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Autore: Lacus Clyne    17/10/2020    3 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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 XI ◊

 

 

 

 

 

 

La sera della festa a villa Howell arrivò di lì a poche ore.

Dopo l'arresto di Tŭmen, io ero tornata nel mio appartamento, dove mi attendeva Lucy. Avevo chiesto ad Alexander di pazientare fino alla settimana successiva perché tornassi a riprendere le mie cose, dal momento che l'emergenza era passata e Nicholas ormai non viveva più con noi. Lucy ne era stata felice, anche se dal suo atteggiamento avevo compreso che qualcosa bolliva in pentola. Così, dopo aver sentito i miei e raccontato della conclusione delle indagini e sul colpo di scena che riguardava Novak, con conseguenti commenti infinitamente sollevati dei miei genitori, avevo affrontato la questione con la mia amica. La sua preoccupazione riguardava me ed Alexander e la mia reazione al video di Trevor. Solo che non ero pronta ad affrontare tutto, dopo giornate così intense. Alla fine, quella notte, ci eravamo appisolate insieme sul divano, una cura speciale di Lucy a base di insano cibo spazzatura e gelato, davanti a un film, nella fattispecie Vi presento Joe Black, come da vecchi tempi.

Il giorno successivo, per volontà della mia amica e di Selina, che mi aveva chiamato sia per sapere come stessi che per Nicholas, che aveva un sacco di cose da raccontarmi, ci dedicammo a noi e fu rigenerante, in un certo senso, come se avessimo recuperato, per quanto possibile, quella dimensione di spensieratezza che era venuta meno. Quando Jace venne a prenderci, in elegante smoking, fischiettò.

Signorine, così farete stragi di cuori! – disse e baciò Lucy, che sorrise.

Avevamo indossato degli abiti da sera che avevamo acquistato, diversi mesi prima, dando fondo ai primi stipendi. Il suo, un abito lungo verde scuro fermato in vita, con un corpetto di raso, era straordinario. Aveva acconciato i capelli in una treccia che partiva dall'alto e incorniciava la nuca a mo' di corona, per poi ricadere in una ciocca mossa sulla spalla sinistra. Il mio era un abito nero in chiffon in stile impero con maniche leggerissime a giro, che scendeva morbido, con un inserto di brillanti che fasciava lo scollo pronunciato. Avevo indossato dei semplici punti luce, mentre i miei capelli si erano rivelati un dramma impossibile da acconciare con quella lunghezza. Alla fine, Lucy aveva giusto dato un po' di movimento con qualche onda fatta col ferro.

Quando raggiungemmo villa Howell, la festa era già cominciata. Musica, luci, e addobbi rigorosamente decisi da Selina, una schiera di camerieri in livrea e una cinquantina di invitati. Che se ne dicesse, ma il detective Wheeler aveva avuto ragione. Avevamo bisogno di decomprimere.

La prima cosa che feci, dopo aver salutato una raggiante padrona di casa in abito lungo color corallo e delicatissimi gioielli d'oro che avrebbero sfamato il Dipartimento per un anno, e il dottor Howell, rigorosamente in smoking, come voluto dal dress code della moglie, mi ritrovai un inedito e bellissimo Nicholas, in camicina bianca, papillon e bermuda neri. Quando mi vide, corse ad abbracciarmi.

Kate!! Mi sei mancata!! – esclamò.

Anche tu, tesoro mio!! Fatti, guardare, sei... bellissimo!! –

Nicholas mi rivolse un sorriso felicissimo, poi mi guardò bene. – Perché hai tagliato i capelli? –

Ehm... avevo bisogno di cambiare un po'... come sto? – chiesi, sorridendo.

Fece per dire qualcosa, ma il suo sguardo si alzò oltre me. Lo aggrottò, poi tornò a guardarmi. – Non è vero, sei la più bella di tutte! –

Gli accarezzai i capelli. – E se lo dici tu, allora mi fido. Al contrario di qualcun altro. – dissi, voltandomi e vedendo Alexander. Chissà perché mi ero illusa per un attimo che avrebbe rispettato il dress code. Look ricercato total black sì, ma senza il papillon. Aveva giusto una pochette a due punte grigio argento a dare colore e stavolta aveva optato per un decisamente più modesto Michael Kors d'acciaio al polso. In compenso, aveva sistemato i capelli, che ricadevano in una solitaria, morbida onda. Intorno a sé, il suo inconfondibile profumo. Era affascinante.

