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Autore: BlueFreki    13/10/2020    0 recensioni
Un frammento della vita di un uomo, costretto su una stella lontana; un pianeta estraneo, inospitale e brutale nella sua bellezza ghiacciata.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un vento gelido soffiava verso gli irti pendii delle montagne davanti ai suoi occhi. Qualche fiocco di neve, portatogli al volto dalla brezza, aderì al visore del casco. Davanti a lui si estendeva una vasta desolazione di ghiaccio e neve, almeno fino ai picchi montuosi a dipinti sullo sfondo dell’orizzonte.
L’ululato del vento trasmetteva un senso di pace interiore, appagante. Infondeva serenità ma al contempo inquietudine: era solo, su di un manto candido di un pianeta estraneo, spietato, inospitale alla vita. Troppo gelido per la sua razza e troppo povero per poter essere sfruttato. Il suo visore analitico non rilevava tracce di vita nei dintorni. Era abbandonato a sé stesso con l’unica eccezione di pietre silenti e ghiaccio.
Inspirò profondamente per poi focalizzarsi sul suo compito. Un piccolo dispositivo elettronico che aveva in mano proiettava sullo schermo delle onde, la maggior parte distorte e di ampiezza ridotta: stava misurando le frequenze radio che percorrevano il vasto e silenzioso nulla in cui si trovava. Il segnale ricordava vagamente una sorta di frequenza armonica, troppo debole per essere classificata come tale, forse era quello che stava cercando.
Ancora qualche passo. La neve sotto ai suoi stivali scricchiolava al suo avanzare. Procedette con calma, quasi furtivamente: i suoni ne risultavano ovattati e timorosi di poter disturbare la quiete costante.

Il segnare si era intensificato, le oscillazioni della frequenza selezionata erano diventate regolari. Mosse la neve con il suo stivale per intravedere, completamente coperto, del metallo nero. La pala faceva fatica a penetrare il duro strato di ghiaccio formatosi attorno. Doveva essere cauto, basava un colpo maldestro per rovinare tutto il lavoro compiuto fino ad ora.
Il freddo acciaio era ancora ricoperto di brina quando fu estratto. I flebili raggi di questa stella lontana incominciarono ad agire tardivamente, come impigriti dalla quiete del pianeta.
Un intero drone di sorveglianza Dell’alleanza del Nord. Questi gioiellini sono in grado di sorvolare interi pianeti e raccogliere tutti i dati necessari senza mai fermarsi, dato che sono autoalimentati con batterie al pernitruro di nitruro di renio, un minerale tanto raro quanto efficiente. La carcassa, seppur si presentava una fratturata e in pessime condizioni, sembrava avesse mantenuto intatte le sue schede.
Inserì con cura il cavo nel relitto e attese con pazienza l’avvio forzato sul suo computer da viaggio. Aveva scritto una patch per bypassare firmware come quelli dell’alleanza del Nord, doveva solo attendere che il programma finisse di girare e sperare che lo faccia prima del calar del sole.

Il suo respiro trasaliva nel casco appannando a ritmi regolari i bordi del suo visore. Guardò per un istante verso la vallata alla sua destra. Una luce calda, dai toni dorati: sebbene attenuata dall’ambiente circostante, splendeva sulle vette delle montagne: una vallata glaciale in cui le rocce si sono conservate pressoché intatte grazie alla protezione della coltre di ghiacci, forse meno vogliose di incontrare la volta celeste ma la vecchiaia e il tempo agiscono su tutti, prima o poi.
Mise la mano nello zaino per estrarre, qualche secondo dopo, un vecchissimo dispositivo. Era una macchina fotografica dell’età precedente alla colonizzazione. Ancora in plastica e acciaio, come si facevano allora. L’aveva trovata in piccolo bazar a Mosca diversi anni fa, un pezzo da nulla visto che non funzionava. Quell’oggetto l’aveva attratto in maniera unica, come se l’avesse stregato. Aveva sempre amato i vecchi rottami del passato, una passione tramandatagli fin dalla giovinezza.
Tolse il coperchio e montò con cura e delicatezza l’obiettivo facendo attenzione ai contatti elettronici, troppo antiquati per essere cambiati nel caso dovessero rompersi. Vedere attraverso la maschera risultava complesso e rovinava l’atmosfera “analogica” che si era formata.
Con calma e pazienza mise a fuoco i pendii rocciosi innevati della vallata in cui si trovava. Il vento aveva disegnato sulla neve delle striature che ricordavano il corso di un fiume in una torbiera. Si prese un istante per godersi il momento ed infine premette il tasto per scattare l’immagine. Non la guardò neppure, rimase lì, accovacciato a terra, a godersi il sogno ghiacciato in cui era piacevolmente immerso.

Il suono emesso dal suo dispositivo lo fece rifocalizzare sulla carcassa elettronica ai suoi piedi.
“Malfunzionamento nel sistema di aviazione….
                … Componenti servomotori assenti ….
                … Richiedere assistenza… “
Sotto al respiratore, integrato nel casco, si abbozzò un sorriso sul suo volto. Quel che rimaneva di quella splendida reliquia elettronica funzionava a dovere, la console log del dispositivo mostrava tutti i dati che aveva raccolto prima di essere abbattuto da una tempesta di ghiaccio. Prese in spalla il drone, come fosse una preda della sua caccia, e dopo aver raccolto i suoi strumenti si avviò sui suoi passi, seguendo con maniacale precisione le orme lasciate quasi come rispetto per quella pace presente sul pianeta.

Ad attenderlo, a pochi metri, si ergeva la sua magnifica astronave. Un modello piuttosto datato, non troppo convenzionale viste tutte le modifiche che ha dovuto apportare per far ripartire quella perla nascosta. Un piccolo Falcon esplorativo della Widietz MTR. I raggi d’un tenue e caldo oro riflettevano sui vetri dell’abitacolo, quasi gli dispiaceva partire.
Dopo aver riposto, con delicatezza, il suo bottino nel retro chiuse l’abitacolo e dopo aver sentito il classico rumore della pressurizzazione e purificazione dell’aria si tolse finalmente il casco. Il viso era quello di un giovane segnato dalla fatica e dalla stanchezza. Occhi verdi e capelli castano chiari, con qualche inflessione argentea purtroppo prematura: gli conferivano un’aria pensierosa, attenta ai dettagli, leggermente furba. Fece un respiro profondo; l’aria di quel pianeta era composta per la maggior parte da ammoniaca, il sistema di riciclo del casco, pur essendo professionale, incominciava ad avere qualche problema, respirare aria pulita era un sollievo per lui.

“Sistema pronto al volo” la voce femminile del suo Falcon era confortante per le sue orecchie, gli pareva di essere, in un certo qual senso, a casa. Una casa con i muri di poche decine di millimetri, muri che lo proteggevano da una morte soffocante e atroce, disumana.
Premette il pulsante alla sua destra. Gli ugelli della nave spruzzarono una fiammata rossastra per poi stabilizzarsi su di un colore bluastro, tenue e contenuto. La neve posatasi sulle ali e sul vetro dell’abitacolo cadde quasi immediatamente data l’accelerazione del velivolo.
Nella distesa di ghiaccio si vide una scheggia, illuminata dal riflesso di questa stella lontana, sfrecciare nel cielo, lasciandosi alle spalle un così immacolato luogo di pace e serenità.
   
 
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