Looking for you
Memories
Captured in silver frames
I cast them in the burning flames
I decide
To leave my ancient life behind
And not, and not to turn back time
Cause I'm feeling
Only lonely
Sad and lonely
Looking for you…
(“Looking for you” – Amberian Dawn)
La battaglia tra i
Sassoni del Wessex uniti ai vichinghi di Bjorn e Lagertha e l’esercito invasore
di Re Harald sarebbe iniziata il giorno successivo e ognuno viveva a suo modo
la vigilia di quel conflitto tanto importante. Non era facile, per i vichinghi,
pensare che avrebbero combattuto contro la loro stessa gente, che avrebbero
forse ucciso persone che consideravano amiche e con le quali avevano condiviso
lotte e difficoltà.
C’era qualcun altro,
tuttavia, che viveva in maniera drammatica quella strana sera: il Principe
Aethelred che, rinchiuso nella stanzetta che gli era stata destinata, se ne
stava seduto sul suo giaciglio fissando ostinatamente il cielo scuro che si
vedeva dalla piccola finestra, tormentato da mille pensieri. Si riscosse quando,
ad un certo punto, la porta della stanza si aprì e Hvitserk entrò,
richiudendosela poi alle spalle.
Aethelred guardò il
giovane vichingo, che lesse nei suoi occhi i dubbi e le preoccupazioni che lo
assillavano.
“Sei chiaramente
turbato, Principe. Stai pensando a tuo fratello? Sei in ansia per lui?” gli
domandò il giovane, avvicinandosi.
“Sì, lo sono” ammise
il Principe. “Alfred non è un guerriero e… so che in questi giorni si è
addestrato molto con Ubbe e so anche che sia i vostri che i nostri uomini
faranno di tutto per proteggerlo, tuttavia so anche che una battaglia è
imprevedibile e che lui… lui non…”
“Sono convinto che se
la caverà benissimo” cercò di tranquillizzarlo Hvitserk, sedendosi accanto a
lui. “Inoltre Ubbe ha un piano ingegnoso per ingannare Harald e i suoi. La
vittoria sarà nostra, non ho dubbi in proposito.”
Aethelred non
sembrava altrettanto convinto, ma non fece domande riguardo al piano così
brillante di Ubbe. Sembrava pensare ad altro. Dopo un breve silenzio, riprese a
parlare.
“Non sopporto di
restare rinchiuso qui sapendo che voi… che Alfred, insomma… domani rischierete
la vita” disse. “Va bene, sicuramente avete pensato a una strategia efficace ed
è molto probabile che vincerete, ma questo non significa che nessuno rimarrà
ferito o ucciso, no? Combattevo al fianco di mio padre in difesa di York quando
vi sconfiggemmo, eppure io fui colpito alla spalla sinistra da una freccia che
avrebbe potuto trafiggermi il cuore.”
Hvitserk considerò
vagamente che sarebbe stata una vera sfortuna se Aethelred fosse stato
ammazzato da quella freccia: in quel caso non lo avrebbe mai conosciuto e…
vabbè, ma cosa si metteva a pensare in quel momento?
“Io voglio combattere
con voi domani” riprese Aethelred, deciso. “Voglio essere presente, lottare al
vostro fianco, dare il mio contributo per sconfiggere gli invasori. Non resterò
confinato qui dentro mentre mio fratello rischia la vita!”
E
non voglio che succeda niente nemmeno a voi… a te in particolare,
pensò il Principe, stupito lui per primo di quella singolare preoccupazione. Ma
perché no? I vichinghi, in fondo, lo avevano trattato bene e accolto con
cordialità e Hvitserk in particolare era sempre così disponibile e gentile con
lui…
“Non credo sia
possibile” obiettò il giovane vichingo. “Dovrei parlarne con Bjorn e Ubbe e non
abbiamo molto tempo. E poi devi considerare che Heahmund guiderà l’esercito
sassone al fianco di tuo fratello, se ti vedesse? Sai bene che è tuo nemico,
che ha messo in giro quelle voci su di te. No, penso che dovresti rimanere qui,
al sicuro. Andrà tutto bene, vedrai, e dopo che avremo vinto troverai il modo
di…”
“Io voglio esserci!”
lo interruppe Aethelred. “Devo esserci.
