Ryo,
per usare un termine gentile, si stava comportando in modo a dir poco
strano-
perfino più strano del suo solito, e questo la diceva tutta.
Kaori
sospirò, frustrata e preoccupata, mentre camminavano fianco
a fianco per le
strade affollate del loro quartiere.
Aveva provato a farlo cedere per giorni, le aveva tentate
tutte per
fargli sputare il rospo, ma non era servito a nulla. Ryo aveva
semplicemente
smesso di comportarsi… beh, come il solito Ryo, e la cosa la
terrorizzava, non
poco. In pratica tentava di essere il perfetto
fidanzato, e se gli
capitava di allungare lo sguardo (e mai le mani) verso una bella donna,
scuoteva il capo come per darsi una strigliata da solo, e poi la
guardava con
un sorriso sornione e faceva tutto il carino e galante e… e
lo smielato.
Con
lei. Sul serio, la cosa iniziava a metterle i brividi. Aveva perfino il
sospetto di essere in punto di morte, e che Ryo l’avesse
scoperto. O che lui
avesse contratto un qualche morbo letale (preferibilmente non
sessualmente
trasmissibile- ci teneva alla sua salute). Perché Ryo Saeba
non era il tipo da
farle il baciamano, e camminare a braccetto, o da dire in giro che lei
era la
sua fidanzata- compagna di lavoro ma
soprattutto di vita.
Kaori
si fermò nel bel mezzo dell’acciottolato, e si
pizzicò il naso, sospirando
un’ultima volta. “Okay, Ryo, hai vinto, cosa ti
serve questa volta? Sputa il
rospo..”
Ryo
la fissò con la bocca spalancata, ed un’aria a dir
poco incerta, come se non
avesse saputo cosa volesse dire.
“Eh?”
Fu l’unica cosa che uscì da quelle belle labbra
piene- uno spreco su di un
uomo- non esattamente il suo momento migliore, né un grande
show di
intelligenza, ma aveva di certo fatto anche
peggio.
“Quello
che voglio dire,” Kaori gli ringhiò, con le mani
sui fianchi in modalità
rimprovero all’ennesima potenza- ma almeno non stava tirando
fuori nessun
martello, quindi forse stavano facendo dei piccoli passi avanti nella
loro
relazione. Forse. “che questo tuo comportamento mi ha
stufata, Ryo. Sei
talmente smielato ultimamente che mi fai quasi paura. Perciò
taglia corto e
dimmi cosa ti serve.”
L’espressione
idiota e incredula di Ryo era ancora fermamente stampata sul suo volto-
l’unico
cosa che era cambiata era che adesso lo sweeper stava indicando se
stesso con
un dito, quasi esitasse a credere che fosse a lui che Kaori si
riferiva, o non
avesse visto nulla di strano nel proprio comportamento ultimamente.
Lei
si limitò ad alzare un sopracciglio e scostare dal fianco
una mano, alzando
leggermente il braccio in aria quasi avesse potuto richiamare a
sé il suo
martello come Thor, dio del Tuono e della tempesta (cosa che
sì, Ryo era quasi
del tutto certo che lei potesse fare), e l’istinto di
sopravvivenza di Ryo
entrò in azione. Capendo che si trattava o di prenderle di
santa ragione dalla
sua Kaori o di dirle cosa gli stesse effettivamente passando per la
testa, lui
cedette, un po’ seccato. “Va bene, ma non posso
dirtelo qui.”
La
afferrò per la manica del sottile abitino giallo che aveva
scelto quel giorno,
leggero e che la rendeva tanto graziosa e che faceva risaltare i suoi
bei
capelli rossi, e se la trascinò dietro camminando il
più in fretta possibile,
tenendo però in considerazione che il suo tesoruccio aveva
dei tacchi
leggermente più alti del solito (tacchi che, una volta che
glieli aveva visti
addosso, l’aveva quasi convinto a caricarsela in spalle e
trascinarla a letto,
altro che andare a fare spesa al supermercato). Kaori non capiva cosa
stesse
succedendo, dove lui la stesse portando (o il perché)
né il misterioso motivo
per cui… per cui Ryo stava arrossendo,
cosa
di cui lei, fino a quel momento, non lo aveva ritenuto assolutamente
capace.
