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Autore: heulwen_mai    16/10/2020    6 recensioni
Post 14 luglio. Oscar è sopravvissuta, André è sopravvissuto, non tutto è rose e fiori.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Bernard Chatelet, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nessuno, in questo formicaio, ha fatto caso alle urla di Oscar. Si sono disperse nel continuo concerto di pianti di bambini, urla di mariti rissosi e di mogli picchiate, chiasso di gente che per strada si saluta o attacca briga.

 

Mi rincresce, le ha detto Rosalie. Ma dovete sopportare ancora… solo un po’. I documenti saranno pronti presto, e voi e André--

 

Oscar si alza dal letto e manda giù le parole che poche ore fa l’hanno quasi tranquillizzata. Si muove per la stanza a grandi passi, come ripercorrendo la camminata tesa e rigida del Generale quando è alterato.

 

No, non andrò via con lui.

 

Rosalie e Bernard sono stati solo un sogno, forse. I vestiti che le hanno portato le penzolano ancora addosso tangibili e concreti, ma la loro visita ha dell’incredibile- un diversivo troppo bello per essere vero. La realtà è questo buio fumoso, Alain che fa svogliato un solitario nella stanza principale, la sua solita faccia lunga e legnosa; la realtà è André che si tiene la testa con i gomiti puntati sul tavolo, insensibile alla luce gialla della lampada a un palmo dal suo naso.

 

“Non ho intenzione di rimanere chiusa qui dentro.”

 

La sua voce vorrebbe suonare forte e decisa, come uno squillo di tromba- ma esce roca e stenta, e Oscar prova vergogna. Alain posa con attenzione una carta sul tavolo; allunga la mano per raddrizzarne un’altra.

 

“Non ricominciamo con le polemiche, comandante,” risponde. C’è appena il sentore di un ghigno nella sua voce.

 

“Mi avete fatta credere morta!”

 

André alza la testa, si gira di scatto verso di lei. Oscar ha l’impressione che la veda, e che il suo sguardo sia concupiscente e cattivo: solo una volta André l’ha guardata così.

 

“Pare di sì,” dice André. Ostenta un’aria seccata, un’aria di sufficienza- ma lei nota il tremolio delle sue mani abbandonate sul tavolo, il modo in cui il labbro superiore gli si arriccia. La sua voce è strozzata e tesa.

 

“Perché nessuno mi ha detto niente?”

 

“Perché, Oscar?” André si alza in piedi. Le fa pena il modo in cui frena il proprio slancio, in cui si tiene piegato per non perdere contatto con l’angolo del tavolo. E’ rivolto verso di lei, ma fissa un punto a caso. “Preferisci essere una disertrice? Ricercata dalle autorità? Da tuo padre? Come avremmo fatto a farti uscire da Parigi se non...”

 

“Mio padre mi crede morta?” E sua madre? E la tata Marie? C’è stata una cerimonia funebre? Hanno pianto, stanno ancora piangendo, per la loro Oscar?

 

Le voci di André e Alain si sovrappongono- Alain la sta rimproverando, André improvvisamente le parla con un tono apologetico e tanto, tanto dolce. Non le potrebbe importare di meno di nessuno dei due, né dei loro argomenti.

 

“Voglio tornare a palazzo Jarjayes.”

 

André si protende verso di lei, incespica nel raggiungerla. “No,” dice sottovoce. Cerca di stringerla e Oscar si scansa. “Oscar- lo stiamo facendo per te.”

 

Oscar potrebbe già trovarsi nella sua tomba, per quel che ne sa. Non è mai stata brava a interpretare le persone, eppure ormai le è familiare questo gioco che si svolge tra loro tre. Alain appoggia André, lo appoggerà sempre e a qualunque costo; e André vuole lei. La vuole, e l’avrà- non c’è vittoria all’orizzonte per una donna morta.

 

Si erano abbracciati tra le lucciole, e in quel momento lei si era sentita potente. L’abbraccio di André l’aveva guarita. Lo aveva sentito supplice e debole, e solo lei poteva concedere ciò che lui voleva e che ha sempre voluto. Si era concessa con magnanimità, attratta dal fantasma della ragazza che non era più, quella che André continuava ad amare e a cercare. Dea guerriera irraggiungibile, impossibile da profanare. Una Oscar che lei non ricorda quasi, sottile e forte come la lama del fioretto, bianca e oro sotto il sole. André non si sarebbe mai più azzardato a farle male, si era detta.

 

“Ti amo,” le dice lui.

 

Lo prende per mano, quasi nauseata, e lo tira verso la camera da letto.

