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Autore: rocchi68    18/10/2020    1 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Aveva attinto alla felicità per pochi attimi.
Si era affacciato e aveva percepito un calore, per poi ripiombare laddove era sempre stato nelle ultime settimane. Dawn, e ora ne aveva la certezza, non era più per lui. Era triste da dire, ma era così. Credeva che quel bacio avventato fosse l’ultima carta e che potesse riconsegnargli ciò che aveva perduto, ma aveva toppato un’altra volta.
Sentiva il cuore chiuso in una morsa, la testa terribilmente pesante e una stanchezza che fino a quel momento era rimasta sopita da qualche parte nel suo corpo.
Il maledetto stress era tornato a flagellarlo.
Rialzandosi nuovamente dalla posa sbattuta che aveva assunto, si tastò la mascella e si avviò, quindi, verso lo zaino con il chiaro intento di fare ordine e di ricontrollare la mappa.
Non avevano discusso, alla luce della sua storta, se era il caso d’andare incontro a Mike e gli altri o se era meglio rimanere lì al sicuro. A pensare al suo vecchio amico, percepì di nuovo un profondo senso di gelosia e maturò la decisione di non incamminarsi in alcuna direzione.
Se lei voleva andare, poteva uscire dal rifugio, zampettare verso Nord, ripercorrere il sentiero e ricongiungersi agli altri.
Lui sarebbe rimasto lì, al suo posto. Probabilmente si sarebbe accucciato sopra il letto e si sarebbe gettato via nuovamente.
Valeva la pena ricominciare?
Gettare le proprie forze su una situazione che gli si ritorceva contro?
Era come il cane che suo padre teneva vicino al divano e che tentava di giocare con il gatto di sua madre, salvo andare incontro a graffi e morsi che lo segnavano per delle ore. Raramente giocavano insieme e andavano d’accordo, ma per la maggior parte del tempo erano in guerra e il cane si rifiutava di non poter disturbare quel piccolo micio nero.
Erano come quegli animali.
Erano come il Sole e la Luna.
Erano elementi discontinui e incapaci d’andare d’accordo per lasciarsi tutto alle spalle.
L’indomani non sarebbe partito. Non avrebbe portato il suo zaino, imprecando sui ciottoli lisci. Si sarebbe rifiutato di scorgere qualche animale ancora mezzo addormentato.
E questa volta non avrebbe più pensato a quella storia.
Aveva provato dopo la prima cazzata e non aveva ottenuto nulla. Aveva tentato di sorprenderla con la lettera e con la visita all’Università, ma tutto gli si era rivoltato contro.
E aveva pure osato durante quella stupida gita.
Basta!
Si era stancato di essere quello che tentava, che sperava, che pregava, per poi abbassare la testa e sentire il suo orgoglio che offendeva la sua ostentata stupidità.
Controllate ancora le mappe per alcuni minuti, si voltò a fissarla e si convinse che lei fosse già nel mondo dei sogni. Stringendosi nelle spalle, si alzò nuovamente e spense la luce, distendendosi sul freddo pavimento e accontentandosi della visione oscura del soffitto.
 
