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Autore: Lady Mnemosyne    15/10/2020    0 recensioni
[Gentleman Jack]
1832, Yorkshire: Inghilterra. Miss Ann Walker è una ricca ereditiera dall'esistenza monotona, ancora nubile a 29 anni. Nella sua vita irrompe all'improvviso miss Anne Lister: possidente benestante, acculturata, viaggiatrice... che si veste da uomo. Sconvolgerà irrimediabilmente la deprimente esistenza di miss Walker, è assicurato.
Ecco un piccolo flashback del primo incontro tra le due donne, avvenuto nel 1821.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Miss Lister


Speravo di rivederla, ma non pensavo che, dopo tutti questi anni, se ne sarebbe finalmente presentata l’occasione; e soprattutto non pensavo che mi sarei sentita così, esattamente come la prima volta che la vidi…

Era una giornata splendida, una delle prime dopo lʼennesimo lungo e freddissimo inverno, ma nonostante il giardino sorridesse sotto le carezze dei raggi del sole, mi sentivo gravata da una cupa oppressione, che non mi abbandonava da quando la mamma era mancata, pochi giorni prima. La catena di lutti della mia famiglia sembrava destinata a non interrompersi e io cominciavo a domandarmi se non fosse meglio per me essere la prossima della lista, piuttosto che assistere a Crow Nest1 che continuava a svuotarsi fino a sprofondare in un silenzio assordante.
Mentre mi crogiolavo in questi tetri pensieri e mia sorella Elizabeth cercava a sua volta di tenersi impegnata con il ricamo, il vecchio John entrò nel salotto per annunciare miss Lister di Shibden Hall. Io la conoscevo appena, più che altro per via di bizzarre malignità che qualcuno si divertiva di tanto in tanto a mettere in circolazione, ma Elizabeth decise di farla accomodare, aggiungendo che la sua compagnia ci avrebbe sicuramente fatto bene. Ricordo che continuai a fissare il vuoto fuori dalla finestra finché non si affacciò sulla porta, dopo di che non riuscii a concentrarmi su nientʼaltro allʼinfuori di lei.
Devo ammettere che, al primo impatto, pensai che il suo aspetto risultasse un poʼ ridicolo, ma bastarono pochi gesti a spazzare via quella grossolana impressione. La camicia candida dalle maniche a sbuffo, che le si stringevano intorno ai polsi sottili, e il gilet scuro, decorato con dei ricami molto sobri, sembravano metterne in risalto il collo lungo, fasciato dallʼalto colletto bianco, dallʼorlo appena rifinito, e dalla cravatta chiara, mentre lʼacconciatura un poʼ vecchio stile, con quei boccoli compatti stretti sopra le orecchie, come oggi usano per pettinare alcune parrucche, le conferiva un aspetto austero, sebbene i suoi modi fossero di unʼaffabilità squisita. Mi ricordo che non le ci vollero molti tentativi per riuscire a strapparmi un sorriso.
Propose quasi immediatamente di uscire a fare una passeggiata, assicurando che il sole ci avrebbe certamente giovato, così rimandammo il tè a più tardi e uscimmo nel parco: lʼaria era piacevolmente tiepida, anche se la terra odorava ancora di pioggia. Rimasi ben presto qualche passo più indietro rispetto a miss Lister ed Elizabeth, intente a chiacchierare: sicuramente Elizabeth le stava raccontando di George, che avrebbe chiesto di lì a poco la sua mano. Prese comʼerano nei loro discorsi, non fecero caso a me, che ero rimasta alle loro spalle, così colsi lʼoccasione per studiare miss Lister indisturbata.
Nonostante la gonna le nascondesse le gambe, era evidente che non camminava come avevano insegnato a me, a passi piccoli, ma a lente e grandi falcate, con le braccia dietro la schiena e le mani unite. Mi stupii di come riuscisse a muoversi con tanta disinvoltura pur indossando il corsetto, quando per me talvolta era scomodo persino camminare. Continuavo a fissarla di nascosto, a studiarne i movimenti, e tuttavia non riuscivo a spiegarmi il perché di tanto interesse da parte mia, perché mai non riuscissi a toglierle gli occhi di dosso ma, al contrario, me ne sentissi attirata. Ad un tratto si voltò per invitarmi ad unirmi alla conversazione:
