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Autore: Lisbeth Salander    11/10/2020    6 recensioni
[Storia nata dall'iniziativa Gioco di scrittura del Gruppo Facebook Caffè e Calderotti].
Non è soltanto sbagliata e fuori posto.
È indegna.
Ecco quanto pesa essere figlia di Babbani.
Pesa quanto un grosso portone da spingere per guadagnarsi un posto tra coloro che lo hanno avuto per semplice diritto di nascita.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La storia nasce in ragione del Gioco di scrittura del Gruppo Facebook Caffé e Calderotti.
Più precisamente, il Gioco in questione consiste nello stilare una lista di personaggi o nel farsela stilare, come è stato nel mio caso da parte della mia cara Traumerin_ (che, tra l'altro, me ne ha date ben due). Soltanto successivamente, alla lista di personaggi è stata affiancata la lista dei generi/note.
In questo caso, il pacchetto della primissima storia è questo:
Angst, 7 (Lily Evans).


È soltanto una parola

Il vialetto della sua casa non l’è mai parso tanto lungo. 
Lily macina passi mentre si trascina dietro un pesante baule: tutta la sua vita è chiusa lì dentro e si chiede ancora se sia abbastanza, se ha dimenticato qualcosa di importante, come farà se qualcosa le mancherà e avrà bisogno di riaverlo indietro.
A pochi passi da lei, suo padre la osserva divertito dinanzi al portabagagli mentre sua madre, con le mani sui fianchi in segno di disappunto, sospira rassegnata alla testardaggine della figlia che ha rifiutato ogni forma di aiuto.
Lily vorrebbe spiegar loro che deve abituarsi a fare da sola ma non osa confessare quanto la spaventi l’idea di non averli con lei in quella scuola tanto sognata ma così lontana.
Soffoca spesso l’ansia di sentirsi diversa, di non sapere, di non essere abbastanza: quanto pesa la diversità in quel mondo nuovo e che non conosce? 
Chissà se davvero non conta, essere figli di Babbani. 
È questo l’ultimo pensiero che l’accompagna mentre lascia Cokeworth per la prima volta.


Quanto pesi davvero essere figlia di Babbani, Lily lo scopre durante la sua prima lezione di Pozioni insieme ai Serpeverde. 
Prima di allora, l’ansia della diversità l’aveva persino abbandonata. Ha conosciuto almeno altri quattro ragazzi che, proprio come lei, sono figli di Babbani. 
Altri, come Remus, il ragazzino dall’aria sempre un po’ malandata, hanno un genitore Babbano ed un altro Mago e per lei è la dimostrazione più bella di come quei due mondi che le erano parsi così diversi e lontani possano, invece, trovare il modo di convivere e di girare insieme.
Quella prima lezione di Pozioni, però, non la dimenticherà mai perché è anche la prima volta che la sente. 
È una parola in grado di farle gelare il sangue, di arrestarle il battito e di provocarle un senso di inspiegabile vergogna. 
La sente, dopo i complimenti del Professor Lumacorno, dopo aver risposto a quella che le è sembrata la domanda più innocua del mondo: chi sono i tuoi genitori? 
Mulciber la sussurra appena tra i denti avvicinandosi all’orecchio di Avery, le singole lettere non si distinguono nemmeno ma lei è abbastanza vicino da sentirla.
Sanguesporco.
Non è ancora certa di cosa voglia dire, del perché sia stata usata quella parola, non è certa di volerlo capire. 
Sente solo la vergogna impossessarsi della bocca del suo stomaco, delle guance che diventano inspiegabilmente purpuree.
Si morde il labbro nervosamente, continuando a ripetere con gesti meccanici i passaggi descritti dal libro per la Pozione nel debole tentativo di convincere se stessa.
È soltanto una parola. 


