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Autore: klausanddiego    16/10/2020    0 recensioni
"Your love is therapy
No drug can give me clarity
As much as you do
Yeah, I need you here
Your love is scaring me
No one has ever cared for me
As much as you do"
Ho una playlist dedicata ai Kliego, quindi ho deciso di scriverci una storia!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Diego Hargreeves / Kraken / Numero 2, Klaus Hargreeves / Medium / Numero 4
Note: Lemon, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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I still remember third of December

Me in your sweater, you said it looked better

On me, than it did you, only if you knew

How much I liked you

Dopo quel bacio, Klaus e Diego rimasero ancora per un pò vicini, stretti l’uno all’altro. Nonostante le emozioni e l’amore che avevano sentito forti in loro, entrambi ebbero la sensazione di essersi scambiati un bacio d’addio. 

Klaus sapeva di non potersi infilare nella vita di Diego e rovinare la sua vita con Eudora. Avrebbe voluto, certo, ma non era abbastanza egoista e allo stesso tempo non si dava abbastanza valore per riuscire a dire di meritarsi Diego. Per questo si era allontanato senza fare troppe storie quando l’altro gli aveva detto di “non poterlo fare”, e la cosa più triste era che era abituato ad essere chiuso fuori dalla vita di persone a cui teneva. 

Diego invece sapeva che non sarebbe stato facile. Nonostante Klaus, i suoi sentimenti per Eudora c’erano ancora, aveva solo bisogno di capire in che direzione stessero andando. Lui era convinto di averla amata, ma forse negli ultimi tempi si era solamente accontentato. Uscirsene totalmente dal nulla e dirle che la loro relazione finisse lì a Diego non sembrava giusto, così come tradirla alle spalle non era giusto. Doveva decidere e subito, e più ci pensava, più si rendeva conto che avrebbe dovuto per forza ferire una delle due persone che amava, o Klaus o Eudora. Non esistevano vie di mezzo. 

- Diego? - Klaus attirò la sua attenzione, tirandolo fuori dalla scia di pensieri che aveva iniziato a travolgerlo. Il ragazzo dai capelli ricci aveva notato come il suo viso aveva assunto di nuovo quell’espressione, sempre quella che faceva quando c’era un problema. 

- Sì? - Diego non riuscì a guardarlo negli occhi, Klaus lo conosceva troppo bene e anche se erano passati due anni, lui non era cambiato chissà quanto. 

- Devi tornare da lei... Guarda che va bene così, davvero - rispose, cercando di non far trasparire l’amarezza che provava. Era la cosa giusta da fare, anche se non era ciò che Klaus voleva.

- Non dirlo, per favore. Lascia a me questa decisione - l’altro alzò lo sguardo e posò entrambe le mani sulle guance di Klaus. Stava tentando di rendergli le cose più facili, ma proprio per questo stava diventando tutto ancora più complicato. Diego voleva che Klaus ci fosse nella sua vita.

- Okay, uhm, ascolta...Io non porterei niente di positivo, non ti farei bene. Eudora è una ragazza splendida e sa come renderti felice - Klaus non ci pensò nemmeno un attimo e unì le sue mani con quelle di Diego, allontanadole dal suo viso. Teneva che la vita di Diego fosse migliore della sua, voleva che fosse così splendida da fargli dimenticare tutte le crudeltà che aveva subito, voleva che fosse così luminosa da buttare via l’oscurità della loro infanzia e adolescenza. Klaus pensò che fosse ora per lui di riposare, di divertirsi e assaporare ogni momento di felicità con la sua fidanzata. Diego aveva vent’anni e si meritava tutte le cose belle che riusciva ad avere. 

- Klaus…- Diego gli rivolse uno sguardo di disaccordo. Non doveva andare così, non doveva finire in quel modo. Non sapeva cosa avesse portato Klaus a pensare di sé stesso di non essere una buona presenza, ma lui era sicuro che per quanto lo riguardava, Diego era felice per davvero solo in sua presenza. In ogni momento triste nella sua vita Klaus gli aveva donato dieci sorrisi, altri dieci momenti di calma e serenità. Insomma, lui sarebbe stato tutto tranne che una persona che portava del male nella sua vita. Non poteva andarsene via, non di nuovo.

