Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: lightvmischief    11/10/2020    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 40

KAYLA

Usciamo dalla casa della riunione con la direttiva di trovare una sistemazione adatta a noi; per qualche strano motivo a me sconosciuto, Tracey e Meredith hanno dato la priorità e il vantaggio al Gruppo Spedizioni per scegliere per primi la loro casa. È bello poter decidere liberamente di nuovo qualcosa che non sia questione di vita o di morte, senza dover affrontare le conseguenze delle mie scelte: mi fa sentire un po’ più libera.

Dai pezzi di conversazione che ho sentito durante il tragitto verso le altre case, ho capito che Blaine ed Elyse andranno ad abitare insieme - non che avessi dubbi -, Mali per il momento ha deciso di rimanere con sua madre Johanna e presumo che anche Calum le seguirà, mentre Tasha, George, Wayne ed io, vorremmo provare ad abitare da soli, vedere come vanno le cose.

Ho sempre aspettato con trepidazione il momento della mia vita in cui avrei scelto una casa mia: già da piccola giocavo a quelle simulazioni online su come arredare la mia prossima casa, mentre da adolescente cominciavo a guardare i mobili e gli accessori che avrei voluto metterci dentro. I miei gusti hanno continuato a cambiare e cambiare, ma il desiderio è rimasto lo stesso. Non avrei mai pensato, dopo tutto quello che è successo, che sarei riuscita a coronare questo sogno proprio adesso. Certo, non è proprio la stessa cosa, ma a me sembra cento volte meglio.

Il solo fatto di aver ritrovato le persone che stavamo cercando, il resto del gruppo e aver anche scoperto che abbiamo l’intero villaggio per noi, praticamente nella massima sicurezza che si può avere di questi tempi… Mi sembra di stare sognando. Non posso credere che tutto questo sia reale. Ma, per una volta, lo è. E questa realtà non mi dispiace affatto. Nonostante tutte le perdite subite.

Sto cominciando a far pace con il fatto che tutte le persone a cui tenevo non ci sono più: è meglio così. Non devono più soffrire, non devono più sopportare ciò che questo mondo può buttare addosso. La loro sofferenza è finita una volta per tutte. E per quanto io avrei voluto che loro vedessero con i loro occhi ciò che sto vedendo io ora, almeno adesso so che non sono più in pericolo. E non lo saranno mai più. Posso solo tener stretto a me i ricordi dei momenti passati con loro: il mio più grande tesoro. Vorrei avere delle foto da appendere nella mia nuova casa per onorare la loro vita vissuta, ma va bene così. Grazie a Lynton, Wayne e Calum ho ancora la foto che ha più significato per me e sarà la prima che appenderò.

«Momenti stressanti per i nuovi acquirenti!» dice al mio orecchio Wayne, adottando una voce da narratore televisivo e facendomi sobbalzare per lo spavento. «Hai già puntato qualcosa?»

Scuoto la testa con un sorriso sulle labbra. «No, sono appena arrivata, sai.»

«D’accordo, Miss Sarcasmo, prenditi tutto il tempo che vuoi. Magari saremo vicini di casa» ribatte, dandomi una gomitata giocosa. 

Rido, scuotendo la testa, fingendo un’espressione schifata, ma fallendo miseramente. Che cosa strana avere di nuovo dei vicini. E, comunque, sarebbe un onore avere lui come mio vicino di casa.

«Sai, dopo la casa ti spetta la scelta del bolide,» dice, strizzando l’occhiolino, «posso accompagnarti a vederlo domattina.»

«Sì… sì, sarebbe bello.»

«Ottimo, passo da te alle undici allora- Ehi, ehi! Blaine, Elyse, levatevi subito, l’ho vista prima io!» Wayne fa una corsetta verso i due e immagino che adesso si metteranno a discutere come bambini sull’abitazione addocchiata da entrambi. Oppure se la giocheranno a morra cinese.

Scuoto la testa divertita, con un senso di familiarità che mi riempie le vene.

