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Autore: moganoix    16/10/2020    1 recensioni
Kim Jongin, idol pentito in vetta alla sua carriera, in preda ai deliri causati dalla febbre alta, incontra Kyungsoo, senzatetto che bazzica nel piccolo quartiere di Seoul in cui abitano i suoi genitori, e decide di aiutarlo a cambiare vita a patto che il maggiore faccia lo stesso per lui.
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!!! Ho iniziato a scrivere questa storiella nel lontano 2016, quindi quello è l'anno a cui in essa si fa riferimento, tutti i personaggi inoltre hanno la loro età reale ^^
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Kaisoo + brevi accenni di Sulay
Enjoy ~
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai, Lay, Lay, Suho, Suho
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Beginning

 
A Kyungsoo piaceva un mondo nascondere le cose, da piccolo si divertiva sempre a prendere le sudice bambole di sua sorella minore e a celarle in luoghi segreti noti solo a lui, luoghi di cui poi, puntualmente, si dimenticava l’esistenza, e allora, siccome non trovava mai quello che aveva nascosto, gli toccava intrufolarsi in qualche casa della gente benestante per sgraffignare un piccolo peluche o un’altra bambolina che rimpiazzassero il giocattolo smarrito. Poi però sua sorella era stata presa in affidamento da una famiglia di Gangnam quando Kyungsoo aveva dieci anni e lei sei, e nessuno l’aveva più vista. Kyungsoo pensava che fosse carina quando si arrabbiava, con quelle guance vermiglie per il freddo che si gonfiavano a palloncino, i capelli lunghi e pieni di nodi che ricadevano informi sulla fronte aggrottata e le spalle serrate nel giubbottino sgualcito ormai troppo piccolo anche per lei, che era minuta minuta, ma anche che fosse veramente adorabile quando si apriva in uno di quei sorrisoni che lambivano le estremità degli occhi mentre stringeva al petto quei bambolotti rubati che lui stesso le portava. Quando se n’era andata, Kyungsoo aveva sperimentato una sensazione nuova rispetto al disagio della vita da senzatetto, era come svuotato della serenità infantile, quella specie di spensieratezza immatura che, nonostante la depressione della madre e la sua impossibilità di badare ai figli, i due bambini continuavano inconsapevolmente a donarsi a vicenda, Kyungsoo con i peluche per la sorellina e quest’ultima con tutti i sorrisi sinceri che illuminavano le cineree giornate trascorse in discarica a rovistare nei cassonetti o lungo le strade cercando di racimolare qualche spicciolo. A dieci anni quindi, Kyungsoo scoprì che non solo gli oggetti potevano essere nascosti. Imparò allora a dissimulare la sua tristezza così bene che riuscì quasi a riempire quel vuoto che percepiva un po’ più su dello stomaco. Cosa c’era un po’ più su dello stomaco? Probabilmente qualcosa di importante se gli faceva così male. Con rammarico però, dopo poco tempo il ragazzo si rese conto che la sola tristezza non bastava per tappare il buco nero lì al centro del suo petto, dunque decise che fosse necessario nascondere tutte le proprie emozioni lì dentro, senza mai farle uscire allo scoperto, in modo da contenere la fame della fessura. Per un po’ di tempo andò bene, Kyungsoo continuava la sua misera vita di espedienti con la madre e non si lamentava. Come faceva con quelle bambole, dopo pochi anni iniziò a dimenticare il volto della sorella, prima i capelli, poi il corpo magro, infine gli occhi neri. Solo ogni tanto una veloce immagine delle sue sottili labbra incorniciate dalle guance arrossate faceva breccia nei pensieri di un Kyungsoo ormai tredicenne, e lui pensava con una fitta di nostalgia “Dove sei adesso, sorellina?”; poi neanche più quello. A diciotto anni compiuti, la madre in prigione per aver tentato di derubare in strada un riccone con la testa montata e una voragine al posto del cuore, ogni volta che Kyungsoo scorgeva quella tenera immagine infantile nei suoi sogni più intimi non poteva fare altro che chiedersi “Chi sei tu?”, per poi rinunciare e tornare a dormire con il peso del suo malessere che gli gravava addosso ancora più di prima. A vent’anni apprese da alcune voci che giravano in un campo rom che sua madre si era suicidata in carcere. La sua unica reazione fu un cenno d’assenso ed un indolente “Grazie dell’informazione” pronunciato mentre internamente ringraziava per quella nuova pesante malinconia da aggiungere a quella accumulata nel corso degli anni. A ventun anni e mezzo non sognava più nulla, il suo unico scopo era quello di sopravvivere e di colmare la voragine.

A ventitré anni, Do Kyungsoo riempì il baratro, o almeno così credette.
   
 
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