- Ehi, Diego, questo non significa che sparirò - il suo tono fu dolce. Strinse le mani di Diego nelle sue e poi gli accarezzò una guancia. L’intenzione di non farsi mai più vedere non era mai stata nei suoi piani, avrebbe fatto troppo male ad entrambi. Purtroppo Klaus credeva di aver già segnato la sua vita, di averla sporcata con le sue pessime decisioni che lo avrebbero perseguitato sempre. Credeva di essere destinato a quella vita e non si sarebbe permesso di trascinare Diego giù con lui. Preferiva vederlo felice con qualcun altro che preoccupato, deluso e arrabbiato con lui. 

- E’ che ho comunque bisogno di te - Diego gli rispose con gli occhi lucidi. Si era già sentito in mille pezzi una volta e aveva paura che potesse succedere ancora. 

- Ti prometto che verrò a trovarti. Adesso so dove abiti e tu sai dove venire a cercarmi, non ci perderemo - Klaus sorrise. Non c’era niente per cui sorridere eppure lui lo fece per rassicurare il ragazzo davanti a lui. Avrebbe mantenuto la sua promessa questa volta, per Diego.

- No, tu vieni a casa con me, non ti lascio vivere per strada e soprattutto ti aiuterò a ricominciare - il ragazzo dai capelli neri fece uscire le parole in fretta ed era chiaramente un’imposizione. Con lui Klaus sarebbe stato al sicuro e lontano dalle droghe che lo stavano lentamente uccidendo. L’avrebbe aiutato con tutte le sue forze. Tutti avevano sempre rinunciato a capirlo e guidarlo verso la strada giusta, ma non lui. Ci sarebbe stato, sempre.

- Non posso rifiutarmi, vero? - chiese. Sapeva già che non sarebbe rimasto in quella casa con Diego ed Eudora per molto, una vita domestica non faceva per lui e sinceramente non sarebbe rimasto a guardare come un cane bastonato la loro bella vita insieme. 

- Esattamente - finalmente un mezzo sorriso nacque sulle labbra di Diego. Era ovvio che non avesse pensato a tanti fattori sfavorevoli al fatto di far vivere Klaus con lui, ma al momento non gli interessava. 

 But I watch your eyes

As she walks by

What a sight for sore eyes

Brighter than a blue sky

She's got you mesmerized

While I die

I primi giorni trascorsero tranquilli. Eudora fu quasi felice quando Diego le disse che suo fratello sarebbe rimasto sul loro divano per un pò. La ragazza pensava che Klaus fosse simpatico, riusciva a vedere il buono che c’era in lui nonostante i suoi problemi. Lasciava che fosse Diego a prendersi cura di lui maggiormente, ma se poteva aiutare lo faceva con piacere. Eudora era fatta così, aiutare la gente era sempre stata una cosa che la rendeva felice.  

Klaus provò a stringere un rapporto amichevole con lei, anche se era geloso da morire. Poverina, Eudora nemmeno sapeva che lui provava qualcosa per Diego, che i due più che fratelli erano sempre stati amanti. Sin da subito lei si era mostrata gentile e ogni volta che vedeva Klaus sgattaiolare fuori dall’appartamento quasi all’alba tentava di fermarlo e gli diceva di stare attento. Era facile capire perché Diego l’amasse: lei era perfetta. Il viso angelico, il corpo perfetto, il sorriso contagioso, la sua dolcezza, la determinazione, la sua simpatia, l’impegno che metteva nel suo lavoro, il cercare del buono in tutte le persone che incontrava. Aveva tutto e Klaus a confronto si sentiva una merda, non si sentiva neanche bello la metà di lei. Diego non sarebbe mai stato suo, non poteva competere. 

Infatti quando erano tutti e tre in casa, Diego aveva occhi solo per Eudora. Klaus scompariva, ed era come se il bacio di qualche giorno prima non fosse mai esistito. Perciò quest’ultimo cominciò a passare solo la notte da loro, giusto per tenere Diego contento. A volte neanche ci tornava con le sue gambe in quella casa, era Diego stesso a trovarlo in giro e trascinarlo in macchina. Si prendeva cura di lui solo quando lei non c’era, lo lasciava dormire al suo fianco solo se lei faceva il turno di notte. Klaus iniziò a sentirsi un ripiego più che un posto sicuro, ma comunque lasciava che Diego lo trattasse così perchè era l’unico modo per sentirsi amato da lui.

