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Autore: Shaina    17/10/2020    0 recensioni
[La guerra è finita]
Ultima puntata. La prima volta di Gabriel e Sara. Una scintilla di felicità, in una valle di dolore e lacrime senza fine.
Questa storia è stata scritta per l'event di We are out for promt attualmente in corso.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lunghi fino al punto vita

Ridi, ridi, ridi
Ridi sempre amore mio…
Amore ti costudirò dentro una lacrima,
che piovve sul mio viso il giorno in cui scrivesti,
non ho ali ma so proteggerti…
perché sa far paura anche la felicità.
Ma so proteggerti…
Piangi, piangi,
piangi pure se lo vuoi…
l’amore che urlasti fu forte da far male…
Amore ti custodirò dentro una lacrima,
che piovve sul mio viso il giorno in cui scrivesti,
non ho ali ma so proteggerti…
Magari un giorno avremo un posto anche noi,
in questo mondo che all’amore non sa arrendersi
mentre cammino il mondo ha il tuo nome e mi sembra migliore.

Amore ti custodirò dentro una lacrima,
che piovve sul mio viso il giorno in cui scrivesti,
non ho ali ma so proteggerti.

(Tiziano Ferro -  Ma so proteggerti)

Sa bene di apparire un superficiale, un incosciente senza speranza, insomma uno a cui non importa di niente e di nessuno. In pochi si accorgono che prendere qualunque cosa con leggerezza è l’unico sistema che lui ha trovato utile a sopravvivere.
Il ricordo gli fa male. Finora sembra averlo capito solo Davide.
Non ha dimenticato il giorno in cui gli ha raccontato di Valerio. Quella notte, durante il sonno, Gabriel aveva avuto continuamente incubi. Quando si è svegliato di soprassalto, per l’ennesima volta nell’arco di due ore, ha trovato Davide sdraiato accanto a lui.
È certo che dormire accanto a Sara gli farebbe lo stesso effetto, anche se i pensieri sono insidiosi come serpenti.
Lui è disposto anche ad essere lo zimbello della situazione, pur di circondarsi di risate. Ha bisogno di distrarre la mente, ad ogni ora del giorno e della notte.
Dopo la lite, i suoi sensi di colpa stavano complicando le cose. Ed è per questo che la prima cosa che gli è venuta in mente di fare, pur di costringerla a sorridergli ancora, è stata rendersi ridicolo. E chi se ne importa se ha fatto la figura dell’imbecille.
L’ha stuzzicata spesso perché si comportava da maschiaccio, ma vorrebbe disperatamente vederla sorridere di più. Avergli rovesciato sulla testa un’intera balla di fieno, solo per aver osato guardarle la schiena, ha sortito qualche effetto.
Lì per lì, Gabriel è rimasto annichilito, ma gli è bastato vedere Sara scoppiare a ridere a crepapelle per prestarsi allo scherzo più che volentieri.
Tutto, pur di sentirla ridere.
Sa di piacerle.
Sara non riesce a guardare al futuro con troppo ottimismo, e lui non le dà torto. Parlarle del suo passato non è stato facile nemmeno per lui.
Sono intrappolati in un conflitto continuo tra il sollievo e i sensi di colpa per esserne usciti ancora vivi. Si sono lasciati troppi morti alle spalle, e se dovessero dar voce a quei pensieri, non troverebbero più la forza di ricominciare a vivere.
 