Dopo tre quarti d’ora a studiare le facciate delle diverse case, provando a sceglierne una a sentimento, ho preso la mia decisione: la mia nuova e prima casa ha un portico che copre la porta d’ingresso e la prima finestra della facciata che dà sulla strada principale, mentre dietro un grande giardino e un altro grosso portico con dei vecchi portacandela che pendolano giù dalle travi del tetto. La vernice bianca è praticamente tutta scrostata, lasciandola quindi di un color grigiolino ma ciò non mi infastidisce affatto. Ha un piano terra con la cucina che dà sul retro con una grande vetrata che parte dal soffitto fino a toccare terra, facendo entrare la luce naturale. L’arredamento è color legno. Ha un salotto con delle grosse tende bordeaux che coprono le finestre e due divani azzurrini in buone condizioni. Ci sono anche un bagno-lavanderia e un ripostiglio spazioso.

Salgo le scale con delicatezza, anche se non dovrei preoccuparmene dato che gli scalini sono fatti di muratura e ricoperti con un bellissimo marmo, per cui non mi cederanno sotto ai piedi. Al piano superiore ci sono due stanze da letto, con un bagno comunicante con le due.

La prima cosa che faccio prima di buttarmi su uno dei letti e cadere in sonni profondi, è aprire tutte le finestre per far uscire l’odore di chiuso e polvere che impregna l’intera struttura. Ho ancora qualche candela nello zaino e dopo potrò accenderla per scaldarmi. Torno di nuovo al piano inferiore per aprire la porta della cucina e andare in giardino, ma mi blocco sui miei passi quando sento bussare.

Me lo sono forse immaginata?

Apro la porta dell’ingresso e mi trovo davanti la figura di Calum che si gratta nervoso la nuca, mentre con una spalla si appoggia allo stipite della porta. «Ehi, uhm… Scusa se piombo qui all’improvviso-»

«Sono letteralmente appena entrata, Calum» dico, ridacchiando. «Non c’è bisogno che ti scusi.»

Calum annuisce incerto, facendo vagare il suo sguardo tra lo spazio tra la porta e me. Poi, si decide a fare qualche passo avanti e chiudersela alle spalle.

«Ti offrirei qualcosa da bere, se solo ne avessi.»

«Oh, no, non ti preoccupare.»

La conversazione si chiude e piombiamo velocemente in un silenzio imbarazzante. Struscio le mani sulle cosce prima di prendere iniziativa e mostrargli la casa nella sua integrità. Da parte sua ricevo solo alcuni sorrisi nervosi e cenni di assenso con il capo. Scendiamo in cucina, chiudo la finestra e gli dico di accomodarsi mentre accendo un paio di candele. 

«Allora… che succede?»

«Mh? Cosa?»

«Non lo so, sei tu che hai bussato alla mia porta. Immagino avessi qualcosa da dirmi» ribatto, alzando le spalle e prendendo posto su una sedia al suo fianco. Calum distoglie il suo sguardo dal mio, facendolo finire sulla vetrata sul giardino. Attendo una sua qualsiasi risposta senza fretta, incrociando le braccia al petto e sistemandomi più comoda sulla sedia.

«Mi chiedevo...» inizia, ma si interrompe subito per schiarirsi la gola e deglutire la saliva. «Insomma, se ti andava di, sai… vivere insieme? Io e te?» conclude, bagnandosi le labbra con la lingua e tornando a puntare il suo sguardo su di me, per scrutare la mia espressione.

Dire che sono sorpresa è un eufemismo. Ma, per la prima volta, credo di esserlo in modo positivo: mi batte forte il cuore e sento l’adrenalina nelle vene, proprio come quando mi trovo a faccia a faccia con il pericolo, ma in qualche strano modo la mia mente è rilassata alla sua proposta.

«Wow, okay, uhm...» incespico nelle mie stesse parole, fermandomi per rimettere in ordine i miei pensieri. Prendo un respiro profondo per cercare di calmare il fiume di emozioni che si è scatenato dentro di me e il calore improvviso che mi sale al viso.

