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Autore: Chiara PuroLuce    13/10/2020    17 recensioni
Scozia, Basso Medioevo. Una donna allontanata dalle sue terre con un'accusa ingiusta e la sua voglia di riscattarsi.
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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                                                                             INGIUSTO ESILIO
                               
                                                                pumpNIGHT 2020 Prompt 10 – Esilio


 
Scozia, Basso Medioevo.
 
«Laird, la prigioniera è pronta per essere interrogata.»
 
Iniziò così il mio calvario. Questa frase fu pronunciata contro di me, ben cinque anni fa. Io sono Catriona Sinclair.
Mio marito – o farei meglio a dire colui che mi ha ripudiata ingiustamente, poiché diceva che ero sterile e quindi inutile, dopo cinque anni di matrimonio – mi ha condannata all’esilio dalle mie terre, a vita!
Sì, mie, non sue. Stonewitch. Lui le ha ottenute solo perché a una donna non è consentito avere nulla, tantomeno le terre del proprio padre e così, a sedici anni mi è stato imposto il matrimonio con Cinàed Campbell il Laird di Strongwind. Aveva vent’anni in più di me e una cattiveria innata che ho dovuto subire senza freni.
Dicevo che mi hanno accusata di sterilità.
Sterilità a cui io non credo affatto, poiché anche le numerose amanti con le quali mio marito mi ha sostituita – senza preoccuparsi di nascondermele – non hanno generato figli. Ma quello che pensa una donna, vale meno di zero e così... Sono stata picchiata duramente e gettata per strada come una mendicante e io, invece di cedere allo sconforto, ho rialzato la testa e mi sono presa il mio ben misero futuro tra le mani.
Mio marito mi ha proclamata indegna e menzognera, davanti a tutta la mia gente e ha detto loro che chiunque mi avesse aiutata in qualche modo, sarebbe stato condannato a morte. Chiunque. Anche un bambino innocente. Non ho osato mettere in pericolo e tanto meno fare perdere la vita a qualcuno a causa mia e quindi mi sono tenuta alla larga da tutti.
I suoi scagnozzi, che un tempo erano di mio padre – nonostante mi conoscessero da tutta una vita – dopo una settimana in cui ho vissuto rubando cibo o cibandomi degli avanzi altrui, sono venuti a cercarmi, mi hanno accompagnata al fiume e messa su una barchetta sgangherata, provvista di due remi e mi hanno guardata allontanarmi, ridendo della mia disgrazia.
Non ricordo quanto tempo trascorsi sul fiume, ma so che a un certo punto, provata dalla fame – dalla sete no perché ero circondata da acqua che, anche se di un colore strano, ho bevuto ugualmente; tanto, mi sono detta, se dovevo morire tanto valeva accadesse per quello – devo essere svenuta.
Mi sono risvegliata incagliata in una riva, non so quante ore più tardi, ma, a giudicare dalla luce rosata che rischiarava il cielo, era quasi l’alba.
La mia priorità al momento era trovare qualcosa da mangiare, qualunque cosa. Le forze mi stavano abbandonando e sapevo che, se mi fossi addormentata nuovamente, sarebbe stata la fine. Quindi mi costrinsi a scendere dalla barchetta e cercare qualcosa. Per fortuna sono sempre stata appassionata di erbe officinali che avevo iniziato a studiare all’insaputa di mio padre e grazie alla guaritrice del villaggio che, ogni tanto, andavo a trovare a sua insaputa.
Purtroppo, per quanto mi guardai in giro, non riconobbi nessuna erba utile a placare la fame, almeno per un po’. Doveva essersi allontanata di molto, aveva pensato.
Poi, improvvisamente, il buio più assoluto e avevo creduto di essere davvero arrivata alla fine.
 
 


 
«Papà, è morta?»
 
Una voce mi aveva riscossa dal sonno, una voce infantile.
 
«Sembra che respiri ancora» sentii una mano che tastava il mio polso «va ad avvisare tua madre, che prepari un giaciglio caldo per questa poveretta e acqua calda. Speriamo passi la notte. Svelto Alistar» una voce d’uomo, prima di prendermi in braccio e trasportarmi in casa sua.
 
Del periodo successivo, ricordo solo che lo trascorsi in quella casa, con quella bella e unita famigliola composta da otto figli di varie età, una madre premurosa e un padre medico.
All’inizio avevo paura di loro. Quando rinvenni raccontai loro la mia storia, augurandomi un po’ di compassione e sperando, di tutto cuore, che non mi buttassero per strada anche loro. Con mia enorme sorpresa non lo fecero. Celai loro la mia vera identità e lasciai intendere fossi la figlia di un mugnaio, tale Aimee Bain, data in sposa a un tiranno che mi aveva ripudiata causa infertilità presunta. Non riuscivo a fidarmi, nonostante la loro gentilezza e non rivelai mai chi fossi in realtà, mai!
Trascorsi con loro più di anno e completai la mia formazione da erborista, grazie al capo famiglia che aveva capito la mia passione.
Però… però mi mancava casa mia, la mia gente, le mie terre. L’esilio era una brutta cosa. Quando mi fermavo a pensare a tutto quello di cui ero stata privata, ci stavo malissimo e avrei dato qualsiasi cosa per tornare e accertarmi che stessero bene, sotto il comando di quel tiranno pazzoide.
Ma non lo feci, ragion per cui smisi di pensarci.
 
