Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: seaweedhenry    13/10/2020    0 recensioni
Simon decisamente non si inginocchia.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Lightwood, Simon Lewis
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'You are / the only exception'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: La canzone da cui è tratto il titolo di questa storia è Never Say Never dei The Fray che associo al personaggio di SImon. Le storie con il POV di Isabelle hanno tutte un titolo tratto dalla canzone Mirrorball di Taylor Swift; infine, il titolo della raccolta "You are / the only exception" viene dalla canzone "The Only Exception" dei Paramore.

Disclaimer: tutti i personaggi e i soggetti sono di proprietà di Cassandra Clare. Questo è un lavoro di pure fanzine e riferimenti a fatti o persone reali sono puramente casuali


Quando si era svegliato quella mattina, le gambe intricate con quelle di Isabelle, sotto un lenzuolo leggero, non avrebbe maiimmaginato che si sarebbe trovato sul ponte di Brooklyn con la sua ragazza, coperti di sangue di demone e non si sarebbe mai aspettato di dire quelle parole.

Non era nemmeno consapevole del fatto che volesse farlo. Certo, era convinto che Isabelle fosse la sua persona, quella con cui avrebbe passato il resto della sua vita, non aveva alcun dubbio su quello. Ma non aveva mai riflettuto sulle implicazioni di quella convinzione: matrimonio, famiglia, figli, proposta. Aveva sempre pensato che ne avrebbero parlato, poi. E quel poi era arrivato quella mattina del 12 agosto, una delle giornate più calde di New York, una delle poche volte che era stato nella città in cui era nato per più di qualche settimana, da quando era diventato uno Shadowhunter. 

Avevano inseguito il demone Shax per tutta Brooklyn, correndo nei vicoli semibui e per le strade leggermente affollate. Come sempre, non venivano minimamente considerati, non esistevano agli occhi dei mondani (era strano anche definire gli altri, le persone “normali”, come mondani, quando neanche due anni prima lui stesso era un mondano). Ma tutto quello era diventata la nuova vita di Simon e non sarebbe potuto esserne più felice. Si sentiva avere uno scopo, si sentiva forte e sicuro. 

Il demone insetto, con la sua corazza, era orribile. Fiutava l’aria alla ricerca della sua preda e si aggirava per un parco di Brooklyn, quando avevano ricevuto l’ordine (di Jace e Clary, i capi dell’Istituto di New York) di rimandarlo da dove era venuto. Erano arrivati in poco tempo, Isabelle aveva la sua frusta attorcigliata sul braccio, un vestito nero che lasciava scoperte le gambe e i tacchi a spillo. I lunghi capelli neri si muovevano in sincronia con il leggero vento caldo che tirava. I marchi risplendevano sulla sua pelle soffice. A Simon appariva sempre incredibile, una principessa guerriera, fragile e forte contemporaneamente. Non importava da quanto tempo stessero insieme, da quanto la conoscesse: Isabelle era sempre la stessa agli occhi di Simon, sempre bellissima e lui si innamorava nuovamente di lei ogni giorno che passava.

«Allora, tu vai alla sua sinistra. Io alla sua destra. Prendi la spada angelica, cercherò di tenerlo fermo con la frusta, così che tu possa ucciderlo» aveva pianificato la ragazza, mentre osservavano il demone da poco lontano.

I demoni Shax, però, erano ottimi fiutatori e quello non era da meno. Aveva avvertito la loro presenza, annusando il loro odore da Shadowhunters (un odore che Simon, quando era vampiro, aveva associato ai Raggi di Sole). E, quindi si erano trovati a inseguirlo per la città Natale di Simon, facendo zig-zag tra le persone ignare di quello che stesse accadendo e le loro urla e continui tentativi di fermare l’avanzata del demone.

«Simon! È così complicato riuscire a centrarlo?» chiedeva spazientita Isabelle ogni due minuti, quando l’ennesima freccia di Simon mancava il suo bersaglio.

Il ragazzo era un ottimo tiratore, lo era sempre stato, da quando aveva seguito un corso di tiro al campo estivo, e le sue doti erano solo migliorate all’Accademia Shadowhunter. Ma riuscire a centrare il punto perfetto per uccidere un demone Shax, sotto la sua corazza da carapace, mentre in movimento, era un tantino complicato. Isabelle cercava di fermalo, frustrando l’aria e facendo scintille in tutte le direzioni, ma anche lei, nonostante tutti gli anni di allenamento, non riusciva a fermare il demone.

«Non è proprio facile!» esclamò Simon, mentre cercava di incoccare un’altra freccia (e gliene rimanevano davvero poche) e di evitare i lavoratori e i giovani che si stavano muovendo per le strade della città. «Prova a tagliarli la strada. Gira a destra alla prossima e corri più veloce che puoi, forse riusciamo a metterlo all’angolo sul Ponte di Brooklyn» suggerì alla ragazza.