Aveva abbandonato il cellulare sopra il comodino, in una condizione di stand-by e con la suoneria ridotta al minimo.
Come se potesse usarlo in qualche modo. Non poteva connettersi a Internet, non poteva inondare Zoey e Gwen di messaggi e non poteva nemmeno telefonare per ricevere conforto.
Quando era salita sulle spalle di Scott, era stata felice.
Aveva ammesso i suoi sentimenti, si era accorta di non poter stare senza di lui, ma poi l’aveva ricacciato in un angolo.
Non voleva Mike e questo era più che evidente. Non erano propriamente incompatibili, ma non erano nemmeno sulla stessa lunghezza d’onda.
Era questo ad affliggerla.
Doveva lasciarsi andare, abbandonare i suoi patetici approcci e ritornare con Scott oppure continuare a fargliela pagare?
E perché doveva scontrarsi sempre con lui?
Era molto più semplice andare d’accordo.
Discutere dei propri gusti, uscire insieme, passeggiare mano nella mano, piuttosto di non guardarsi in faccia e di evitarsi come la peste.
Inspirando pesantemente, si rimise seduta e si voltò per controllare l’ora sul display.
Mezzanotte era già passata da una dozzina di minuti e il rifugio era avvolto da un’oscurità piacevole.
Allungando una mano, recuperò la bottiglietta d’acqua e dopo alcuni sorsi, una domanda le sorse spontanea.
Aveva davvero rispettato ciò che aveva promesso?
A tastare sul lato libero era evidente che non ci fosse nessuno e a sospingersi a curiosare oltre il limite del letto, imprecando lievemente per il dolore alla caviglia, notò la sua figura immobile come una statua e avvolta dal giubbotto che si era portato dietro.
Sistemandosi i capelli e sfruttando la poca luce presente, studiò il suo volto contratto e notò quanto fosse stata stupida finora.
Per non ferirsi, lo stava facendo soffrire.
Per orgoglio aveva tentato di dimenticare il suo Scott.
Sperando che lui non si risvegliasse e non la vedesse in quella posizione piuttosto scomoda per la sua ferita, tentò di farsi forza e di rialzarsi.
Non aveva intenzione di disturbare il suo meritato riposo, né di rinunciare al letto per dormire al suo fianco.
Voleva solo la sua buonanotte.
Ora che il suo orgoglio era distratto e non faceva danni, poteva prendere una coperta leggera, abbassarsi su di lui e coprirlo appena.
Dopo quella gentilezza, si sentì molto meglio e, senza fare il minimo rumore, tornò al suo posto, sperando che tutto potesse solo migliorare e che il suo lato più freddo non ritornasse impetuoso l’indomani.
E mentre si tirava ancora più su le coperte, nell’oscurità della notte, laddove il riposo di entrambi poteva essere finalmente tranquillo, Dawn si mise una mano sul cuore che batteva fin troppo in fretta.
Anche se l’aveva schiaffeggiato, avevano discusso pesantemente e gli aveva chiesto di stare lontano, lei sperava che continuasse a riprovarci.
Era solo questione di tempo e tutto sarebbe ritornato come ai bei tempi.
E nel voltarsi alla sua sinistra, Dawn si tastò le labbra che avevano sfiorato il desiderio di avere Scott per tutto il resto della vita.
 
Aveva provato ad alzarsi l’indomani, accettando anche l’aiuto di Scott, ma la sua caviglia non ne voleva sapere di reggere il suo peso.
Pochi passi e si sentiva mancare, ritrovandosi sorretta dall’amico che, nonostante tutto continuava a farsi usare come stampella umana.
Non era comunque questo a lasciarla perplessa.
Giorni prima le avrebbe fatto forza, le avrebbe consigliato di esercitarsi e di non esagerare troppo. Quella mattina, tuttavia, sembrava di pessimo umore. Era silenzioso, si tastava spesso la testa e ogni tanto si strofinava gli occhi, colpevoli di mostrargli un panorama sfocato.
Dawn aveva provato a chiedergli se si sentisse bene, ma lui non aveva mai risposto, scrollando sempre le spalle e chiudendosi in se stesso.
