovare il ragazzo nuovo si trova di fronte Sana e Silvia.
Le ragazze interrompono il discorso di Luchino, di cui lui non ha ascoltato nemmeno una parola, per chiedere a loro quattro di partecipare al progetto della radio della scuola, giovedì prossimo.
Tutti e quattro sono compatti nel nicchiare, senza sbilanciarsi troppo nonostante Sana li stia praticamente fulminando col suo sguardo intimidatorio per convincerli a seguire Silvia nella sua nuova avventura.
Poi, finalmente, anche loro se ne vanno, e Martino torna a cercare con lo sguardo il ragazzo misterioso.
Dentro di lui è un ribollire di qualcosa che non ha mai sentito prima, di punti interrogativi che viaggiano impazziti per tutto il suo sistema nervoso.
Poi Giovanni rientra nel suo campo visivo.
Ha appena proposto a tutti loro di trovarsi a casa sua dopo l’ultima lezione per studiare insieme e prima farsi una canna in compagnia, o almeno Martino crede di aver sentito quello.
Ma ora tutti lo stanno guardando interrogativi, mentre Giovanni gli chiede se ha recuperato l’erba.
«Non ancora frate’» nega Martino, rammentandosi di non aver ancora escogitato un modo per recuperare la loro ganja che ha nascosta a casa di Federicona il venerdì precedente per sfuggire ai controlli delle guardie.
Ma questo non può dirglielo, e dunque mente: «Però ci sto lavorando!»
Gli altri lo guardano un po’ delusi, poi Giovanni scatta a portargli le mani al collo fingendo di strozzarlo.
«Perché? Perché?» gli ringhia contro col sorriso, mentre gli altri due ridono davanti a quella sceneggiata e anche Martino si sente di nuovo trascinato in mezzo a loro.
Il ragazzo nuovo sparisce dai suoi pensieri, e tutto sembra tornare alla normalità.
Alla fine, che gli importa di uno sconosciuto, quando di fianco a lui ci sono i suoi fratelli?
Luchino, Elia… e Gio.

Mentre rientrano in classe, dà uno sguardo al cielo pieno di nuvole.
Ha di nuovo gli occhi lucidi: per un attimo, ha sentito qualcosa.
Quel vuoto dentro di lui si è riempito, quel nero per un istante è stato illuminato a giorno.
Ma ora tutto è tornato al suo posto.
Sono tornati il vuoto e il nero, cicatrici che mai se ne andranno, e quella specie di segnale, quel qualcosa di diverso che aveva percepito, è sparito. Forse per sempre.

When I was young, I felt immortal
And not a day went by without a struggle
I lived my days just for the nights
I lost myself under the lights
When I was young, I felt immortal
Yeah, I looked
With my face up to the sky
But I saw nothing there
No, no, nothing there
Yeah, I stared
While my eyes filled up with tears
But there was nothing there
No, no, nothing