Simon conosceva Brooklyn come le sue tasche, non doveva neanche sforzarsi per ricordarsi dove una strada portasse e in che modo si intrecciavano i vicoli e le stradine della zona. Le aveva attraversate talmente tante volte insieme a Clary, in tutti i loro anni di amicizia, che sarebbe riuscito a muoversi tra di esse ad occhi chiusi, senza sbagliare mai. 

Isabelle annuì semplicemente e, quando Simon le fece cenno di essere giunti alla giusta svolta, e sparì alla vista del ragazzo. 
Simon incoccò un’altra freccia, accorgendosi troppo tardi quante poche gliene fossero rimaste nella faretra che aveva sulla spalla, e continuò a inseguire e infastidire il demone. Ogni freccia che lanciava lo mancava o prendeva la corazza protettiva, ma almeno era abbastanza arrabbiato con Simon da non aver notato l’assenza della sua compagna.

Mentre correva, rifletteva. Isabelle e Simon, insieme, avevano affrontato molte avventure, molte volte si erano persi, tutte le volte si erano ritrovati. Isabelle stessa si era fatta torturare per riuscire a salvare Simon e il ragazzo aveva donato i suoi ricordi e la sua immortalità a un demone per salvare la Nephilim (anche tutti i loro amici, ma Izzy era una variabile importante da considerare mentre erano nel mondo demoniaco). 

Avevano combattuto insieme tantissime volte, abbastanza da sapere come capirsi al volo. Molte erano state le volte in cui Simon aveva perso di vista Isabelle per qualche secondo, per proteggere Clary, la sua parabatai, ma tornava sempre da lei. Era stata la persona in cui si era confidato di più. L’unica persona ad aver capito il suo dolore, quando aveva perso George, quando si era ricordato di Jordan, di Raphael. D’altra parte, Isabelle aveva perso Max.

Incredibilmente, in quella guerra, quelli che aveva perso di più erano stati proprio Simon e Isabelle. Avevano affrontato tanto dolore, tante paure, Simon aveva evocato l’Angelo, avevano dovuto affrontare un’amnesia, un sacco di difficoltà, avevano messo alla prova il loro amore tante volte, dalla prima volta che si erano baciati alla festa di Magnus.

E tutta la loro storia li aveva portati fino a quel punto, anni dopo. Simon non avrebbe potuto vedere Isabelle come altro se non come la sua anima gemella, l’unica ragazza che avrebbe potuto amare. Non c’era qualcuno che ai suoi occhi o nel suo cuore la potesse sostituire, neanche volendo, neanche provandoci. Era impossibile trovare qualcun altro. 

Il Ponte di Brooklyn si apriva davanti a loro. Non c’erano molte persone, fortunatamente. Isabelle, però, non era in vista. Simon si guardò intorno, cercandola. Sapeva bene che non vederla non volesse significare che non fosse lì. Ma, neanche cercandola, riuscì a individuarla.
«Ehi!» chiamò il demone. «Affrontami, invece di scappare» urlò, scagliandogli una freccia sulla corazza, senza neanche tentare di mirare in un punto in particolare.

Il demone si voltò a fissarlo e iniziò ad avanzare verso di lui. Simon rimase fermo, attendendo che arrivasse davanti a se, per poterlo sconfiggere. Portò una mano alla faretra dietro la schiena: gli erano rimaste solo due frecce. Sospirò e ne incoccò una, pregando che Isabelle apparisse in fretta al suo fianco.

Fu solo un secondo, ma un fascio di elettricità si abbattè di fianco all’insetto gigante. Simon si voltò un secondo nella direzione del raggio e vide Isabelle in piedi su un pilastro del ponte, come se fosse la cosa più normale del mondo. E, in un secondo, si lasciò cadere.
Sentì se stesso urlare “No”, ma, probabilmente, la cosa non fece che aiutarli. Il demone Shrax si girò per guardarlo e non notò come Isabelle fosse caduta e si fosse ritrovata a cavalcioni sulla sua corazza. 

Simon si lanciò in avanti, mentre Isabelle si accingeva ad avvolgere la frusta elettrificata intorno al capo della creatura e a stringere. E strinse e strinse e il demone, che prima cercava di disarcionarla, agitandosi e sbattendo contro i lati del ponte come più poteva, piano piano perse potenza. 

Il ragazzo si fermò davanti ai due e lasciò cadere a terra l’arco, con la freccia ancora incoccata. Tirò fuori la spada angelica e le diede un nome, vedendola subito illuminarsi di una chiara luce argentata. Stava per infliggere un colpo proprio sotto la linea della frusta, dove vedeva una apertura adatta, quando la creatura cadde con il ventre a terra.

