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Autore: Serpentina    19/10/2020    3 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Niente introduzione con consigli musicali, stavolta, non ce n’è bisogno: il titolo dice tutto. 😉
Avvertenze: il seguente lavoro contiene la descrizione nuda e cruda di un esame autoptico. Astenersi i deboli di stomaco.
Ciò premesso, grazie, come sempre, a chi segue questa storia e buona lettura.
 
Rock the casbah
 
“Ciò che permette a un abile generale di sottomettere il nemico e conseguire risultati straordinari, è la capacità di previsione”.
Sun Tzu
 
Nell’istante in cui, sulla soglia di casa Weil, William fece per accomiatarsi, Frida realizzò di doverlo ringraziare per esserle rimasto accanto nel suo breve momento di crisi.
Gute Nacht, Liam. Buonanotte, e grazie… di tutto.
–Dovere- rispose lui. –Ho il brutto vizio di mostrare solidarietà a chiunque.
–Da quando essere gentili col prossimo sarebbe un vizio?
–Ne riparliamo se e quando avrai preso tante pugnalate nella schiena quante me, Weil. Sai come si dice: “se fai del bene, dimenticatene; se fai del male, ricordatene”. Sfortunatamente, ho tanto da dimenticare.
“Ecco cosa succede a essere un kantiano del cazzo, caro il mio Wollestonecraft!”
–Mi spiace che tu non abbia imparato dai tuoi errori, Liam- sospirò mestamente Frida, divisa tra il dispiacere di scoprire che il suo neo-socio avesse alle spalle tanta sofferenza, e la consapevolezza che l’acume e la sensibilità che lei tanto apprezzava derivavano proprio da quella sofferenza. –Non che l’altruismo sia di per sé un errore; l’errore è ritenere che tutti lo meritino in egual modo. Senza un po’ di sano egoismo, l’umanità sarebbe già estinta. Ognuno di noi dovrebbe essere la sua priorità: non tradirai mai te stesso, non ti alzerai mai una mattina per dirti che non ti ami più… o che non ti sei mai amato e stai vivendo un’illusione. Tu sei l’unica persona per cui valga la pena di sacrificarsi e fare il lavoro sporco, è il mio motto. Tutto questo per dire: non sopporto la cattiveria gratuita, ma capisco chi azzanna alla gola i suoi simili per autodifesa.
Homo homini lupus. Un concetto molto hobbesiano- asserì William.
–Citazioni in latino a quest’ora di notte, dopo aver bevuto due Vaporwave? Sei mitico!
–Troppo buona. Bene, allora… buonanotte, Weil. Spero applicherai quello che predichi: sii la tua prima scelta. Sempre.
–Dato che, evidentemente, non sarò mai la prima scelta di Aidan…
William reclinò la testa e chiuse gli occhi, incredulo che una persona potesse essere al tempo stesso tanto intelligente e tanto stupida.
–Te lo ripeto: secondo me, non piacergli è la tua fortuna. Adesso pensi che non possa andarti peggio, ma presto capirai che ho ragione. Stare insieme ti avrebbe portato soltanto sofferenza, e non solo per via della storia a distanza. Affronta la realtà: spasimavi per lui da troppo tempo, non è sano- fece una pausa e interpretò il silenzio della Weil come un invito a continuare. –Sei libera di pensare che vaneggi, ma, sotto sotto, sai che ho ragione. Credi di essere innamorata di lui, in realtà sei innamorata del suo simulacro, che negli anni hai idealizzato sempre più. Il vero Aidan Cartridge ha pregi e difetti, il tuo Aidan soltanto pregi. Saresti rimasta delusa. Lo so perché… ci sono passato, con la ragazza della porta accanto.
–Un po’ cliché, ma chi sono io per giudicare?- ridacchiò Frida, nella speranza che dare un tono scherzoso alla conversazione potesse deviarla da quell’argomento, o quantomeno renderla meno sgradevole. –Hai almeno avuto successo nell’impresa?
–Sì … e no. Alla fine ci siamo - come dite qui - incollati, ma è durata quattro mesi. Sottolineo, quattro. Le sono andato dietro per anni ed è durata quattro mesi. Prima che me lo chieda: non è stata la mia partenza a causare la rottura. Ho dovuto fare i conti con la realtà: la Isla che avevo davanti non era la Isla che avevo desiderato per tutto quel tempo. Anelare da lontano mi aveva impedito di scoprire il peggio di lei. Si dice che quando scopri il peggio di una persona puoi scappare, o iniziare ad amarla per davvero. Io sono scappato, e, dal poco che ti conosco, credo lo avresti fatto anche tu.
–Difficile immedesimarmi: non mi piacciono le ragazze!- provò ancora una volta a scherzare Frida, invano; il suo interlocutore la fulminò con un’occhiataccia degna di Franz. –Ok, la pianto. Mi dispiace che la ragazza dei tuoi sogni si sia rivelata un incubo, ma il corso del vero amore non è mai andato liscio. Vale la pena di prendere qualche cantonata, pur di ottenere una simile ricompensa, non ti pare? Ebbene sì, nel mio mondo di logica ferrea ho dovuto far posto all’amore. Ridi quanto vuoi, Liam, non perderò la fede nel potere della forza “che move il sole e l’altre stelle”; sarei una sciocca a non crederci, dopo averne sperimentato la potenza sulla mia pelle.
“La forza che muove sole e stelle? Qualcuno qui necessita di un ripassino di fisica. Newton si starà rivoltando nella tomba!”
–E, dimmi, credi anche in Babbo Natale e nel coniglietto pasquale?- la schernì lui. –Mi deludi, Weil. Sei l’ultima persona che mi sarei aspettato potesse ergersi in difesa di quella che, a conti fatti, è un’invenzione dei poeti. Intuisco dal broncio sul tuo adorabile faccino che questa informazione cozza con l’immagine distorta che ti eri fatta di me: sotto questa invidiabile chioma di riccioli biondi non c’è il tenero angioletto che credevi. Mi spiace disilluderti, ma l’amore platonico, inteso come ricerca dell’anima gemella … non esiste! E, se esistesse, sarebbe un crudele scherzo della natura. Su questa nota allegra, ti auguro, per l’ultima volta, buonanotte.
Lieto di aver lasciato di stucco Frida ancora una volta, girò sui tacchi e se ne andò, senza curarsi di argomentare le sue parole.
 