Anche Gabriel ha paura. Quella stramaledetta, bellissima poesia, che Eugenia gli ha fatto leggere in mattinata, sta peggiorando le cose.
Sara ha ascoltato ogni singola parola.
Se non fosse stato per lei, poi, Gabriel non sarebbe mai stato in grado di leggerla.
Sono nell’ala della tenuta dove di solito Sara lo aiuta ad esercitarsi da più di un’ora, ormai, e non hanno ancora spiccicato una parola.
«Comunque, la poesia che abbiamo letto in classe era davvero bella. Mi girava quasi la testa…»
«A me… girava la testa quando ti ho visto la schiena.»
La faccenda non c’entra un bel niente con il discorso di Sara, ovviamente, ma quel maledetto brano ha innescato strani meccanismi nella sua testa.
Continua a tenere le braccia conserte, perché in realtà sta morendo dalla voglia di abbracciarla, e nel frattempo la sua bocca si muove da sola, facendolo parlare a vanvera. «Non so neanche… cosa sto dicendo. Cosa sto dicendo?»
Fa fatica a rimanere lucido, al momento. Non ricorda nemmeno cosa significhi anche solo toccare una ragazza, figuriamoci fare l’amore.
L’unica cosa che gli viene in mente è proporle di guardare la sua schiena. Ha pure iniziato a slacciarsi la camicia, in modo compulsivo.
Le proteste di Sara arrivano a malapena alle sue orecchie.
Lei si è alzata in tutta fretta per fermarlo, ma ha finito per appoggiare le mani sul suo stomaco, ormai scoperto.
Un ottimo sistema per finire dalla padella alla brace. Adesso il sangue freddo è davvero messo a dura prova.
Sara sposta continuamente lo sguardo dal viso di Gabriel al suo petto. Lui, invece, non ha staccato gli occhi dalla sua scollatura nemmeno per un attimo e allunga la mano per sfiorarle il seno, attraverso la camicetta.
«Cosa fai?»
La voce di Sara è appena un sussurro.
«Posso… toccarti?»
Glielo chiede adesso, anche se come al solito Gabriel ha invertito l’ordine tra pensiero ed azione. Glielo chiede ugualmente, perché non vuole scavalcarla.
Sono stati presi alla sprovvista tutti e due e adesso, non distinguono più i confini tra paura e desiderio.
Gabriel è terrorizzato all'idea di far del male a Sara. Ne ha una paura folle, ma ormai le mani si muovono per i fatti loro.
Le apre il primo bottone della camicetta, senza staccarle gli occhi di dosso.
Quando finalmente le sue labbra toccano quelle della ragazza, a lui sembra di riprendersi ossigeno. Le sorride, perché si è accorto che è leggermente stordita, travolta dalle emozioni.
Quanto a lui, persino un cieco si renderebbe conto che sta sprizzando felicità da tutti i pori.
Liberarsi delle camicie è un gesto istintivo. Stringersi e trovarsi l’una tra le braccia dell’altro viene naturale.
Gabriel lascia scivolare la lingua nella bocca di Sara, e le accarezza dolcemente i capelli. Gli stessi capelli che aveva apostrofato con disprezzo, quando si era convinto che lei avesse tradito il loro segreto.
Le ha già chiesto scusa, ma ogni volta che gli torna in mente quell’episodio vorrebbe riportare indietro le lancette.
Si sono sdraiati sul pavimento, proprio in corrispondenza dell’ingresso. Potrebbe entrare chiunque da quella porta, eppure, il fatto di essere così esposti non li preoccupa poi così tanto. «Se qualcuno ci becca succede un casino…»
«O magari finisce tutto in una sghignazzata…»
Lui sbuffa, soffocando una risata. «Ormai siamo in ballo, eh?»
«Beh, puoi sempre alzarti, se pensi che dobbiamo toglierci di qui…»
Gabriel scuote la testa, intrecciando le dita a quelle delle mani di Sara. Non esiste. Non mi sposto nemmeno da morto. Di solito è lei quella ragionevole della coppia, ma evidentemente quello che è successo le ha fatto perdere qualche rotella. E lui è l’ultima persona che può riprenderla, perché ha fatto di molto peggio, nella vita.
«È da quando sei arrivata al campo che cerco d’immaginarti com’eri prima…» confessa, cambiando completamente argomento.
Lei gli sta sorridendo, ma un attimo dopo, sul suo viso compare la solita espressione dispettosa, e Gabriel si prepara all’ennesima stoccata: «Non avevi di meglio a cui pensare? Cosa direbbe la tua ragazza se sapesse quello che sta succedendo in questo momento?»