Alexander... – lo salutai, alzandomi.

Sorrise appena inarcando un lato delle labbra, poi mi prese la mano e la baciò. Al contatto con le sue labbra, mi sentii avvampare. Trovava sempre il modo di stupirmi. – Ben trovata. –

Grazie... come stai? –

Inarcò le sopracciglia. – Sospeso. –

Aggrottai le mie. – In che senso? –

Nel senso che vorrebbe essere in qualunque posto a scaricare il suo malumore cronico tranne che in questo. – intervenne Selina, posando le mani sulle spalle del piccolo Nicholas. – A proposito, piccolo... Kate ti ha portato una cosa. Perché non vai a vedere di che si tratta? –

Davvero? Sì, vado subito! Però non te ne andare, Kate, eh? –

Scossi la testa. – Neanche per sogno. Ti aspetto qui. –

Rincuorato, Nicholas corse al tavolo dei regali.

Mi fa tanto piacere vederlo... – confessai.

La prima notte è stata dura. Ha pianto tutto il tempo, voleva tornare da voi... e ieri notte era felice del fatto che vi avrebbe visti. – ci raccontò Selina, sistemando una ciocca dei capelli corvini dietro l'orecchio.

Posso soltanto immaginare... – dissi. – Per questo ho portato una cosa che gli farà sicuramente piacere avere. –

Selina e Alexander mi guardarono stupiti e io sorrisi.

A proposito... grazie per avermi accontentato. So che con quello che è accaduto e trattandosi specialmente di quella persona, la priorità doveva essere l'autopsia, ma... possiamo finalmente festeggiare la fine dell'incubo e in più, volevo che per una volta almeno, potessi dare la priorità alla famiglia... –

Annuii. – È giusto così. –

Beh... d'altro canto è morto, non ha certo nulla da fare. Ad ogni modo, sconterai con gli interessi. – aggiunse sadicamente Alexander.

Selina lo guardò di rimando. – Disse quello che non vedeva l'ora, eh? – e spostò la nostra attenzione, con un sogghigno, sulle nostre mani, la mia ancora nella sua.

Arrossii e sciolsi la presa, mentre Alexander guardò altrove. Pochi istanti e Nicholas tornò, portando con sé Oz. – Selina, guarda!! –

Gli occhi della nostra collega si aprirono di meraviglia. – Oh, è il peluche di Kate! –

Sì, quello che ci protegge! Grazie, Kate... – disse, stringendo forte Oz.

Sorrisi. Ero titubante su eventuali regali, ma alla fine, Oz era quello a cui Nicholas si era affezionato di più e, ormai, aveva esaurito la sua missione con me.

Bene. Che ne dite di divertirci questa sera? – chiese poi Selina e così, partecipammo alla festa.

Ebbi modo conoscere meglio le famiglie degli sposi, che avevo visto soltanto durante la cerimonia in Municipio, di mangiare piatti deliziosi che non avrei mai immaginato di assaggiare e bere dell'incredibile champagne, di vedere Nicholas legare con i figli più grandi dell'agente Jones, che dette sfoggio delle sue abilità di intrattenitore per bambini. Ci fu commozione quando Selina e Marcus presentarono ufficialmente a tutti il piccolo come Nicholas Howell, loro figlio. Non potei fare a meno di pensare che se Karina avesse potuto vedere il suo bambino in quel momento, sarebbe stata fiera di lui e felice per ciò che la vita gli aveva riservato, dopo tanta sofferenza. Rividi con piacere Konstantin Vaughn, il cui rapporto con Alexis si era fatto più regolare, dopo aver avuto la conferma al fatto che sarebbe rimasto negli Stati Uniti per almeno cinque anni. Lucy, a un certo punto, invitata a cantare, dedicò una perfetta Hallelujah che commosse tutti, in particolare Elizabeth, che si strinse al detective Wheeler. In quel momento, guardai Alexander, scorgendo nel suo sguardo una muta consapevolezza.