Isabelle lo sovrastava, i piedi ora saldamente poggiati per terra, a lato dei fianchi del demone, tenendo il capo della creatura in alto, mentre continuava a stringere e girare la frustra. Aveva un’espressione concentrata e sicura, una smorfia leggermente denigratoria, e i capelli sudati attaccati alla fronte. A Simon apparve bellissima.

Tirò ancora e la testa del demone le rimase in mano. Il corpo della creatura iniziò a schizzare sangue e ricoprì la tenuta nera di Simon e Isabelle. 

La ragazza lasciò cadere la testa a terra e Simon notò come il suo petto si stesse muovendo freneticamente. E lui (lo giurò diverse volte negli anni a venire) non seppe come gli vennero in mente le parole che disse dopo. Non aveva assolutamente pensato di fare una cosa del genere, non in quel momento, non quel 12 agosto qualunque, non dopo che Isabelle avesse ucciso un demone. Ma la sua bocca parlò, prima che Simon la potesse connettere al cervello.

«Sposami» disse solamente. Una parola sola, ma cambiò il corso delle loro vite per sempre.

«Cosa?» domandò confusa Isabelle, guardandolo con aria stralunata. 

Simon si domandò se non avesse effettivamente sentito quello che avesse detto (ed era tentato di rispondere “Niente”, se quello era il caso, dimenticando quello che avesse appena detto) o se avesse capito, ma non era sicura di cosa intendesse Simon.

Prima di rispondere, però, si fermò un secondo solo a riflettere. Avevano ventun’anni, quasi ventidue nel caso di Simon, erano giovani, ma gli Shadowhunter si sposavano giovani. Erano stati insieme per anni, si amavano, Isabelle era l’unica ragazza che avesse mai amato e che mai avrebbe amato in vita sua. Aveva accettato molto tempo prima l’idea di rimanere tutta la sua vita con quella ragazza e non avrebbe mai voluto che fosse altrimenti. Sua sorella Rebekah adorava Isabelle e sua madre, nonostante non sapesse niente del loro mondo, le voleva bene e la trattava come una figlia. Simon si sentiva a casa all’Istituto e con la famiglia di Isabelle, con Jace, Alec, Magnus, il piccolo Max e, ovviamente, Clary. 

Loro erano innamorati, avevano deciso che volevano stare insieme molto prima di averlo potuto fare per davvero, avevano sempre scelto l’uno e l’altra, non importava chi fossero: vampiro, mondano, shadowhunter, si sceglievano sempre a vicenda. Se c’era un’entità, un Angelo, che voleva testare il loro amore, dovevano averlo convinto ormai. L’unica cosa che mancava era, effettivamente, la proposta

Non poteva vedersi con Isabelle, una loro famiglia insieme, se non le faceva la proposta.

«Sposami» ripetè, questa volta totalmente sicuro e convinto dal significato di quella parola, guardandola dritto negli occhi e non imbambolato per la sua bellezza coperta da sangue di demone e con l’espressione vittoriosa di chi avesse appena avuto la meglio. «Sposami, Isabelle Lightwood» aggiunse, facendo un passo avanti.

Gli Shadowhunter non si inginocchiavano. Solitamente ci si scambiava gli anelli di famiglia per indicare la volontà di volersi sposare, ma Simon non lo aveva con sé e stava facendo la proposta senza averla nemmeno programmata. Per cui, prese la mano della ragazza e se la portò al cuore, senza mai staccare lo sguardo dal viso di Isabelle.

L’espressione della ragazza da genuinamente confusa passò a estremamente stupita e, infine, si fermò su un mix tra amorevolmente insolente e arrogantemente dolce. Si aprì in un sorriso e i suoi occhi brillarono. La frusta le cadde di mano (quella che non era stratta tra quelle di Simon) e si avvolse ai loro piedi. 

«Era anche ora, Simon Lovelace» disse la ragazza, sorridendogli.

Simon la guardò confuso. Era anche ora? Che risposta del diavolo era? Cosa stava a significare? Sì? No? Forse? Ci penserò?
«Era un sì, scemo» lo rassicurò Isabelle. «Simon, io e te, insieme, abbiamo avuto e abbiamo vissuto avventure che altri possono solo sognarsi o immaginarsi. Ti ho dato tutto di me, prima ancora di capire quanto tu per me fossi importante. Mi sono fidata di te più di quanto mi sia fidata dei miei fratelli. Per te sono venuta a Idris, perché odiavo l’idea di averti lontano, senza ricordi, senza la sicurezza che tu mi amassi come ti amavo io al tempo. Per te, ho fatto cose che mai avrei pensato di fare. Ho visto film e so tutte le regole di Dungeons and Dragons. Con te andrei ovunque, in qualunque regno, in qualunque luogo, in qualunque tempo. Se devo costruire una famiglia con qualcuno, non c’è dubbio nel mio cuore e nella mia testa, che quel qualcuno non puoi essere che tu» gli disse, portando una mano ad accarezzargli una guancia. «Quindi, ovviamente Simon Lovelace, ti sposerò» concluse.