In un attimo, tutta la giocosità della situazione scompare. Il sorriso sul volto di Gabriel va via, perché la battuta di Sara gli ha provocato una dolorosa fitta al cuore. Se non altro, però, in questo modo, lei gli ha servito su un piatto d’argento l’occasione per mettere le carte in tavola una volta per tutte. «Non direbbe niente…» mormora il ragazzo, abbassando lo sguardo. «Semplicemente perché non esiste.»
Le ha mentito, maledizione. Ed è certo che quando avrà spiegato l’intera storia dall’inizio alla fine, probabilmente Sara lo ucciderà.
Ha già fatto l’esperienza di ritrovarsi le mani di qualcuno attorno alla gola. Non è stata affatto una cosa piacevole, ma morire per mano sua sarebbe una fine mille volte più felice di quella che i nazisti avevano in serbo per gli ebrei.
La bacia, nell’eventualità che quella sia davvero l’ultima volta che lo potrà fare, ma spera vivamente di non dover buttare al vento l’opportunità di passare il resto della sua vita insieme a lei.
L’espressione ‘come se non ci fosse un domani’ non è solo un modo di dire, per loro.
Gabriel appoggia la fronte su quella di Sara, aspettando di trovare la forza di spiegarle. «A Bobbio dovevo andarci per restituire le scarpe di Valerio a suo padre. Il giorno della nostra fuga, lui voleva che le indossassi al suo posto per fuggire. Mi sono rifiutato, ma non ho aspettato molto, per strappargliele dai piedi, quando i soldati sono stati sul punto di trovarmi. Valerio era privo di sensi accanto a me, ma… poteva anche essere già morto. Non me ne sono nemmeno accertato…»
La corazza che di solito mostra a chi lo circonda, a quel punto va in frantumi.
È la seconda volta, dopo la sera in cui si è confidato con Davide, che Gabriel sta singhiozzando. La verità è che detesta farsi vedere in quello stato, anche se ha disperatamente bisogno. Così, si asciuga le lacrime con un gesto stizzito.
È stufo marcio di star male. È stanco di soffrire.
Sara afferra il suo viso tra le mani, costringendolo a guardarla. Si sporge per baciarlo, e resta con le labbra sulle sue per un momento molto lungo. Poi gli asciuga le lacrime. «È tutto finito, Gabriel.»
Le sue parole sortiscono l’effetto sperato. I muscoli di Gabriel si rilassano, lui appoggia nuovamente la fronte su quella di Sara, afferra la mano che gli sta circondando il viso, e poi si allunga verso di lei, per baciarla. Il desiderio prende il sopravvento, e la sua mano raggiunge l’elastico dei calzoni che Sara ha addosso e li abbassa con un gesto deciso.
Toglie di mezzo anche i suoi e qualunque esitazione viene spazzata via.
Gabriel si abbassa a baciare la pancia di Sara, e risale dolcemente lungo il suo ventre, e il suo petto. Lei gli circonda i fianchi, con le gambe, aggrappandosi a lui. A quel punto, l’istinto governa la situazione e Gabriel si fa strada dentro di lei, nel suo corpo e nella sua carne.
Per un brevissimo istante, va letteralmente nel panico. Non gli sembra vero, e poi teme di averle fatto male, e un’altra sfilza di stupidaggini che esplodono nella sua testa tutte contemporaneamente.
Gabriel ricade in avanti, accasciandosi sul piccolo, anche se tenace, corpo che è sotto di lui. Non che i ruoli gli sembrino assegnati nel modo giusto, ma al momento non è davvero in grado di pensare lucidamente.
Sta ancora riprendendo fiato, quando ribalta le loro posizioni, permettendo a Sara di appoggiarsi al suo petto. La guarda, mentre si solleva per baciarlo velocemente sulle labbra, e sorride, realizzando che se dipendesse da lei, non ne avrebbe mai abbastanza.
«Allora, me lo dici come portavi i capelli?» le chiede, come se per tutto il tempo non avesse pensato ad altro, nonostante la tempesta ormonale che li ha travolti.
«Ce li avevo lunghi fino al punto vita.» risponde Sara, incrociando le braccia sul suo petto.
Lui alza lo sguardo al soffitto, cercando di figurarsi nella testa la sua immagine con quella pettinatura, senza riuscirci granché. A lui, Sara piace così. «Non vedo l’ora che ti ricrescano.» le dice, ed è davvero così. «Sarai comunque bellissima.»

 

  
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