Poi, gli sposi aprirono le danze, invitando tutti a seguirli. Jace, protestando contro la scelta delle danze, a suo dire troppo ricercate, fu la mina vagante, con divertente disappunto di Lucy. In fin dei conti, un po' di pepe non era male. Elizabeth bisbigliò qualcosa al detective Wheeler e quest'ultimo si alzò, cavando d'impiccio Jace e continuando il ballo con la mia amica.

Ti va di ballare? – mi chiese Alexander, tutto d'un tratto, inclinando la testa verso di me.

Posai il calice di champagne sulla tovaglia di seta bianchissima. – Sì, volentieri. –

Mi alzai subito dopo di lui, prendendo la sua mano e raggiungendo gli altri. Le note gentili del valzer facevano da sottofondo. Alexander mi cinse la vita con un braccio, io sollevai il mio, appoggiando la mano sulla sua spalla, mentre le mani incrociate davano spinta al nostro ballo. Danzammo così per un po', fino a che la musica non cambiò. Riconobbi subito le prime note e guardai sorpresa Alexander, che sorrise, nell'aspettare che, dopo un leggerissimo tonfo, la calda voce di Sinatra e la sua Fly me to the Moon riempisse l'atmosfera con note calde e storiche.

Ma questo... non è il tuo vinile? –

Alexander cambiò presa e mi tenne stretta a sé. – Qualcosa dovevo regalarla anch'io. –

Era una limited edition però, no? Ci tenevi tanto! –

Alzò gli occhi al cielo. – Mh. Non ho avuto tempo di fare altri acquisti. Ah, piuttosto, stavolta, cerca di non pestarmi i piedi. Quei tacchi sono potenziali armi di distruzione. – disse, mentre danzavamo a tempo di jazz.

Quel commento mi fece ridere al ricordo di quando l'avevamo ballata in casa sua per il mio compleanno e gli avevo pestato il piede, sotto gli occhi divertiti di Nicholas. Io non avrei voluto, dal momento che il giorno seguente sarebbe stato l'anniversario della morte di Lily, ma Alexander non aveva sentito ragioni, adducendo come motivazione quanto la serenità di Nicholas venisse prima di tutto. In realtà, non voleva farmi sentire in colpa, né farsi vedere triste. Sapevo che il dolore che si portava dentro era qualcosa che non era ancora pronto a condividere e avevo imparato a rispettarlo e difatti, il giorno successivo era stato praticamente intoccabile. Era rientrato a casa più tardi e si era chiuso nel suo ufficio/palestra, per uscirne soltanto a sera inoltrata. Nè Nicholas né io l'avevamo disturbato, né avevamo osato dire nulla, fino a che non era stato lui stesso a tornare a parlarci. E poi, era tornato il solito.

Alexander mi fece girare su me stessa e, per la prima volta in quella sera e da tanto tempo, mi sentii senza pensieri. Ballavamo e ridevamo, forse un po' brilli, perché mi sembrava che anche lui fosse finalmente più rilassato. Poi fu il turno di un lento, molto caro a Selina e a Marcus, che li aveva fatti innamorare dell'Italia. Avevo le braccia intorno al collo di Alexander e le sue mani erano ben ferme attorno alla mia vita. Guardavo il suo volto, alla luce delle fiaccole che rischiaravano la pista da ballo, con la sensazione che ci fossimo soltanto noi, e lui restituiva. Stretta così, tanto vicini da sentirlo così vivo, così coinvolto... fino a perderci. Quella sera, si era sentito sospeso. Cominciavo a capire cosa volesse dire. Quando ci separammo, sotto gli applausi dei presenti per la fine delle danze, fu difficile. Tornai a sedermi, mentre lui fu convocato dal gran capo. Elizabeth si avvicinò a me.

Disturbo? –

Scossi la testa. Era bellissima, nel suo abito Chanel nero e con due diamanti che le illuminavano il viso. – Come sta? –

Mh. Tu come stai? –

Sospesa. – risposi.

Elizabeth si mise a ridere. – Alexander fa quest'effetto. –

Sollevai le sopracciglia e appoggiai la guancia sulla mano, sorridendo. – Già. –

Sappi che... per quello che può valere, detto da me, mi fa piacere vederlo sereno. –

La osservai. C'era qualcosa in lei che non riuscivo a capire. Forse, era dovuto al fatto che anche se ormai avevano divorziato, lui rimaneva comunque il padre di sua figlia, un uomo che era stato importante per lei e quel legame ci sarebbe sempre stato, a prescindere da qualunque relazione successiva.

