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Autore: Parmandil    15/10/2020    1 recensioni
Sono tempi bui, la prima Guerra Civile della storia federale. Scacciati dalla Terra, ora in mano ai Voth, gli Umani subiscono deportazioni e angherie di ogni sorta. Alla Flotta Stellare non resta che proteggere i pianeti ribelli dai Pacificatori, decisi a epurare ogni dissenso, in nome del “bene superiore”.
Ancora una volta il fulcro del conflitto è la stazione Deep Space Nine, nel sistema bajoriano. Qui i Pacificatori e i Breen sono decisi a schiacciare ciò che resta dei ribelli; né intendono lasciarsi sfuggire i preziosi Cristalli di Bajor. Ma i Cristalli hanno una volontà loro: specialmente il nuovo Cristallo di Fuoco, in cui si annida un’antica entità demoniaca. Solo un leggendario Capitano del passato potrebbe arginarla. I nostri eroi dovranno affrontare le fiamme e sacrificare ciò che più amano, solo per scoprire che una possessione demoniaca è cosa da nulla, in confronto alla possessione ideologica.
Intanto lo Spettro e la Banshee scoprono un piano diabolico che coinvolge le specie rettili dell’Unione. Teatro dell’intrigo è Cestus III, dove li attende una vecchia conoscenza. In questa guerra che incrudelisce sempre più, c’è una sola certezza: nessun vincolo d’amicizia, d’amore o di parentela può salvare chi si oppone ai Pacificatori.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benjamin Sisko, Cardassiani, I Profeti, Nuovo Personaggio, Odo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Star Trek Keter Vol. VIII:

Fuoco d'Inferno

 

QUESTI SONO TEMPI BUI,

LA PRIMA GUERRA CIVILE

DELLA STORIA FEDERALE.

INVECE DI ESPLORARE NUOVI MONDI,

LA KETER DEVE RICONQUISTARE

QUELLI CADUTI SOTTO LA DITTATURA

DELL’UNIONE GALATTICA.

CHIUNQUE LE SBARRI LA STRADA,

ANCHE IN BUONAFEDE,

NE CONOSCERÁ L’IRA.

 

 

Misero me!
È Inferno ovunque io fugga.
Io stesso sono l’Inferno,
e nell’abisso più profondo
si spalanca un abisso più profondo ancora
che è peggio del mio stesso Inferno.
                        John Milton, Paradiso perduto


-Prologo:
Data Stellare 2585.126
(5 anni prima della Guerra Civile)
Luogo: Bajor, Caverne di Fuoco
 
   Lingue di fuoco scaturivano dalle pendici delle montagne, salendo fino alle vette incappucciate di neve. La terra tremava e rimbombava, man mano che le rocce si spaccavano, aprendo crepacci in cui ribolliva la lava. Dagli abissi scoperchiati salivano vapori sulfurei che oscuravano il sole. Ormai la luce veniva dal basso, dai fuochi che ardevano nelle profondità del pianeta. Lapilli incandescenti cadevano dal cielo, misti a cenere nera. I pochi arbusti che crescevano a quell’altitudine avvamparono. L’elettricità statica si accumulò nelle nubi rosseggianti, finché le montagne furono incorniciate dai fulmini.
   In quello scenario apocalittico, alcuni pellegrini resistevano alla furia degli elementi. Erano per la maggior parte Bajoriani, sebbene tra loro ci fosse anche qualche alieno. Si erano raccolti nello spiazzo davanti all’ingresso delle Caverne di Fuoco, il luogo in cui i Profeti di Bajor avevano rinchiuso per l’eternità i demoniaci Pah-wraith. Invece di spaventarsi e fuggire, i presenti si prostravano a terra, intonando un mantra nell’antica lingua bajoriana. Le loro voci empie si mescolavano al boato della terra, all’ululato del vento e ai tuoni incessanti. «Kosst Amojan... guardaci! Kosst Amojan... ascoltaci! Kosst Amojan... parlaci! Kosst Amojan... guidaci alla vittoria contro gli infedeli!».
   Non erano pellegrini qualunque, quelli che sfidavano la morte in cima alle montagne. Erano adoratori dei Pah-wraith, come indicavano gli orecchini rossi, portati a sinistra. Ed erano lì per servire colui che si era liberato dalla lunga prigionia. Li guidava un Ranjen, un sacerdote di alto rango, anche lui con l’orecchino rosso degli Adoratori.
   «Salve, Signore dell’Eterno Fuoco!» disse il Ranjen. «O tu che ardi senza fine, fa’ che la tua sacra fiamma dilaghi sui mondi corrotti dalla miscredenza! Che consumi gli impuri e consacri gli eletti! Noi siamo qui per servirti! Comanda e ubbidiremo!».
   La risposta non si fece attendere. Dalla caverna uscì un ringhio, così disumano e terrificante che nessuno poté udirlo senza tremare fino al midollo. Scintille incandescenti uscirono dal buio, finché tra le esalazioni apparve una figura umanoide. Era una donna bajoriana dai lunghi capelli rossi, che sembravano muoversi di loro volontà. I suoi occhi brillavano di luce scarlatta. Da tutta la sua persona emanava un potere ferino, incontrollabile, tanto che nessuno osò incrociare il suo sguardo. L’unico dettaglio stonato era il suo abito: indossava i resti di una tuta da speleologa, bruciacchiata in più punti. Ma chiunque fosse stata la Bajoriana, non aveva importanza: il suo corpo era solo lo strumento attraverso cui Kosst Amojan faceva udire la sua voce.
   «Gioite, miei fedeli, perché la Purificazione è vicina!» proclamò l’indemoniata, allargando teatralmente le braccia. La sua voce aveva un timbro gutturale, segno dell’entità che parlava tramite lei. «Avete portato ciò che vi ho chiesto?» inquisì.
   «Sì, mio signore» annuì il Ranjen, mostrando una teca campaniforme. Era di metallo grigio-beige, ma aveva un oculo centrale trasparente, da cui promanava un’intensa luce azzurra. «Ecco il Cristallo dell’Emissario, che abbiamo preso dal monastero della Kai. Molti dei nostri sono stati catturati e alcuni hanno perso la vita, per consegnartelo» sottolineò, come aspettandosi una ricompensa.
   «Apri la teca!» ordinò Kosst Amojan, accompagnandosi con un gesto imperioso.
   Il Bajoriano posò il reliquiario davanti al suo padrone e aprì le ante, badando a restare dietro, per non frapposi tra il Pah-wraith e il Cristallo. «Ecco, mio signore. Osserva la reliquia dei miscredenti... la luce che vuol rivaleggiare con la tua... e distruggila con la tua potenza!» esortò.
   Come tutti i Cristalli di Bajor – i mistici artefatti donati al popolo bajoriano – anche quello dell’Emissario appariva come una gemma multisfaccettata a forma di clessidra. Ciò che variava da uno all’altro era il colore; questo emanava luce azzurra, così intensa da ferire gli occhi.
   L’indemoniata si accostò con passo ancheggiante. Mosse appena la mano e subito la teca si frantumò, rivelando la piena luce del Cristallo.
   «Sì, padrone... sfoga la tua giusta ira sullo strumento del nemico! Distruggilo, e il terrore afferrerà il cuore di ogni miscredente!» incitò il Ranjen.
   Un ringhio animalesco salì dalla gola dell’indemoniata, mentre questa si accucciava davanti al Cristallo in una strana posa, con le mani sulle caviglie. Prese fiato, mentre anche il boato delle eruzioni diminuiva, e poi sputò una palla di fuoco. Il globo fiammeggiante colpì in pieno il Cristallo, mandandolo in frantumi. Le schegge furono spazzate via dal vento. Gli Adoratori indietreggiarono di un passo, intimoriti, ma subito dopo levarono le braccia in segno di trionfo.
   «Sì!» esultò il Ranjen, vedendo compiersi la promessa del Pah-wraith. «Dove sei, Emissario?! Non vedi il tuo prezioso Cristallo ridotto in polvere? E questo è solo l’inizio! Presto le sacre fiamme della purificazione dilagheranno in ogni angolo del...».
   «È falso» disse il Maligno.
   «Come?!» fece il Bajoriano, interrotto nel bel mezzo del suo gaudio.
   «Il Cristallo che mi hai portato... è paccottiglia. Ti sei fatto beffare come un idiota» sibilò l’indemoniata, rialzandosi con aria minacciosa.
   Il Ranjen si sgonfiò all’istante. «Non è possibile! Lo abbiamo preso dal sancta sanctorum, superando tutti i dispositivi di sicurezza...».
   «Avete preso uno specchietto per le allodole. Stolti! Il vero Cristallo ormai sarà stato portato via, dopo il vostro maldestro attacco» rivelò Kosst Amojan.
   «Perdonaci!» gemette il Ranjen, gettandosi ai suoi piedi. «Raddoppieremo gli sforzi. Ti porteremo ogni Cristallo che vorrai. I nostri confratelli sono infiltrati ovunque... anche nelle alte sfere» garantì.
   «Vuoi una seconda occasione? Non è mia abitudine concederne» lo gelò il Maligno. «Questo sarà d’esempio per gli altri» aggiunse, levando la mano contro di lui.
   «No, mio signore! Pietà!» supplicò il disgraziato, prostrandosi fino a terra.
   «Non c’è pietà nel fuoco» ribatté Kosst Amojan con fatalismo. Scagliò una vampata dalla mano, investendo il Ranjen. Il grido del Bajoriano si confuse con il crepitio delle fiamme. Gli altri seguaci distolsero lo sguardo. Quando osarono guardare di nuovo, pochi attimi dopo, il corpo della vittima era già stato consumato dalle fiamme demoniache. Di lui restava solo lo scheletro calcinato, rattrappito in posa agonizzante.
   «Portatemi il Cristallo dell’Emissario!» tuonò l’indemoniata, dimenandosi con movenze serpentine. «Cercatelo su Bajor e oltre Bajor! Saccheggiate ogni museo, profanate ogni tempio. Quella reliquia non deve sfuggirmi!».
   Atterriti dalla sua furia, gli Adoratori si diedero alla fuga, scendendo l’erto sentiero montano. Erano diretti alle navette che avevano lasciato sulle pendici più basse, ma non fecero molta strada. Perché in quel momento un altro Bajoriano venne loro incontro, salendo dal basso.
   Era un uomo imponente, che vestiva l’uniforme color mostarda della Milizia Bajoriana. Come quasi tutti i suoi simili, portava l’orecchino argenteo sulla destra, a indicare la sua devozione ai Profeti. Pur essendo disarmato avanzò senza timore, di buon passo. «Non ascoltate quel demonio» disse agli Adoratori. «Avete visto come ha conciato il vostro Ranjen. Farà lo stesso con voi, se non lo accontenterete... e anche se riusciste a soddisfarlo. Perché se avrà ciò che vuole, distruggerà Bajor. E non si fermerà qui. Trasformerà tutti i pianeti dell’Unione in oceani di fuoco».
   «Chi sei tu, che vieni disarmato?!» chiese uno degli Adoratori, minacciandolo con un phaser.
   «Maggiore Sisko, della Milizia Bajoriana» rivelò l’uomo, con pacata sicurezza. «E finché i Profeti sono con me, non sarò mai disarmato».
 