 

 

 

 

Alain sarà ancora di là con il suo solitario e la sua lampada, mentre Oscar ripete i movimenti meccanici del fare l’amore, e osserva distaccata il fervore di André. Cerca per un po’ di infiammarsi allo stesso modo, poi si rassegna.

 

André finisce; il silenzio li sommerge entrambi. Una coltre d’acqua. Da sdraiata Oscar fatica a respirare.

 

“Devo tornare a casa.”

 

E’ come se lui non l’avesse nemmeno sentita. Oscar lo abbraccia.

 

André la stringe contro di sé. E’ caldo e le dà fastidio, ma lei non si muove. Magari è questo il segreto per fare breccia nei sentimenti di lui: essere implacabile apparendo sottomessa. Le pare di ricordare una conversazione tra sua madre e una delle sue sorelle- parlavano di ragazzi, di uomini. Fagli sentire che da lui dipende la tua felicità, Joséphine. Fallo sentire importante, il padrone del tuo destino.

 

“Ti amo così tanto, André.” Chissà se lo intende davvero- non capisce più sé stessa.

 

“Anche io ti amo, Oscar… non sai quanto”

 

“Allora lasciami tornare a casa. Solo una volta. Solo per fare sapere che sono viva, e che sono con te, al sicuro...”

 

“No,” dice André, con tono paziente. “Non è un rischio che possiamo correre”

 

“André… mia madre mi crede morta, vero? E tua nonna?” Non riesce a immaginare cosa stia passando la sua tata Marie; e non vuole, perché l’unica immagine che le viene alla mente è di una povera vecchia singhiozzante nella sua stanza del sottotetto.

 

André la azzittisce con uno sssst. Nel buio le prende il mento, appena con la punta delle dita, e le solleva il viso verso il suo. Le loro labbra si toccano, non proprio un bacio. Oscar quasi non riesce a intendere quello che lui le sussurra.

 

“Mia nonna è morta.”

 

 

 

 

Non solo la tata Marie è morta; André era là, accanto a lei.

 

I giorni successivi al quattordici luglio, nella memoria di Oscar, sono un caos privo di capo e coda. Non si ricorda chi è stato a portarla al riparo da Place de la Bastille a casa di Alain; forse Alain, forse André, più probabilmente entrambi. La battaglia imperversava ancora, e lei tossiva. Il braccio strusciato dal proiettile le faceva molto male, e le orecchie le risuonavano di un trillo acuto dopo essere stata esposta al rombo dei cannoni.

 

Quello che André le racconta adesso, in poche parole prive di emozione, è nuovo per lei. In qualche modo André è riuscito a raggiungere palazzo Jarjayes; non le dice come e a Oscar non interessa. Lì ha comunicato la notizia della sua caduta davanti alla Bastiglia; la tata Marie ha avuto un mancamento, e nel giro di poche ore è morta con accanto suo nipote (è morta in pace, la rassicura André; che ovviamente non è una cosa vera. La tata Marie non ha mai avuto pace, a meno di sapere la sua Oscar tranquilla e al sicuro). Poi André è tornato a casa di Alain, come se niente fosse successo, e l’ha svestita della sua uniforme e incarcerata.

 

Un corpo è stato consegnato alla famiglia, le spiega. Una donna sfigurata dalle ferite. E’ stato confermato al generale de Jarjayes che quel corpo appartenesse a Oscar, e madame de Jarjayes ha pianto sul cadavere di un’estranea. Non c’è stato funerale, che André sappia.

 

“Oscar?” la chiama. Ora che lei sguscia fuori dalla sua stretta e dal letto sembra cominciare ad allarmarsi.

 

Oscar cerca le braghe, unica cosa che le serva. E se non le troverà farà senza. Le trema forte il mento, le tremano le mani. Si dice che deve essere la solita febbricola della sera.

 

Parigi è buia, la notte, in queste vie povere e non illuminate. Spera ci sia la luna, un cielo pulito, per riuscire a camminare nelle campagne fino a casa. La tata Marie le ha detto che si sarebbero ritrovate quando lei fosse tornata da Parigi, ma Oscar non è più tornata. Se Dio è giusto, ci sarà ancora tempo per riabbracciare sua madre.

 

André è più agile di lei nel buio, abituato come ormai è a muoversi nell’oscurità. Balza dal letto e le si para davanti.

 

“Oscar.” Non alza la voce. Le sue mani cercano quelle di lei, timidamente e gentilmente.