Alla fine... aveva ragione, sa? –

Su che cosa? –

Quando mi chiese se mi piacesse Alexander... mi ci è voluto tanto per capirlo... forse... se me ne fossi resa conto prima... –

I suoi occhi cerulei si spalancarono sorpresi, poi sospirò. – Dopo quanto accaduto a mia figlia, sono diventata piuttosto fatalista, sai? Quando Max mi ha detto che il Mago era morto, è stato come se fosse stata ristabilita la giustizia. Certo, non è marcito in una prigione, ma la malattia gli ha dato sofferenza e, perdonami, questo, dal mio punto di vista, è stato un contrappasso. E ora... ora che lui non c'è più, so che la mia bambina può riposare finalmente in pace, anche se... anche se... – si interruppe, con gli occhi lucidi e la voce rotta dalla commozione.

Elizabeth... –

Guardò in su, per ricacciare indietro le lacrime e premette il dorso della mano contro le labbra, poi prese un enorme respiro. – Scusa... quello che voglio dire è che... ora che quel mostro ha cessato di esistere, non possiamo permettere che torni a essere uno spettro e che distrugga ancora le vite di tutti noi. –

Mi ritrovai a tremare, realizzando cosa volesse dire. Forse, aveva bisogno di convincersi a sua volta, ma il suo discorso era chiaro. Non potevamo permettere al Mago di avere ancora presa sul nostro presente e sul nostro futuro, altrimenti avrebbe vinto lui. Annuii.

Lei è davvero coraggiosa, Elizabeth... –

La donna mi rivolse un sorriso commosso. – Ho imparato ad esserlo. –

Due colpetti di tosse ci richiamarono. Sia il detective Wheeler che Alexander erano tornati.

Tutto ok? – domandò l'ultimo.

Sì. Abbiamo chiacchierato un po'. – dissi.

Alexander annuì, mentre il detective Wheeler si sedette accanto ad Elizabeth. – Avete fumato dei sigari, vero? – chiese la donna, facendo ondeggiare la mano per cacciar via l'odore.

Una collezione deluxe. Non c'è matrimonio che non si rispetti che non abbia sigari da offrire. – spiegò Alexander.

Oh, certo. Per questo al nostro non ce n'erano, vero? Non era un matrimonio che si rispettasse. – lo punzecchiò Elizabeth.

Alexander fece spallucce. – Che vuoi? Eravamo giovani, idealisti e mio padre mi aveva legalmente squattrinato. –

Vorrà dire che ti rifarai in età matura. Anche perché il peso dell'età comincia a farsi sentire, no? – domandò, inarcando il sopracciglio perfettamente arcuato, mentre il detective Wheeler si mise a ridacchiare sotto i baffi.

Colta la sfida, Alexander incrociò le braccia e la guardò di sottecchi. – Disse quella che aveva scelto il più vecchio, non è così? –

Ehi. Guarda che tu e io ci togliamo solo pochi mesi. – borbottò Wheeler.

Mi misi a ridere, suscitando la loro attenzione e la reazione perplessa di Alexander, che mi chiese da che parte stessi. Avevamo davvero bisogno di momenti così.

 


Lasciammo la festa un po' prima delle 2:00 ma, mentre Lucy e Jace decisero di continuare recandosi in in centro, io passai. Non avevo voglia di andare ancora in giro per locali. Quando salii in macchina di Alexander, ci ritrovammo a parlare.

Sei sicura di non voler seguire quei due? –

Sicura, sì. Credo di aver già dato abbastanza per stasera. –

Sollevò le sopracciglia e partì. – E poi sono io quello che sente il peso dell'età. –

Mpf. Francamente non ti ci vedo a fare le ore piccole nei locali del centro. Sei più il tipo da introduzione illecita notturna nelle palestre delle università o nelle aziende farmaceutiche... –

Quel commento gli strappò un sorriso. – Soltanto quando ho al seguito la mia squadra di pazzi. –

Fui d'accordo e mi stiracchiai sul sedile.