   Udendo quel nome gli Adoratori indietreggiarono, colti da timore. Quelli fra loro che non avevano ancora impugnato i phaser lo fecero adesso.
   «Che fate, sciocchi?! Avete paura di lui?» li rimproverò Kosst Amojan. «Non fatevi spaventare dal suo nome... lui non è l’Emissario».
   «No di certo» convenne il Bajoriano, con un lieve sorriso. «Sono Modro Sisko, discendente di settima generazione del Capitano Benjamin Sisko. Sono qui a nome della Milizia per dirvi di arrendervi e di consegnare gli ostaggi che tenete nelle Caverne».
   «Tu non puoi darci ordini, infedele! Ti spedisco io dal tuo antenato!» gridò un Adoratore, premendo il grilletto. Non accadde nulla. Sgomenti, gli altri adepti lo imitarono. Scoprirono che tutte le loro armi erano diventate inefficaci.
   Con un ringhio bestiale, Kosst Amojan levò una mano contro Modro e subito un muro di fuoco si alzò tra loro. Andava dalla parete rocciosa fino all’orlo del sentiero ed era così alto che non si poteva saltarlo. Ma il Maggiore lo attraversò come se nulla fosse. Un’aura azzurrina lo avvolse mentre passava tra le fiamme, proteggendolo. Quando il Bajoriano fu più vicino, tutti si avvidero che le sue iridi erano stranamente blu.
   «Profeta!» riconobbe il Maligno, dimenandosi per il ribrezzo.
   «Già, sono proprio io» confermò l’entità incorporea, prendendo il sopravvento sul suo ospite. «Vedo che stai riplasmando l’ambiente» commentò, alludendo alle eruzioni vulcaniche.
   «È più carino, vero? Sto pensando di rendere tutto Bajor così» disse il Pah-wraith, allargando le braccia.
   «Prima devi vedertela con me. È tempo di finire ciò che iniziammo su Deep Space Nine».
   «Oh, sarà un piacere!» sogghignò l’indemoniata, continuando a dimenarsi stranamente. «Ma non credere che cederò come allora. L’odio dilaga nell’Unione, alimentando i miei poteri. I buoni sentimenti invece si riducono, e questo t’indebolisce. Io sono dieci volte l’avversario di un tempo... e tu sei molto meno di quanto sia mai stato».
   «Allora non avrai problemi a sconfiggermi da solo» ribatté il Profeta che parlava per bocca di Modro. «Finiamola, dunque».
   «La finirò eccome. Voi tornate nelle Caverne!» ordinò Kosst Amojan ai suoi seguaci. «Dite agli altri di uccidere gli ostaggi. Sacrificateli al mio nome».
   «Come desideri, Signore del Fuoco» disse uno degli Adoratori. Lui e gli altri corsero nella caverna, lasciando il Profeta e il Pah-wraith a fronteggiarsi.
   «Dimmi una cosa... come l’ha presa il tuo ospite, quando ha saputo che avevo invaso questo corpo?» chiese Kosst Amojan, con un sorriso sadico.
   «Ha avuto fede che ti avrei scacciato senza nuocerle» rispose il Profeta.
   «Allora è stato molto ingenuo!» ringhiò l’indemoniata, partendo all’attacco. Un getto d’energia color fiamma scaturì dal suo corpo, diretto contro Modro. Nello stesso istante questi emise un impulso di colore azzurro. I due flussi si scontrarono a metà strada, producendo luce bianca. Alcuni fulmini scaturirono dal punto di contatto e andarono a colpire le rocce circostanti. Tutt’intorno le montagne tremavano come se stessero per crollare. Le voragini sprigionavano ceneri ed esalazioni, tanto che il sole era ormai del tutto oscurato.
 
   Vista dall’orbita, la nube di ceneri si espandeva nel nord del supercontinente di Bajor. Alcune navi trasporto stavano evacuando i villaggi e le città più vicine, ma non si potevano trasferire milioni di persone in poche ore. Se poi l’emergenza si fosse estesa a tutto il pianeta, la situazione sarebbe diventata ingestibile.
   Era per questo che la Flotta Stellare aveva chiamato la USS Keter, l’astronave progettata per le missioni impossibili. Varata appena tre mesi prima al comando del Capitano Garm, la Keter si era distinta nella crisi sul confine Breen, smascherando un complotto che coinvolgeva lo stesso Garm. L’equipaggio aveva dovuto ammutinarsi sotto la guida della Comandante Hod, che alla fine si era vista confermare i gradi reclamati sul campo. Ora l’Elaysiana, alla sua prima missione in veste di Capitano, dirigeva le operazioni dalla plancia dell’astronave. Osservando la nube di ceneri, fu assalita dal dubbio. «Forse è stato un errore inviare Sisko senza scorta» disse.
   «Il Maggiore conosce i rischi» obiettò il Generale Elvo, della Milizia Bajoriana. Il graduato seguiva le operazioni dalla Keter, dove si era trasferito quando gli Adoratori infiltrati nell’esercito avevano sabotato la sua nave.
   «Se fosse un ufficiale della Flotta, non gli avrei permesso di esporsi a un tale rischio» borbottò Hod, che dopo la brutta esperienza dell’ammutinamento era molto protettiva verso i suoi.
   «Dopo la visita al Tunnel Spaziale alberga in sé un Profeta» le ricordò il Comandante Radek. «Probabilmente è più al sicuro di tutti noi».
   «Ah ah, ben detto!» approvò il Generale. «Scherzi a parte, le mie truppe sono pronte all’attacco. Se le cose andranno male, colpiremo il Pah-wraith con tutto ciò che abbiamo».
   «Sempre che non ci siano altri Adoratori infiltrati nei vostri ranghi» si accigliò Hod, ricordando il disordine di poche ore prima, quando i traditori avevano manomesso le loro stesse navi.
   «Ehm, questo increscioso incidente non si ripeterà» disse il Generale, imbarazzato. «Ho selezionato gli ufficiali più fedeli».
   «Se le cose andranno come spero, non servirà alcun attacco» disse Hod, scambiando un fugace cenno d’intesa con il Comandante.
 