Cosa significhi davvero quella parola lo scopre in Sala Comune la sera di Halloween mentre Mary MacDonald piange sulla sua spalla.
Nessuno ha ancora osato chiamarla in quel modo ma sente spesso il bisbigliare di altri ragazzi.  
A Mary, invece, quella parola - quell’insulto - è stato urlato in bagno da alcune ragazze Serpeverde del quarto anno, insieme all’umiliazione dell’Incantesimo Languelingua.
L’amica singhiozza incessantemente mentre Lily resta in silenzio, circondata dagli altri ragazzi del suo anno e dal Prefetto di Grifondoro del sesto anno che cerca di convincere Mary a bere una Pozione Rilassante.
Lily, dal canto suo, accetta senza troppe proteste la Cioccorana che le sta offrendo Lupin e gira tre volte la figurina di Merlino prima di chiederlo, di esigere che qualcuno le spieghi per quale ragione esista quella dannata parola, che ha il potere di far sentire lei e gli altri figli di Babbani così sbagliati e fuori posto.
Scruta tutti uno ad uno, riesce a capire perfettamente chi sa da chi, come lei, ha soltanto immaginato. 
Nota lo sguardo contrito e dispiaciuto di Lupin, Potter e delle sue compagne di dormitorio, quello imbarazzato di Minus e la strana aura di disagio che sembra essersi impossessata di Sirius Black dopo la sua domanda.
Alla fine, è quest’ultimo a spiegarle quello che, sino a quel momento, aveva soltanto intuito e la verità le piomba addosso più amara, prepotente e pesante che mai.
Non è soltanto sbagliata e fuori posto. 
È indegna.
Ecco quanto pesa essere figlia di Babbani. 
Pesa quanto un grosso portone da spingere per guadagnarsi un posto tra coloro che lo hanno avuto per semplice diritto di nascita.
Si sente ancora inspiegabilmente in difetto. Sente ancora il sangue gelarsi nel ripensare a quella dannatissima parola ed è per questo che l’assale - ma solo per un momento - uno stupido pensiero. 
Chissà se esiste qualcosa in grado di correggere il sangue.
Se ne vergogna subito, al solo focalizzare i volti dei suoi genitori, ma addosso ha ancora attaccata la paura, l’insinuazione di essere in un posto che non le spetta.
Qualcuno prova a consolarla, qualcuno prima di andare a dormire le ripete quel dice a se stessa da quando ha sentito per la prima volta quel termine.
È soltanto una parola.


Da quando ne ha conosciuto il significato, Lily cerca di proteggersi dagli effetti collaterali che le provoca sentire quella parola. Ha eretto barriere per evitare che il solo sentirla possa ancora gelarle il cuore.
È difficile, ad ogni modo, che qualcuno la usi direttamente nei suoi confronti, a differenza di quanto accade ad altri compagni di Casa ed amici.
Ne conosce bene le ragioni ma non è sicura di apprezzarle ed è certa di non condividerle. Odia quel termine, odia il modo in cui riduce le persone, odia che non le sia rivolta solo in virtù di quell’amicizia. Rincorre con se stessa - e con altri - giustificazioni impossibili, ricerca una differenza che, lo sa bene, non esiste.
Non è considerata più degna: è una questione di sangue ed anche il suo sangue non è abbastanza. È solo il rispetto che gli altri nutrono per quell’amico ad evitarle di essere un bersaglio diretto.
Lily prova ripetutamente ad isolare quella parola, a sminuirne l’importanza, ad isolarne il peso e le implicazioni politiche che comporta. 
Prova a farlo tutte le volte che la sente.
Più cresce, più quella parola non riesce più a gelarle il cuore ma, in compenso, le fa ribollire il sangue dalla rabbia.
Non è più vergogna quella che le stringe lo stomaco. È solo indignazione, fastidio, l’urgente ed impellente necessità di cambiare le cose. 
Lily ha quindici anni e non sa da dove partire perché quella parola sia dimenticata e nessuno più osi ricorrervi.
Pensa spesso a come fare quando vede compagne in lacrime dopo essere state additate con quella parola, quando trova biglietti offensivi sul pavimento delle classi. 
Crede persino che chi la usa sia recuperabile - non tutti, certo, non tutti ma qualcuno sì.
Lily è convinta che adesso quella parola non possa farle male, dopo anni ed anni ed anni che ha impiegato per proteggersi, per ricordarsi che non c’è nessuna differenza se non sei figlio di Mago o Strega, che non c’è nessun incantesimo che non le sia riuscito al primo colpo.
Scopre in un pomeriggio di inizio estate quanto male riesca a fare quella parola, la forza di spezzare legami d’amicizia che credeva inossidabili e di farla sentire ancora una volta sbagliata ed impotente.
È un pomeriggio d’inizio estate a farla vacillare ancora: nulla è più recuperabile.
Quella parola segna uno spartiacque preciso nella mente e nel cuore di Lily. 
È una scelta di vita che non rinnegherà mai, non vacillerà mai più.
Strati e strati di giustificazioni - agli altri e a se stessa - sono crollati sotto il peso di un’unica parola ma ormai Lily ha imparato che non può più calare la testa.
Ogni volta che la sente, la alza ancora di più.
Non è soltanto una parola - però, è possibile combatterla.