***
 
Il lunedì seguente non fece in tempo a mettere piede nella scuola, che venne letteralmente placcato da Frida.
–Non pensare di potermi sfuggire! Sei riuscito a ignorare i miei messaggi e chiamate, ma adesso sei mio!
Massaggiandosi una spalla, dolorante dopo il violento urto contro il pesante portone in legno della scuola, William ribatté –Una dichiarazione in piena regola, la tua! Lusingato, Weil, ma, come ho detto, sono più un tipo fisico. Le smancerie non fanno per me.
La ragazza assunse un’intensa sfumatura bordeaux, quasi identica al colore delle loro cravatte, e ringhiò –Vaffanculo, Wollestonecraft! Sii serio, Cristo santo! Dobbiamo parlare.
La solennità con cui aveva pronunciato l’ultima frase parve ridicola, in contrasto con la sonora risata gutturale di William.
–Tsk, tsk! La volgarità non si addice a una boccuccia raffinata come la tua, Weil. Complimenti, comunque, ottimo placcaggio. Potresti giocare nella squadra di rugby della scuola… se solo ammettesse le femmine. Allora, che c’è? Nella mia modesta esperienza con voi leggiadre fanciulle, “dobbiamo parlare” è una diade che prelude al disastro, ma non posso negare niente alla mia adorabile socia, soprattutto se mi guarda con questa espressione truce così dannatamente sexy. Spara!
Frida, di solito amante di allusioni e giri di parole, andò dritta al punto, sconvolgendo il ragazzo, che si aspettava una discussione di tutt’altro tenore.
–Te lo ripeto: solo il mio ragazzo ha il diritto di pensare a me... Ah, che parlo a fare? Sei una causa persa! Veniamo a questioni più serie dei tuoi ormoni a briglia sciolta: ho letto per intero il referto dell’autopsia di Aisling Carter. L’ora della morte è stimata tra mezzanotte e le 3 del mattino del 26 settembre. Oltre ad alcune ecchimosi sul polso destro, che meine Mutter ha poco saggiamente liquidato come “inquadrabili nel contesto della composita lesività contusiva conseguente a un politrauma da precipitazione”, è emerso un altro dato interessante: Aisling è stata in Pronto Soccorso poche ore prima di morire. Le tracce di benzodiazepine riscontrate nel sangue allo screening tossicologico sono, con ogni probabilità, i residui della prescrizione dello psichiatra che l’ha visitata.
Decisamente sollevato che la ragazza non volesse bisticciare sul suo orientamento anti-romantico, William ridacchiò –Sai che non ho capito un’acca di quello che hai detto, sì?
–Ho letto per intero il referto dell’autopsia di Aisling Carter- ripeté Frida in tono scocciato, scandendo ogni sillaba.
–Fin qui c’ero. Allora?
–Sul corpo erano presenti alcune lesioni secondo me sospette, e ho scoperto che i tranquillanti che aveva nel sangue non li ha presi autonomamente, ma le sono stati presumibilmente prescritti in Pronto Soccorso. Non resta che scoprire il motivo dell’accesso… e della dimissione. Se dovesse venir fuori un errore medico, chi l’ha visitata passerebbe guai seri.
–Così è più chiaro- rispose William, sforzandosi di non scoppiare a ridere: i discorsi “alla CSI” della Weil erano esilaranti! Allo scopo di farsi altre due risate, le chiese –Ehm, non che la cosa mi sorprenda più di tanto, ma … mi spieghi come hai fatto a mettere le mani su un documento riservato?
La risposta lo sconvolse oltre ogni immaginazione.
–Ho hackerato il computer di mia madre- rispose lei con naturalezza, come se stesse commentando il meteo.
–Tu cosa?
–Oh, e va bene- sbuffò, irritata per essere stata colta in flagranza di appropriazione indebita di abilità informatiche. –Ernst ha hackerato il computer di mia madre!
–Lui cosa?
Sentendo puzza di predicozzo, Frida di affrettò a sbottare –Non è questo il punto! Il punto è che devo mettere le mani su quel verbale di Pronto Soccorso, è fondamentale per la ricostruzione degli eventi.
Determinato a scoprire fin dove poteva spingersi la follia genialoide della Weil, William alzò le mani in segno di resa e sbuffò –E come conti di riuscirci? Farai hackerare a Ernst il sistema informatico dell’ospedale?
Lo sconvolse realizzare che la sua socia lo aveva preso sul serio.
–Non sarà necessario- rispose, fregandosi le mani come il più stereotipico dei cattivi del grande schermo. –Zum Glück1, ho altre risorse.
 