Il tempo di raggiungere casa tua e avrai tutta la notte per dormire. –

A quel commento il mio cuore mancò un battito. Abbassai le mani, incrociandole in grembo. Guardai fuori dal finestrino, ancora una volta, nella notte di Boston. Mi piaceva il modo in cui la skyline si delineava, illuminata dalle luci della città.

Ricordi la notte in cui mi riaccompagnasti a casa di Trevor? –

Il suo riflesso nel vetro del finestrino mi dette risposta affermativa.

Non credo che potrei mai dimenticarla. –

Il mio respiro si fece più profondo. – Se lui fosse stato ancora vivo... quella notte mi avrebbe chiesto di sposarlo... –

Non rispose, ma potevo vederlo. Il suo volto si era fatto più contratto.

Guardai le mie mani e, istintivamente, sfregai l'anulare sinistro. Sentivo il cuore più pesante a ogni istante di silenzio.

Cosa gli avresti risposto? – domandò, inaspettatamente, e mi voltai guardarlo, incredula.

Ebbi difficoltà ad articolare le parole in quel momento. Che fosse a causa della tensione o della paura che dirlo ad alta voce avrebbe significato non tornare più indietro, non lo sapevo. Ma ormai, non aveva più senso continuare a tenere tutto per me. Il Mago era morto. Aveva portato con sé parte della mia vita. Trevor sarebbe stato sempre parte di quella vita, ma dopo aver visto quel video, avevo avuto conferma a ciò che avevo temuto di più. Perdipiù, le parole di Elizabeth e di Selina continuavano a riecheggiarmi in mente. Il diritto di essere felici... e Alexander era la sola persona che condivideva con me il destino, tragicamente, da molto tempo prima di incrociare le nostre strade.

Dirigiti a Beacon Hill. – sussurrai appena.

Vidi il suo volto sollevarsi appena e i suoi occhi, che si erano spalancati per un attimo, si concentrarono sulla strada di fronte a noi, in un tragitto più breve, ma lunghissimo, se paragonato a ciò che provavo.

 

Quando arrivammo, scesi per prima dall'auto, ma mi fermai ad attendere, appoggiata contro lo sportello metallizzato. Avevo bisogno di un po' d'aria fresca, anche se mi ritrovai a rabbrividire. Alexander mi raggiunse e alzai lo sguardo, incontrandone il suo, ancora una volta. Era così serio e pensieroso che mi sentii quasi in soggezione. Le sue dita si mossero ad accarezzarmi il viso e il contatto con la sua pelle calda mi fece impazzire. Chiusi gli occhi, abbandonandomi al piacere di quel tocco, fino a che non sentii la sua voce.

Kate... ne sei sicura? –

Annuii, col cuore furioso che sembrava volermi uscire dal petto. Anche lui non doveva sentirsi diversamente e quando le sue labbra trovarono le mie, percepii chiaramente la sensazione di un argine che si infrangeva. Un bacio che iniziò quasi reverenziale, per poi diventare più sicuro e profondo, quando risposi ad esso con la stessa voglia. Quante volte avevo immaginato, in quei mesi trascorsi insieme, come sarebbe stato essere baciata da lui? Ci eravamo andati vicini, ma allora, si era tirato indietro. Non avevo compreso fino in fondo il motivo per cui l'aveva fatto, quella volta. Me ne resi conto quella notte. Non significava soltanto abbandonarsi a qualcosa. Mi aveva chiesto se fossi sicura di quello che stessi facendo. Di ciò che volessi. Aveva bisogno che fossi realmente pronta e che non ci fossero più fantasmi tra noi. Anche se questo avesse significato dover trattenere quello che provava. Del resto, aveva sempre avuto un modo piuttosto singolare di proteggermi.

Servì un'incredibile forza d'animo ad entrambi per non lasciarci andare nell'ascensore che ci avrebbe portati a casa. Mi sentivo furtiva, eccitata, curiosa, stretta tra le sue braccia, beandomi dei suoi baci e dei suoi mugugni di protesta ogni volta che, ridendo, gli impedivo di schiacciare il tasto dell'alt. Lo presi per mano quando uscimmo dall'ascensore e arrivammo davanti al portone nero. Sorrise beffardo, poi, da perfetto padrone di casa, aprì e fece un piccolo inchino.