 
E ora? Che fine ho fatto vi chiedete?
Eh, ora sono un’erborista fatta e finita e da tre anni vivo a miglia di distanza di casa mia, dopo un lungo girovagare per completare la mia formazione. Le donne, lo so, valgono meno di zero, ma io non sono disposta a uniformarmi alla massa che non ha libertà di scelta.
Ho imparato a vedere il mio esilio come una benedizione. Diciamocelo chiaro, se non fossi finita in disgrazia, mi sarei ritrovata ancora sposata al mio ex marito a subire le sue violenze e le sue continue umiliazioni.
 
«Mammmmma mammmmma mammmmmma!»
 
Eh, sì, sorpresa! E per fortuna ero sterile.
 
«Oh, cara, ti sei svegliata, finalmente. Sei una dormigliona, lo sai?»
 
Vado a prendere in braccio Aileen, di un anno e mezzo, appena svegliata dal suo riposino pomeridiano e, per il momento, mi concentro su di lei – affamata come pochi dati gli urletti che sta lanciando – lasciando perdere il nuovo impacco per abbassare la febbre che ho appena scoperto.
Ho incontrato quello che ora è mio marito, appena arrivata in questa cittadina al di là del confine scozzese.
Mi ero persa e mi ha aiutato a capire dove fossi. Lui è il fabbro del paese e ha cinque anni in più di me. La sua dolcezza mi ha conquistata e alla fine ho ceduto. Mi sono fidata e gli ho raccontato la mia vera storia, l’esilio e tutto il resto e credevo di essere cacciata. Ma lui, Roger Baxter, mi ha stupita e mi ha accettata pur con tutto il mio brutto bagaglio.
Viviamo nella casa a pochi passi dall’officina e sul retro mi ha costruito il mio laboratorio officinale. Sono molto conosciuta nel paese e nella zona e in molti richiedono i miei servigi.
Come cambiano le cose da un paese all’altro. Qui in Inghilterra mi sento amata, considerata e una persona nuova.
Ho recentemente saputo che colui che mi aveva condannata all’esilio è morto in battaglia, senza eredi. Guarda caso la sua ultima giovane sposa non era riuscita a darglieli, come tutte le altre disgraziate che ci avevano provato prima di lei.
Non ho mai cercato di tornare indietro a riprendermi quello che mi ha sottratto, non mi interessa più. Ho la mia vita ora, bellissima e appagante. Mi spiace ancora per la mia gente e sto ancora male se ripenso al luogo dove sono cresciuta, ma quello è il passato ora. Spero solo che il nuovo Laird di Stonewitch sia diverso dal precedente, ma ho i miei dubbi, trattandosi di suo cugino che, sono convinta, sia stato l’artefice della sua dipartita, mascherata da incidente in battaglia.
Sapete, alla fine devo ringraziare quel depravato. È solo grazie a lui e alla sua decisione di condannarmi all’esilio se ho potuto rifarmi una vita.
A mia figlia insegnerò a essere libera e indipendente per quel poco che le è concesso in quanto donna.
A mio figlio – che nascerà tra un paio di mesi – insegnerò a rispettare le donne, sempre. Ma con il padre che si ritroverà, non credo sarà difficile. Come faccio a sapere che è maschio? Lo sento e anche la guaritrice/levatrice del villaggio ne è convinta. Lei è la mia nuova maestra e sto imparando sempre più cose, grazie alla sua bravura e competenza. Ha creduto in me fin da subito e mi ha aiutata a inserirmi, non potrei mai ringraziarla abbastanza.
Se ho rivisto la famiglia che mi salvò? Non ancora, ma non manco di mandare loro mie notizie che, so per certa, essere sempre bene accette. Lo sento e lo leggo nelle loro risposte. Mi piacerebbe rivederli dopo tutti questi anni e si meritano la verità da parte mia. Magari un giorno accadrà, quando i miei figli saranno abbastanza grandicelli da potere viaggiare per lungo tempo.  Racconterò tutto di me solo allora o forse aspetterò quando diventeranno adulti o forse mai… chi lo sa, per ora non mi preoccupa la cosa.
Catriona è morta quel giorno, quando fui malmenata e allontanata da quella che credevo sarebbe rimasta casa mia per sempre.
Ora c’è Aimee al suo posto e ci sarà per sempre.
 
«Eh, no, amore mio. Ritardo a rientrare dal lavoro e ti trovo in piedi e affaticata con Aileen tra le braccia. Non va bene così, non vorrai avere il nostro marmocchio prima del tempo» mi dice mio marito con fare scherzoso, appena tornato dal lavoro.
 
Roger è sempre così premuroso con me. Mi viene incontro, mi bacia e mi leva la piccola dalle braccia – ora finalmente calma con il pancino pieno – ma solo dopo avermi accarezzato l’enorme pancione e avergli posato un lieve bacio sopra.
Se guardo a tutto quello che ho ora, mi sento fortunata.
Se mi manca la vita comoda di prima? No, era così noiosa e mortificante che sono contenta di essermela lasciata alle spalle.
Non auguro a nessuna donna di subire quello che è capitato a me. Ma spero tanto che, in quel caso, abbiano la forza di rialzarsi, come ho fatto io e costruirsi un futuro migliore.
   
 
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