I Sassoni sono la mia gente, il Wessex è il mio Paese. Heahmund non avrà modo
di accorgersi di me, mi confonderò in mezzo ai soldati, non mi farò
riconoscere. Non è necessario che Bjorn e Ubbe lo sappiano, un guerriero in più
farà comodo anche a loro.”
Hvitserk rifletté
sulle parole del Principe. Non aveva tutti i torti, a ben pensarci. Nella foga
della battaglia nessuno si sarebbe accorto di un soldato in più e se lui ci
teneva tanto… in fondo poteva capirlo, lui avrebbe fatto lo stesso, non si
sarebbe certo tirato indietro di fronte a un combattimento.
“Sì, hai ragione”
ammise. “In mezzo ai soldati Sassoni nessuno farà caso a te e per noi sarà
comunque un vantaggio. Va bene, penso che si possa fare.”
Per qualche istante
calò di nuovo un silenzio imbarazzato.
“Bene, allora… credo
che sarebbe meglio che andassi a riposare anche tu, stanotte” disse Aethelred.
“Non c’è bisogno che resti qui a sorvegliarmi, ormai sai bene che non vi
tradirò e che non cercherò di scappare. Combatterò con voi domani e, se le cose
andranno come devono andare, dopo la battaglia troverò il modo di parlare con
Alfred e di farmi concedere delle truppe per affiancarvi nella vostra
spedizione a Kattegat.”
“Ti preoccupi per me,
adesso?” fece scherzosamente Hvitserk. Il tono era leggero, ma Aethelred colse
qualcosa di non detto e si sentì improvvisamente agitato, il cuore prese a
battergli in modo sconsiderato e sentì il volto caldo e arrossato.
“Io… no, beh, volevo
solo dire che… insomma, la battaglia di domani sarà molto impegnativa e tutti
dovremo riposare bene per essere lucidi e concentrati” disse in fretta,
sperando che il giovane non avesse notato il suo turbamento.
“Potrei riposare bene
anche rimanendo qui, non credi?” ribatté Hvitserk, facendosi più vicino al
Principe. Era un azzardo e lo sapeva, ma in fondo non aveva niente da perdere.
Chi poteva prevedere cosa sarebbe accaduto il giorno dopo? Aethelred aveva
detto bene: durante una battaglia poteva succedere di tutto e lui, quella
notte, voleva restare accanto a quel Principe, voleva… voleva qualcosa di cui
non aveva mai sentito il bisogno prima.
“Non credo che quella
sedia sia un posto tanto comodo per dormire e domattina dovrai combattere, io
penso che…” provò a dire Aethelred, ma non risultò molto convincente.
“Ma io non intendevo dormire sulla sedia come le altre
notti” replicò Hvitserk, avvicinandosi ancora di più. Ora era praticamente
incollato al Principe, ma Aethelred non sembrava volerlo respingere. Il giovane
vichingo lo strinse tra le braccia e lo baciò come aveva fatto qualche giorno
prima, ma questa volta il bacio si prolungò, divenne più caldo, languido e
profondo e Hvitserk si spinse sul giaciglio portando Aethelred con sé. Continuò
a baciarlo, mentre iniziava a slacciarsi le vesti, in modo lento ma sempre più intimo. Nonostante lo stupore
iniziale Aethelred lo lasciò fare, confuso da un turbine di emozioni che non
era in grado di comprendere e tanto meno di governare. Si ritrovò ancora più travolto
e indifeso quando iniziò a sentirsi addosso le mani di Hvitserk che lo
esploravano, lo cercavano e iniziavano a slacciargli i vestiti. Avrebbe voluto
tornare in sé e recuperare un briciolo di decenza, ma proprio non ce la faceva,
anche perché il giovane vichingo non lo stava forzando in alcun modo, non era brutale
o violento, al contrario lo accarezzava e mostrava tutta la pazienza e la
delicatezza di questo mondo nell’avvicinarlo a qualcosa che Aethelred non aveva
mai neanche immaginato.
