Ultimo capitolo! Stavolta, il prompt usato è :
15. "Se non esistessi, bisognerebbe inventarti."Quando
Eliot tornò a casa era ormai passata la mezzanotte da un bel
pezzo. Becks aveva
cenato (con una cosa precotta scaldata al microonde, per cui, definirla
cena
era una parola molto grossa), e poi si era seduta sul divano, in tenuta
da
casa, a guardare Netflix in compagnia di una tisana calda, col
risultato che si
era addormentata in men che non si dica, e che il suo
“ragazzo” l’aveva trovata
spaparanzata poco elegantemente sul divano a russare leggermente con la
bocca
aperta e con addosso un pigiamone rosa che avrebbe fatto orrore a
chiunque,
Shrek incluso.
Eliot
si fermò ad osservarla, grattandosi il capo, pensieroso, con
il sorriso sulle
labbra, incredulo: solo due anni prima, se qualcuno gli avesse detto
che un
giorno avrebbe avuto una donna da cui tornare a casa la sera, sarebbe
scoppiato
a ridere. Se gli avessero detto che per
per
giunta quella donna sarebbe stata (relativamente) normale, niente a che
vedere
con le modelle stangone di plastica con cui era sempre uscito una volta
archiviata definitivamente la sua storia con Aimee, e che sarebbe
andata a
dormire (a volte) con un pigiamone felpato rosa e che avrebbe russato,
beh, avrebbe chiamato subito la neuro-deliri.
Eppure,
eccola lì, Becks, con occhiali, pigiamone, i capelli che
erano un disastro,
addormentata sul divano. E sinceramente, era la cosa più
adorabile del mondo.
Non che non lo avesse pensato quando erano amici- lei era sempre stata
una
buona fonte di ispirazione e di consigli decenti – ma adesso
era diverso. Insomma,
adorava la sua compagnia quando si trattava di chiacchierare, di
guardare film,
quando suonava la chitarra, e se la portava pure a letto. E non era
solo il
sesso, eh. Certo, il sesso era molto… buono, ma si facevano le coccole. L’ultima volta che
aveva
fatto le coccole ad una ragazze per il semplice gusto di farle le
coccole e non
come qualche forma di preliminare era stato… boh, talmente
tanto tempo prima
che manco se lo ricordava.
Se
non fosse esistita, qualcuno avrebbe dovuto inventarla, quella santa donna.
E
dire che se l’era quasi fatta scappare. E ben più
di una volta. Altro che
santa. Sarebbe dovuta andare dritta in Paradiso.
“Ehy…”
sbadigliò con la bocca impastata, stiracchiandosi e
sollevando la camicia del
pigiama. “Uhm… che ore sono?”
“Quasi
l’una.” Becks si mise a sedere, accucciandosi
contro uno dei braccioli, facendo
spazio ad Eliot che si sedette davanti a lei. “Abbiamo
parlato fino a dieci
minuti fa. Torna a San Francisco tra qualche ora, ma pensavo di andare
a farle
un saluto il mese prossimo, mi piacerebbe fare un salto a Santa Barbara
a
salutare mio zio Henry e magari ne potrei approfittare.
Potrei…” si schiarì la
voce, arrossendo. “Magari potrei conoscere i miei fratelli. E
magari tu
potresti venire con me. Magari potremmo chiedere a Nathan di prenderci
un paio
di settimane di vacanza. Potremmo passare prima dall’Oklahoma
a salutare mio
fratello ed i marmocchi e potrei farti conoscere mio padre dal vivo di
già che
ci sono.”
Lei
sollevò il sopracciglio, un po’ maliziosa.
“Sembra una cosa molto da fidanzata.
Molto… ufficiale.”
“Magari
è il momento di rendere la cosa ufficiale.” Le
prese i piedi in grembo, e si
mise a massaggiarli. Ecco un’altra cosa che non avrebbe mai
immaginato di fare.
“Voglio dire, ormai sono due anni che stiamo insieme. Viviamo
come se fossimo
sposati, perché non farlo?”