Realizzò che non sarebbe riuscito a sopportare di vivere in quell’appartamento e in quelle condizioni quando una mattina si era svegliato e mentre faceva colazione la coppia era entrata in cucina, sorridente. E poi iniziò a mettere a fuoco i dettagli: i capelli scompigliati di Diego, i due succhiotti sul collo, Eudora che indossava solo una felpa bordeaux di Diego. No, anzi, la felpa bordeaux di Diego che poco prima di andare via era Klaus ad indossare. Il primo gli aveva sempre detto che ormai l’indumento odorava di lui e che quando si sentiva solo e non poteva stargli vicino la indossava. Quella scena l'aveva colpito in pieno, come un pugno in faccia. Era una stupida felpa all’apparenza, ma in quel momento sembrò che il mondo dipendesse da essa. Diego stava scegliendo Eudora e le parole dei giorni precedenti non avevano significato nulla. Diego si era sfilato Klaus di dosso per indossare Eudora.

L’aria gli mancò e resistere divenne doloroso, quindi uscì di casa in fretta, dicendo che aveva un impegno. E così tornò sempre più raramente, giusto per far vedere che era vivo. Diego aveva cercato di fermarlo, di farlo tornare. Sapeva dove l’altro andava e ogni volta che si presentava alla sua porta era talmente fatto che neanche sapeva come ci era arrivato. Andò anche a cercarlo, ma Klaus sapeva bene come non farsi trovare il più delle volte. 

Quello che faceva più male a Klaus non era sapere che Diego si portava a letto qualcun altro. Davvero non gliene importava nulla. Quello che gli faceva più male era sapere che aveva un'altra spalla su cui appoggiare la testa. Quello che gli faceva più male era sapere che adesso c’era un'altra persona che lo guardava piangere. L'intimità più grande è quella delle lacrime. I legami si rafforzano nella fragilità. E adesso c’era un'altra persona che piangeva con Diego, un'altra persona che vedeva i suoi difetti, un'altra persona che occupava gli spazi vuoti di quello che non riusciva a essere.

Ciò che unisce le persone è ciò che non si riesce a essere: ciò che rimane incompiuto.

Erano stati felici tante volte. Avevano scherzato, inventato, avevano riso per ore come matti. E si erano amati. Si erano amati tanto. In tutti i luoghi, in tutti i modi. Rifiutando i limiti senza mai oltrepassarli. 

Ciò che unisce le persone è rifiutare i limiti insieme e nonostante tutto non oltrepassarli mai.

Erano stati felici tante volte. E quando si guardava indietro capiva perfettamente che quello che rimaneva, quello che gli rimaneva, erano le difficoltà e ciò che ne avevano fatto. Ed era stato lì, quando mancava qualcosa, che a loro non era mai mancato nulla. Quando le difficoltà sono troppo grandi solo l'amore riesce a superarle.

Ciò che unisce le persone è quello che le aiuta a superare le difficoltà troppo grandi.

Amare è anche una questione di fiducia: la fiducia che l'amore ci dà. Chi si sente amato, amato veramente, è indistruttibile. Ha una forza straripante, si sente un eroe. Con lui Klaus non aveva mai temuto nulla, con lui  tutto era possibile. Finché non era arrivata Eudora.

Stavano scomparendo. Sempre più comodi e sempre più distanti. La comodità separa, respinge: li assimilava. E l'amore non è per chi vuole essere assimilato. L'amore è distante: deve essere distante per potersi avvicinare a chi ama. Per essere qualcosa che dall'esterno ci riempia completamente. Un amore assimilato è un amore finito: un mezzo amore, un semi-amore, un amore impalpabile. L'amore non può mai essere impalpabile. L'amore è un macigno e per questo sono pochi quelli in grado di sopportarlo nell'arco di una vita. Loro forse no. E ora Diego era di un’altra e Klaus non era di nessuno. Forse un giorno sarebbe riuscito a dormire di nuovo, a donare il suo corpo di nuovo a qualcuno. Ma le sue lacrime difficilmente avrebbero smesso di essere di Diego.