In fondo, che differenza farebbe se lui venisse qui a vivere con me? Lo abbiamo fatto per le scorse settimane, in un certo senso è come se convivessimo di già. Certo, le circostanze erano forzate e non eravamo completamente soli, ma non cambierebbe molto. C’è un che di emozionante nella sua proposta, come se stesse rendendo ufficiali tutte le piccole cose successe tra noi due nel corso di questi mesi. Da una parte sono terrorizzata alla sola idea di avere un rapporto consolidato di nuovo, dall’altra non sono che sollevata e sorpresa che lui tenga così tanto a me da lasciare di nuovo la sua famiglia, anche se alla fine la avrebbe a qualche passo di distanza.

«Puoi pensarci, non devi darmi una risposta adesso» dice veloce, così tanto che faccio fatica a carpire le parole. «Ho solo pensato che sarebbe carino, non lo so… noi due.»

«E poi, posso sempre cacciarti di casa se non dovessi sopportarti più» ribatto, con un sorrisone sulle labbra e lo sguardo timido sul suo, mentre mi massacro le pellicine alle punte delle dita. Vedo la sua espressione alleggerirsi e trasformarsi in un grandissimo sorriso luminoso, per poi scoppiare a ridere fragorosamente. Lascia andare un rumoroso sospiro di sollievo con tanto di fischio, alza le mani dietro la testa, piegandola all’indietro e chiudendo gli occhi.

«Ero più preparato a un tuo rifiuto, quasi.»

«Mi sottovaluti troppo, ultimamente» ribatto ridendo, lasciando cadere le mani oltre i poggioli della sedia.

«Non credo di averlo mai fatto» sussurra, prendendomi poi la mano e intrecciando le sue dita tra le mie, dondolandole avanti e indietro come fossero una piuma smossa dal vento.

«Come sta tua madre?» gli chiedo dopo minuti di silenzio, schiarendomi la voce e girando la testa per guardarlo in volto.

«Sollevata. Sì, decisamente sollevata» risponde, abbassando la testa e strizzando gli occhi. «Non credo abbia dormito molto ultimamente.» Guarda il soffitto, prendendo grossi respiri e combattendo contro le lacrime che spingono per uscire dai suoi occhi.

«È tutto finito ora. Siete di nuovo insieme, va tutto bene.» Struscio la sedia sul pavimento, avvicinandomi al suo profilo, appoggiando le dita tremanti sul suo viso per raccogliere le lacrime che gli stanno scendendo sulle guance. 

Mette le sue mani sui miei polsi, incatenando il suo sguardo velato al mio e passano istanti infiniti prima che chiuda la distanza tra di noi, appoggiando le sue labbra sulle mie. Piccole scintille scoppiano dentro di me al suo solo tocco, mentre assaporo ogni singolo istante di questo nostro piccolo speciale momento. Faccio scivolare le mie mani sulla sua nuca, mentre le sue mi prendono il viso, ognuno di noi che cerca di azzerare sempre di più la distanza tra di noi. Ci stacchiamo, senza respiro, le labbra appena aperte per prendere aria come se fossimo appena stati colpiti da una mazza in pieno petto, gli occhi ancora chiusi, i pensieri completamente in tilt. 

Appoggia la sua fronte alla mia, accarezzandomi la guancia con il pollice, ancora senza fiato. «Tutto questo grazie a te. Non hai mollato, mai. Te ne sarò sempre riconoscente, Kayla, voglio che tu lo sappia» sussurra, il suo respiro che mi solletica le labbra.

«Dovrei essere io a ringraziarti,» ribatto, scuotendo appena la testa, «per avermi salvato la vita, in più di un modo» confesso ancora ad occhi chiusi. Sento le sue labbra spostarsi sulla mia fronte per lasciarci un bacio umido e confortante.

Forse siamo ancora persi e stiamo ancora cercando di raccogliere i pezzi di noi stessi, forse non dovrei legarmi così tanto a una persona in un modo che al solo pensare di poterla perdere mi fa mancare l’aria, ma forse non mi interessa. Perchè qui e adesso mi sento di nuovo intera. 

Ci benderemo le nostre ferite a vicenda e potremo ricominciare di nuovo.

Rimaniamo così per ore che vorrei fossero interminabili, persi nella confortevolezza l’uno dell’altra, nella pace del silenzio e della tranquillità della sicurezza ritrovata, mentre il buio comincia a calare sulla nostra nuova casa.