Una sola volta si era lasciato sfuggire un leggero mugugno, percepito dalla ragazza. Si trattava di “Un starò bene, spero.” che non la lasciava molto tranquilla e che le incuteva un certo timore.
Per tutta la giornata si era chiesta il significato di quelle parole.
Era solo un’uscita infelice tanto per farla sentire in colpa o un mero presagio per una qualche intenzione che non traspariva dal suo sguardo appannato?
I suoi occhi le parevano ancora più grigi e sul suo volto non c’era il minimo accenno a un sorriso che potesse farla sentire in pace.
Quella era l’ultima giornata in montagna, prima di ritornare ognuno alle proprie vite.
Il Pahkitew avrebbe aperto l’indomani, le ragazze sarebbero tornate all’Università, Mike avrebbe dato qualche ripasso a un amico un po’ indietro con le lezioni e Dawn si sarebbe dimenticata di quell’uscita infelice.
Credeva, anzi sperava che il ritorno di Duncan potesse restituirgli un minimo di loquacità, ma dopo essersi scambiati alcuni dettagli e convenevoli su quella gita, il rosso si era avviato a passo spedito verso valle, non volendo nessuno al suo fianco.
Dawn passava tra le spalle di Mike a quelle di Duncan, chiedendo ogni tanto di scendere per sgranchirsi le gambe e per sentire la caviglia non ancora in ottime condizioni.
E mentre Scott camminava tranquillo, distante quasi 300 metri dalla carovana che aveva alle sue spalle, Zoey e Gwen bersagliavano l’amica di domande.
“Che gli hai fatto?” Esordì la dark, dopo aver calcolato per l’ennesima volta la distanza che il rosso aveva concesso loro.
“Io? Assolutamente niente.” Si difese contrariata dall’invadenza dei suoi amici.
“E allora com’è che sembra giù di morale?” Continuò Zoey, mentre Mike avvertiva la tensione che si stava andando a creare nel loro piccolo gruppo.
Era sufficiente che qualcuno stesse male e tutto andava a scatafascio. Se Gwen aveva la luna storta, ecco che tutti puntavano il dito su Duncan e le sue solite cazzate. Se Zoey soffriva e spesso piangeva per delle inezie, ecco che Mike si ritrovava attorniato e riceveva l’occhiata assassina del gemello. Se Dawn non stava bene, tutti puntavano su Scott e il suo carattere complicato.
“Sta mattina si è svegliato così. Che ci posso fare io se è in guerra con il mondo intero?”
“Sicura di non avergli fatto nulla?” S’informò Duncan, accendendosi una sigaretta.
“Assolutamente.”
“Eppure ieri stava meglio.” Affermò Zoey, giurando di non essersi sognata il ghigno che aveva intravisto prima che lui ripartisse con Dawn per fornirle le prime cure.
“Magari ha dormito poco.”
“O magari gli hai fatto qualcosa che non dovevi.”
“Ancora con questa storia?” Chiese infastidita.
“Siamo in quattro contro uno e possiamo decidere anche di lasciarti qui se non ci racconti cosa gli può essere successo.” La minacciò Gwen, sfoggiando un sorriso diabolico che contagiò parzialmente anche Duncan.
“Io…”
“Guarda che sono d’accordo con loro.” Ammise Mike che sorreggeva il peso della biondina.
“Anche tu?” Domandò afflitta, cercando con lo sguardo Zoey e sperando che almeno lei potesse difenderla dal loro interrogatorio.
“Nessuno avrebbe da ridire se tornassi a casa a piedi.” Confermò la rossa, schierandosi apertamente dalla parte di Gwen.
“Ma io non so nulla.” Protestò con una vocina che pareva uscita da un qualche cartone animato.
“Non l’hai offeso?” Domandò Gwen.
“Gli ho solo detto che non ero più interessata a quello che faceva e che non doveva più provarci con me.”
“Nulla d’insolito.” Borbottò Duncan, facendo fuoriuscire una nuvola di fumo grigio.
“Abbiamo discusso, questo è vero, ma non gli ho detto nulla che potesse ridurlo così.”
“Non ne sono così sicura, ma questo è il massimo che possiamo ottenere.” Nicchiò Zoey, mentre Gwen scrollava le spalle.
 
