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Autore: seaweedhenry    11/10/2020    1 recensioni
La prima volta di Simon e Isabelle, la sera prima dell'Ascensione
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Lightwood, Simon Lewis
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'You are / the only exception'
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Disclaimer: tutti i personaggi e i soggetti sono di proprietà di Cassandra Clare. Questo è un lavoro di pure fanzine e riferimenti a fatti o persone reali sono puramente casuali

Simon aveva un talento naturale. Quando Isabelle glielo aveva detto, non era sicura di crederci davvero. Ma, come si era sbagliata ed era stata sorpresa un altro milione di volte dal ragazzo, quella volta non era stato differente.

Nonostante l’inizio un po’ imbarazzante – più assurdo della conversazione che avevano avuto prima di iniziare il tutto (e con assurdo, Isabelle intendeva assolutamente senza senso, come era senza senso pensare che lei, dopo tre anni, avrebbe smesso di amare Simon Lewis, per una scelta futile come il decidere di bere dalla Coppa Mortale) – le cose erano migliorate velocemente e, in pochi minuti, Isabelle riusciva solo a pensare esclusivamente a Simon, Simon, Simon.

Le mani del ragazzo sembravano essere ovunque, ma non in modo frenetico. La accarezzava e la toccava dolcemente, come sorpreso del fatto che lo potesse fare davvero (e forse un po’ sorpreso lo era veramente). Sembrava non riuscire a trovare un punto della pelle calda di Isabelle che gli piacesse di più e la ragazza non si sarebbe mai lamentata per questo. Sentire le mani, ormai, callose e forti di Simon che la esploravano come se non avesse mai toccato cosa più bella in tutta la sua vita, le faceva roteare gli occhi all’indietro.

Il fatto che lei avesse trovato il suo posto preferito per poggiare le mani tra le scapole del ragazzo non aveva niente a che fare con il fatto che, in quel modo, poteva tirarselo sempre più addosso e sentire sempre di più il suo peso sul suo corpo. E poteva baciarlo ovunque sul collo e sulle labbra, mentre gemevano una sulla e nella bocca dell’altro.

Simon portò le mani sotto il su reggiseno e Isabelle chiuse gli occhi. Sentiva il suo calore e le sue paure, sentiva i brividi percorrerle tutta la schiena e il desiderio farsi sempre maggiore in lei. Poi, si mosse. Ogni punto che toccava, emanava energia, emanava calore, desiderio, voglia e amore. Non c’era un angolo della sua pelle che non avesse toccato, alla fine, e non avesse amato e accarezzato. E ad ogni tocco acquistava sempre più sicurezza, più confidenza. Fino a che non arrivò a toccare i suoi fianchi e, poi, prima tentennate e poi sempre più eccitato, le sue gambe.

Riflettendoci, a posteriori, si era resa conto che mai aveva fatto sesso in quel modo. 

Così come le piaceva vivere in modo pericoloso, le piaceva anche sperimentare un po’ nella camera da letto. E tutti coloro che erano passati sotto le sue coperte erano stati più che felici di farlo con lei.

Con Simon, come sempre, era stato diverso. Con Simon tutto era diverso.

Eppure, quells, cost semplice, era stato il sesso più bello che avesse mai fatto. Non aveva mai sentito tanto, non si era mai sentita tanto amata e venerata e mai aveva sentito le necessità di continuare, di non staccarsi alla fine, di dormire tra le braccia del ragazzo e di parlare e sussurrarsi segreti e “Ti amo”, come avevano fatto loro due, alla fine. Mai aveva pensato, anche solo lontanamente, che sarebbe stata quel tipo di ragazza, quella di cui parlavano i libri e I film romantici che aveva guardato con Clary nei sei mesa sense Simon che tanto le avevano avvicinate.

(Parlandone con Clary, più tardi, era raggiunta alla spiegazione più che ovvia: non aveva mai amato nessuno, come amava Simon).

«Lo sai ­–» parlò Simon. «Pensavo che –» si interruppe, quando Isabelle lo colpì alla nuca. «Oh! Perché l’hai fatto?» domandò, alzandosi con le braccia, separando il suo corpo da quello della ragazza.

Tutto il calore venne meno. Isabelle lo guardò con espressione corrucciata, tirando il petto del ragazzo verso il basso, sentendo tutta la sua tensione sulle scapole. «Ti sembra questo il momento più adatto per parlare?» domandò.

Il viso di Simon si aprì prima in un sorriso, poi in una risata soffocata. Isabelle, pur cercando di evitarlo, non poté che copiare il suo ragazzo, ridendo piano.

«No, probabilmente no» rispose Simon, abbassandosi per baciarla un’altra volta. «Solo… sono nervoso» continuò.