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

Wish I were Heather

Quella sera decise di superare il limite e iniziò a prendere pillola dopo pillola di Ecstasy. Aveva bisogno di sentirsi felice, di sentirsi vivo e spensierato. Non gli importò quanto male avrebbe sentito una volta finito l’effetto. Ed era consapevole che avrebbe fatto piuttosto male.

Ben provò a fargli cambiare idea, ma non riuscendo a toccarlo fu praticamente impossibile. Lo pregò di affrontare Diego, di di parlare con lui, di agire in qualsiasi modo che non mettesse a rischio la sua vita. Il fratello si sentiva impotente e gli si spezzava il cuore nonostante avesse visto scene del genere troppe volte negli ultimi due anni. Ben non sapeva secondo quale tipo di miracolo Klaus fosse ancora vivo. Aveva creduto che con Diego la situazione sarebbe migliorata, invece era successo quasi il contrario.

Fino a che punto arriva ciò che non sopporti?

Le grandi differenze tra le persone si notano su due piani diversi: il primo, nel tempo che impiegano a farla finita con qualcosa che non sopportano più; il secondo, in quello che fanno quando la fanno finita con qualcosa che non riescono più a sopportare.

Come sopravvivere a ciò che non sopporti ma che non riesci a smettere di sopportare?

Ci sono, alla fine, quattro tipi di persone: quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano – ma che poi, quando non tollerano, esplodono, senza lasciare alcuna possibilità per ricostruire ciò che c'era prima; quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione; quelle che ci mettono molto poco a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, esplodono, senza lasciare alcuna possibilità per ricostruire ciò che c'era prima; quelle che ci mettono molto poco a smettere di tollerare ciò che non sopportano - ma che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione.

Klaus era stanco di sopportare ma aveva paura di stancarsi di non farcela più a sopportare.

E poi esisteva Diego ed esisteva Klaus: non sapeva che tipo di persona era Diego e non sapeva che tipo di persona era lui. Non sapeva mai quando sarebbe esploso, quando sarebbe imploso; non sapeva mai quando lui stesso sarebbe esploso, quando sarebbe imploso. E si perdeva. Si perdeva in se stesso, in quello che doveva fare. Se doveva gridare oppure piangere o fermarsi, parlare o stare zitto. Era un ragazzino in un mondo di adulti, un somaro disgraziato che fissava un palazzo quando si scontravano. E perché diavolo si scontravano così spesso se alla fine li univano tante cose? Si donavano così bene l'un l'altro (si donavano proprio: io mi dono e tu ti doni) tutti i giorni – e poi arrivava una parola qualsiasi, un gesto qualsiasi, una disattenzione qualsiasi, un'eccessiva attenzione qualsiasi, ed ecco un'altra volta l'esplosione, un'altra volta l'implosione, un labirinto infinito, le sue lacrime, il suo desiderio di fuga perché non sopportava più tutto quello, pur non sapendo (davvero non lo sapeva) da dove arrivava. Erano forse tipi di persone differenti, tipi di sangue emozionale differenti, incompatibili? O forse avevano solo limiti differenti, distanze differenti tra ciò che gli impediva di continuare e ciò che gli dava ancora più forza per continuare? Dove si trovavano quando non sapevano dove erano?

“Oggi ci abbandono una volta per tutte e subito dopo ritorno una volta per tutte”.

Costa tanto andarsene e costa tanto dover tornare. 

E tutti i giorni abbandonavano la loro casa e poi tornavano ad abitarla. Distruggere, costruire, distruggere, costruire: ecco le loro giornate, i loro deliziosi (così belli, così belli, il loro amore, il loro bacio, i loro scherzi, la loro stupidità inimitabile) e dolorosi (fa male, il pianto, la sensazione di un territorio stupidamente deserto in pieno petto, la separazione incomprensibile) giorni. Si ritrovavano in un intervallo di dolore, un limbo di risentimento, un tunnel di agonia - una processione di fede in cui entrambi soffrivano ma da cui impiegavano diverso tempo a uscire, anche se ci riuscivano sempre. Erano assolutamente incompatibili e totalmente innamorati. Alla fine solo uno avrebbe vinto. 