Se Duncan avesse mai immaginato che quella gita, oltre alla gioia di aver consolidato il suo rapporto con Gwen, gli avrebbe consegnato un viaggio di ritorno segnato dal completo silenzio, allora avrebbe invitato la fidanzata a farsi un bel viaggio senza nessuna rottura intorno.
E lui che era alla guida odiava di non potersi distrarre in qualche modo.
Alla sua destra Scott si era raccolto la testa tra le mani, come se soffrisse di una qualche emicrania dovuta da qualche urlo che gli aveva sfondato i timpani.
Era come se sentisse qualcosa cui lui voleva imporre di rimanere zitto.
Dietro al lato passeggero, dove il rosso alternava momenti di profondo sconforto ad attimi dove inseguiva le macchine sorpassate dalle manovre spericolate del punk, vi era Zoey che non meditava più nemmeno di dividere Dawn dal suo amato Mike.
Era chiaro chi avesse vinto in quella gita e di certo il bel moro non era poi molto interessato a una che stava distruggendo il suo gruppo.
Non serviva esporre i suoi difetti o esaltare alcuni lati negativi: bastava che Dawn esibisse il caratteraccio dimostrato verso Scott e si sarebbe allontanata da chiunque.
Soddisfatta da questa considerazione e osservando alcuni patetici tentativi dell’amica, si era messa a smanettare con il cellulare, cercando di chattare con Gwen che, seppur fosse distante pochi metri, non poteva rivolgerle parola così apertamente.
Proseguendo da destra verso sinistra Mike era concentrato sulla guida non proprio esemplare di Duncan e in alcuni momenti cercava con lo sguardo la rossa che seguitava comunque a sorridere davanti allo schermo del suo cellulare.
Dawn, al contrario, era immobile come una statua e ogni tanto si sfiorava la caviglia, cercando di stabilire se doveva rinunciare alle prossime lezioni all’Università per curarsi da quella fastidiosa botta che si era procurata.
Gwen, dopo i primi momenti di silenzio e infastidita dai movimenti di Dawn che torturava la zona lesa ogni cinque minuti, aveva estratto il cellulare e s’era intrattenuta con quella svitata di Zoey, non rendendo partecipe nessuno del suo desiderio di uscire da quel veicolo fin troppo opprimente.
Non l’aveva mai ammesso, ma quando si trovava in un ambiente chiuso e non c’era nessuno con cui discutere, soffriva di claustrofobia. Credeva di aver passato quella rottura di scatole, ma le tante ore spese con lo psicologo l’avevano convinta di aver sprecato solo tempo e denaro.
Abbassando lievemente il finestrino e lasciandosi scompigliare leggermente i capelli scuri, si sentì molto meglio e riprese la sua chat con Zoey che presto interruppe per la profonda noia che l’aveva colta.
Ma quei semplici movimenti non erano passati inosservati a Duncan che poteva notare come le dita di Zoey e Mike si muovessero freneticamente sugli schermi dei cellulari.
Se prima era Gwen, ora distratta da tutt’altro, a essere impegnata con la rossa, ora era il moro a discutere con quest’ultima e con la velocità con cui stavano chattando, sembrava un qualcosa di molto serio.
O così era parso a Duncan che, con la strada deserta davanti a sé e sul grande rettilineo della strada statale che doveva affrontare, aveva gli occhi quasi fissi sullo specchietto retrovisore.
“Duncan ci sta guardando.” Era questo ciò che aveva scritto Mike dopo averle chiesto, se le era piaciuta la gita.
“Che guardone rompiscatole.”
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“E tu?” S’informò Zoey, sorridendo per quella faccina ridicola.
“Avrei preferito che non ci fossero simili incomprensioni, ma non è stata così male.”
“Per una volta abbiamo organizzato qualcosa di carino.”  Ammise Zoey, cercando di guardarlo, mentre lui seguitava a scrivere.
 “La gita è stata interessante, anche se qualcosa ha catturato il mio interesse da molto prima.”
“Davvero?”
“Volevo chiederti Zoey, se una sera ti andasse di uscire senza tutti questi rompiscatole tra i piedi.”
“Guarda che siamo usciti insieme anche ieri sera.” Soffiò divertita.
“Uscire per prendere una boccata d’aria di 5 minuti, preoccupati per i nostri amici persi in chissà quale rifugio e senza sapere le loro condizioni non è proprio il genere di appuntamento che avevo sempre sognato.”
“Un appuntamento?”
“Non siamo mai usciti insieme e mi piacerebbe conoscerti meglio.”
“Mike Fraser…mi stai forse dicendo che ti piaccio?” Digitò compulsivamente, cercando di osservare se gli altri erano ancora svegli.
“Zoey Cheney…mi stai forse dicendo che non sei interessata?”
“A volte mi fai delle domande cui preferisco non rispondere.” Commentò divertita, stuzzicandolo ancora un po’.
“Lo prendo per un no.”
“Girati.” Gli consigliò, ridacchiando sommessamente.
“Ma…”
“Girati e avrai la mia risposta.”  Ripeté di nuovo, mentre lui si voltava a fissarla e si ritrovava spaesato da un bacio scoccato a tradimento.
Sorpreso per quel movimento assai repentino, si era messo ad accarezzarle il volto arrossato e poi, avvertendo un lieve scossone, forse opera di una buca, era tornato a concentrarsi sulla sua amata chat telefonica.
“Domani sera?” Tentò Mike.
“Anche questa sera, se non ti dà fastidio.”
“Non è che stiamo affrettando un po’ troppo i tempi?”
“Guarda che sono io quella che dovrebbe protestare: hai accettato gli occhi dolci di Dawn fino all’altro ieri solo per farmi ingelosire e ora mi chiedi pure del tempo. Se non fossi così caruccio, potrei anche ripensare alla proposta che ti ho appena fatto.” Ribatté seccata, facendosi sfuggire un ringhio sommesso che venne percepito da Mike.
Nel sentire quel suono così gutturale e preoccupato dalla possibilità di litigare dopo nemmeno cinque minuti dall’inizio della loro storia, appoggiò il cellulare sul ginocchio sinistro e con la mano destra iniziò un lento messaggio che convinse Zoey della bontà della sua proposta.
Finito il viaggio di ritorno, si sarebbe inventata una scusa valida e sarebbe finalmente uscita con Mike, non rendendosi conto, però, che qualcuno, attraverso lo specchietto retrovisore, aveva captato le loro intenzioni future.
E con un sorriso da beota sul volto, Duncan si rese conto che mancava solo una coppietta all’appello e che questa, per forze di cose, doveva essere formata dallo spento Scott e dalla superficiale Dawn.
O così pensava, fino a quando l’indomani non ricevette una pessima notizia.




Ryuk: Siamo tornati

Andiamo avanti e indietro senza una meta precisa.
Almeno questa storia sta continuando come me l'ero immaginata.
Tutto troppo semplice, vero?
Ovviamente no...adoro rimescolare le carte.

Ryuk: Vi auguriamo una buona settimana.

Con la speranza che domenica prossima abbia voglia o mi ricordi di aggiornare.
Non contateci troppo, però...
 
   
 
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