Simon sorrise. Lasciò la mano di Isabelle e portò le braccia intorno alla sua vita e la sollevò, facendoli girare intorno. Isabelle scoppiò a ridere e Simon la imitò, troppo felice e incredulo per riuscire a fare qualunque altra cosa, per riuscire a dire qualunque altra cosa.

«Non pensavo di chiedertelo oggi, in questo modo o di chiedertelo e basta, sinceramente» disse Simon, riponendola a terra e stringendola tra le sue braccia. «Sei l’unica per me, Isabelle Lightwood, non metterlo mai in dubbio. Solo, non avevo mai pensato di farlo, di chiedertelo, non ci avevo mai ragionato sopra. E ora, con te tra le braccia, sporchi di sangue, posso solo dirti, che non ci sarebbe stato momento migliore per farlo» aggiunse. «Non sono mai stato tanto felice in vita mia» concluse, prendendole il viso tra le mani e baciandola.

«E comunque, le regole di Dungeons and Dragons ancora non le hai imparate, dopo tutti questi anni!» la corresse Simon.

«Ah no?» chiese Isabelle. «E come mai ieri sera ho vinto io la partita?»

«Quello era Mario Kart!» esclamò Simon.

La ragazza fece un gesto con la mano, come per dire “Stessa cosa” e lo baciò di nuovo. Isabelle sorrise nel bacio. «Tra due giorni, il 14, voglio avere la festa di fidanzamento.»

«La festa di fidanzamento?» domandò Simon, dubbioso.

«Sì, la festa di fidanzamento» gli rispose lei. «Non ne hai mai sentito parlare?»

Simon ne aveva sentito parlare. Non pensava avrebbe dovuto farne una, però. E in due giorni per di più! Come poteva organizzare una festa per la sera del quatt… Il ricordo gli arrivò come in un baleno. Non lo aveva visto molto, non lo conosceva per niente. Ricordava che portasse gli occhiali, amasse i manga ed era troppo piccolo per morire.

«Max» disse. 

«Max» confermò Isabelle. Il quattordici agosto era il compleanno di Max Lightwood. O meglio, sarebbe stato, se Sebastian non lo avesse ucciso.

«Tra due giorni, quindi?»

«Tra due giorni» affermò Isabelle, sorridendogli. «Cosa fai ancora qui? Corri ad avvertire Clary e Jace, voglio fare all’Istituto. Io andrò a parlare con Magnus e Alec, ho bisogno di idee» aggiunse, girandosi e facendo fare un arco perfetto ai capelli neri.

Simon rimase a fissarla, senza sapere cosa avrebbe dovuto fare. Quella donna lo avrebbe fatto impazzire, prima o poi.

«Simon! Non hai tempo da perdere, corri» lo avvertì la sua fidanzata. La sua promessa sposa.

Simon si mise a correre. Non era mai stato tanto felice.


N/A
Eccoci qui, la fine. Mi sembra assurdo che abbia finito di postare queste missing scenes, che abbia finito di parlare di Simon e Isabelle e del loro amore. Mi mancheranno tantissimo. Vorrei dire che spero che in futuro potrò riprendere in mano questa raccolta, ma in realtà sarebbe meglio non doverlo fare, perché vorrebbe dire che C.C. ci ha dato le scene. Insomma, vedremo cosa ci riserverà il futuro.

Purtroppo sono approdata a postare questa raccolta (You are / the only exception) qui su EFP tardi, non avete potuto avere l'aggiornamento settimanale, ma spero che questa (e le altre) storia della raccolta vi sia piaciuata.

Grazie a Ilaria e Fran (luna), perché sono sempre qui e mi alzano l’autostima del 112% ogni volta che parlo loro di una storia. 
Grazie a chi ha letto, a chi ha messo mi piace e chi si è fermato per lasciare un piccolo commento. Ho apprezzato da morire e davvero mi avete reso più sicura di me stessa e delle mie capacità.

Spero che questo sia il finale che vi aspettavate e che vi piaccia, come sempre, sapete dove trovarmi, se non volete postare qui (Twitter @seaweedhenry).

Un abbraccio.

Nota: vi ricordo che potete trovare le storie anche su AO3 (seaweedhenry) e, ora, anche efp (seaweedhenry). In più, se volete, seguitemi su twitter (seaweedhenry).

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: seaweedhenry