Prego. – disse, invitandomi ad entrare.

Sorpresa da quel comportamento, ricambiai l'inchino ed entrai. Soltanto due giorni e il nostro mondo si era capovolto. Ma casa Graham era nuovamente un'isola felice.

Accolta dalla sola luce lunare che rischiarava tutto l'ampio open space, mi ritrovai a sorridere, consapevole che niente e nessuno avrebbe turbato quella felicità. Il mio cuore riprese la sua corsa forsennata quando sentii la presenza di Alexander alle mie spalle. Non avevo bisogno di voltarmi, non ancora. Prima ancora che mi toccasse, il suo profumo mi aveva catturato. Sentii la punta delle sue lunghe dita scostarmi gentilmente i capelli che ricadevano appena sul collo e chiusi gli occhi. Poi, quelle stesse dita scesero fino alle maniche di chiffon del mio abito e, mentre con la lentezza esasperante di chi stava assaporando quel momento, le faceva scendere lungo le mie braccia, le sue labbra morbide e calde tornarono sul mio collo, ben attente a non trascurare alcun millimetro. Mi spinsi istintivamente all'indietro, appoggiandomi a lui. Passò un'interminabile e beata eternità, fatta del sapore dei baci, del respiro corto, del tocco delle sue mani così attento, sicuro e vivido nonostante non osasse ancora oltrepassare la stoffa sottile, della sensazione di non poterne fare a meno. Quella frenesia di prima aveva lasciato il posto a qualcosa di diverso, volutamente torturante, un'agonia meravigliosa.

Quando finalmente riuscii a voltarmi, mi ritrovai nuovamente nel suo abbraccio. E poco valeva che fossimo ancora nell'ingresso di casa, vestiti, perché quel che stava accadendo andava al di là di ogni nostra forma di razionalizzazione. Sollevai le mani e gli sfilai la giacca, che lasciai cadere a terra. Mi guardava paziente e curioso, sorridendo mentre allentavo uno a uno i bottoni della camicia nera. Quando ebbi finito, allargai i palmi sul suo petto nudo, glabro e scolpito. Si lasciò sfuggire un sospiro, quando mi sollevai sulle punte e gli baciai il collo, nel punto da cui partiva il tatuaggio del pugnale esplorandone i contorni con la lingua, mentre lui, dopo aver tirato giù la zip posteriore del mio abito, lo lasciò scendere intorno a me. Mi coprii il seno nudo con le braccia e alzai lo sguardo verso di lui, in attesa. Sorrise nuovamente e tolse la camicia. Sul fianco destro, la cicatrice dovuta al suo scontro diretto con il Mago di mesi prima era appena visibile.

Siamo pari... quasi... –

Toccò a me sorridere di quel commento, che riuscì nell'intento di lasciar scivolar via qualunque imbarazzo. Allentai la presa e lasciai che mi osservasse avendo la soddisfazione di notare quanto ciò che stava vedendo ne stesse alimentando il desiderio. Mi sollevò il viso con le dita e si chinò a baciarmi nuovamente. Solo in quell'istante mi resi conto di star ricambiando come se da quel bacio dipendesse la mia stessa sopravvivenza. Affondai le mani tra i suoi capelli e tolsi i tacchi. Alexander mi rivolse un sogghigno compiaciuto dei suoi, prendendomi tra le braccia prima che fossi arrivata a terra. Sollevata alla sua altezza, ne incontrai gli occhi. Zaffiro liquido. Tempestosi. Incantevoli.

Alexander... – mormorai, e il suo nome fu come una supplica.

Mi scostò una ciocca dal viso, che sembrava stare studiando. – Sei così bella... anche con i capelli corti... –

Arrossii e lo strinsi forte mentre, lasciando indietro una parte dei nostri abiti, si dirigeva in camera.