«Andiamo sul tetto» dice ad un tratto Calum, facendomi alzare il viso dalla sua spalla per rivolgergli uno sguardo interrogativo. «Non guardarmi così» ribatte, ridendo.

Mi prende la mano e mi trascina su per le scale, mette un piede fuori dalla finestra che dà sul tetto del portico, seguito poi dall’altro e mi fa cenno di seguirlo. Così faccio e lo vedo arrampicarsi con le braccia sul tetto, poi si sdraia a pancia in giù e lascia cadere un braccio per me per prenderlo. Mi slancio e afferro la sua mano e in pochi istanti sono assieme a lui sul tetto.

«Adesso sei felice?» gli chiedo, mettendo le mani sui miei fianchi e guardandolo con un sopracciglio alzato.

«Non ancora. E smettila di fare la scettica. Ti piacerà.» Si siede e poi incrocia le braccia dietro alla sua testa prima di stendersi e guardare il cielo.

Incrocio le braccia al petto, facendo saltare lo sguardo da lui al cielo. Poi mi ordina di stendermi al suo fianco e, dopo aver alzato teatralmente gli occhi al cielo, lo faccio. Appoggio la testa sul suo petto e subito il suo braccio mi cinge, portando con sè un totale senso di calma e sicurezza. L’aria gelida sembra non scalfirmi con il suo calore che mi circonda.

Alzo lo sguardo verso l'alto, rimanendo ammaliata dalla splendida vista del cielo completamente stellato: non credo di aver mai visto così tante stelle insieme. O forse è solo una vita che non lo guardo abbastanza attentamente.

«Questa è la pace dei sensi» sussurra Calum, più a se stesso che a me. 

Non posso che dargli ragione: stare qui distesa, con lui, su questo tetto e guardare questo immenso spettacolo della natura senza troppe preoccupazioni per la testa… Mi sembra di nuovo di sognare. Sento solo il battito del suo cuore, il suo petto che si alza e si abbassa ad ogni suo respiro, il fruscio delle foglie secche, un leggero vociare di persone. Se qualcuno avesse detto alla me di qualche mese fa che mi sarei trovata con Calum su un tetto a guardare le stelle come se il mondo non esistesse, ma il mondo fossimo solo noi, mi sarei messa a ridere di gusto. Non avrei mai pensato di riuscire ad arrivare fino a questo punto, non dopo tutto ciò che ho, che abbiamo passato.

«Ehi, è tutto apposto?» mi chiede tutto preoccupato Calum, abbassando il mento e facendo arrivare il suo pollice sul mio viso, fregandolo delicatamente. 

«Oh, cazzo, non mi ero nemmeno accorta» dico, ridacchiando e tirando su con il naso, accorgendomi solo ora delle lacrime silenziose che mi sono scese sulle guance. «Credo che il mio subconscio stia elaborando… tutto.» Sento il petto di Calum vibrare sotto il mio orecchio, mentre la sua breve risata riesce già a calmare i miei nervi. Mi lascia un bacio sui capelli e torna a cingermi con il suo braccio.

«Già… Anche a me sembra tutto pazzesco» ammette, scuotendo appena la testa. «La mia testa ha già cominciato a fare piani per il futuro come se non avesse appena passato tutto ciò che ha passato.»

«Sarà stato l’effetto indesiderato dell’acqua nel cervello» dico, punzecchiandolo.

«Sei molto simpatica a scherzare sulla mia salute mentale, davvero» ribatte falsamente incredulo. «Ma, comunque, sono grato che ora abbiamo un campo sicuro dove stare. E soprattutto di avere ancora la mia famiglia con me.» Mi irrigidisco involontariamente, pensando alla mia, ma lasciando andare il pensiero con un sospiro, cominciando ad accettarlo.

«Io sono grata di averne una nuova» ammetto, tracciando distrattamente linee indefinite sul torace di Calum. Sento il suo battito aumentare veloce sotto il mio orecchio, come il mio che ha cominciato a battere all’impazzata alla mia affermazione.

«Hai bevuto qualcosa di strano? Non è da te tutta questa mielosità.»