Coraggio, non statevene là in disparte: non mordo mica, sapete disse, cingendomi appena le spalle con un braccio. Emanava un profumo che non assomigliava a nulla che io conoscessi, esotico, come se provenisse dai paesi lontanissimi di cui lei continuava a raccontarci storie.
Man mano che descriveva le città in cui era stata e i posti che aveva visto, i suoi occhi si facevano grandi fino a brillare di stupore e ammirazione, proprio come se fosse ancora in quei luoghi. Le sue mani affusolate si muovevano eleganti in una gestualità ampia ed estremamente espressiva e quel suo sorriso entusiasta, che non le abbandonò mai il viso, finì per contagiarci tutte. Era talmente incantevole ascoltarla parlare, con quella sua voce calda, un poʼ grave, che finii per non ricordare più dove mi trovavo, perché ad ogni sua parola mi perdevo nei paesaggi che dipingeva davanti ai nostri occhi.
Ci accomodammo sullʼerba al sole per riprendere fiato dopo lʼennesimo scoppio di risate che miss Lister aveva scatenato: Elizabeth era seduta al mio fianco mentre lei era di fronte a noi; sembrava lieta di aver avuto successo nel portarci un poʼ di conforto, sorrideva. Ricordo che ad un tratto, mentre conversavamo, lo scialle che tenevo sulle spalle volò via, strattonato da una folata di vento. Non ebbi neanche il tempo di rendermene conto, che miss Lister era scattata in piedi per rincorrerlo e già me lo stava appoggiando con delicatezza sulle spalle, rivolgendomi un sorriso tanto carico di dolcezza, che il cuore mi tremò spaesato nel petto.
Rientrammo poco dopo, perché la temperatura si stava facendo rigida, e ci rinfrancammo con del tè caldo e con altri incredibili racconti di miss Lister. Purtroppo venne infine il momento di tornare a casa persino per lei, quella che ai miei occhi appariva ormai come una sorta di avventuriera senza paura. Si alzò in fretta, mentre John le stava portando soprabito e cilindro, e salutò prima Elizabeth, poi me: mi strinse forte la mano tra entrambe le sue, che emanavano un calore piacevolissimo, e quando mi guardò negli occhi, sorridendo ancora una volta, ebbi la sensazione che mi stesse guardando dentro, dritta nellʼanima. Balbettai qualcosa che non ricordo, dopo di che lasciò andare la presa, si vestì in fretta e lasciò la stanza, ricordo il suono dei suoi passi veloci che si allontanavano. Poi avvenne tutto in un battito di ciglia.
Mi voltai e le corsi dietro, senza pensare, guidata solo da una sensazione fortissima ma del tutto indecifrabile. Sgusciai dallʼingresso prima ancora che John avesse aperto completamente la porta e scesi saltando i gradini.
Miss Lister! gridai e la mia voce aveva un tono così ridicolmente patetico, che mi vergognai di me stessa. Non dimenticherò mai quellʼespressione, a metà tra la preoccupazione e il lusingato, con cui si voltò:
Sì, miss Walker? Qualcosa non va?
Il cuore mi batteva fortissimo nel petto e lʼistinto mi suggeriva che non era per via della corsa, bensì per via di un desiderio sottile e chiarissimo che mi tirava verso le sue labbra, verso quel sorriso che aveva illuminato la mia giornata ben più del sole.
No, volevo solo chiedervi: tornerete a trovarci?
Quel suo sorriso brillò nella penombra del crepuscolo come un lampo.
Certamente, non mancherò.
Sollevò la mano per toccare appena il cilindro in segno di saluto e si voltò. La guardai sparire sul selciato, mentre un subbuglio di sensazioni contrastanti e illogiche mi gonfiavano il petto, senza essere in grado di dare un nome a quellʼesplosione che miss Lister aveva innescato in me.
Qualche giorno doppo seppi che era partita per un altro dei suoi viaggi e nessuno aveva idea di quando sarebbe tornata, se sarebbe tornata affatto. Così, giorno dopo giorno, quel polverone di sensazioni finì per depositarsi, ma era bastato sederle accanto per un tè, respirare di nuovo quel profumo, il suo profumo, per ripiombare nella medesima confusione, cui, a distanza di anni, continuo a non trovare una spiegazione logica.

È una giornata splendida, proprio come quella volta…
Miss Walker, miss Lister chiede di voi: la faccio accomodare? —







 

1. Una delle residenze di proprietà della famiglia Walker.

 

   
 
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