   A dispetto del loro nome, le Caverne di Fuoco non contenevano fiamme, salvo quando un’anima perduta evocava i Pah-wraith. Ciò non significava che mancassero i pericoli. Le gallerie malamente illuminate si diramavano per molti chilometri, formando un labirinto in cui era facile smarrirsi. Le peculiari rocce delle montagne isolavano persino i comunicatori federali, impedendo di tracciare i visitatori. E i profondi pozzi che si spalancavano nel suolo, spesso nei punti più bui e disagevoli, rappresentavano un costante pericolo. Ma queste insidie non avevano impedito agli Adoratori di raccogliersi in una vasta spelonca, dove da molte ore recitavano i loro mantra. Per mostrare la propria fede, si tagliuzzavano il corpo con i pugnali e si prosternavano davanti all’artefatto che gli archeologi avevano incautamente dissotterrato in quella stessa caverna.
   Era un Cristallo simile a quelli dei Profeti, ritrovato in una teca piramidale nera, coperta di glifi rossi. Il suo ricordo si era in gran parte smarrito, anche se i più antichi testi bajoriani ne conservavano un confuso e terrorizzato ricordo. I pochi versetti rimasti parlavano di fiamme, dannazione e orrori senza nome. Una volta aperta la teca, il Cristallo si presentava di forma invertita rispetto a quelli dei Profeti: anziché una clessidra, era un ottaedro formato da due piramidi unite alla base. Non avendo una base piatta, galleggiava sfidando la gravità. Emanava una cruda luce rossa, che cresceva con l’approssimarsi della battaglia.
   Seduti in fondo alla caverna, con le mani legate dietro la schiena, gli archeologi bajoriani maledicevano la loro avventatezza. Erano stati loro a dissotterrare il Cristallo di Fuoco, pochi giorni prima, risvegliando Kosst Amojan dal suo sonno secolare. Per prima cosa il Maligno si era impossessato della caposquadra, la dottoressa Agni Vasa. Dopo aver ucciso un paio di archeologi per dimostrare i suoi poteri, aveva preso in ostaggio gli altri. Infine aveva chiamato a sé gli Adoratori, ordinando di rubare il Cristallo dell’Emissario e di sabotare la Milizia Bajoriana. Ora i prigionieri superstiti, legati e sorvegliati dagli Adoratori, potevano solo sperare nei soccorsi. Alcuni di loro pregavano i Profeti, ma dovevano farlo silenziosamente, per non destare la furia dei carcerieri.
   Uno scalpiccio annunciò l’arrivo dei complici dalla superficie. Al loro arrivo, quelli che erano già nella grotta interruppero i mantra. «Ebbene, avete il Cristallo?» chiese il Prylar che dirigeva le preghiere.
   «Lo credevamo, ma... siamo stati ingannati, purtroppo» ammise uno dei nuovi arrivati. «Ora il Signore del Fuoco sta affrontando il suo antico avversario, che ha preso il corpo del Maggiore Sisko. Ci ha ordinato di sacrificare gli ostaggi».
   «Procederemo subito». Gli Adoratori si avventarono sugli archeologi e li tirarono in  piedi, sebbene loro implorassero pietà. Ma né lacrime, né suppliche potevano intenerire il cuore di chi si era votato ai Pah-wraith. I fanatici trascinarono gli ostaggi davanti al Cristallo di Fuoco, la cui luce era sempre più vivida. Il Prylar brandì un minaccioso pugnale ricurvo. Passò in rassegna i prigionieri, soffermandosi sulla più giovane, una studentessa che si era da poco aggregata alla squadra archeologica. Bastò un cenno perché gli Adoratori la costringessero a inginocchiarsi davanti al Cristallo. La immobilizzarono e le tirarono indietro la testa, scoprendole la gola.
   «Oh, Signore dell’Eterno Fuoco, accogli la nostra offerta! Che questo giovane sangue possa inaugurare l’Età d’Oro di Bajor!» proclamò il Prylar, apprestandosi a sferrare il colpo.
   In quel momento un raggio phaser attraversò la caverna, colpendo il sacerdote, che si accasciò privo di sensi con il pugnale ancora in mano. Altri raggi stordenti colpirono gli Adoratori, prima che potessero raccapezzarsi.
   Scoppiò il finimondo. Gli archeologi si divincolarono e corsero al riparo di alcune rocce. Gli Adoratori colti alla sprovvista cercarono di rispondere al fuoco, ma si avvidero che i nemici erano muniti di tute occultanti: apparivano per un istante, il tempo di sparare, e poi tornavano invisibili. Quei brevi attimi permisero tuttavia di riconoscerli.
   «Federali!» gridò un Adoratore, sparando all’impazzata. Colpì di striscio uno degli attaccanti, ferendolo. Stava per dargli il colpo di grazia, quando un altro federale gli apparve alle spalle. Era di stazza gigantesca: l’unico Hirogeno arruolato nella Flotta Stellare.
   «Sta’ buono» disse il Tenente Norrin, agguantandolo da dietro. Gli bloccò la mano armata e poi gli sparò alla schiena, stordendolo. Avvedutosi che c’erano troppi avversari, trasse una granata stordente dalla cintura e la gettò fra loro, usando il nemico già KO come scudo. Non era una mossa approvata dalla Flotta, ma l’Hirogeno aveva uno stile di combattimento più disinvolto dei colleghi, e in qualche modo l’aveva sempre passata liscia. Anche stavolta la sua mossa si rivelò vincente: molti Adoratori caddero privi di sensi e gli altri furono accecati per qualche secondo, permettendo ai federali di neutralizzarli.
   «Grazie, amico» disse Norrin, lasciando cadere l’Adoratore stordito. Si guardò attorno, per accertarsi che fossero tutti fuori combattimento. Notandone uno a terra, che stava rialzando l’arma, lo colpì per primo. «Campo libero» disse, segnalando ai colleghi che potevano rendersi visibili.
   Otto agenti della Sicurezza apparvero nella grotta. La prima cosa che fecero fu soccorrere il collega ferito e gli archeologi. Questi ultimi erano traumatizzati e avevano subito maltrattamenti durante la prigionia, ma nessuno era in pericolo di vita. Due Agenti li soccorsero con il kit medico degli zainetti, mentre gli altri ammanettavano gli Adoratori. Norrin consultò il tricorder, accertandosi che non ce ne fossero altri in arrivo.
   «Via libera» disse l’Hirogeno.
   Due individui, che fino a quel momento avevano atteso in una galleria, avanzarono cautamente nella caverna, stando attenti a non calpestare gli Adoratori storditi. Uno era un anziano Vedek bajoriano, riconoscibile dalla veste variopinta e dall’elaborato orecchino. L’altro era un Umano in abiti civili, che tuttavia aveva un comunicatore della Flotta Stellare.
   «Oh, bontà dei Profeti... quanta violenza!» commentò Vedek Daaro, guardandosi attorno costernato.
   «Quanta violenza evitata» puntualizzò Norrin. «Non ci sono vittime».
   «Ma il bello deve ancora venire» disse l’Umano, avvicinandosi al Cristallo di Fuoco. Juri Smirnov, consulente storico della Keter, aveva passato la vita a studiare manufatti strani e inspiegabili. I Cristalli di Bajor erano degni del più profondo interesse. «Guarda, guarda...» mormorò, avvicinandosi.
   «Indietro, tutti quanti! Quest’empia reliquia è quanto di più pericoloso vi sia nell’Universo» ammonì il Vedek, facendo segno ai federali di arretrare. Mormorando esorcismi, l’anziano sacerdote prese la teca piramidale e la mise attorno al Cristallo. Gocce di sudore gli imperlarono la fronte, mentre faceva attenzione a non toccare l’artefatto, nemmeno con l’orlo della manica. Quando il Cristallo fu all’interno, Daaro richiuse la teca, senza tuttavia far scattare l’anta. La lasciò socchiusa, così che una lama di luce sanguigna continuasse a uscire.
   «Non la sigilla?» si stupì Norrin.
   «Andrà sigillata solo quando il Maligno tornerà al suo interno» spiegò il Vedek.
   «E crede che lo farà?» chiese l’Hirogeno, un po’ scettico.
   «Dovrebbe, quando sarà scacciato dal corpo che ha invaso» disse il sacerdote. «Ma tutto dipende dall’esito della lotta spirituale. Vorrei credere che i Profeti prevarranno, com’era scritto sulla Stele di B’hala, ma... vi confesso che sono pieno di timore».
   «Teme che Kosst Amojan sia più forte?» s’inquietò Juri.
   «Crederei volentieri il contrario, ma le visioni che i Cristalli ci hanno mandato negli ultimi tempi sono oscure» rivelò Daaro. «Credo che i Profeti vogliano il nostro contributo alla lotta. In quanto Grande Esorcista, conosco formule capaci di contrastare le possessioni. Andrò lassù e le userò per indebolire il Maligno».
   «È impazzito? Quel mostro può ucciderla con un sol gesto!» avvertì Norrin.
   «Non mentre è impegnato nella battaglia» sostenne il sacerdote. «Se il Maligno lascerà il corpo della dottoressa Agni, credo di poterlo costringere a tornare nel Cristallo».
   «Una formula di confinamento... ho letto qualcosa al riguardo, nei miei studi esoterici» disse Juri.
   «Allora mi accompagnerà?» chiese il Vedek, con aria solenne.
   «Come le ho già spiegato, il dottor Smirnov è un civile» intervenne l’Hirogeno. «È qui per prendere in custodia il Cristallo, non per affrontare quell’entità».
   «Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, nella lotta contro il Maligno!» insisté Daaro.
   «Creda quello che vuole, ma il regolamento vieta di esporre i civili ai rischi di...».
   «Verrò» disse inaspettatamente Juri.
   «Credevo che non gradisse le missioni sul campo» si stupì Norrin.
   «È così» confermò seccamente l’Umano. «Ma ho le mie ragioni. Lei resti a sorvegliare il Cristallo. Se vede una fiammella che vi si tuffa dentro, richiuda subito la teca» raccomandò. Fece per seguire il Vedek in superficie.
   L’Hirogeno lo inseguì e lo prese da parte. «Senta un po’... lei crede davvero a tutto questo? Dèi e demoni, paradisi e inferni, possessioni...?» gli chiese a bassa voce.
   «Non ho bisogno di “credere” a nulla» ribatté lo storico. «Io mi limito a “constatare” che lassù c’è una forza distruttiva all’opera, e un’altra forza che le si oppone. Se usino la tecnologia o poteri sovrannaturali, io non lo so, ma il risultato non cambia. Sta di fatto che le formule bajoriane tendono a funzionare contro i Pah-wraith, quindi sì, seguirò il Vedek. E speriamo che la Keter ci dia una mano». Ciò detto imboccò la galleria, seguendo di corsa il sacerdote.
 