“Ryo,
si può sapere dove mi stai portando?”
“Santo
cielo, donna, quale parte di non qui
non hai afferrato?” Grugnì chiaramente seccato.
“Porca miseria, Kaori, a volte
mi chiedo se ti devo proprio insegnare tutto!”
Solo
qualche mese prima, ad un’affermazione del genere, Kaori
avrebbe invocato uno
dei suoi martelli- non il più pesante, perché
quelli erano riservati per le
bravate sessuali di Ryo- e glielo avrebbe tirato in testa senza
pensarci più di
tanto. Adesso, però, aveva imparato a leggere Ryo a
trecentosessanta gradi, e
sapeva percepire anche le sue micro-espressioni. Non lo aveva detto con
cattiveria, ma con quell’insolito rossore sulle gote e con il
broncio, quasi,
facendolo capitolare, lei gli avesse tolto un qualche tipo di
divertimento.
Perché,
se non si comportava come un maniaco
assatanato e perennemente arrapato e non faceva il cretino, Ryo sapeva
essere
davvero dolce e tenero. Come un cucciolo bisognoso di affetto.
All’improvviso,
Ryo si fermò, e la cosa fu così rapida che
lei andò a sbattergli incontro,
cadendogli praticamente nelle braccia. Lui stava davanti a lei, ma non
la
guardava negli occhi- un po’
i suoi
occhi erano rivolti al cielo, un po’ alle vecchie scarpe
malconce. Stava
diventando paonazzo, e non spiccicava parola.
Kaori
iniziò a preoccuparsi. Le cose dovevano essere davvero gravi
per averlo ridotto
in quello stato. Cosa aveva combinato questa volta?
“Quindi?”
Gli chiese, impaziente.
“Quindi?”
Le domandò seccato, scoppiando nemmeno fosse stato un
vulcano in eruzione.
“Cosa cavolo vuole dire, quindi? Non hai visto dove ti ho
trascinata?”
“Uh,
no? Dove siamo? Si tratta di un lavoro? Aspettiamo qui un cliente? Che
posto
strano per un appuntamento…” Kaori si
guardò intorno, perplessa. Non ricordava
che avessero appuntamenti di lavoro- c’era poco o nulla, come
al solito- e se
ne sarebbe di certo ricordata, di un luogo così particolare.
E comunque… da
quando non controllavano più la lavagna? Ormai Ryo era
troppo impegnato a
conquistarla e tenersela stretta, a fare il romanticone, e il tema
lavoro non
era stato trattato più
da quando… da
quando aveva iniziato a comportarsi in modo così starno. In
pratica, avevano
fatto giusto un paio di cose per Miki e il buon Umi, e aiutato Mick per
un
caso, ma tolto quello, Ryo non aveva nemmeno risposto agli appelli di
Saeko.
Cavolo, forse sto morendo davvero,
altrimenti non si spiega Ryo che rifiuta le avances delle
sorelline…
Ryo
sospirò ed abbassò il capo, decidendo che no, non
ci stava arrivando da sola,
perciò la afferrò per le spalle, e Kaori chiuse
istintivamente gli occhi,
presumendo che stesse per baciarla. Il cuore le batteva a mille e la
mente le
si annebbiava, riempendosi solo di lui, e arrossì lieve,
quasi fosse stata una
fanciulletta inesperta che stava per essere baciata per la prima volta,
nonostante fosse ormai da parecchio che Ryo le dedicava tutte le
attenzioni del
caso.