Klaus si ritrovò a collassare per terra nel giro di qualche ora. Troppe sostanze chimiche giravano nel suo sangue, ma non abbastanza per avere un’overdose. Aveva riconosciuto immediatamente i tremori muscolari, la marcata confusione mentale e il delirio. Quando si aggiunsero anche le convulsioni, fu più che sicuro di star per morire di overdose, mancava solamente il collasso cardiocircolatorio.

La sua vista si oscurò, e sperò che continuasse ad essere così. La sua vita non faceva altro che peggiorare e Klaus era stanco di lottare.

Watch as she stands with her holding your hand

Put your arm 'round her shoulder, now I'm getting colder

But how could I hate her? She's such an angel

But then again, kinda wish she were dead

As she walks by

Mentre era in macchina con una sua amica, agente di polizia, la detective Eudora si accorse per caso del ragazzo steso a terra. E riconobbe che quello era il fratello del suo fidanzato dal cappotto eccentrico che spesso aveva visto buttato sul suo divano. Chiese immediatamente di fermare la macchina e chiamare un’ambulanza, poi si precipitò a verificare che Klaus fosse vivo. Il battito c’era, anche se quasi impercettibile, ma lui rimase incosciente. 

L’ambulanza arrivò e riuscirono a far riprendere Klaus solo con le scariche del defibrillatore. Nonostante le sue richieste di essere lasciato andare, venne portato in ospedale ed Eudora lo portò via con lei una volta stabilizzato. 

In macchina il ragazzo non disse mezza parola, era perso nei suoi sentimenti, nella sua testa e i suoi pensieri scuri. Una parte di lui era grata ad Eudora, così maledettamente in perfetto orario, così perfetta e basta. Le voleva bene e allo stesso tempo la odiava. Avrebbe voluto dirle “Grazie per avermi salvato la vita, ma ti odio ancora”. Mentre guardava dal finestrino lei gli faceva delle domande a che non stava davvero ascoltando. Aveva appena tentato di uccidersi e senza successo, diciamo che avrebbe preferito essere solo con la sua vergogna. 

- ...Diego? - Eudora aveva fermato l’auto e si era voltata verso di lui con lo sguardo serio e comprensivo.

- Come? Scusa, io non stavo ascoltando… - Klaus sospirò, arrendendosi al fatto che la sua mente avesse risposto immediatamente al nome dell’altro e non alle parole dette in precedenza.

- Ti ho chiesto se vuoi che parli io con Diego - la ragazza posò una mano sulla sua spalla preoccupata.

- Oh...Preferirei non sapesse niente - scosse la testa e distolse lo sguardo. Che cosa avrebbe pensato di lui? Che idea si sarebbe fatto? Certo, già non era delle migliori l’opinione che Diego aveva di Klaus, ma non voleva peggiorasse. Anzi, no, non voleva che vedesse quanto realmente avesse sofferto e ancora stava soffrendo. 

- Klaus, ma è tuo fratello...Sai che lui si preoccupa sempre per te - Eudora tentò di farlo ragionare quando vide che Klaus aveva aperto la portiera e aveva lasciato il suo posto sul sedile affianco al suo. Lei lo seguì. 

- Ma che dolce - Klaus rispose sarcastico, tirando fuori dalla tasca un pacco di sigarette.

-Sì, lo è, dovresti vederlo. Tu sei davvero importante per lui, non l’ho mai visto parlare di altra gente come parla di te - disse e si precipitò a sequestrargli le sigarette. Il ragazzo di fronte a lei emise un verso di disapprovazione e lei si gettò il pacchetto nella spazzatura. Era preoccupata per lui, per il suo stato, ormai lo sentiva vicino come un fratello, proteggerlo stava diventando di più che fare il suo lavoro. 

Klaus comunque non rispose alla sua affermazione, ma si lasciò guidare in casa, il suo corpo e la sua mente erano completamente esausti per intraprendere una guerra.

- D’accordo, parlaci tu. Ma ti prego digli che voglio essere lasciato solo...Non voglio parlarne - alla fine rispose, guardando Eudora negli occhi. Capiva perché Diego ne era innamorato, oltre ad essere una persona fantastica era anche bellissima. 