   In superficie, la battaglia stava prendendo una direzione ben precisa. L’energia rossastra del Maligno respingeva quella azzurra del Profeta, lentamente ma inesorabilmente. L’indemoniata sogghignava, pregustando la vittoria, mentre Modro tremava e sudava freddo. La sua testa aveva dei tic involontari e il sangue gli colava dal naso per lo sforzo tremendo.
   «Sì... sei debole... sconfitto!» esultò Kosst Amojan, leccandosi le labbra per la soddisfazione.
   «Non cantare vittoria così presto» ribatté il Profeta, ma la sua difficoltà era fin troppo evidente.
   Alle spalle dell’indemoniata, Daaro e Juri uscirono dalle Caverne. Videro subito che la situazione volgeva al peggio: Modro era sempre più sofferente e il flusso infuocato guadagnava terreno. Se lo avesse raggiunto, lo avrebbe arso in un attimo. Il Vedek e lo storico si avvicinarono furtivamente alla posseduta, approfittando del fatto che era di spalle. Ma avevano fatto male i conti. Con una risata maniacale, la dottoressa Agni girò la testa di 180º, così da fronteggiarli senza interrompere lo scontro. Juri si bloccò, atterrito da quella vista, mentre il Vedek continuò a farsi avanti.
   «I ladri non dovrebbero uscire dalla porta principale» avvertì Kosst Amojan. «Ho chiesto del sangue... e sangue avrò. Se non quello degli ostaggi, il vostro».
   «Vade retro, Maligno! Nel nome dei Profeti, esci da questo corpo!» ordinò Daaro, levando la mano in un gesto imperioso.
   Il Pah-wraith rise ancora più forte. «Me ne disferò solo quando io lo vorrò. Ora inchinati, vecchio, e riveriscimi! O la tua città sarà la prima a bruciare» minacciò.
   «Non m’inchinerò mai davanti a te, ingannatore. Tu non hai alcun potere su di me! Torna nella tua prigione, galeotto dei Profeti!» ordinò il Vedek. Cominciò a recitare la formula d’esorcismo in Bajoriano Antico, sotto gli occhi di Juri che si teneva prudentemente più indietro. Per tutta risposta, Kosst Amojan continuò a sghignazzare.
   «Smirnov a Keter, mi sentite?» chiese Juri, premendosi il comunicatore.
   «Forte e chiaro» rispose il Capitano Hod. «Come vanno le cose?».
   «Qui butta male» avvertì lo storico. «Il Pah-wraith sta prevalendo sul Profeta e anche gli esorcismi di Daaro sembrano inefficaci. Consiglio di passare subito al piano B».
   «Ricevuto; lei non si esponga. Keter, chiudo».
   Nel frattempo il Vedek aveva continuato a recitare il suo anatema, sotto gli occhi ardenti dell’indemoniata, appena distinguibile nella caligine. «Mi annoi» disse Kosst Amojan. «Va’ dai tuoi cari Profeti, e chiedigli dov’erano, mentre morivi per loro». Con un sol gesto, il Maligno aprì una voragine sotto ai piedi di Daaro. L’anziano Vedek cercò di ritrarsi e anche Juri si fece avanti per afferrarlo, ma nessuno dei due fu abbastanza veloce. Con un grido soffocato, il Bajoriano scomparve nelle profondità della terra. Un getto di gas incandescenti scaturì dalla fenditura, costringendo l’Umano a indietreggiare.
   «E tu che ci fai qui? Credi di poterti misurare con me?» chiese il Pah-wraith con aria divertita.
   «Magari voglio solo fare due chiacchiere» rispose lo storico, cercando di evitare lo scontro. «Sai, mi sono sempre chiesto il perché delle fiamme. Se anche riuscissi a bruciare Bajor e gli altri pianeti, che ne ricaveresti? Saresti solo il re della cenere».
   «Vuoi mercanteggiare con me? Tipico dei federali!» disse Kosst Amojan, sprezzante. «Ma non fingere d’essere qui solo per dovere. Io ho accesso alle memorie di questo corpo. Quindi mi ricordo di te, e so perché ti sei presentato. Rivuoi la tua vecchia fiamma...  che patetico! Se anche ti restituissi Vasa, cosa ti fa credere che sia ancora interessata a te? Magari adesso sta con un altro! Ci hai pensato, eh? Vuoi che te lo dica?» sogghignò.
   «No. È passato tanto tempo, non m’interessa con chi sta ora» sostenne Juri, sperando che il Pah-wraith non potesse leggergli nella mente.
   «Bugiardo!» lo gelò Kosst Amojan. «Io so che la vuoi ancora. Cosa faresti per salvarla? Saresti pronto a diventare mio araldo, e portare il mio messaggio all’Unione?».
   Juri si morse la lingua, contrariato dal fatto che il Pah-wraith avesse scovato subito il suo punto debole. «Ma non posso stringere un patto con lui, giusto?». Sarebbe stato un folle a fidarsi della sua parola. E lo scheletro fumigante del Ranjen testé giustiziato dimostrava come il Maligno trattasse i suoi servitori. L’Umano arretrò fino all’imboccatura della caverna, mentre la lava risaliva a colmare la fossa in cui era caduto il Vedek.
   «La mia pazienza si sta esaurendo» avvertì Kosst Amojan. Camminando all’indietro, oltrepassò la fenditura, senza affondare nella lava fusa e senza nemmeno scottarsi.
   Vedendolo calpestare la lava, Juri si spaventò ancora di più. «Ma tu chi sei?» chiese, volendo comprendere la natura di quegli esseri incorporei. Inoltre sperava che la conversazione distraesse il Pah-wraith, avvantaggiando il Profeta.
   «Io sono lo spirito che nega» rispose il Maligno, enigmatico. «E tu sei cenere» aggiunse, levando minacciosamente la mano. Dietro di lui, Modro era caduto in ginocchio per il terribile sforzo. Il sangue gli colava dal naso e ora anche dagli occhi, mentre il punto di contatto tra i due flussi energetici lo aveva quasi raggiunto.
   «Ma dove siete?!» si chiese Juri, alzando gli occhi al cielo. Anche se non poteva vederla, per la cappa di nubi, sapeva che la Keter era in orbita sopra le loro teste. Era la nave più evoluta della Flotta e sarebbe dovuta intervenire... sempre che l’equipaggio non avesse problemi. Sentendosi abbandonato dai colleghi, in balia di una forza cosmica, lo storico rimpianse il suo vecchio incarico all’Università di Nuova Berlino. E ricordò quanto odiava le missioni sul campo.
 