Ryo
la amava e la voleva, e lo aveva detto e lo aveva dimostrato e
continuava a
farlo, notte dopo notte e giorno dopo giorno, coi fatti e con le
parole. Però
Kaori faticava ancora a crederlo, a volte. Le sembrava tutto troppo
bello,
troppo… facile, quasi, nonostante ben più di una
volta Ryo fosse giunto alle
mani per difendere il “suo” onore dagli sguardi
indiscreti e assatanati degli
altri uomini, nonostante si fosse in pratica messo a venerare il suo
corpo e
non avesse remore a farlo. L’aveva pure corteggiata, dopo il matrimonio di Miki
e Umibozu, dopo
che, in quella radura, le aveva confessato il suo amore. Non
l’aveva più
lasciata andare, ma, invece di sedurla come Kaori aveva ritenuto
plausibile,
lui aveva fatto… il galante. Ci erano voluti mesi- mesi!- per convincerlo che lei era
pronta al grande passo ed a
concedersi, anima e corpo, a lui.
Eppure…
eppure ogni volta che la baciava lei si emozionava come la prima volta.
“Eh?”
Kaori alzò gli occhi quando si rese conto che Ryo non la
voleva baciare. La
stava solo tenendo per le braccia, costringendola a girarsi.
“Ma
non puoi alzare gli occhi, per la miseria?” urlò,
attirando l’attenzione dei
passanti, cosa che Ryo detestava. Non gli piaceva farsi vedere come uno
smielato romanticone bisognoso di attenzione, ma tutte le volte che
aveva
provato a mettere lì l’agognato argomento con
Kaori, si era sempre bloccato. Le
parole gli sfuggivano, perciò, se lei davvero voleva sapere
cosa gli stesse
passando per la testa, aveva pensato che farglielo vedere fosse la cosa
migliore.
Peccato che sembrava che lei non volesse capirla comunque.
“Abiti
da cerimonia?” Gli chiese quando notò la vetrina
piena di abiti da sposa in
stile occidentale, pizzi e tulle e perline e chi più ne
aveva più ne metteva.
“Qualcuno si sposa?”
Ryo
si lasciò cadere sul marciapiede, in ginocchio.
Non
lo capiva. Davvero non lo capiva. Non aveva capito un bel niente. Ma
cosa
cavolo doveva fare, sillabarlo? Fare lo spelling? Va bene, lei era
innocente e
delicata e un po’ naif a volte, ma adesso si stava
esagerando, la cosa era
quasi ridicola!
“DANNAZIONE
KAORI, NOI CI SPOSIAMO!” Praticamente le urlò in
faccia, esasperato, con tanto
di bava alla bocca.
“Eh?
Noi?” Gli chiese, balbettante. “Ma… ma
tu hai sempre detto di essere contrario al matrimonio, e che comunque
non
avresti mai potuto sposarti perché in pratica sei come un
fantasma e non hai
documenti…”
Ryo
sbattè le palpebre, incredulo, mentre ricadde nuovamente in
ginocchio sul
marciapiede. Voleva quasi controllare se c’erano delle
telecamere in giro-
magari era su un qualche show di gag, perché era tutto
così… surreale. Chissà,
forse stava sognando. O magari era finito in un varco spazio-temporale
ed adeso
era in un universo parallelo, perché, nonostante tendesse a
comportarsi come un
maschiaccio a volte, Kaori era pur sempre una gran romantica, e
sinceramente,
ricordargli il suo status legale non era esattamente come una donna
romantica
avrebbe dovuto rispondere ad una proposta di matrimonio. Aveva
immaginato
lacrime di gioia, che avrebbe urlato
“sì” saltandogli tra le braccia e
riempendolo di baci, che avrebbe subito chiamato i lori amici per
dargli la
notizia, o sarebbero corsi al Cat’s eye cafè per dirlo a Miki e alla sua
dolce metà (anche se,
segretamente, Ryo aveva sperato che per prima cosa lo avrebbe
trascinato a casa
per una maratona di bollente sesso celebrativo).
Ma
questo? No, che lei in pratica non dicesse nulla, non se
l’era proprio
aspettato.