Del resto Hvitserk era sicuramente molto più esperto
del Principe, che non aveva mai avuto rapporti sessuali di alcun tipo e non
aveva mai nemmeno dato un bacio, ma non per questo si dimostrava avido e
voglioso come avrebbero fatto molti altri al suo posto. Hvitserk aveva avuto
qualche avventura con le ragazze di Kattegat, cose leggere e senza impegno, poi
si era innamorato della schiava Margrethe che però aveva tranquillamente
condiviso con i fratelli… Margrethe era stata forse la persona dalla quale si
era sentito più coinvolto e aveva sofferto molto quando la ragazza aveva
perduto il senno, aveva cercato di aiutarla come poteva, ma Ivar l’aveva fatta
uccidere, temendo che dicesse ciò che sapeva (ossia che lui era impotente e che
il figlio che sua moglie aspettava era di un altro uomo). Era scappato da
Kattegat proprio dopo la morte di Margrethe perché oramai non c’era più niente
e nessuno che lo trattenesse là. Eppure, pur avendole voluto molto bene, aveva
accettato di condividerla con i fratelli…
In quel momento, mentre stringeva e baciava con tenera
passione il giovane Principe, Hvitserk pensava che non avrebbe permesso a
nessuno sulla faccia della Terra di fare con Aethelred quello che stava facendo
lui… e allora cosa voleva dire? Forse quella per Margrethe era stata solo una
passione adolescenziale mentre adesso si sentiva coinvolto molto più
profondamente? Ad ogni modo non aveva molta importanza, quello che contava era
stare con Aethelred, tenerselo stretto e averlo tutto quanto per sé. Si mise sopra di lui,
premendogli una mano sulla sua nuca per attirarlo sempre più contro di sé
mentre con l’altra mano sfiorava e accarezzava il suo corpo; poi si liberò
delle proprie vesti e di quelle di lui, desideroso soltanto di perdersi in
Aethelred senza interrompere neanche per un istante l’unione delle loro bocche
e dei loro respiri affannati. Sempre con pazienza e delicatezza, lo toccò nei
punti più intimi e segreti, preparandolo all’unione dei loro corpi per non
spaventarlo e non fargli male.
Aethelred, dal canto suo, era riuscito a
rimanere lucido solo per pochi istanti e si era chiesto cosa stesse facendo
Hvitserk e perché mai il suo corpo rispondesse così naturalmente a tutti i suoi
approcci. Ma non era soltanto il suo corpo: tutto il suo essere fremeva e sembrava
desiderare ogni bacio, ogni carezza, ogni contatto più intimo con il giovane
vichingo che fin dalla prima sera lo aveva incuriosito e affascinato. Quando iniziò
a sentirlo dentro di sé ebbe un altro attimo di smarrimento, l’educazione
repressiva e retrograda che aveva ricevuto lo portava a considerare sbagliato
quello che stava facendo, a pensare che Dio l’avrebbe punito… eppure quello che
stava accadendo era così bello, così incredibilmente spontaneo e dolce che non
poteva essere sbagliato, no, in alcun modo. Anzi, non poteva esistere niente di
più giusto di quell’unione, che
riempiva tutta la sua solitudine e la sua inadeguatezza, che gli faceva
dimenticare persino la battaglia che li attendeva il giorno seguente, perché niente
contava più se non il fatto che Hvitserk era con lui, era dentro di lui e lo
baciava con tenerezza sulle labbra, sulla fronte e su tutto il viso.
Chi mai avrebbe potuto condannarlo? Forse il
suo cristianissimo nonno, che aveva amanti in ogni dove? Forse la sua
devotissima madre, che andava a letto, appunto, con suo nonno e che aveva avuto Alfred addirittura da un monaco? Forse il fanatico vescovo
Heahmund, integerrimo a parole ma che
aveva una relazione sessuale con Lagertha?