   «Ricevuto; lei non si esponga. Keter, chiudo».
   Il Capitano Hod sentì che era il momento di rompere gli indugi. Se i millantati poteri dei Profeti non bastavano a salvare la giornata, ci avrebbe pensato la tecnologia federale. «Plancia a sala macchine, pronti a emettere le radiazioni cronotoniche nell’area indicata» ordinò.
   Quello era il rimedio che avevano escogitato fin da quando la Flotta gli aveva assegnato la missione. Infatti, durante il precedente scontro fra le due entità su Deep Space Nine, era bastato inondare la sezione di cronotoni per costringerle ad abbandonare i corpi di cui si erano impossessati. C’erano molte teorie al riguardo. La più gettonata sosteneva che, poiché quelle entità vivevano fuori dal continuum spazio-temporale, bombardarli di cronotoni era come iniettare dei patogeni in un organismo privo d’anticorpi. Che fosse corretta o meno, stava di fatto che non gradivano quel tipo di radiazioni. Hod avrebbe preferito che il Profeta distruggesse l’avversario una volta per tutte; ma piuttosto che rischiare la sconfitta, era meglio interrompere lo scontro. Con un po’ di fortuna, sarebbero passati altri due secoli prima del prossimo round; e così la patata bollente sarebbe toccata a qualcun altro.
   «Revochi l’ordine» disse inaspettatamente Elvo. Il Generale aveva estratto il phaser e lo puntava alla tempia del Capitano. I suoi soldati, presenti in plancia, tenevano sotto tiro gli altri federali.
   «Che storia è questa?!» fece Hod. «Siamo sulla mia nave. Li do io, gli ordini» rivendicò.
   «Non più; da questo momento assumo il comando» dichiarò Elvo.
   «Con quale autorità?!» s’inalberò l’Elaysiana.
   «Quella del Signore dell’Eterno Fuoco!» sogghignò il Bajoriano, levandosi l’orecchino. Ruotò uno dei componenti e subito il monile si tinse di rosso. Il Generale se lo attaccò all’orecchio sinistro, mentre con l’altra mano teneva sotto tiro il Capitano.
   «Lei è il Gran Maestro degli Adoratori» comprese Hod. «Ci credo che la polizia non riusciva a stanarvi, con lei a insabbiare le indagini».
   «Ci è arrivata, finalmente. In ritardo come tutti i miscredenti» disse Elvo, con un sorriso crudele. «Ora sbarcheremo il suo equipaggio, ma terremo lei e gli ufficiali in ostaggio. La vostra nuovissima astronave ci permetterà di portare la parola dei Pah-wraith in ogni angolo dell’Unione. È l’alba di una nuova era! Chi non vorrà convertirsi, assaggerà le fiamme di Kosst Amojan!» esultò, suscitando l’entusiasmo dei suoi soldati.
   «Temo di doverla deludere» disse Hod, con aria sardonica. «Il Primo Ministro nutriva dei dubbi sulla sua lealtà, dopo tutte quelle retate fallite, e ci ha informati dei suoi timori. Il sabotaggio delle vostre navi ha acuito il sospetto, così abbiamo elevato al massimo le misure di sicurezza. Tutte le vostre armi sono state disattivate dal teletrasporto» rivelò.
   Un muscolo si contrasse sulla guancia del Gran Maestro. «Questo è un contrattempo irrilevante. Non potete uccidere un dio» avvertì.
   «Un demone, a quanto ho capito. Forse non lo uccideremo, ma possiamo rendergli la vita difficile. Su Deep Space Nine ha funzionato» ribatté il Capitano.
   «Sala macchine a plancia, siamo pronti a emettere l’impulso» avvertì Dib, l’Ingegnere Capo. «Che intensità vuole?».
   «Cento rad per metro quadro» rispose il Capitano. «Fuoco!».
   «NO!» gridò Elvo. Estrasse una vibro-lama che teneva nascosta sotto la manica, l’attivò e si avventò su Hod per pugnalarla. L’Elaysiana arretrò spaventata, ma essendo nativa di un pianeta a bassa gravità non aveva la forza per fermare l’aggressore. Per sua fortuna non ne ebbe bisogno. Il Comandante Radek scattò in avanti, afferrò il Bajoriano per il polso e glielo torse rudemente, costringendolo a mollare l’arma. Nel frattempo gli altri ufficiali di plancia estrassero i phaser e tennero sotto tiro i Bajoriani. Alcuni di questi si avventarono sui federali, tentando di strappargli le armi, ma furono storditi prima di raggiungerli.
   «Dannato infedele... brucerai anche tu...» rantolò il Gran Maestro, cercando di liberarsi dalla fortissima stretta di Radek.
   «Non oggi» ribatté il Rigeliano. «Ora vai a nanna». Con la mano libera lo afferrò per il bavero e lo sollevò di peso, lasciandolo a scalciare a mezz’aria. Poi lo sbatté al suolo, lasciandolo tramortito.
   «Grazie» mormorò Hod, che per un attimo se l’era vista brutta. «Sono fortunata ad averla con me».
   «Dovere» disse il Comandante. Raccolse la vibro-lama e si rivolse ai soldati ancora in piedi. «Signori, adesso sarete scortati in cella. Quanto al vostro padrone laggiù, stiamo per sbarazzarcene» aggiunse, indicando il pianeta. In quell’attimo il raggio cronotonico scaturì dal deflettore della Keter, diretto alle Caverne di Fuoco.
 
   Juri chiuse gli occhi, aspettandosi d’essere incenerito, o di sprofondare sottoterra com’era successo a Daaro. Ma nulla di tutto ciò accadde; lo storico udì invece un grido lacerante. Riaprì gli occhi e vide la Bajoriana che si dimenava, come l’ossessa che effettivamente era. Anche Modro sembrava in agonia. I flussi energetici che scaturivano dai loro corpi s’indebolirono, come se le loro forze venissero prosciugate. Proprio quando il punto di scontro stava per toccare il Maggiore, entrambi i getti svanirono. Juri comprese che la Keter stava irradiando la zona di cronotoni, secondo il piano.
   Modro cadde a terra, stremato. Un bagliore azzurro lasciò il suo petto e partì verso l’alto alla velocità di un proiettile. Il Profeta stava tornando al Tunnel Spaziale, mentre il suo ospite giacque privo di sensi.
   La dottoressa Agni continuò invece a dimenarsi pazzamente. Si rotolava al suolo, inarcava la schiena e arrivava a strapparsi intere ciocche di capelli. Almeno la testa era tornata in posizione normale; ma aveva gli occhi rovesciati all’indietro e la schiuma alla bocca, come se fosse in preda a un attacco epilettico. Juri intuì che Kosst Amojan non voleva abbandonare il corpo di cui si era impadronito. Nella sua rabbia, il Pah-wraith strillava in Bajoriano Antico e in altre lingue che lo storico non riconobbe.
   Approfittando dell’occasione, Juri pronunciò la formula d’esorcismo, riprendendola là dove il Vedek l’aveva interrotta. I sussulti dell’indemoniata si fecero ancora più violenti, ma il suo linguaggio divenne comprensibile. «Stolto! Credi che questa sia la fine? È solo il principio!» strepitò. «Tra pochi anni le fiamme della guerra consumeranno non solo Bajor, ma tutta l’Unione! Non ci sarà scampo per nessuno! Tutti voi brucerete, mentre io sarò libero!».
   Inquietato da quell’oscura profezia, l’Umano avrebbe voluto saperne di più. Ma si astenne dal fare domande, perché non voleva interrompere la formula. Forse quella minaccia non era che un trucco per indurlo a fermarsi, proprio ora che restavano pochi versi. Alzando la voce, per sovrastare le urla animalesche dell’indemoniata, lo storico terminò l’esorcismo. Nel frattempo la Keter continuava a emettere il flusso di cronotoni.
   Con un grido straziante, la Bajoriana inarcò la schiena e infine giacque priva di sensi, in una posa scomposta. I capelli scarmigliati le circondavano il volto esangue. Un bagliore rossastro uscì dal suo corpo e schizzò contro Juri.
   Lo storico fece appena in tempo ad alzare un monile col simbolo dei Profeti che Vedek Daaro gli aveva donato. Indebolito dallo scontro, dalle radiazioni e dall’esorcismo, il Pah-wraith non ebbe la forza di superare quella barriera. Girò attorno all’Umano e scomparve nelle Caverne.
 
   All’essere incorporeo bastarono pochi secondi per attraversare la roccia solida, fino a raggiungere la grotta del Cristallo. Simile a una fiammella svolazzante, passò davanti a Norrin e si tuffò nella teca, riunendosi all’artefatto.
   Con riflessi fulminei, l’Hirogeno richiuse le ante. Ritrasse subito le mani, perché il reliquiario scottava. Diversamente dalle altre teche, che avevano un oculo trasparente, questa era del tutto opaca. Tuttavia, pur non potendo vedere il Cristallo, Norrin ebbe la sensazione che la sua energia fosse calata, come se fosse entrato in quiescenza. L’Hirogeno non poteva spiegare esattamente come lo sapeva, ma era come se la sua mente si fosse schiarita e il corpo fosse più leggero. Anche i colleghi della Keter e gli archeologi bajoriani riferirono le stesse sensazioni.
   «Il Maligno è sconfitto! Siano lodati i Profeti!» gioì uno dei Bajoriani.
   «Sia lodato il deflettore di navigazione della Keter» corresse Norrin, ironico. «Comunque il vostro demone non è distrutto. È ancora qui dentro» avvertì, accennando alla teca piramidale. «Dobbiamo fare in modo che nessuno lo liberi. Servirà un nascondiglio sicuro...» mormorò, tutt’altro che sollevato. Con gli Adoratori dei Pah-wraith ancora sul piede di guerra, non riusciva a immaginare un nascondiglio a prova di ladro.
 