«Ugh, stai zitto» ribatto, ridacchiando e dandogli uno buffetto sullo stomaco, facendolo appena appena muovere.

«Sai a cosa stavo pensando? All’enorme fagiolo messo in piazza a Chicago. Chissà chi un giorno ha pensato: “ehi, io amo i fagioli. Adesso ne costruisco uno gigante e ne faccio un monumento!”» Scoppio a ridere sommessamente. «Ehi! Sono serissimo!»

«Sì, immagino!» dico, prendendolo in giro. «Hai mai visto Lucy the Elephant? Perchè quella sì, che è una scultura terrificante.»

«Non ho idea di cosa tu stia parlando e credo di non volerlo sapere.» Calum comincia a giocherellare con una ciocca dei miei capelli, intrecciandoci le dita dentro e arrotolandola tra esse. «Ah, tutto questo parlare di monumenti mi ha fatto venire un incredibile voglia di viaggiare.»

«A me è venuta voglia di cioccolata calda con panna e cannella.»

«Non sarai mica incinta, vero?»

«Cosa-? Calum, no-»

«Oddio, forse non ho fatto abbastanza attenzione- E se lo sei veramente? Non credo di poter essere un gran padre nelle condizioni-»

«Calum, ascoltami per un istante!» dico tra le risate, cercando di placare il suo straparlare da nervosismo improvviso e alzandomi su un gomito per vedere la sua espressione- Chiude la bocca con gli occhi spalancati, in attesa di una mia qualsiasi parola. Credo il cuore gli stia scoppiando in petto per la paura. «Non sono incinta, te lo posso assicurare.»

«Come fai ad esserne così sicura? Non hai le prove certe-»

«Fidati quando ti dico che non lo sono.»

«Cosa, vuoi tenermi sulle spine proprio fino all’ultimo?» dice frenetico, agitando il braccio con gli occhi che potrebbero uscirgli dalle orbite. Non credo di averlo mai visto così terrorizzato.

«Ho il ciclo!» esclamo ridendo a più non posso. «Puoi rilassarti adesso.» Lascia andare un sospiro di sollievo mentre si lascia cadere teatralmente con la testa all’indietro.

«Oh, cazzo. Ero così preoccupato per la tua incolumità e il fatto che ti avessi fatto quasi annegare con un figlio in grembo.» Si passa una mano sulla fronte e poi mi fa cenno di rimettermi sul suo petto per riprendere la posizione precedente. «Comunque, non l’avrei mai detto. Ti fa male?» mi chiede premuroso, facendo passare una mano sopra al mio stomaco impercettibilmente.

«No. Sono una delle fortunate.»

«Non mi hai mai detto se avresti voluto avere figli» riprende improvvisamente, dopo alcuni istanti di silenzio.

«Prima? Sì. Adesso? Non lo so. Non credo che sarei un ottimo esempio per un bambino» ammetto, riportando lo sguardo alle stelle e ripensando a qualche giorno fa, all’uomo in quella casa e al bang della mia pistola. Rabbrividisco, stringendo gli occhi e sentendo il respiro venir mozzato nel mio corpo. «ma questo è un altro discorso. Tu?»

«Prima? No. Decisamente no. Adesso? Potrei pensarci. La persona giusta c’è; se i tempi migliorano, chi lo sa?»

«Non credi di star bruciando le tappe un po’ troppo in fretta?» chiedo, alzando le sopracciglia in modo scherzoso, anche se non mi può vedere in faccia.

«Nei film lo fanno e funziona tutto a meraviglia!»

«Sì e nei film trovano persino il tempo di scrivere delle lettere prima di morire, che leggono sempre mentre spargono le ceneri della persona nell’oceano. Che clichè!» 

Le nostre risate si fondono assieme, lentamente spegnendosi nell’oscurità della notte. La stanchezza comincia a mostrarsi e a farsi sentire sui nostri corpi distrutti dagli eventi dei giorni passati. Decidiamo di tornare in casa, appisolandoci l’uno sull’altra con i pensieri un po’ più leggeri e il cuore pieno di noi due e la nostra nuova normalità.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: lightvmischief