- Te lo prometto - Eudora si mise in punta di piedi e lo abbracciò. Klaus rimase un pò sorpreso di quel contatto, ma poi la ringraziò e la strinse a sua volta. 

Odiarla lo faceva sentire sempre più in colpa, dannazione.

Eudora offrì a Klaus di dormire per un pò nel letto, dato che lei sarebbe dovuta uscire di nuovo per lavorare ad un caso. Il ragazzo annuì e lei lo guidò fino alla camera da letto, porgendogli la felpa bordeaux. Klaus pensò fosse uno scherzo. Decisamente qualche divinità si stava divertendo a prenderlo per il culo. 

Eudora lo lasciò solo e lui si cambiò, per poi infilarsi tra le lenzuola. Tutto aveva l’odore di Diego. Klaus si strinse nella felpa e tirò le lenzuola fin sopra la testa. Era pieno di emozioni, così pieno che scoppiò a piangere, desiderando solamente che ci fosse qualcuno a stringerlo. No, non qualcuno, ma una persona nello specifico: Diego. Maledetto Diego.

Ecco, adesso sapeva quale dei quattro tipi di persone era: lui faceva parte di quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione.

What a sight for sore eyes

Brighter than a blue sky

She's got you mesmerized

While I die

- Ehi, già a casa? - Diego si chiuse la porta alle spalle con un piede, le sue mani occupate dalle buste della spesa. Era uscito qualche ora prima ed era appena tornato, pronto per rilassarsi e preparare la cena prima di andare in missione. Di solito Eudora non tornava prima delle 22 e quel giorno erano solo le 18.54. 

- No, in realtà dovrei tornare...E’ che stavo aspettando che tornassi tu prima di andare via - Eudora andò ad aiutarlo, prendendo una delle buste e posandola sul tavolo della cucina. Si sentiva un pó in ansia nel dover dire a Diego come mai fosse a casa. 

- Perchè? - lui si voltò con un sorrisetto, aspettando la risposta a braccia incrociate. Lei si avvicinò a lui e posò le mani sulle sue spalle. 

- Volevo vederti - rispose, ma in maniera non abbastanza convincente. E Diego se ne accorse. I suoi occhi la tradirono in meno di un secondo. 

- Okay...E? Che più? - aggrottò le sopracciglia. C’era qualcosa che non andava, più i secondi passavano, più riusciva a sentire una brutta sensazione crescere.

- Siediti - Eudora lo invitò a prendere posto su una delle sedie in cucina, spostandola per lui. Diego si sedette senza troppe cerimonie, anche se non voleva. 

- Mi dici cosa c’è? Non farmi preoccupare - Diego chiese quando lei ancora non disse nulla. La cosa strana era che il timore che lei volesse dirgli di non far entrare più Klaus in casa superava quello per un’eventuale fine della loro relazione. 

- Oggi ero di pattuglia e passando per delle stradine ho trovato Klaus...Era vicino all’overdose, non so quanta roba avesse preso, siamo stati tutto il giorno in ospedale - sospirò la ragazza. Quello era decisamente peggio di qualsiasi ipotesi Diego avesse pensato.

- Perché non mi hai chiamato?! Dov’è ora? Come sta? Dio, se lo prendo lo ammazzo io - si alzò di scatto, pronto ad uscire di casa e raggiungere Klaus in capo al mondo se necessario. Diego si sentì a corto di fiato, lo aveva perso di vista per un giorno e mezzo, uno solo.  

- Diego! - lo sgridò per l’ultima affermazione. Lei aveva avuto davvero paura per quel povero ragazzo, non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe potuto succedere se lei non ci fosse stata.

- Scusa, è che non sopporto il fatto che si faccia questo, che pensi di meritarlo - scosse la testa amareggiato. Era vero, Klaus pensava di meritare quel dolore, lo aveva sempre pensato fortemente e far sì che si ricredesse era molto più semplice quando passavano tutti i giorni insieme all’Accademia.

- Già, non sta bene e non vuole parlarne. Non voleva neanche dirti cosa fosse successo - Eudora rispose stupita, sia per il fatto che Klaus avrebbe nascosto una cosa così, sia perchè vedeva che Diego non ne era stupito. C’era qualcosa che ancora lei non riusciva ad afferrare del rapporto dei due, lo sentiva come un prurito che non riusciva a grattarsi.

