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Autore: Mondschein    11/10/2020    0 recensioni
PatrocloxAchille
Reincarnation!AU
Oneshot
Dal testo:
"Si avvicinano curiosi di scoprire chi rappresentano quelle due figure che si proteggono. Sono uomini, pensano entrambi. Uno dei due colpito da una lancia, mentre l'altro giace a terra in ginocchio, angustiato. Non si toccano, sono vicini ma inesorabilmente distanti."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ho letto d'un fiato "La canzone di Achille"; mi ha fatto emozionare, ridere, sclerare e piangere. Ho amato profondamente questa storia e non ce l'ho fatta a resistere e quindi eccomi qui, con una oneshot dedicata alla Patrochille.
Mi sono ispirata a una bella fanart che ho trovato su Instagram.
Spero sia di vostro gradimento. 



 

⊰∼⊱





 
I due ragazzi appena sedicenni si tengono per mano, l'eco dei loro passi riecheggia in quel luogo ampio, vuoto. Al centro, solo due statue occupano quel grande spiazzo. 
Si avvicinano curiosi di scoprire chi rappresentano quelle due figure che si proteggono. Sono uomini, pensano entrambi. Uno dei due è colpito da una lancia, mentre l'altro giace a terra in ginocchio, angustiato. Non si toccano, sono vicini ma inesorabilmente distanti. 
Uno dei ragazzi, quello più alto con i capelli biondi, lascia la mano del suo compagno, e si avvicina a passo deciso verso la scultura in marmo. È difficile per lui interpretare il significato della rappresentazione, ma una cosa gli pare certa: la sensazione di malessere che emana il personaggio inginocchiato gli fa mancare il respiro. Porta una mano all'altezza del cuore e stringe le dita, sentendo le palpitazioni agitarsi. Deglutisce a vuoto, le labbra secche; infondo hanno camminato per un'ora sotto il sole cocente di inizio settembre, è naturale sentire il bisogno di acqua. 
L'altro ragazzo gli si affianca, la stessa ansia lo sta turbando e d'improvviso non ricordano nemmeno più come si fa a parlare. Le loro mani si cercano di nuovo appena leggono la didascalia della scultura: la morte di Patroclo, la disperazione di Achille
Tutto si fa improvvisamente sfocato, buio e poi tante immagini vorticano confuse nei loro pensieri più reconditi, che non credevano potessero avere. La guerra, gli scontri corpo a corpo sotto il sole, la polvere alzata dai piedi veloci, le lance che volano conficcandosi nelle carni dei nemici, le spade lerce di sangue che si abbattono contro gli scudi. Le grida inferocite, la sensazione pungente del pericolo, i lunghi anni trascorsi a combattere per qualcosa che non era loro. I loro compagni feriti, gli amici che si erano fatti, la disperazione, i pianti, il dolore provato. 
E poi c'è altro, i loro cuori battono come impazziti a causa di quel turbine di ricordi. Si tengono ancora per mano, per paura di cadere a causa delle vertigini. 
Sono loro due, insieme, in un palazzo; uno che canta con una lira in mano e l'altro che lo ascolta inebriato da quel suono melodioso che sta sentendo. Sono a correre nei boschi, sulla spiaggia a farsi il bagno, ad allenarsi e nella camera da letto a toccare e sfiorare i corpi spogli dalle vesti. Si baciano e fanno l'amore in una caverna. In qualche modo sanno che è quella la loro prima volta perché sono giovani, inesperti, guidati da una curiosità puerile. 
Erano stati amanti e compagni fino alla fine. 
Le immagini si fermano all'improvviso, sbattono gli occhi e cercano di fermare il vorticare della loro testa. Quanto tempo sarà passato, si chiedono, non lo sanno, forse un minuto, forse intere ore. 
Si voltano per guardarsi e in un attimo sono abbracciati come se fino a quel momento non erano lì insieme. 
Si mettono a piangere di gioia. 
«Achille.» 
«Patroclo.» 
Quei nomi così familiari li fanno sorridere. Si sono riconosciuti, sono loro, si sono ritrovati in un'altra epoca apparentemente pacifica. 
Achille fissa gli occhi bruni dell'altro e gli accarezza il viso con una dolcezza che gli è sempre stata cara a Patroclo. Solo a lui riservava quel lato premuroso, in grado di farlo sentire egoisticamente fortunato. 
Ma allora non era convenzionale il suo amore per lui, era puro come i loro animi, e gli era rimasto fedele fino a quando il suo cuore aveva smesso di battere. Per Achille era lo stesso, quando l'aveva perso aveva capito cosa fosse la sofferenza, scoprendo con amarezza che, anche se era l'aristos achaion, nessuno lo amava come faceva Patroclo. 
«Io ti ho sempre amato» dice Achille, come se per l'altro non fosse così. 
Patroclo annuisce, gli occhi si sono fatti di nuovo lucidi. «Lo so.» 
«Non mi sono mai perdonato per averti mandato in battaglia. Potevo andare al tuo posto e magari raggirare ancora una volta la profezia. A cosa mi è servita la gloria se ti ho perduto?» Di nuovo le lacrime. Patroclo si affretta ad asciugarle. 
«Non mi hai perso, guardaci.» 
L'angoscia sfuma via e prendono il suo posto il sollievo e la felicità. Annuisce con voga e gli accarezza il labbro inferiore con il pollice. Si avvicina, le loro bocche si incontrano in un bacio a stampo che poi si tramuta in uno più lungo e profondo. Patroclo gli circonda le spalle, mentre Achille i fianchi. 
Si staccano quando non hanno più fiato, e gli occhi verdi di Achille saettano sulla statua ma subito li ritrae vedendo la rappresentazione del suo amato trafitto da una lancia. 
Lo prende per mano, la presa ferrea. «Andiamocene» dice, e Patroclo annuisce, sereno e sorridente. 
Volgono le spalle a quella scultura, allontanandosi da lei con necessità, tenendo lontano il ricordo di quella brutta perdita che ancora attanaglia i loro cuori. 
E finalmente il fato non si metterà contro di loro.
 
   
 
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