***
 
Serle Constable, coniugata Weil, si era recata poche volte nel reame di sua cognata Faith. Preferiva di gran lunga fosse lei ad ascendere nel suo ufficio, piuttosto che dover scendere nel luogo che i suoi colleghi chiamavano, (poco) amichevolmente, “Ade”. Non era un tipo impressionabile - avrebbe dovuto cambiare carriera, altrimenti - però non poteva negare di provare un certo disagio, una sorta di timore reverenziale, nei confronti delle sale settorie.
Si fermò qualche secondo davanti alla vetrata, prima di entrare. La scena che le si parò davanti era talmente comica e, al contempo, macabra, che si lasciò sfuggire un sorrisetto: Faith, infagottata in una divisa verde da chirurgo, era intenta a scollare con rabbiosa maestria uno scalpo, muovendo avanti e indietro la testa a ritmo di un grande classico dei Clash, mentre la descrizione dei reperti che osservava man mano compariva sullo schermo di un computer poco lontano.
Si complimentò mentalmente con lei per il buon gusto in fatto di musica e la buona riuscita degli sforzi profusi per rendere l’ambiente di lavoro meno lugubre. Una volta subentrata al dottor Edward “Ned” Noyce, infatti, Faith non aveva perso tempo, introducendo da subito orari di lavoro più umani, un uso massivo dell’autopsia virtuale e la (sana) abitudine di lavorare con un sottofondo musicale, ideale per distrarsi dal rumore delle lame e del trapano.
Intuì che la Irving fosse arrabbiata dal modo in cui si faceva strada tra i tessuti a colpi di bisturi: non la solita delicatezza da pittrice che pennellava su una tela di carne e sangue, bensì veementi stilettate che graffiavano l’osso sottostante.
Sperando che la sua presenza bastasse a ridarle il buonumore, la salutò animatamente.
–Dottoressa, buongiorno. Stai aprendo il Rifiuto Umano?
Faith abbandonò il bisturi sul tavolo e sbuffò una risatina.
–Rifiuto Umano perché è stato trovato in un cassonetto nell’East End? Che fantasia!
–È una prerogativa di noi sbirri- rispose divertita Serle. –Gli hanno sparato, vero?
–Sì. Un lavoro pulito, da professionista. Singolo colpo a contatto, con ingresso in regione nucale e uscita a livello della glabella- sciorinò Faith, salvo poi tradurre il tutto in linguaggio comprensibile. –Il proiettile è entrato dalla nuca e uscito in mezzo alle sopracciglia, il che fa pensare che il killer fosse più basso, o posizionato più in basso, rispetto alla vittima. Ma che… maledetto aggeggio, questo non avresti dovuto scriverlo! E le chiamano intelligenze artificiali. Intelligenza un corno!
–Ma tu guarda: ha scritto proprio tutto, “corno” compreso- ridacchiò Serle.
–Non è divertente, Serle!
–Invece sì. Molto.
Faith emise un ringhio sommesso, poi riprese a parlare nel microfono attaccato al colletto della divisa.
–Med Writer, cancella l’ultimo paragrafo. Adesso scrivi: previo taglio bimastoideo, si procede a scollamento del cuoio capelluto, rilevando infiltrazione emorragica dello stesso nell’area circostante alla soluzione di continuo sopra descritta. Muscoli temporali normotrofici e indenni da alterazioni macroscopiche. Punto e a capo. Pausa. Pausa, ho detto! La smetti di scrivere ogni singola parola che esce dalla mia bocca, dannato aggeggio?
Serle camuffò le risate con un colpo di tosse e, finalmente, rivelò il motivo della visita a sorpresa.
–Frida è venuta da me, ha fatto domande sull’ormai non più caso Carter. Pare non condivida le tue conclusioni. Quella ragazza è curiosa come una scimmia! Ha preso da te, senza ombra di dubbio. Ho provato a scoraggiarla, ma, conoscendola, non si fermerà finché non avrà le risposte che cerca. A meno che non si lasci distrarre da… altro.