   Sconfitto Kosst Amojan, le eruzioni vulcaniche si placarono con la stessa rapidità con cui erano iniziate. Le montagne smisero di tremare e i boati cessarono. Il magma sprofondò nuovamente nelle viscere del pianeta; le voragini smisero di sprigionare ceneri e gas. I venti d’alta quota iniziarono subito a disperdere le nubi vulcaniche; entro pochi minuti i primi raggi di sole forarono la cappa nerastra. Anche i fulmini smisero di balenare, ora che la carica elettrostatica diminuiva. Le ceneri calde continuavano però a cadere, e lo avrebbero fatto a lungo.
   Premendosi un fazzoletto davanti al naso e alla bocca, per non respirare la cenere, Juri avanzò in quel paesaggio desolato, lasciandosi dietro le impronte. Raggiunse il corpo della Bajoriana e si chinò su di lei, cercando i segni vitali. Il battito c’era, anche se un po’ irregolare, e così il respiro, per quanto debole. «Resisti, amore» disse l’Umano, sebbene lei non potesse sentirlo. Spinse lo sguardo oltre il crepaccio: Modro era ancora privo di sensi, ma un movimento della testa indicò che era vivo.
   «Smirnov a Keter, tre da portare su» disse lo storico, premendosi il comunicatore. «Due sono feriti e necessitano di cure immediate» aggiunse. Restò accanto a Vasa, finché il teletrasporto li trasferì assieme.
 
   Ashalla, la capitale di Bajor, era uno dei luoghi più incantevoli che il Capitano Hod avesse mai visitato. Aiuole fiorite punteggiavano i quartieri e filari di alberi bordeggiavano le ampie vie pedonali del centro. Dal vicino lago veniva un fiume che attraversava gran parte della città, trasformandosi in cascata per superare un dislivello. La cultura era ovunque: negli antichi monumenti che svettavano verso il cielo, nei templi pieni di tesori artistici, nei giardini ben curati, nei frequenti festival di musica e danza, nelle delizie gastronomiche. Il Capitano provò un’immensa soddisfazione al pensiero che, grazie ai loro sforzi, il pianeta era salvo. Ma c’erano ancora gravi questioni da affrontare; non era il momento di dormire sugli allori.
   All’arrivo dei federali, la delegazione uscì dal palazzo governativo e venne loro incontro. C’era il Primo Ministro Parva, con alcuni suoi funzionari, ma anche Kai Nashir, la leader religiosa, accompagnata da un paio di Vedek. Al Capitano non piaceva per niente questa commistione tra potere politico e religioso tipica della società bajoriana, ma si astenne dal fare commenti.
   «Bentornata, Capitano!» l’accolse il Primo Ministro. «A nome di tutti i Bajoriani, la ringrazio per quanto ha fatto».
   «Io non ho fatto nulla» rispose Hod. «Sono i miei ufficiali che hanno risolto il problema. Oltre al Maggiore Sisko, s’intende».
   «Lui non c’è?» si stupì Parva, osservando la scorta del Capitano.
   «È provato dall’esperienza. I miei dottori lo terranno sotto osservazione per qualche giorno» spiegò l’Elaysiana.
   «Abbiamo ottimi ospedali anche qui... ma non importa, fate come credete» disse il Primo Ministro, troppo sollevato per stare a sottilizzare.
   «Accogliere in sé un Profeta è una benedizione, ma anche un grande fardello» intervenne Kai Nashir, regale nell’abito bianco, percorso da una fitta trama di ricami d’oro. «Era dai tempi dell’Emissario che un simile evento non si verificava» aggiunse.
   «Uhm, sì» fece Hod, perplessa da quella mentalità. Per lei i Profeti e i Pah-wraith erano alieni incorporei, non dissimili da tanti altri scoperti dalla Flotta. «Eminenza, vorrei porgerle le mie condoglianze per quanto accaduto a Vedek Daaro».
   «Non dobbiamo addolorarci per lui; ora è con i Profeti» disse la Kai con voce serena.
   Il Capitano avrebbe tanto voluto avere la sua sicurezza, ma non volle polemizzare. «La sua consulenza ci è stata preziosa in fase di pianificazione, e credo che anche sul campo abbia fatto la differenza» disse, cercando di rendere onore al caduto.
   «Non mi aspettavo nulla di meno dal mio vecchio amico» disse Kai Nashir, lasciando trapelare una certa commozione.
   In quella Norrin e un drappello di guardie si fecero avanti, scortando il prigioniero. Privato dell’uniforme da Generale, Elvo vestiva la tuta grigia dei carcerati. Si guardò intorno ridacchiando, come se non gli importasse un accidente d’essere stato arrestato. I suoi occhi beffardi si posarono sul Primo Ministro. «Salve, eccellenza. Allora, venerdì prossimo ci vediamo per la solita riunione della Sicurezza?» lo schernì.
   Il capo di Stato s’irrigidì. «Elvo Jizu, lei ha disonorato la Milizia e tutto il popolo bajoriano. Ha tradito la nostra fiducia. Ora l’attende un processo per direttissima al tribunale militare. Non s’illuda di uscirne con qualche maneggio: l’attende l’ergastolo sull’isola di Elemspur. Lì avrà tempo di meditare, e forse di pentirsi».
   «Tempo! Quanto tempo crede che resti a voi?» ribatté il Gran Maestro, guardandolo con occhi spiritati. «Il Signore dell’Eterno Fuoco si è risvegliato e i suoi servi rispondono all’appello. Se non potete fidarvi di me, a chi altri vi affiderete? A chi oserete volgere le spalle? Vivrete nel terrore, fino al giorno in cui Kosst Amojan vi punirà!».
   «Se non l’hai ancora capito, il tuo campione ha fatto fiasco» gli ricordò Norrin. «In questo momento si trova chiuso in una teca, ben sorvegliato».
   «Voi lo sorvegliate? O non è piuttosto lui che sorveglia voi?!» rise Elvo. «Credete davvero che teche e campi di forza possano trattenerlo? Quando i tempi saranno maturi, egli uscirà più forte che mai!».
   «Se mantiene l’abitudine di uscire per pochi giorni ogni duecento anni, potremmo anche tollerarlo» ironizzò Norrin. «Ma qualunque piano abbia in mente, non credo che ne farai più parte. Il Signore del Fuoco non è clemente coi servi che lo deludono, ricordi? Spera di non incontrarlo più, perché altrimenti ti renderà conto del tuo fallimento». Ciò detto, l’Hirogeno costrinse il Bajoriano a camminare verso il veicolo della Milizia.
   «A presto, amici! Godetevi l’aria fresca, finché potete... perché la resa dei conti è più vicina di quanto pensate!» gridò Elvo, mentre gli agenti lo ficcavano a forza nel blindato.
   «Che infamia» disse il Primo Ministro, distogliendo lo sguardo. Solo quando il veicolo si fu allontanato egli si rivolse al Capitano. «Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, c’è un fondo di verità nelle parole di quell’esaltato. Il Cristallo di Fuoco rappresenta una minaccia costante. Non possiamo riseppellirlo nelle Caverne, perché ormai tutti gli Adoratori sanno che è lì. Dovremo trovargli un’altra sistemazione».
   «Sì, proprio di questo volevo parlarle» annuì Hod. Mentre conversavano, presero a passeggiare nei giardini che circondavano il palazzo. Funzionari e guardie stavano qualche passo indietro; solo Kai Nashir si era affiancata a loro.
   «La Flotta Stellare considera il nuovo Cristallo una minaccia di priorità 1» spiegò il Capitano. «L’Ammiraglio Chase vuole che sia portato in una struttura isolata, lontano da qualunque pianeta abitato. Non esclude la possibilità di distruggerlo, se troveremo il modo».
   Il Primo Ministro e la Kai si scambiarono un’occhiata inquieta. «Nessun Cristallo è mai stato distrutto» disse la leader spirituale. «E dire che i Cardassiani ci provarono, durante l’Occupazione. Ma nessuno strumento terreno, nessuna tecnologia può infrangere ciò che viene dai Profeti. Temo che sia lo stesso anche per questo blasfemo strumento dei Pah-wraith».
   «Ragione in più per nasconderlo» disse il Capitano, sebbene in cuor suo non fosse disposta a rinunciare così facilmente. «A nome del Comando di Flotta, vi chiedo di consegnarci l’artefatto».
   «Temo che non sia possibile» disse Parva. «Quell’oggetto è stato rinvenuto su Bajor. Nel bene o nel male, fa parte del nostro pianeta. E il mio popolo non cede facilmente i reperti, dopo averne visti rubare o distruggere così tanti».
   «Signor Ministro, stiamo parlando di un oggetto che, per vostra ammissione, è una costante minaccia» evidenziò Hod, contrariata da quell’atteggiamento possessivo. «Non può restare su Bajor. La prossima volta che Kosst Amojan uscirà, potremmo non essere nei paraggi».
   «Ne convengo» annuì il Primo Ministro. «Ma non posso concedere l’esportazione fuori dal sistema. Mi spiace, Capitano... il Ministero dei Beni Culturali ha insistito. Né posso ignorare le richieste del clero» aggiunse, accennando alla Kai che gli camminava a fianco.
   «Credo che i nostri monaci dell’Ordine Esoterico siano i più adatti a custodire l’artefatto» confermò Nashir. «Conoscono gli inganni dei Pah-wraith e non si lasceranno corrompere».
   L’Elaysiana chiuse brevemente gli occhi, per non far vedere che li alzava al cielo. «Signor Ministro... Eminenza... così non può andare» disse. «Quell’oggetto è una minaccia non solo per Bajor, ma per ogni luogo abitato. Se qualcuno lo rubasse – non necessariamente gli Adoratori – le conseguenze sarebbero gravi. Che succederebbe se, poniamo, i Romulani Imperiali lo usassero per distruggere i loro cugini Repubblicani? La colpa ricadrebbe su di noi, per non averlo vigilato a dovere».
   «La sua preoccupazione per l’incolumità di tutti i popoli è ammirevole, Capitano» riconobbe la Kai. «Le assicuro che voglio venirle incontro».
   «Allora mi lasci prendere il Cristallo» insisté Hod. «I suoi monaci saranno anche incorruttibili, ma non potranno fare molto, contro una squadra d’assalto decisa a impadronirsene».
   «Posso suggerire una soluzione di compromesso?» disse il Ministro Parva. «Il Cristallo resterà nel nostro sistema, ma sarà vigilato dal personale della Flotta Stellare. Così avremo tempo di ripulire la Milizia da quegli sciagurati Adoratori».
   Il Capitano valutò la proposta. Avrebbe preferito levare il Cristallo da quel sistema pieno di fanatici e portarlo in un luogo segreto, ma se proprio non si poteva, quella era l’alternativa migliore. «Uhm... potrebbe funzionare, ma dobbiamo comunque trovare una collocazione» disse. «E dev’essere un luogo già pronto, perché non c’è tempo di costruire un fortino».
   «Che ne dice di Deep Space Nine?» suggerì il Primo Ministro. «È abbastanza grande da accogliere una guarnigione e contiene un caveau di massima sicurezza. Mi spiace solo per i turisti, che perderanno la loro meta preferita».
   «Veramente pensavo a un luogo meno famoso... e meno antiquato» disse il Capitano. «Ma almeno non ci vivono civili, da quando è diventata un museo. E potremmo tenere un’astronave di guardia, finché non l’avremo ammodernata. Uhm... ne parlerò all’Ammiraglio, ma non posso promettervi nulla» avvertì.
   «Gli dica che gli dovrò un favore, se accetterà la mia proposta» disse Parva. «Altrimenti finiremmo allo scontro legale, e sarebbe un’enorme seccatura per tutti».
   «Non mancherò» promise Hod. «Ma da parte vostra, voglio l’assicurazione che v’impegnerete a fondo contro gli integralisti».
   «Non ha bisogno di chiedermelo. Dopo il tradimento di Elvo, combattere queste derive è più urgente che mai» assicurò il Primo Ministro.
   Per un po’ camminarono in silenzio, poi il Capitano si rivolse alla Kai. «Eminenza, ho sentito che da qualche tempo i Cristalli – quelli dei Profeti, intendo – mostrano visioni oscure. È solo una diceria, o c’è del vero?».
   «Ahimè, è la verità!» si lamentò Nashir, sfiorandosi l’elaborato orecchino. «Le visioni sono sporadiche e vaghe, ma tutto lascia intendere che si appresta una grave minaccia. Le forze del Male sono in fermento... la temporanea liberazione del Maligno ne è la prova».
   Hod non sapeva se darle credito, ma pensò che in effetti gli alieni del Tunnel si erano più volte dimostrati capaci di prevedere il futuro. Se ora annunciavano guai, era meglio non ignorarli. «Allora, quando il Cristallo di Fuoco sarà collocato, cercheremo di eliminarlo» annunciò.
   «Come le ho detto, nessun Cristallo può essere distrutto» disse la Kai, scuotendo la testa.
   «Il fatto che non siano mai stati distrutti non significa che sia impossibile farlo» obiettò il Capitano. «La Flotta possiede armi micidiali: qualcosa di efficace lo troveremo».
   «Se anche riusciste a distruggerlo, non pensa che libererete il Maligno?» notò il Ministro Parva.
   «Non lo colpiremo, finché resterà quiescente» spiegò Hod. «Ma se quell’essere uscirà ancora, e non riuscissimo a rinchiuderlo, allora sarebbe pericoloso lasciargli il Cristallo a disposizione. Con tutto il rispetto per il Ministero dei Beni Culturali e per il clero» aggiunse, con un’occhiata alla Kai.
   «Condivido le tue preoccupazioni, figliola» disse quest’ultima, in tono più confidenziale. «Io e l’Ordine Esoterico consulteremo le antiche pergamene, in cerca d’indizi per tenere sotto controllo il Cristallo, o anche per distruggerlo. Se scopriremo qualcosa, avviseremo la Flotta» promise.
   «Grazie, Eminenza» disse il Capitano. Anche se non si aspettava che i monaci se ne uscissero con la soluzione a tutti i problemi, si disse che in fondo custodivano i Cristalli da millenni. Un po’ di conoscenza dovevano averla per forza. Chi poteva sapere quante visioni del futuro avevano avuto? Se tra i resoconti fittizi e quelli non attinenti c’era qualche indizio utile a gestire il Cristallo di Fuoco, sarebbe stato sciocco non approfittarne.
 
