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Autore: Little Firestar84    18/10/2020    0 recensioni
Eliot Spencer credeva che le cose andassero bene: nessun pezzo grosso con cui saldare conti arretrati, pochi colpi, nate ormai sobrio che non dava colpi di testa... adesso aveva perfino il suo lavoro dei sogni come chef nella birreria di Hardison e una ragazza in pianta stabile da cui tornare la sera.
Andava tutto bene. Fin troppo. E difatti, dopo trent'anni, si ritrova davanti l'ultima persona con cui avrebbe più voluto a che fare....
Multichapter partecipante alla challenge "Just stop for a minute and smile" di Soul_Shine che trovate sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hitter & Chemist'
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Ultimo capitolo! Stavolta, il prompt usato è :

15. "Se non esistessi, bisognerebbe inventarti."

Quando Eliot tornò a casa era ormai passata la mezzanotte da un bel pezzo. Becks aveva cenato (con una cosa precotta scaldata al microonde, per cui, definirla cena era una parola molto grossa), e poi si era seduta sul divano, in tenuta da casa, a guardare Netflix in compagnia di una tisana calda, col risultato che si era addormentata in men che non si dica, e che il suo “ragazzo” l’aveva trovata spaparanzata poco elegantemente sul divano a russare leggermente con la bocca aperta e con addosso un pigiamone rosa che avrebbe fatto orrore a chiunque, Shrek incluso.

Eliot si fermò ad osservarla, grattandosi il capo, pensieroso, con il sorriso sulle labbra, incredulo: solo due anni prima, se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe avuto una donna da cui tornare a casa la sera, sarebbe scoppiato a ridere. Se gli avessero detto che per  per giunta quella donna sarebbe stata (relativamente) normale, niente a che vedere con le modelle stangone di plastica con cui era sempre uscito una volta archiviata definitivamente la sua storia con Aimee, e che sarebbe andata a dormire (a volte) con un pigiamone felpato rosa e che avrebbe  russato, beh, avrebbe chiamato subito la neuro-deliri.

Eppure, eccola lì, Becks, con occhiali, pigiamone, i capelli che erano un disastro, addormentata sul divano. E sinceramente, era la cosa più adorabile del mondo. Non che non lo avesse pensato quando erano amici- lei era sempre stata una buona fonte di ispirazione e di consigli decenti – ma adesso era diverso. Insomma, adorava la sua compagnia quando si trattava di chiacchierare, di guardare film, quando suonava la chitarra, e se la portava pure a letto. E non era solo il sesso, eh. Certo, il sesso era molto… buono, ma si facevano le coccole. L’ultima volta che aveva fatto le coccole ad una ragazze per il semplice gusto di farle le coccole e non come qualche forma di preliminare era stato… boh, talmente tanto tempo prima che manco se lo ricordava.

Se non fosse esistita, qualcuno avrebbe dovuto inventarla, quella santa donna.

E dire che se l’era quasi fatta scappare. E ben più di una volta. Altro che santa. Sarebbe dovuta andare dritta in Paradiso.

“Ehy…” sbadigliò con la bocca impastata, stiracchiandosi e sollevando la camicia del pigiama. “Uhm… che ore sono?”

“Quasi l’una.” Becks si mise a sedere, accucciandosi contro uno dei braccioli, facendo spazio ad Eliot che si sedette davanti a lei. “Abbiamo parlato fino a dieci minuti fa. Torna a San Francisco tra qualche ora, ma pensavo di andare a farle un saluto il mese prossimo, mi piacerebbe fare un salto a Santa Barbara a salutare mio zio Henry e magari ne potrei approfittare. Potrei…” si schiarì la voce, arrossendo. “Magari potrei conoscere i miei fratelli. E magari tu potresti venire con me. Magari potremmo chiedere a Nathan di prenderci un paio di settimane di vacanza. Potremmo passare prima dall’Oklahoma a salutare mio fratello ed i marmocchi e potrei farti conoscere mio padre dal vivo di già che ci sono.”

Lei sollevò il sopracciglio, un po’ maliziosa. “Sembra una cosa molto da fidanzata. Molto… ufficiale.”