I suoi occhi erano preoccupati, come se stesse analizzando il suo viso per capire quanto le stesse piacendo il tutto, soprattutto rispetto a quello che aveva già provato con altri. La cosa la fece sorridere dolcemente e sospirare. Simon era sempre Simon, non importava quanto fossero cresciuti i suoi muscoli e quante lingue demoniache avesse imparato (ed erano tante: il suo scontro con Jace all’ultima traduzione l’aveva confermato).

Aveva sempre paura di non essere all’altezza. Aveva sempre paura di essere poco.

«Te l’ho detto e te lo posso confermare. Hai un talento naturale» lo consolò, portando le sue gambe a stringere il bacino di Simon, così da avvicinarlo sempre di più. Il fatto era che: quell’azione l’aveva avvicinato in tutti i sensi e non riuscì a trattenersi dal gemere il suo nome e portare la testa all’indietro. «E – e quello che … ah… ti manca con l’esperienza, lo compensi con… sì, sì… con l’entusiasmo» cercò di dire. Non era sicura di quanto il ragazzo avesse sentito, tra i suoi sospiri e le parole soffocate.

Quando trenta secondi dopo riuscì a riaprire gli occhi e guardare il ragazzo, per confermare quanto avesse appena provato a dire, lo trovò a guardarla con un sorrissetto soddisfatto e gli occhi che brillavano. Il suo respiro caldo si infrangeva contro la bocca di Isabelle e tutto quello che riusciva a pensare la ragazza era che non avrebbe mai voluto nessun altro, che non avrebbe mai voluto lasciare quella stanza, che avrebbe voluto vivere in quel momento per l’eternità.

Il momento in cui tutto era sparito, in cui esistevano solo loro. In cui il loro amore li circondava, in cui Simon le sorrideva e lei non era mai stato tanto felice in vita sua.

«Scusami, poi ripetere? Non sentivo con tutti quei… sospiri» disse il ragazzo, un po’ compiaciuto di sé stesso e molto felice.

Isabelle scosse la testa e sorrise. «È arrivato il mio turno» rispose solo. E, dopo, roteò i suoi fianchi, in una mossa che sapeva avrebbe fatto vedere a Simon le stelle e, mentre il ragazzo era ancora troppo occupato a ripetere il suo nome, mise forza nelle gambe e li fece roteare, arrivando a essere sopra il ragazzo.

«Isabelle Lightwood, sarai la mia rovina» commentò il ragazzo, senza fiato. Portò la testa all’indietro e si lasciò andare alle sue sensazioni.

«Siamo pari, allora» rispose lei, scendo a baciargli il petto. «Perché tu sei la mia» aggiunse, riportando la schiena dritta e muovendo di nuovo i fianchi.

E, di nuovo, da quel momento, era solo una litania di Izzy, Izzy, Izzy Simon, Simon, Simon.

E Isabelle non aveva mai amato tanto qualcuno, prima.

*

Le braccia di Simon la stringevano e le sue mani le accarezzavano i capelli e i fianchi. Le loro gambe era intrecciate e la testa di Isabelle era appoggiata sul suo petto.

Non avevano detto molto, quando si erano finalmente staccati dopo molti minuti, ancora tremanti e felici. Si erano sistemati con calma sotto le coperte e Simon aveva preso subito a toccarla di nuovo, con calma e dolcezza, senza mai scendere oltre la curva della sua schiena.

Isabelle, invece, si era persa nell’ascoltare il ritmo del cuore di Simon. Era diventata un’abitudine che aveva preso. All’inizio le faceva strano sentire il suo cuore battere di nuovo, dopo che per tanti mesi era stato fermo. Piano piano, però, era diventata una delle cose che più la calmava, che la rassicurava, la faceva sentire a casa. Sentire il ritmo regolare e forte, sentire che Simon era lì con lei, che non era tutto un sogno, che stavano bene.

Ora batteva, veloce, molto veloce. Non importava quanto tempo passasse, quanto i loro respiri fossero calmi e profondi, il suo cuore continuava a tenere un ritmo più veloce del normale. La cosa la faceva sorridere.

Simon portò la mano più in alto sulla schiena di Isabelle, poggiandola al centro. Era calda e dolce e la faceva rabbrividire e stringere lo stomaco. Erano sensazioni tanto potenti e belle, che desiderava solamente poterle sentire per tutto il resto della sua vita.

«A cosa pensi?» domandò Simon in un sussurro. La sua bocca era poggiata sul capo di Isabelle e le sue parole si perdevano un po’ tra i folti capelli neri.

La ragazza era vagamente consapevole di quanto fossero sudati i suoi capelli, come il resto del suo corpo, e non voleva sapere di cosa sapesse quel sudore sulle labbra di Simon. O forse sì.

«Ascoltavo il tuo cuore» gli rispose, sorridendo contro i suoi pettorali. «Tu?»