   «Come sta Vasa?» chiese Juri, appena vide la dottoressa Mol uscire dalla saletta di degenza.
   «Considerando che ha passato tre giorni sotto il controllo di un’entità piromane, che ha girato la testa di 180º e che ha camminato sulla lava fusa... direi sorprendentemente bene» rispose la Vidiiana. «Ha i sintomi di un grave stress psicofisico, ma nessuna conseguenza clinica preoccupante. Però voglio tenerla in osservazione».
   «È cosciente?».
   «Sì, ma preferirei che non ricevesse visite. È ancora sotto shock e le serve tempo per elaborare l’accaduto» spiegò la dottoressa.
   «Forse vedere un volto amico le gioverebbe» suggerì Juri.
   «Lei è suo amico?».
   «Diciamo così. Ci conoscevamo ai tempi dell’Università» rivelò l’Umano, un po’ infastidito, come sempre gli accadeva quando qualcuno gli faceva domande personali.
   La Vidiiana ebbe la sensazione che ci fosse molto di più, ma decise di non indagare, visto che l’altro sembrava a disagio. «Vada, ma non l’affatichi» raccomandò.
   Juri non se lo fece ripetere. Infilò la porta e la vide: Vasa giaceva sul lettino, con gli occhi arrossati dal pianto. Al suo ingresso girò la testa. «Vattene» disse con voce roca.
   «Ehi, lasciati almeno dire quanto sono contento di vedere che stai bene» disse l’Umano, entrando malgrado l’ordine.
   «Io sto bene... ma le mie vittime no» disse la Bajoriana, coprendosi il volto con le mani. «Ho ucciso delle persone, laggiù».
   «Kosst Amojan le ha uccise» corresse lo storico. «Sono vittime sue... e lo sei anche tu» aggiunse, accostandosi al lettino.
   «Io sono viva!» gridò Vasa, guardandolo finalmente negli occhi.
   «Lo dici come se fosse un male».
   «Avrei dovuto morire, prima di... di fare quelle cose».
   «Non le hai fatte tu, ma quell’essere» ribadì Juri. «Questo è chiaro a tutti: anche il tribunale non può perseguirti».
   «Ma se mi fossi opposta di più...» cominciò l’archeologa.
   «Ah-ah, non ci provare» disse lo storico, alzando l’indice. «Nessuna vittima di possessione da parte dei Pah-wraith è mai riuscita a scacciarli, o a resistere alla loro influenza. Quindi non colpevolizzarti. Se al tuo posto ci fosse stato qualcun altro... chiunque altro... le cose sarebbero andate allo stesso modo».
   «Non dovevo fare scavi nelle Caverne di Fuoco» insisté Vasa, prendendola da un’altra angolazione. «E soprattutto non dovevo aprire quella teca, dopo averla dissotterrata. Già le iscrizioni dovevano mettermi sull’avviso... ma non ho resistito alla tentazione. Trovare un nuovo Cristallo è il sogno più selvaggio di ogni archeologo Bajoriano. Mi vedevo già sulle prime pagine delle testate Olonet... l’archeologa che ha fatto la scoperta del secolo! Oh, Profeti... che sciocca sono stata!» si disperò.
   «Non c’è nulla di male nella curiosità e in un po’ d’ambizione» la consolò Juri. «Sono alcuni dei motivi per cui mi piacevi, ai tempi dell’Università» aggiunse con un sorriso nostalgico. Le prese una mano e la strinse tra le sue.
   «Sembra passato un secolo» mormorò la Bajoriana, persa nei ricordi. «Sei ancora arrabbiato con me?».
   «Beh, sei tu che mi hai mollato. Sì, forse ho ancora un po’ di... non dico rabbia, ma rimpianto» ammise l’Umano. «Ho pensato spesso a noi... a come potevano andare le cose. Ti ho anche cercata, più volte, ma non mi hai mai risposto» aggiunse con una sfumatura di rimprovero.
   «Le cose erano finite, tra noi. Dovevo andare avanti con la mia vita» disse Vasa, ritraendo frettolosamente la mano. «Comunque è bello rivederti» ammise dopo una breve pausa. «Quindi adesso lavori per la Flotta Stellare?» chiese.
   «Solo come consulente. Ho insegnato per qualche anno all’Università di Nuova Berlino, prima che... beh, il clima non era molto favorevole al dibattito» disse, glissando sui suoi guai. «Così adesso viaggio su questa nave, esaminando i reperti anacronistici».
   «Complimenti, hai fatto carriera!» disse Vasa, senza avvedersi che l’Umano non era affatto contento di com’era cambiata la sua vita.
   A Juri, invece, non era sfuggito che la Bajoriana ignorasse tutto di lui. Evidentemente non si era mai preoccupata di sapere che fine aveva fatto. La cosa lo demoralizzava, ma l’Umano decise di non demordere. «Spero ancora di tornare all’Università» disse. «Magari, tra questi manufatti anacronistici, troverò qualcosa d’interessante che invoglierà il Rettore a richiamarmi. In ogni caso, sono lieto che questa missione ci abbia fatti incontrare. Magari potremmo tenerci in contatto» disse, speranzoso.
   «Io... non so» fece Vasa, titubante. «Credimi, mi è piaciuto rivederti, ma...» lasciò in sospeso.
   «Ma cosa? Non ti ho chiesto di tornare insieme. Dico solo di farci un saluto ogni tanto» spiegò Juri, sebbene in realtà sperasse proprio di riallacciare il rapporto.
   «Un saluto va bene, ma non aspettarti di più. Vedi, c’è una cosa che devi sapere di me...» cominciò la Bajoriana, ma si bloccò subito, fissando l’ingresso.
   Juri si girò lentamente, presagendo guai.
   Modro Sisko si stagliava sulla porta. Il Maggiore si era già ripreso dal terribile scontro e adesso era in piedi, con lo sguardo ansioso. «Amore, stai bene?» chiese con voce appassionata.
   L’Umano sentì il cuore infrangersi. Indietreggiò rapidamente, nascondendo le mani dietro la schiena, sebbene avesse già lasciato quella di Vasa.
   «Sì, caro... i dottori dicono che mi serve solo un po’ di riposo» rispose la Bajoriana, con voce poco spontanea. Non provò a spiegare perché Juri fosse lì.
   «Sia lode ai Profeti! Sono stato così in pena!» gioì Modro, accostandosi al lettino. Si chinò su Vasa e la baciò a lungo, con trasporto. La Bajoriana ricambiò, alzandosi col busto, così che lui potesse abbracciarla.
   Terminate le effusioni, Modro si girò verso Juri, che era arretrato fino alla parete e fissava una consolle medica come se fosse la cosa più interessante del cosmo. «La ringrazio per aver salvato mia moglie» disse il Bajoriano.
   «Sua moglie?» chiese Juri, cercando di reprimere la smorfia di dolore. «In questi giorni non ci ha mai detto che eravate sposati».
   «Ha ragione, è stato scorretto da parte mia» ammise Modro. «Temevo che non mi avreste lasciato andare sul campo, sapendo che ero coinvolto emotivamente. Ma io credo che il nostro amore abbia contribuito a scacciare il Maligno» disse, tornando a guardare con affetto la consorte.
   «Tutto è possibile» disse Juri, muovendosi come un granchio verso l’uscita. «Beh, sono lieto di vedere che state bene. Ora devo andare. Ho un sacco di lavoro che mi aspetta».
   «Come, se ne va di già?» si stupì il Bajoriano. «Pensavo che avremmo potuto parlare un po’. Esperienze come questa non si vivono tutti i giorni. A proposito... voi due vi conoscevate?» chiese, passando lo sguardo dall’Umano alla moglie.
   «No» rispose prontamente Vasa.
   Il Maggiore si accigliò e torno a scrutare Juri. «Da come ha parlato di lei in questi giorni, avevo avuto l’impressione di sì» notò.
   «La conoscevo di fama, tutto qui» rispose lo storico. «Adesso devo proprio andare».
   «Buona fortuna, dottor Smirnov. E grazie di tutto. Lei ha fatto di me un uomo felice» disse Modro, porgendogli la mano.
   Mentre si faceva triturare la destra dalla forte stretta del Maggiore, Juri mantenne un sorriso artefatto. «La Flotta esiste per questo, no?» commentò. «Buona fortuna per l’avvenire. E occhio alle caverne».
   Con queste parole, lo storico lasciò frettolosamente la saletta di degenza. Mentre attraversava l’infermeria principale incrociò la dottoressa Mol, che notò la sua espressione adombrata.
   «Che succede?» chiese la Vidiiana.
   «Odio le missioni sul campo» disse l’Umano, passandole accanto. Uscì dall’infermeria a passo sostenuto, senza voltarsi indietro.
 