Giovedì
8:08
8 ottobre 2020


Martino apre gli occhi.
È da subito stranamente vigile, come se avesse già bevuto un litro di caffè.
Si rigira nel letto, trovandosi di fronte la faccia ancora addormentata di Niccolò.
Il suo ragazzo, anzi il suo compagno di vita ormai, ha un buffissimo broncio sulle labbra, a metà tra un sorriso e un’espressione serissima.
Lo osserva con tenerezza, poi si rigira di nuovo dal suo lato e prende il cellulare dal comodino.
Controlla l’orario, e conferma i suoi dubbi: quel mattino si è svegliato prima del solito, prima ancora della sveglia.
Avvicina il telefono al suo mento, battendolo piano contro di esso come se ciò lo aiutasse a concentrarsi meglio.
Ha fatto un sogno strano: era più un ricordo, estremamente vivido, di uno stranissimo giorno di due anni prima. Eppure, sta già svanendo dalla sua mente.
Si affretta a recuperare i dettagli, prima che sfuggano nell’oblio, ma l’unica cosa che riesce a trattenere senza sforzo è un senso di vuoto che non provava da anni.
Nel sogno, Niccolò non era con lui: anche questo ricorda con abbastanza sicurezza.
È qualcosa a cui non è abituato, perché Niccolò è sempre con lui ormai.
Non solo perché vivono insieme in una casa loro, ora.
Niccolò è sempre con lui da due anni, perché da quando lo conosce non è passato giorno che il suo pensiero lo abbandonasse.
Nemmeno nei momenti più bui del loro rapporto, quel ragazzo così particolare è sempre rimasto al suo fianco: in un angolino della mente e del cuore, o a occuparne quasi tutta la loro totalità, poco importa. L’essenziale è sempre stata la sua presenza.
Martino rabbrividisce, nonostante sotto le coperte ci sia un piacevolissimo calduccio.
Agguanta il telefono per rimetterlo sul comodino e fare l’unica cosa che sa lo farà stare meglio – guardare Niccolò e perdersi davanti alla sua bellezza.
Nel poggiare il cellulare, però, nota la data odierna.
Una data banale, ma che lo colpisce come un pugno.
Otto ottobre.
Di nuovo un brivido lungo la schiena.
Martino si gira immediatamente nel letto, per controllare che lui sia ancora lì.
Niccolò dorme beato di fianco a lui, ancora quel broncio buffo sulle labbra.
Martino si avvicina a lui, cercando di disturbarlo il meno possibile per non svegliarlo – è ancora presto, vuole che si goda gli ultimi minuti di tranquillità.
Si accoccola nel punto più vicino al suo ragazzo, abbastanza vicino da essere riscaldato dal calore del suo respiro calmo e profondo, e lì finalmente quel brivido strano gli passa.
Otto ottobre. Ecco cos’era, quel sogno” realizza mentalmente: ha sognato la mattina in cui ha visto per la prima volta Niccolò, due anni prima.
Non pensava di aver registrato coscientemente quella data – l’anno prima gli era completamente passata inosservata dopotutto – eppure ora si rende conto di averla ben fissata dentro di sé.
Guarda Niccolò davanti a sé, e non può non sorridere stavolta.
Il giorno in cui la mia vita è cambiata” realizza di nuovo.
Ha un altro brivido molto forte che gli corre lungo la schiena, ma stavolta lo registra come positivo.
Si accoccola ancora più vicino al suo ragazzo, e con sua grande sorpresa si accorge che l’altro apre le braccia per cingerlo fra le sue.
«Che hai, piccolo?» biascica nel dormiveglia il più grande, facendogli spazio vicino al suo corpo e accogliendolo a sé. Ha ancora gli occhi chiusi, il respiro pesante e la bocca si serra di nuovo in quella smorfia strana, ma evidentemente Niccolò non sta più dormendo da un po’.
«Niente, Nì» mormora lui direttamente contro il suo naso, tanto sono vicini ora. «Non volevo svegliarti, scusami» aggiunge poi.
«Sono già sveglio da un po’. Prima stavi parlando» spiega l’altro, tenendo sempre gli occhi chiusi.
Martino aggrotta le sopracciglia, e Niccolò sembra riuscire a percepire la sua espressione anche senza vederlo, perché si spiega subito dopo.
«Hai detto qualcosa come “non ancora fratello”, e che stavi lavorando…» biascica il moro, stringendolo più forte in quell’abbraccio ad occhi chiusi.
«Era un sogno, Nì. Abbastanza… particolare» spiega il rosso, godendosi quell’abbraccio così caldo e rassicurante.
«Mmh?» mugola il più grande, interrogativo.
«Ho sognato la prima volta che ti ho visto, a scuola. Due anni fa esatti» spiega Martino, arrossendo inspiegabilmente.
Niccolò apre finalmente gli occhi, e anche i suoi sono stranamente attenti e vigili. Deve davvero essere sveglio da più tempo di quanto sembri…
Lo fissa pensieroso, e Martino si sente come sotto indagine.
«Che c’è?» chiede, un po’ preoccupato.
«Non pensavo che te lo ricordassi…» abbozza il suo ragazzo, rimanendo serio.
«Nemmeno io. Mi ricordo molto bene qualche giorno dopo, ma quel mattino… mi era sfuggito di mente. O meglio, la data, non quel giorno in sé» si affretta poi a puntualizzare il rosso. «Non potrei mai dimenticarmi cosa ho sentito quando ti ho visto. Non è più stato lo stesso…»
Martino sorride imbarazzato, e strofina il suo naso contro quello del compagno.
«Vale lo stesso per me… e sai qual è la cosa più buffa?» gli domanda il moro, finalmente sorridendogli.
«No, quale?»
«Anche io ti ho notato per la prima volta l’otto ottobre. Davanti a scuola, quel giorno Sana e Silvia erano venute a parlare con te e i ragazzi dopo avermi invitato alla radio…»
Martino scuote la testa sorridendo, poi gli punta l’indice contro il petto.
«Non me lo avevi mai detto, che t’eri accorto di me grazie a Sana e Silvia!»
«Perché non è così, difatti. Ti avevo notato poco prima che loro venissero a parlare con me. Stavi ascoltando Luchino, credo».
Martino sorride di nuovo.
«Abbiamo proprio una memoria di ferro per certe cose, vedo!»
«Per quelle importanti, assolutamente» ride il moro. Poi continua: «Sai cosa vuol dire questo, vero? Che ti sei ricordato di oggi con questo sogno…»
«Che non ho una memoria così buona come la tua?» si finge offeso il rosso, tirando una piccola testata delicata al ragazzo più grande.
«Anche. Ma soprattutto… che dobbiamo aggiungere una data da festeggiare al calendario!» afferma Niccolò, radioso.
«Un’altra? Di questo passo avremo il calendario pieno di giorni da festeggiare, Nì!»
«E che problema c’è? Mica dobbiamo farci dei regali o altro per queste occasioni! A me piace festeggiarle però, perché…»
Martino immagina già dove vuole andare a parare, ma lo anticipa con un sussurro.
«… perché mi ricordano di quanto tu mi abbia cambiato la vita in modo così perfetto da volerti con me per il resto della mia vita».
Niccolò rimane di stucco davanti a quell’ammissione così cristallina da parte del suo ragazzo.
«Nì?» gli domanda infine lui, per riscuoterlo dalla sorpresa.
«Sì Marti?»
«Ti amo»
«Ti amo anch’io, piccolo mio».
Martino chiude gli occhi e finalmente bacia il suo ragazzo.
Dentro di lui, di nuovo, sente quel qualcosa che ormai da due anni li accompagna ogni volta che sono insieme: una vibrazione, un ritmo solo loro che nessun altro sente ma che li lega in maniera indissolubile.
E finalmente il vuoto è sparito, così come il nero, quelle cicatrici guarite per sempre.
Il vuoto è sparito, così come il nero, quelle cicatrici guarite per sempre.




