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Autore: Cossiopea    11/10/2020    0 recensioni
La notte cala svelta sul numero dodici di Grimmauld Place. Un giovane Sirius Black rimugina sui propri desideri, su quello che è, su ciò che vuole diventare. Sente che è arrivato il momento di scegliere.
[PoV Sirius]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Renegade


Chiuse gli occhi e respirò piano, nella speranza che i pensieri, anche solo per un istante, gli concedessero pace. Un attimo di bramato silenzio, un secondo di quiete...

Non era felice lì.

Era da tempo che ci rimuginava sopra, senza riuscire del tutto a mettere a fuoco quella chiara e aspra verità, quasi che una parte di lui stesse ancora, disperatamente, provando a essere come loro lo volevano. Come se tutto il dolore di cui la sua infanzia era logorata – le parole velenose, le lacrime bollenti di un bambino senza gloria – lo ancorasse ancora saldamente alle antiche tradizioni, cori di voci remote che lo volevano lontano da ciò che era, lontano da se stesso.

Ma non ci sarebbe riuscito. Non poteva. Non voleva.

Eccola. Quella riflessione che da giorni non mancava di solleticargli lo stomaco, pizzicargli le percezioni e affacciarsi sui sogni durante le notti più oscure.

Lui non lo voleva.

Alzò lentamente le palpebre sul soffitto macchiato di umidità e il suo sguardo ebbe un fremito, mentre rincorreva la striscia di luce proveniente dalla porta socchiusa.

Si girò su un fianco con un lieve fruscio e le sue pupille d'ombra si posarono sulla fessura affacciata sul corridoio rischiarato da fioche candele.

Attese qualche secondo, rimanendo immobile e in ascolto, avvolto dalle lenzuola, quasi si aspettasse che qualcosa, di colpo, potesse accadere.

E nel mentre una strana emozione iniziava a risalirgli da dentro, fluida, rapida, viva.

La tensione che il più delle volte attribuiva alla caccia, alla luce delle stelle e alla sfera argentata e benevola della luna. Agli odori, alle percezioni affinate, alle zanne che scattano e il profumo dell'erba...

Adrenalina buona, che si fece rigirare adagio sulla lingua, mentre un'idea – più folle che audace – si faceva largo dentro di lui, spinta dalla sofferenza, che ogni giorno si intensificava; incrementata dalle urla, dagli sguardi impregnati di delusione, dall'imposizione di essere diverso.

Si morse un labbro mentre stringeva i pugni sotto le coperte e i ricordi, vividi più che mai, si riversavano a fiumi nella sua visuale tremolante.

Un castello composto da scintille, un cappello rattoppato, un nome striato d'oro che rimbomba tra le tavolate imbandite e sovrasta il tintinnio dei bicchieri... L'odio della famiglia, il disgusto, il sangue sporcato... E poi James e i suoi occhi dentro cui si vede riflesso... Remus, il cui sorriso sbilenco graffiato da cicatrici non può che ricordargli quanto coraggio esista al mondo... Peter, pieno di voglia di fare, pronto ad ascoltare... E poi ancora disprezzo, sguardi che lo evitano, sussurri che lo vedono ritratto come traditore...

Sirius deglutì a vuoto, sentendo nuove lacrime pungere per uscire e stritolando violentemente un lembo del lenzuolo.

Ha quasi sedici anni. Ha bisogno di scegliere, e quella che si finge la sua famiglia non avrebbe mai potuto eguagliare le risate innocenti, gli scherzi esuberanti, la sempre più ardente e sfrenata voglia di vivere che lo scalda mentre ha James accanto, mentre nessuno gli rinfaccia ciò che vuole essere...

Sospirò a singhiozzo e si asciugò rapidamente le due timide lacrime che gli erano sgorgate dagli occhi a tradimento.

Scostò le coperte e poggiò piano i piedi nudi sulle mattonelle ghiacciate.

Il corridoio era silenzioso, l'ora doveva essere ormai tarda, la notte inoltrata.

Sirius si concesse un ulteriore istante, nel quale rimestò con cura i propri desideri, aprendo botole da sempre rimaste serrate. Eppure, con un pizzico di sorpresa, non scorse dentro di sé la minima esitazione, e sul suo volto devastato comparve un debole sorriso, mentre si rendeva conto delle proprie reali intenzioni, mentre faceva la sua scelta.

Il bagaglio era leggero: non voleva attirare troppa attenzione, ma in borsa ficcò un paio di libri e un maglione pesante, per poi infilarsi le scarpe e caricarsi il tutto sulle spalle, senza smettere di sorridere.

La porta della sua stanza non cigolò nemmeno mentre la spalancava, inoltrandosi per gli intricati e ombrosi corridoi del numero dodici di Grimmauld Place.