Quel che accadde dopo fu nel nostro privato. Non osai mai fare paragoni con Trevor. Erano due persone totalmente diverse. Io ero diversa. Ci scoprimmo insieme, forti di un'intesa che trascendeva la sola attrazione fisica. Quella c'era e ci sarebbe sempre stata, certo, ma Alexander sembrava in grado di capirmi oltre, anche in quel senso. A tratti famelico e arrogante, a tratti paziente e parsimonioso, dosava il suo desiderio tanto quasi da arrivare a tantalizzarmi. Mi ero ritrovata a pregarlo di concedermi sollievo e a desiderare che non lo facesse. E mi ero sorpresa di quanto lo volessi, di quanto anch'io riuscissi a spingermi più in là di quanto avessi mai fatto, senza che vi fosse imbarazzo alcuno, in un gioco di potere e volontà. Avrei potuto continuare per sempre e d'altronde, anche lui sembrava apprezzare. Le sue mani che, nello stringermi, imprimevano solchi sulla mia pelle, i segni di baci sempre più provocanti, disinibiti e profondi, la squisita sensazione di marea montante ogni volta che, muovendomi su di lui, eravamo vicini al culmine, il modo perfetto in cui i nostri corpi si incontravano a fondo, con le mie gambe avvolte attorno ai suoi fianchi, mentre le spinte voluttuose diventavano sempre meno razionali e più istintive e le sue dita si intrecciavano alle mie, sui cuscini. Il piacere allora, era arrivato intenso, caldo, continuo, tante e tante volte. A un certo punto, nè lui né io fummo più in grado più quantificare il tempo, che ormai rispondeva soltanto al ritmo dei nostri amplessi.

Ci ritrovammo così, stretti in un languido abbraccio di quella notte d'estate, appagati ed esausti, baciati dal chiaro di luna che filtrava dalle ampie finestre in legno nero della stanza da letto. Mi accoccolai posando la guancia sul suo petto, sentendo poco a poco il battito del suo cuore diventare più regolare. Lui giocava con una ciocca dei miei capelli.

Alexander? –

Mh? –

Sorrisi. – Non è un sogno, vero? –

Le sue dita tamburellarono sulla mia spalla nuda. – Mpf... chi può dirlo. Al momento non credo di essere del tutto in possesso delle mie facoltà intellettive. –

Mi venne da ridere e sollevai il viso, baciando quelle labbra lussuriose. – Grazie... –

Incontrai i suoi occhi. A una prima espressione di sorpresa, ne era seguita un'altra divertita.

Dovrei dirlo io... ho imparato l'autocontrollo in tutto questo tempo... e... onestamente, sono sorpreso. Ti credevo più pudica. – aggiunse maliziosamente e ridacchiai a quel commento.

Sei ancora dell'idea di mettere la mia purezza sul piatto della bilancia? –

Alzò gli occhi verso il soffitto. – Temo che in quel caso, perderei clamorosamente. –

Mi sollevai a guardarlo, incredula. – Non ci credo... stai ammettendo una sconfitta? –

Sogghignò, poi, dopo avermi stretta di nuovo a sé e tirato su il lenzuolo, coprì entrambi.

Buonanotte, Kate. –

Sorrisi pensando che non sarebbe mai cambiato e, ancora calda tra le sue braccia, per la prima volta in quei giorni mi sentii tranquilla fino a che, poco a poco, scivolai nel sonno.

 

 

 

**************************

Buonasera!! Aggiornamento di oggi... e sono alquanto imbarazzata perché non è facile per me scrivere scene di un certo tipo!! Però, era finalmente il momento giusto e ora, posso dire che finalmente, entrambi si sono messi a nudo, letteralmente e figuratamente, avendo ammesso la propria attrazione reciproca ormai apertamente. A proposito, riguardo a Mr. Screw the dress code, Alexander ha scelto un look total black perché l'ultima volta che ha indossato uno smoking, è stata la notte in cui è morto Trevor e non voleva risvegliare in Kate ricordi dolorosi. Ma ovviamente, essendo lo tsundere che è s'è stato zitto. XD
Nel finale, la storia della purezza sul piatto della bilancia è un riferimento a quando stuzzicava Kate sui trascorsi nel Dark Circus... :3 Un grazie di cuore per il sostegno e alla prossima!!


PS.

 

Aggiungo questo disegno che è venuto fuori solo oggi... so che non è niente di che, perché la mia mano in questo periodo non è particolarmente artistica, ma è da tempo che volevo provarci. <3

lexkate

  
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