«Anche io ascolto il tuo» le disse. «O meglio, lo sento attraverso la mano» sorrise anche lui, contro i capelli di Isabelle. «Com’è?»

«Caldo. Forte. Veloce» rispose lei, chiudendo gli occhi, godendosi le carezze di Simon su i suoi capelli e facendosi più vicina al suo petto.

«Anche il tuo» ribatté lui, dolce. «Sa di casa» aggiunse, in un sussurrò.

Isabelle aprì gli occhi. Per come lo aveva detto, la ragazza suppose che non avrebbe dovuto sentire quelle parole. Era come un pensiero che ti lasci sfuggire ad alta voce, mentre pensi, ragioni. Ma era la stessa sensazione che aveva avuto lei.

«Sì, sa di casa» concordò.

*

Si svegliarono poche ore dopo. Erano ancora stanchi e sudati, ma non erano stati tanto felici. Il tempo scorreva veloce e Simon sarebbe dovuto essere all’Accademia di lì a poco.

Ma separarsi, alzarsi da quel letto, era qualcosa che nessuno dei due voleva fare.

«Qualunque cosa tu decida, ricordati che ti amo» gli sussurrò nell’orecchio, mentre, ancora senza vestiti, erano abbracciati nel letto, le coperte tirate fin sopra le loro teste, così che non potessero essere disturbati dalla luce e dal mondo fuori, che li chiamava.

Ancora cinque minuti solo per loro.

«Ti amo anche io» le rispose.

Isabelle sorrise, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Simon e inalando il suo profumo. Anche se era un misto di sudore e post sesso, rimaneva sempre quel pizzico che le ricordava Simon. Era il suo odore preferito.

«Ma non devi temere. Non c’è persona più degna di te» continuò la ragazza, sussurrando. «Lo so io, lo sa Clary, lo sapranno anche gli Angeli. Lo sanno anche i miei genitori, insomma!» esclamò, in fine.

Simon scoppiò a ridere. «Effettivamente, se lo sanno i tuoi, allora sono tranquillo» rispose, in modo scherzoso, ma anche serio.

L’approvazione dei genitori di Isabelle era stata qualcosa che aveva ottenuto con fatica, visto il loro passato (di cui Simon si sarebbe ricordato in poche ore), ma alla fine lo avevano ritenuto più che abbastanza per la loro unica figlia.

«Poche ore e ti ricorderai tutto» sospirò felice Isabelle.

«Già» rispose solo Simon, ancora un po’ intimidito dal suo passato.

«Non ti preoccupare, non ho amato quel Simon nemmeno lontanamente quanto amo te ora, in questo momento e per sempre» lo rassicurò, baciandolo sulla guancia.

«Con o senza i ricordi» disse Simon.

«Con o senza i ricordi» concordò Isabelle. «Ora, forza! Dobbiamo fare un doccia, prima che ti lascio andare a Idris.»

«Dobbiamo, eh?» le fece il verso Simon.

Isabelle sorrise e lo tirò nel bagno, sotto il getto caldo, baciandolo ovunque riuscisse ad arrivare, godendosi gli ultimi momenti in cui, per i prossimi giorni, sarebbero stati solo loro due, solo Simon e Isabelle, mondano e Shadowhunter. Loro.

E quando lo baciò, prima di farlo andare attraverso il portale, lo salutò, dicendogli che si sarebbero visti dopo la cerimonia.

E quello fu l’ultimo bacio che diede a un mondano.

 

 

N/A
Ciao a tutti! Eccoci con la penultima OS della raccolta. Questa è stata decisamente la più difficile da scrivere e non penso nemmeno di essere riuscita a fare un buon lavoro. È probabilmente la peggiore della serie, ma spero comunque di soddisfare leggermente quella gran parte di mutuals (su twitter) che non vedevano l’ora di avere una scena del genere per i Sizzy.
È stato difficile trovare le parole o semplicemente un’idea per questo, il che è assurdo perché per tutte le altre avevo idee a mille e non riuscivo a conciliarle tutte in una storia sola.
Come noterete, è davvero corta, ma, per scriverla, ho riletto le scene dei Clace e dei Wessa (e, per chi mi conosce, sa che ho fatto fatica) e spero di aver più o meno ripreso lo stile di Cassandra in questa OS.
Ora un piccolo ringraziamento a Ilaria, come sempre, e una piccola nota personale: se mi seguite su twitter, mi spiace essere sparita, ma sto avendo qualche problema personale e ho pubblicato questa OS strettamente perché mi sono creata un programma. Scriverla è stato un vero piacere, non prendetela male, ma in questo periodo vorrei evitare quanto più i social.
Bene, detto questo, a settimana prossima, la OS che aspetto con ansia da quando ho iniziato questa specie di progetto.

   
 
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