Non un suono venne emesso dai suoi passi Felpati e soltanto il ritratto di un uomo artritico aprì un occhio stanco quando Sirius ci scivolò davanti.

Il ragazzo raggiunse la pesante porta d'ingresso e la fissò un secondo attraverso il corridoio buio, fermandosi a metà di un passo e assaporando quella sensazione di brio nata dal centro del suo petto, quella voglia di scappare, di voltare le spalle alla prigione che fino a quel momento era stata la sua vita.

-Cosa stai facendo?

Quella voce – inospitale, improvvisa – lo fece irrigidire, il corpo trafitto da milioni di spilli. Sirius si sentì gelare, mentre voltava adagio la testa dietro di sé i brividi gli scivolavano in sottili rivoli lungo la schiena.

I suoi occhi d'ebano ne incontrarono un altro paio freddo, privo d'amore o di semplice empatia. Uno sguardo in cui mai era riuscito a scorgersi, sebbene così simile al suo.

Regulus era fermo in mezzo al corridoio cupo, i lunghi capelli scuri che gli ricadevano in una massa arricciata intorno al giovane viso, scavato in ombre profonde dalla luce tremula delle candele, e le braccia conserte, dedite al più spietato giudizio.

Sirius si impose di rimanere calmo, riducendo la bocca ad una sottile fessura e infilando, d'istinto, la mano nella tasca dove teneva la bacchetta.

-Non impicciarti- ringhiò -Non ti conviene.

Sul volto del fratello si delineò un malevolo ghigno.

-E così il traditore del suo sangue ha deciso di fuggire- quell'accusa suonò come un sibilo -Come un codardo.

Sirius sentì la rabbia iniziare a montare, le zanne premere per emergere. Però si trattenne, costringendosi a restare immobile ma stringendo con più forza la bacchetta tra le dita.

-Lo sai che non ti conviene, Regulus- gli rispose, adirato -Lo sai che faresti meglio a lasciarmi andare e fingere di non avermi visto...

Il fratello si limitò a ridacchiare.

-Sei sempre stato così sciocco, Sirius- lo canzonò -Nostra madre lo dice sempre: che tu non rappresenti altro che una delusione per noi... una fastidiosa macchia nella purezza della nobile casata dei Black...

Questa volta fu Sirius a sorridere.

-Posso solo essere fiero per questo- fece alzando lievemente il mento -Non ho scelto io di essere nato dentro queste mura, oscurato dalla vostra ombra- tese un angolo della bocca, celando lo sguardo dietro uno spesso cipiglio -E quel mostro di nostra madre potrà solo essere soddisfatta di essersi sbarazzata di me.

Gli occhi di Regulus si infiammarono, mentre puntava verso il fratello un indice minaccioso, benché fosse più basso di lui di almeno una quindicina di centimetri.

-Non parlare in questo modo di nostra madre! Non ti permettere!- sibilò fra i denti, stringendo gli occhi fiammeggianti.

Sirius sospirò.

-Non ho intenzione di stare un altro minuto a discutere con te- disse, secco -Puoi anche togliere la mia immagine da quello stupido arazzo; potete bruciare il mio viso e rinnegare la mia esistenza, perché io non ho intenzione di rimettere piede in questa dimora- si accorse solo in quel momento del battere agitato del suo cuore, della forza di quelle parole -Non intendo tornarci rinchiuso!

Poi fu un lampo e il braccio di Sirius si mosse da solo, mentre la bacchetta veniva estratta in uno scatto dalla tasca e puntata verso il viso incavato del giovane Black.

-Stupeficium!- e una folgore scarlatta lo colpì in pieno, catapultandolo indietro. Con un violento tonfo la testa del ragazzo cozzò contro la parete alle sue spalle e Regulus rimase riverso a terra sotto lo sguardo febbricitante del fratello.

Il successivo silenzio parve dilatarsi per infiniti istanti, la mano di Sirius che iniziava a tremare, la bacchetta ancora stretta in pugno.

Furono i famigliari passi ticchettanti e sconnessi di Kreacher a riscuoterlo dalla macabra visione di suo fratello supino con i capelli imbrattati di sangue.

Quando, poco dopo, l'Elfo ritrovò Regulus steso sulle mattonelle scure il corridoio era deserto, e la porta aperta oscillava pacata nella gelida aria notturna.

In una via buia a qualche centinaio di metri da lì, un cane nero si metteva a correre, inseguendo la luna.


Angolino dell'autrice:
Non che io abbia molto da dire. Questa è una Shot scritta di getto durante un momento in cui il mio solo desiderio era staccare la spina. Spero soltanto che non sia risultata troppo svogliata o priva d'intento.
Grazie a chiunque mi abbia dedicato un frammento di tempo, per me è davvero importante.
Buon tutto.

   
 
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