Durante il suo ultimo anno a scuola, scopre che quella parola e la guerra che porta con sé non hanno bisogno di essere urlate.
Ne sente l’insopportabile eco attraverso sguardi di troppo, risate di troppo, che celano minacce più temibili di quella parola.
Avrebbe dovuto immaginarlo anni prima, quando le hanno spiegato il significato che presto si sarebbe arrivati ad una guerra. 
Ci sono notizie di morti, di attacchi, di torture e non fa più differenza se sei figlio di Maghi o figlio di Babbani.
Lily consola ragazzini appena arrivati, ragazzini che le ricordano se stessa anni prima, spaventati e persi in un mondo che non conoscono, privi di guide.
Spiega loro ogni cosa, racconta storie, non tace verità scomode e li prepara ad affrontare anni difficili, scaccia via le paure, le stesse che sono state anche sue, sull’essere fuori posto, sul non sentirsi degni di un posto che, invece, spetta loro di diritto.
Stringe mani, abbraccia ragazzi, rassicura che ci sarà chi combatterà fuori anche per loro
Ci sarà lei, ci sarà James, ci saranno Sirius, Remus e Peter, ci saranno tanti altri che combatteranno perché quella parola non ferisca più nessuno, perché non sia il preludio di una guerra, perché nessuno possa mai più pensare che un Mago o una Strega non siano degni per via del sangue che scorre nelle loro vene.
Lily sa bene che non è soltanto una parola. 
Eppure, eppure a quei bambini lo ripete lo stesso con dolcezza e fermezza. Ha bisogno che loro credano che sia così, che non si convincano della veridicità di quella parola, che sentano di essere al proprio posto.
È soltanto una parola.


Il vialetto di casa sua non le è mai parso più piccolo.
Nonostante i tacchi e il vestito lungo, Lily lo percorre in pochissimi passi. 
Nella borsa che stringe tra le mani c’è tutto quel che rimane della vita che ha trascorso tra quelle mura. Non è rimasto niente di suo nella casa di Cokeworth. 
È tutto nel nuovo appartamento che lei e James hanno preso subito dopo la scuola.
È tornata a casa per il matrimonio di sua sorella e quella è l’ultima volta che attraversa il vialetto di casa sua, anche se Lily ancora non lo sa.
Non ha più l’ansia di sentirsi diversa. Adesso di quel mondo - il suo mondo - sa proprio tutto. 
Non pensa più a quanto pesi essere figlia di Babbani in un mondo di Maghi.
Non è vero che non conta - conta al punto da essere stata torturata, ferita, umiliata - ma adesso lo sa e non ha più l’ansia di sapere quanto pesi.
Non pensa più nemmeno a quella parola che da quando è impegnata ogni giorno a combattere non ha più il potere di ferirla.
È soltanto una parola.
 

Note: La storia prende in realtà le mosse dalla famosa domanda che Lily rivolge a Piton da bambini, ossia se cambi qualcosa essere figlia di Babbani, e dall'idea di questa bambina undicenne che immagina che qualcosa possa essere diverso ma non sa bene in che modo e lo scopre giorno dopo giorno.
Come sarà poi per Hermione dopo di lei, anche Lily apprende dopo e da altri il significato di questa parola che continua a torturarla, perché la sminuisce come strega, fino a patteggiarvi.
Avevo voglia di scrivere una storia che vertesse solo ed esclusivamente su Lily. 
Grazie per essere arrivati fino a qui,

Fede

 
   
 
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