- Ah, Klaus - Diego si passò una mano tra i capelli corti, cercando di capire come comportarsi, come aiutarlo una volta per tutte.

- Sii gentile, non fare lo stronzo con lui. Mi sembra già abbastanza distrutto - la ragazza di fronte a lui gli prese il viso tra le mani. 

- Non sono mai stronzo con lui - alzò le spalle, sapendo che non era proprio vero. Che fosse una risposta o un’azione, a volte Diego si comportava ancora da stronzo con Klaus, giusto per fargli capire che ancora un pò arrabbiato lo era.

- A volte lo sei - infatti Eudora lo corresse immediatamente, alzando le sopracciglia. 

- Dov’è? Dai, prometto di fare il bravo - Diego le accarezzò i capelli. Ancora non sapeva che diamine fare con tutta quella situazione.

- In camera nostra, penso dorma - gli rispose e poi prese tutte le sue cose, facendogli capire che stava tornando a lavoro. Lo salutò con un bacio sulle labbra, che però Diego non ricambiò molto. Aveva iniziato ufficialmente a perdersi nel pensiero che Klaus avesse tentato di farsi male di proposito, e gli veniva da piangere.

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

I wish I were Heather

Wish I were Heather

Una volta che Eudora era andata via, Diego si diresse verso la stanza da letto in punta di piedi. Nel caso in cui stesse dormendo, non voleva svegliarlo. Aprì la porta lentamente, e la prima cosa che sentì furono i singhiozzi di Klaus. Gli si spezzò il cuore. Doveva sapere il perchè di tutto quel dolore. L’ultima volta che lo aveva sentito così distrutto avevano diciassette anni. 

Richiuse la porta dietro di sé e si avvicinò.

- Klaus - lo chiamò con un filo di voce, sedendosi dal lato opposto a quello in cui l’altro era rannicchiato e nascosto. In un secondo il ragazzo sotto le coperte si ammutolì, trattenendo i suoi singhiozzi coprendo le labbra con le mani. Cazzo, lo aveva sentito. 

Diego non ricevette risposta e si infilò sotto le coperte con lui. E vedere il suo viso gli fece ancora più male di sentirlo piangere. Lo avvicinò al suo corpo per i fianchi, incontrando gli occhi verdi dell’altro, distrutti e pieni di tante altre lacrime. Gli accarezzò il viso e poi lo strinse in un abbraccio. 

Amare una persona felice è facile, devi solo amare la vita e tutto fila liscio. Il problema è amare l'infelicità, capire che da qualche parte fa male e che a te non tocca nessun ruolo in mezzo a questo dolore, accettare che ci sono decisioni che non puoi prendere e situazioni che non puoi evitare, capire che il massimo che puoi dare è un abbraccio. Ci sono tanti momenti nella vita in cui il massimo che puoi dare è un abbraccio. Molte volte l'amore è rendersi conto della dimensione di un abbraccio, stringere chi ami e non fare nulla, non dire nulla, aspettare che il dolore passi, oppure che continui dentro a un abbraccio, e amare. Ci sono tanti momenti nella vita in cui il massimo che puoi fare è nascondere il dolore in un abbraccio, e amare.