Lei
lo guardò con gli occhi che le uscivano dalle orbite,
più o meno come se avesse
appena assistito ad un’autopsia. Era uscito fuori di testa. O
era stato
sostituito da un alieno. O un clone. Non c’era altra
soluzione. A meno che Nate
non l’avesse ipnotizzato (sì, lo sapeva fare, e
sì, l’aveva già fatto) o Sophie
avesse fatto uno dei suoi giochini di programmazione neurolinguistica
(sì, li
sapeva fare, e sì, li aveva già fatti, anzi,
proprio su Eliot).
“Beh?”
le chiese, con lo stesso tono con cui avrebbe potuto chiederle se aveva
già
fatto il sudoku del Tribune.
“Anche
sorvolassimo sul fatto che mi hai appena chiesto di sposarti mentre
sono in
pigiama sul divano e tu sei tutto ammaccato perché te le sei
fatte dare
dall’assistente di un pseudo-sensitivo…”
fece una pausa. Come per ricomporsi e
cercare le parole giuste. “Hai sempre detto che tu eri contro
gli impegni. Che
se avessi voluto il matrimonio o dei figli avrei dovuto guardare
altrove.”
“Un
uomo è libero di cambiare idea, dolcezza.”
La prese un po’ in giro. “Senti, sui
figli io la penso ancora come
prima- con il nostro lavoro, non ci vedo a crescere della prole,
però, se ci
pensi, noi in pratica siamo
già
sposati, ce lo dicono tutti. Io amo te, tu ami me, e ormai questa cosa
va
avanti da anni, quindi direi che non posso più dire di non
voler legami. So che
non sei esattamente pro matrimonio, però, se volessi intanto
fidanzarti non mi dispiacerebbe.
Uno,
due, cinque anni…non mi interessa. Anche tutta la vita.
Però, vorrei poter dire
“ecco la mia fidanzata”. Abbiamo
quarant’anni…”
“Parla
per te. Tu li hai superati da un bel po’ i quaranta, a me
invece mancano ancora
tre anni per arrivarci.” Lo prese in giro, facendogli la
linguaccia, col
risultato che Eliot le lanciò addosso un cuscino di morbide
piume.
“Come
dicevo, è stupido dire “ecco la mia
ragazza” alla nostra età. Tu non sei la mia
ragazza. Non sei una cosetta con cui mi diverto oggi e tra due
settimane me ne
sono dimenticato. Quindi…” le fece segno di andare
avanti con la mano.
“Non
devo mettermi ad organizzare il matrimonio, vero? Perché io
non ne sono tanto
convinta di volermi sposare, visti gli esempi che abbiamo avuto, e poi,
non mi
hai dato nemmeno un anello, o un diamantino…”
“Per
il diamante, potrei comprare da Parker la mia parte del diamante
Rosalinda, se
ti andasse bene anche un collier, oppure,
potremmo fare un giretto da Tiffany,
se proprio volessi un anello…”
“Potremmo
fare tutti e due, tanto dubito che lo compreresti. L’anello,
intendo.” arricciò
lei il naso.
“Perché, in questo caso, io
avrei messo gli occhi su Soreste.
È
un anellino di platino con fedina in diamanti, diamante centrale taglio
a
cuscino da due carati, con doppia corona di diamanti di cui una rosa,
che con
il Rosalinda farebbe pure pandant.”
“Giusto
una cosettina semplice, eh? Meno male che i diamanti io non li
compro….” Ridendo,
afferrandola per i polpacci, Eliot la tirò a sé,
sistemandosela in grembo,
mentre Becks squittiva civettuola e gli metteva le braccia al collo.
“Tornando
a parlare di matrimonio, pensavo, potremmo iniziare a fare le prove
generali
per la prima notte di nozze, ti va piccola?”
Mentre
lui la teneva in braccio e la portava in camera da letto, Becks rise,
nascondendo il volto nella sua camicia di jeans.
Beh,
se essere sposata con Eliot Spencer implicava una vita come la loro,
forse,
tutto sommato, lui aveva ragione, e ne poteva valere la pena.
Specie
se le avesse rubato l’anello dei suoi sogni.