“Magari è il momento di rendere la cosa ufficiale.” Le prese i piedi in grembo, e si mise a massaggiarli. Ecco un’altra cosa che non avrebbe mai immaginato di fare. “Voglio dire, ormai sono due anni che stiamo insieme. Viviamo come se fossimo sposati, perché non farlo?”

Lei lo guardò con gli occhi che le uscivano dalle orbite, più o meno come se avesse appena assistito ad un’autopsia. Era uscito fuori di testa. O era stato sostituito da un alieno. O un clone. Non c’era altra soluzione. A meno che Nate non l’avesse ipnotizzato (sì, lo sapeva fare, e sì, l’aveva già fatto) o Sophie avesse fatto uno dei suoi giochini di programmazione neurolinguistica (sì, li sapeva fare, e sì, li aveva già fatti, anzi, proprio su Eliot).

“Beh?” le chiese, con lo stesso tono con cui avrebbe potuto chiederle se aveva già fatto il sudoku del Tribune.

“Anche sorvolassimo sul fatto che mi hai appena chiesto di sposarti mentre sono in pigiama sul divano e tu sei tutto ammaccato perché te le sei fatte dare dall’assistente di un pseudo-sensitivo…” fece una pausa. Come per ricomporsi e cercare le parole giuste. “Hai sempre detto che tu eri contro gli impegni. Che se avessi voluto il matrimonio o dei figli avrei dovuto guardare altrove.”

“Un uomo è libero di cambiare idea, dolcezza.”  La prese un po’ in giro. “Senti, sui figli io la penso ancora come prima- con il nostro lavoro, non ci vedo a crescere della prole, però, se ci pensi, noi in pratica siamo già sposati, ce lo dicono tutti. Io amo te, tu ami me, e ormai questa cosa va avanti da anni, quindi direi che non posso più dire di non voler legami. So che non sei esattamente pro matrimonio, però, se volessi intanto fidanzarti non mi dispiacerebbe. Uno, due, cinque anni…non mi interessa. Anche tutta la vita. Però, vorrei poter dire “ecco la mia fidanzata”. Abbiamo quarant’anni…”

“Parla per te. Tu li hai superati da un bel po’ i quaranta, a me invece mancano ancora tre anni per arrivarci.” Lo prese in giro, facendogli la linguaccia, col risultato che Eliot le lanciò addosso un cuscino di morbide piume.

“Come dicevo, è stupido dire “ecco la mia ragazza” alla nostra età. Tu non sei la mia ragazza. Non sei una cosetta con cui mi diverto oggi e tra due settimane me ne sono dimenticato. Quindi…” le fece segno di andare avanti con la mano.

“Non devo mettermi ad organizzare il matrimonio, vero? Perché io non ne sono tanto convinta di volermi sposare, visti gli esempi che abbiamo avuto, e poi, non mi hai dato nemmeno un anello, o un diamantino…”

“Per il diamante, potrei comprare da Parker la mia parte del diamante Rosalinda, se ti andasse bene anche un collier,  oppure, potremmo fare un giretto da Tiffany, se proprio volessi un anello…”

“Potremmo fare tutti e due, tanto dubito che lo compreresti. L’anello, intendo.” arricciò lei  il naso. “Perché, in questo caso, io avrei messo gli occhi su Soreste. È un anellino di platino con fedina in diamanti, diamante centrale taglio a cuscino da due carati, con doppia corona di diamanti di cui una rosa, che con il Rosalinda farebbe pure pandant.”

“Giusto una cosettina semplice, eh? Meno male che i diamanti io non li compro….” Ridendo, afferrandola per i polpacci, Eliot la tirò a sé, sistemandosela in grembo, mentre Becks squittiva civettuola e gli metteva le braccia al collo. “Tornando a parlare di matrimonio, pensavo, potremmo iniziare a fare le prove generali per la prima notte di nozze, ti va piccola?”

Mentre lui la teneva in braccio e la portava in camera da letto, Becks rise, nascondendo il volto nella sua camicia di jeans.

Beh, se essere sposata con Eliot Spencer implicava una vita come la loro, forse, tutto sommato, lui aveva ragione, e ne poteva valere la pena.

Specie se le avesse rubato l’anello dei suoi sogni.

   
 
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