La trasformazione da dottoressa in leonessa divenne completa: Faith afferrò la sega circolare e iniziò a segare il cranio con particolare ferocia. Quando ebbe concluso l’operazione, si degnò di replicare, in tono scocciato –Non anche tu, Serle! La situazione è già abbastanza grottesca di per sé: mia figlia esce con il figlio dell’uomo che- esitò per un momento: non aveva confidato a nessuno, oltre Franz, del matrimonio mancato. –Frequentavo prima di suo padre! Roba da commedia romantica di serie Z! Ho passato una pausa pranzo di merda a sentire Abby, la mia più vecchia amica, sproloquiare su quanto IO sia una pessima madre perché ho permesso a mia figlia di uscire la mefitica prole del vecchio Cyril, il tutto condito da discorsi medievali sul mio sacro dovere di “impedirle di darsi via”. Punto primo: Frida è liberissima di fare cosa le pare con chi le pare, a patto che prenda voti eccellenti, non si droghi, non resti incinta e non prenda malattie. Secondo: pensasse alle sue, di figlie! Abby vive su Marte, se non ha ancora capito che Kaori e Kimberly si danno alla vida loca a sua insaputa. Terzo: lei può permettersi di scagliare la prima pietra in virtù della sua morale specchiata - che in confronto la Pamela del libro è una bagascia - io no; ne ho combinate troppe per potermi ergere a giudice, giuria e boia. Sarebbe come vietare a Frida di fumare tenendo una sigaretta accesa in mano. Che razza di esempio le darei?-  ruggì, e con pochi, decisi colpi di martello e scalpello allargò la fenditura nel cranio, fino a staccare completamente la calotta.
Serle storse il naso: quello era uno dei pochi momenti dell’autopsia capace di mettere a dura prova il suo sangue freddo; il suono secco prodotto dalla meninge che si separava dall’osso, simile allo strappo di una chiusura al velcro, le dava la nausea.
–Concordo. Comunque, se può consolarti, a Ernst questo William è sembrato un bravo ragazzo, e, conoscendolo, questo sì che è tutto dire. Lascia perdere la tua amica, fa parte della categoria “mammine perfettine acidine con le fette di prosciutto sugli occhi”. Sapessi quante ne ho incontrate, in vita mia!
–Con tre figli, era statisticamente inevitabile- asserì Faith mentre estraeva l’encefalo. –Scusa un secondo. Medwriter, scrivi: “Previo taglio fronto-bitemporo-occipitale, si separa la calotta cranica, integra sul tavolato esterno, dalla base, rilevando che la pachimeninge è del consueto colore grigio madreperlaceo, ad eccezione di un punto in regione occipitale, in cui risulta lacerata e infarcita di sangue. Si procede quindi ad estrarre l’encefalo, del peso di … 1600 g, che viene immerso in formalina per un successivo esame dopo fissazione. Perfetto. Finito! Dicevi?
–Che mio marito, grazie al suo orario flessibile, mi ha risparmiato parecchie seccature. Per mia fortuna, avevo la carta del lavoro da giocare, così tutte le noie se le è sorbite lui, anche se dubito gli sia pesato: era il beniamino del comitato genitori-insegnanti.
–A proposito di tuo figlio Ernst, riferiscigli un messaggio, per favore: non è una buona idea hackerare il computer della sua zia preferita.
–Lui cosa?- ululò Serle, fuori di sé. –Oh, cielo! Ho chiuso un occhio sull’hacktivismo, ma questo… Roba da matti! Giuro che, appena gli metto le mani addosso, io…
–Tranquilla, il mio è un semplice avvertimento. Non sono arrabbiata. O meglio, lo sono stata, finché non ha confessato che è Frida la mente dietro questa violazione della mia privacy. Non si fermerà davanti a nulla, pur di ottenere delle risposte.
–Come la fermiamo? Non possiamo lasciarla fare!
–Perché no? Frida è il genere di testa dura che deve sbattere contro i propri errori per rendersene conto. Si è incaponita perché non accetta di essere nel torto, per una volta. Inutile discuterci; tanto vale lasciarla fare. Oltretutto, questa azione poco furba mi consente di essere un passo avanti a lei: ora so quale sarà la sua prossima mossa- la rassicurò Faith, per poi sbottare al suo assistente, impalato a fissarla –Se avessi eviscerato torace e addome, McDowell, invece di cincischiare, a quest’ora saresti già a buon punto!
–Ecco, io… è proprio necessario?- pigolò il giovane dall’aria titubante. –Sì, insomma… gli hanno sparato in testa, no? È lì la roba interessante!
Le due donne si scambiarono un’occhiata colma di esasperazione, quindi la prima rispose –Ispettore Constable, cosa diresti, se il tuo sergente ti facesse questa domanda?
–Direi che quando sei qui dentro, ragazzo, cessi di essere una mente e diventi il braccio del tuo superiore. Tutto ciò che il tuo capo ti chiede di fare è automaticamente necessario. Avanti, mettiti al lavoro… mentre io e la boss di fine livello andiamo a berci un tè.
–Mozione approvata. La base cranica può attendere!