 

“Lasciami”

 

“Smettila di agitarti” In un attimo, André ha la meglio e la spinge stesa sul letto. Le tiene fermi i polsi al di sopra della testa, e lei anticipa con orrore il momento in cui lui le si farà cadere sopra. Cerca di tirargli una ginocchiata tra le gambe, ma André è più bravo che lei nel corpo a corpo e sa cosa aspettarsi. Indietreggia quel tanto che basta per schivarla, e Oscar riesce a districare le braccia. Gli tira un ceffone, in realtà colpendolo di striscio sulla punta del naso.

 

Resta sorpresa quando lui lo restituisce. Forte: uno schiaffo degno del generale, che le gira la testa di lato. Ma a quel punto André la lascia andare. Oscar si rialza faticosamente a sedere. Lo sente lì davanti a sé.

 

“Mi dispiace.”

 

Non gli crede. Si dà il tempo di prendere fiato, di valutare la propria posizione, e si sente schiacciata da quel buio.

 

 

 

 

 

Un soldato del reggimento del Royal-Allemand ha sparato contro André la sera del tredici luglio. Non fosse stato per la prontezza di Alain nel buttarlo a terra, André sarebbe stato colpito in pieno petto.

 

Sul momento, Oscar aveva giurato che si fosse trattato di un miracolo. Allora pensava ancora che un lungo futuro si stendesse a perdita d’occhio davanti a loro due, come un paesaggio primaverile; e senza André lei non avrebbe saputo cosa farsene. Non dubita neanche adesso, neanche per un momento, che se lui fosse morto lei lo avrebbe seguito. Hanno viaggiato insieme per tutta la vita, sarebbe naturale viaggiare insieme verso la morte da buoni compagni.

 

Ma André è diventato sempre più possessivo nel corso degli anni, e lei ora non è più la sua compagna di viaggio: è sua proprietà come un cavallo o un paio di stivali. Oscar non conosce che l’André del passato, così come lui non vuole che possedere la Oscar del passato. Le è servito del tempo per capirlo.

 

André del passato non esiste più. Quanto alla Oscar del passato- quella lui non l’avrà mai. E’ lei a rivendicarla, lei ne è la legittima padrona. Non gli lascerà l’illusione di possederla; tornerà a casa di Oscar de Jarjayes, indosserà i suoi abiti, morirà nel suo letto senza bagliori di gloria ma con il proprio nome confortevolmente addosso.

 

“Fa’ quel che ti pare, André. prenditi quello che vuoi. Poi togliti di mezzo e lasciami andare.” Non può vincerlo con le lusinghe, forse, ma può rimetterlo al suo posto e concedergli le briciole. Pur di toglierselo di dosso.

 

“Cosa stai dicendo?”

 

“Fai i tuoi comodi e vattene.” Come le fa bene, lo smarrimento che sente nella voce di lui. Le dà forza- le dà autorità.

 

Non se lo aspetta quando André le afferra una manciata di capelli e se li avvolge attorno alla mano, piegandole la testa all’indietro.

 

“I miei comodi, Oscar?” Dalla voce, lo sente bruciare di indignazione e di disgusto per sé stesso. Sa di averlo colpito dove conta, dritto nel momento che André si sforza quotidianamente di lasciarsi alle spalle, quando aveva cercato di farle del male. Sapere di averlo ferito le dà la stessa soddisfazione del colpire un bersaglio con la pistola. Tronfia e cattiva.

 

“Sei ingiusta… io sto facendo tutto, farei qualsiasi cosa, per te. Non hai il diritto di parlarmi così.”

 

Lei sputa. Non lo vede, ma spera di averlo colpito.

 

“Vipera,” dice sottovoce André, strattonandola.

 

“Lasciami o chiamo aiuto.”

 

“Non verrà nessuno, Oscar.” André la preme sul letto immobilizzata come una mosca nella ragnatela; la stringe forte da farla annaspare, e non la lascia, non la lascia, ed è di nuovo lui il più forte.

 

 

 

Sulla riva dello stagno, sdraiati al sole, si erano guardati boccheggiando, increduli di essere vivi. Poi erano scoppiati in lacrime tutti e due e si erano abbracciati, tutti bagnati e tremanti.

 

“Pensa se morivamo,” le aveva detto André qualche giorno dopo, mentre giocavano davanti alla fontana, sorvegliati dalla tata Marie. Non avevano più avuto il permesso di tornare allo stagno per quell’estate, dopo essere tornati a casa fradici e piagnucolanti.

 

Per qualche momento avevano contemplato silenziosamente la possibilità, ognuno per conto suo.

 

“Sono contento che non sono morto,” aveva concluso poi Oscar. Aveva sorriso ad André, sincera. “E che non sei morto neanche tu.”

 

 

 

 

Se solo fossero morti allora.

 

 

 

  
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