 

I heard one sine from above
Then the signal split in two
The sound created stars like me and you
Before there was up, there was silence
I heard one sine
And it healed my heart




Note dell'autore:

Era da un po' che volevo scrivere una songfic su "Sine from Above" di Lady Gaga ed Elton John (canzone che adoro alla follia, tra l'altro), legandola a questa meravigliosa coppia che adoro.
Finalmente ho trovato l'occasione giusta, ovvero celebrare i due anni dal primo incontro tra Martino e Niccolò. In questi giorni mi sto facendo un rewatch della seconda stagione, ed è quasi buffo vedere come le prime volte che Martino ha a che fare con Niccolò tutto intorno a loro due si fermi o cominci ad andare al rallentatore. Come se, appunto, Martino "sentisse" qualcosa provenire da Niccolò e finisse per escludersi da tutto il resto, trovando solo in lui quel "qualcosa" in più.
Ho voluto mostrare questa cosa legandola alla canzone, e spero che ne sia uscito qualcosa di apprezzabile e carino.
Spendo anche due parole per ringraziare Soly Dea per la sua challenge meravigliosa, che in questi giorni continua a darmi moltissima ispirazione per tante storie. La trovate qui, se volete darci un'occhiata.
Vi ringrazio per aver letto fino a qui, e se volete farmi sapere che ne pensate di questa storia siete più che benvenuti!
Vi auguro una buona serata, e faccio un grosso grosso augurio a Martino e Niccolò per questa nuova occasione di ulteriori festeggiamenti :)

[Prompt Flechazo: colpo di fulmine, amore a prima vista, una freccia scoccata da Cupido. È quel momento in cui vediamo una persona per la prima volta e capiamo che vorremmo averla al nostro fianco per tutta la vita.]

   
 
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