   Tre giorni dopo, Modro e Vasa vennero dimessi dall’infermeria. Furono accompagnati in sala teletrasporto dal Capitano e da altri ufficiali, ma non da Juri, che dal giorno della delusione non si faceva più vedere in giro.
   «Ho sentito che la Flotta ha accettato la proposta del Primo Ministro» disse Modro. «Il Cristallo di Fuoco sarà custodito su Deep Space Nine».
   «Sì, lo abbiamo già trasferito» confermò Hod. «Una guarnigione è sul posto per tenerlo d’occhio e gli ingegneri stanno modernizzando la stazione. Quando tutto sarà sistemato, non escludo che ci siano partnership tra la Flotta e la Milizia per sorvegliare il Cristallo e magari anche per studiarlo».
   «Allora forse ci rivedremo» sorrise il Maggiore, porgendole la mano.
   «Forse» convenne Hod, stringendogliela. «Il nostro lavoro ci porta molto in giro. Se ci ritroveremo, spero che avvenga in circostanze migliori».
   «Ottimismo, Capitano!» la incoraggiò Modro, dopo di che salì sulla pedana assieme a Vasa. L’archeologa era ancora depressa e taciturna, dopo la terribile esperienza. Anche nel momento dei saluti restò in silenzio, con lo sguardo basso. «Che i Profeti vi accompagnino» augurò Modro ai federali.
   «Arrivederci, Maggiore Sisko» rispose il Capitano, più laica.
   I due Bajoriani furono teletrasportati a terra. Hod e i suoi ufficiali tornarono in plancia, scambiandosi le ultime impressioni sulla missione. Mentre si risedeva sulla poltroncina, l’Elaysiana si sentì un po’ più sicura di sé rispetto a quand’erano partiti: aveva dimostrato di saper comandare la nave con successo. «Lasciamo l’orbita, un quarto d’impulso» ordinò.
   Mentre si allontanava dal globo verde-azzurro di Bajor, la Keter passò accanto a Deep Space Nine. La vecchia stazione spaziale era stata spostata e riadattata più volte nel corso dei secoli. I Cardassiani l’avevano costruita ai tempi dell’Occupazione per raffinare i minerali e sorvegliare il pianeta. In seguito Benjamin Sisko l’aveva portata accanto all’imboccatura del Tunnel Spaziale. Quello era stato il periodo d’oro della stazione, divenuta il crocevia di popoli dei due Quadranti, nonché baluardo federale nella Guerra del Dominio. Ma dopo la costruzione di una nuova stazione, la New Frontier, Deep Space Nine era stata riportata in orbita, divenendo una meta turistica. Molti Bajoriani, infatti, volevano visitare i luoghi in cui l’Emissario aveva vissuto e lavorato in quel periodo storico cruciale. Ora però la stazione era stata chiusa al pubblico, per diventare la cassaforte del Cristallo di Fuoco.
   Osservando la struttura che rimpiccioliva in lontananza, il Capitano Hod sentì che prima o poi la sua rotta l’avrebbe riportata lì. La sfida con Kosst Amojan era appena cominciata... e solo i Profeti sapevano come sarebbe finita. 
 
   
 
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