Non sopportava il suo dolore ma non averlo sarebbe insopportabile, pensava Diego, il suo collo in attesa delle lacrime di Klaus, il letto aperto e la casa a vederli soffrire. Klaus si perdeva dentro di sé, e anche in quel momento si era perso, si era detto che amare era anche lasciar andare, che le spalle di Diego meritavano un'altra pelle da consolare e che forse nella vita non gli restava altro da fare che fuggire da lui. Le sue braccia aperte e la sorpresa di trovarle vuote, lui che camminava distante per evitare i suoi occhi, scommetteva che avrebbe pianto e lo avrebbe guardato come se aspettasse che tornasse per condividere il dolore con lui, condividere assieme quel dolore che non sapeva da dove venisse ma che non si fermava, probabilmente sarebbe passato, probabilmente un giorno si sarebbe svegliato e non ci sarebbe stato più, e quel giorno avrebbe voluto che ci fosse Diego al suo fianco per poter dare alle sue braccia qualcosa in più delle lacrime, in più del dolore, avrebbe voluto dare loro passione, ardore, eccitazione, perfino un orgasmo, chi lo sa? Ma per ora era quello lì e non c'era niente di peggio che sapere che lo accompagnava attraverso quello spazio in cui non si vedeva niente, e perciò avrebbe corso il rischio che Diego gli voltasse le spalle e non tornasse indietro, lo aveva immaginato rimasto sul divano a sentire lo spazio in bianco della sua assenza, aveva immaginato che si stupisse della mancanza di lacrime, la semplice non esistenza di peso sul suo collo. Non sapeva più cosa aveva immaginato, non sapeva se ne sarebbe andato da lì, dalla certezza che lui ci fosse, a gridargli che aveva l'uomo migliore del mondo e che aveva deciso di non averlo più, perché l'uomo migliore del mondo meritava la vita migliore del mondo, la donna migliore del mondo, e Klaus invece era un difetto, un inganno, un fallimento.

Diego gli accarezzò i capelli e percepì Klaus afferrare la sua maglia e stringersi ancora di più, come se avesse paura di star sognando. Lentamente i singhiozzi che stava trattenendo cominciarono ad uscire, sempre più doloranti e incontrollabili. 

Diego non poteva negare che qualcosa in lui si era spezzato insieme a Klaus, realizzò che in parte quello che era successo era anche colpa sua e della sua carenza di attenzioni, attenzioni che gli aveva promesso. Chissà se Klaus gli avrebbe mai detto cosa lo avesse reso così duro con sé stesso, così masochista e senza autostima o un minimo d’amore per sé stesso. Voleva aiutarlo, ma non sapeva come, proprio non ne aveva idea. Voleva calmarlo e farlo stare bene, distogliere la sua mente da tutte le cose negative che si annidavano in lui. 

Senza rendersene conto anche Diego cominciò a piangere, anche se in silenzio. Strinse Klaus più forte tra le sue braccia, posando il mento sulla sua testa. Poi si ricordò dell’ultima volta in cui erano stati nella stessa situazione e si mise a canticchiare con le labbra chiuse. 

Klaus si sentì tremare al suono della voce calda di Diego. Si concentrò su di lui, sulla melodia che mimava, il suo respiro divenne di nuovo regolare e si staccò di pochissimo, quanto bastava per poter guardare il volto di Diego. Quando vide che le lacrime erano anche sul suo volto, si sentì in colpa, perché era così che funzionava il suo cervello, e abbassò lo sguardo. 

- Ehi, no, va tutto bene...Guardami - Diego aveva posato due dita sotto il mento di Klaus, capendolo al volo, conoscendo ogni suo minimo movimento e ogni reazione. Le iridi verdi del ragazzo incontrarono quelle scure dell’altro, che, ancora una volta, lo baciò. E questa volta non sembrava un bacio d’addio. No, sembrava uno di quei baci che si danno quando la persona che ami torna a casa, quelli che vengono dopo il dolore, quelli che riparano ogni osso rotto. 

Le mani iniziarono ad accompagnare l’uno il corpo dell’altro, con movimenti delicati e dolci, tutti fatti lentamente per assaporarne ogni centimetro.

Klaus era circondato dal profumo di Diego, come se ci stesse facendo il bagno. Era tutto intorno a lui, le lenzuola, il cuscino e soprattutto era sopra di lui, sotto forma di Diego stesso. Di solito odiava essere quello in fondo. Beh, almeno letteralmente. Aveva sempre toccato il fondo quando si trattava di sesso, odiava non essere al comando.

Ma con Diego era diverso. Con lui era tutto diverso, ma non riusciva a spiegarne il motivo. Tuttavia, amava la sensazione di Diego sopra di lui, che lo spingeva nel materasso, facendolo sentire desiderato e amato. E fu nei momenti che seguirono che si sentirono finalmente a casa, in un posto sicuro e familiare, in quella bolla magica che si erano creati sin da ragazzini. 

Dopo ciò che uccide è ciò che fa venire che vale la pena di essere vissuto. Come la maniera fragile come l’orgasmo si intromette nel dolore: e la felicità.

(Oh, oh)

Wish I were Heather

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

Wish I were

   
 
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