“Ma…
Kaori… ti ho appena chiesto di
sposarmi…” Ryo balbettò, ancora in
preda
all’incredulità. E fu in quel momento che Kaori
capì. Non stava scherzando. Era
serio. Diceva davvero.
“Tu
vuoi davvero sposarti? Con me?” Gli chiese, stupita.
Ryo
incrociò le braccia e si sedette a gambe incrociate come il
Budda sul
marciapiede, attirando gli sguardi curiosi dei passanti, innervosendosi
una
volta di più, ogni secondo che passava senza che lei gli
rispondesse pesava
come un macigno sulla sua anima. Non aveva voluto fare
l’idiota, davvero. Aveva
immaginato che il giorno in cui le avesse chiesto la mano ci sarebbero
stati la
luna, le candele, musica classica… ma sembrava che la sua
versione seria non
interessasse troppo alla bella Kaori. O forse era troppo strano per lei
vederlo
così…composto. Quindi, va bene: avrebbe fatto
l’idiota e cercato di buttarla sul
ridere.
“Senti,
Kaori, siamo onesti. Tu mi hai trasformato in un monogamo. Quindi,
adesso ti
prendi le tue responsabilità, e dato che mi hai rovinato,
vedi di sposarmi!”
“Ryo….”
Iniziò a sibilare lei, chiedendosi se fosse il caso di
invocare uno dei suoi martelli
e lanciarglielo in testa, ma dopo averci riflettuto per una frazione di
secondo, si rese conto che Ryo aveva solo tentato di fare una
cosa…carina, e
che non si meritava di essere malmenato -non stavolta, almeno-
perciò Kaori si
limitò a sospirare. “Ryo, guarda che quando
abbiamo iniziato questa cosa lo
sapevo che non ci saremmo mai sposati. Ma mi va bene, davvero. Non
c’è bisogno
di fare questa sceneggiata. Dico sul serio.”
“Ma…”
iniziò a balbettare lui. “Ma, avevo pensato a
qualcosa di, sai, simbolico. Io….
Pensavo a tipo, una promessa… davanti ai nostri
amici… tua sorella… non pensavo
a una cosa… ufficiale, perché io non esisto
esattamente, ma… tipo… ufficiosa?
Tipo… anelli? Promesse? Vestiti un po’ pacchiani
che non ci metteremo mai di
nuovo?”
“Vuoi
dire qualcosa che ci leghi, vita natural durante?” Gli
chiese, un po’ scettica.
“Perché, paura che se non ti metto la palla al
piede sarai tentato di correre
dietro a tutte le sottane che vedi?”
Ryo
arrossì, e si grattò la criniera nera che si
trovava in testa. “In realtà, è
proprio il contrario. Non vorrei che tu ti
stufassi di me e decidessi di cercare pascoli più verdi. Non
saresti esattamente
da biasimare, non è che io abbia chissà cosa da
offrire, effettivamente… ”
“A
volte sei proprio un cretino, Ryo….” Kaori, col
sorriso sulle labbra, si
inginocchiò davanti a lui, e gli scostò un ciuffo
ribelle dalla fronte, lasciandogli
un dolce bacio. “Davvero credi che ti lascerei per qualcun
altro dopo aver
passato così tanti anni a cercare di renderti un uomo quasi
decente? E poi, se volevi
sposarmi, non era più semplice chiedermelo, invece che
mettere su tutta questa
pantomima?”
Lo
baciò di nuovo, arrossendo un po’ imbarazzata per
gli sguardi curiosi dei
passanti, ma questa volta fu sulle labbra, e mentre Ryo la afferrava
per le
spalle per approfondire quelle che lei aveva immaginato come un casto e
rapido
tocco a fior di labbra, lui seppe che, tutto sommato, non gli serviva
che lei
gli desse una risposta a voce.
Tutto
sommato, non gli serviva nemmeno un matrimonio, finto o vero che fosse.
Perché Kaori
non lo avrebbe lasciato, per il semplice fatto che
lei lo considerava di sua proprietà, e questa era
più che
abbastanza.