Perduto in pensieri sempre più sconnessi, ad
un certo punto Aethelred aveva provato fastidio e dolore, ma poi era rimasto
travolto dall’emozione e dall’estasi di quel contatto per lui sconosciuto che
gli incendiava il sangue nelle vene, gli faceva tremare i polsi e gonfiare il
cuore fino quasi a esplodere e gli faceva desiderare che durasse per l’eternità
e ancora oltre. Era qualcosa di immenso e sconfinato che non poteva in alcun
modo essere sbagliato, al contrario
il Principe non si era mai sentito così felice, così completo, così totalmente a casa come tra le braccia di Hvitserk.
I due amanti giunsero al culmine della
passione tra gemiti e ansiti affannati e solo lentamente ripresero coscienza di
sé e di dove si trovavano, mentre i loro respiri tornavano regolari e i corpi
trovavano riposo in un dolce languore. Anche dopo l’amore, Hvitserk tenne
Aethelred abbracciato, accarezzandogli i capelli e le guance piene e arrossate,
giocherellando con i suoi riccioli e sorridendogli in quel suo modo così unico,
che faceva sciogliere del tutto il Principe sassone.
“Domani voglio combattere accanto a te” disse
Aethelred, vincendo il turbamento. Sentiva la necessità di far sapere a
Hvitserk quanto contasse per lui e, seppure stravolto da ciò che era accaduto,
voleva assicurarsi che niente li avrebbe separati. “Voglio combattere al tuo
fianco!”
“E anch’io voglio combattere accanto a te”
replicò Hvitserk, intenerito e divertito.
“Non voglio che possa succederti qualcosa”
insisté Aethelred.
“E io non voglio che succeda qualcosa a te”
gli fece eco nuovamente Hvitserk, con tenerezza.
“Mi sono sentito così solo da quando è morto
mio padre, lui era l’unico che mi accettasse davvero” continuò Aethelred,
buttando fuori con foga tutto ciò che pesava sul suo cuore. “E mia madre… mi ha
solo fatto sentire ancora più sbagliato, inadatto alla corona, inutile. Tu e i
tuoi fratelli mi avete fatto sentire importante, mi avete scelto per lottare
con voi e riconquistare la vostra città e tu… tu mi hai…”
“Io cosa?” fece Hvitserk con un sorrisetto.
“Non mi sento più solo, adesso” rispose
Aethelred, arrossendo e eludendo la domanda. “Mi sento capito, accettato.”
“Per me è la stessa cosa, sai?” ammise
Hvitserk. “Non immagini cosa significhi essere il figlio di mezzo di Ragnar Lothbrok. Non sono imbattibile come
Bjorn La Corazza, non sono saggio come Ubbe e nemmeno un pazzo che si crede un
dio come Ivar. La gente tende a dimenticarsi di me…”
“Per me non è così… per niente…” mormorò
Aethelred. Avrebbe voluto dire di più ma era troppo imbarazzato, tuttavia
Hvitserk capì anche quello che il Principe non diceva e lo strinse più forte.
“Lo so. Ora mi sento bene e non mi importa
più di quello che gli altri possono pensare di me” disse.
Allacciati l’uno all’altro, Hvitserk e Aethelred si
addormentarono, finalmente sereni e in pace nonostante fossero alla vigilia di
una cruenta battaglia. Tuttavia, prima di cadere in un sonno profondo e
ristoratore, Hvitserk ebbe il tempo di formulare un ultimo pensiero.
Andrà
tutto bene domani, adesso ne sono ancora più sicuro. Gli dei non avrebbero
permesso che incontrassi Aethelred se non fossimo destinati a rimanere insieme
e a riconquistare Kattegat. Non ho la presunzione di conoscere i loro piani, ma
credo che nostro padre avesse ragione e che l’unione dei nostri popoli fosse
prestabilita da tempo.
E, probabilmente, aveva proprio ragione!
FINE