 
***
 
Quando William, dopo la scuola, seguì Frida al Queen Victoria Hospital, si diede dell’idiota per non averci pensato prima: dove reperire un documento sanitario, se non in un ospedale?
La ragazza lo condusse a un ingresso secondario e gli spiegò il piano nel dettaglio: da qualche anno a quella parte, tutte le strutture del NHS, il sistema sanitario nazionale britannico, si erano dotate di una rete informatica unificata per ottimizzare gli scambi di informazioni. Dato che la sua ex babysitter lavorava proprio in Pronto Soccorso, non avrebbero dovuto fare altro che chiederle di accedere al sistema con le sue credenziali e scaricare il file desiderato. Un gioco da ragazzi… oltre che una palese violazione del segreto professionale e di tutte le norme sulla privacy vigenti.
Fu solo quando Frida - che nel frattempo aveva sciolto i capelli e aveva inforcato un paio di occhiali dalla montatura spessa - gli lanciò un camice bianco, intimandogli di indossarlo, che William ebbe qualche perplessità.
–Perché dovrei mettermi un camice? Di un certo Sebastian Fraser, oltretutto. È furto d’identità, Weil!
–Quisquilie! Fraser è il cagnolino di mio padre, abbandona il laboratorio soltanto per andare in bagno, è praticamente impossibile incrociarlo! Ci mescoleremo al personale per girare indisturbati.
William pensò, per un attimo, di essere vittima di uno stupido scherzo; quando realizzò che lei faceva sul serio, sbottò –Pronto, ufficio complicazione affari semplici? Ce la facciamo? È un ospedale! Un luogo pubblico! A cosa serve questa pantomima? Entriamo dall’ingresso principale, chiediamo di questa Lauren, ci facciamo dare il file e via, dritti a casa mia a berci una birr… del tè. Tè. Perché noi due intrepidi giovani detective non abbiamo paura ad alimentare gli stereotipi sugli inglesi. Cazzo, Weil, è già grave che stiamo per appropriarci di informazioni riservate senza il consenso dell’interessata; cerchiamo almeno di non dare nell’occhio!
–Piantala di dire scemenze e mettiti quel camice. Ich habe keine Zeit zu verlieren2- lo redarguì lei. –Non possiamo entrare e chiedere di Lauren così, alla luce del sole: i miei mi hanno vietato di immischiarmi nel lavoro meiner Mutter, perciò non devono assolutamente scoprire cosa stiamo combinando; ergo, dobbiamo tenere un basso profilo. Fingendoci due anonimi tirocinanti, passeremo facilmente inosservati. Keine Sorge3, mi sono assicurata che nessuno degli amici di mio padre fosse di turno: mi conoscono da prima che nascessi, manderebbero a monte la copertura in un nanosecondo.
William ci tenne ad esprimere il proprio parere ancora una volta, prima di arrendersi.
–Rimango della mia opinione: daremmo meno nell’occhio come semplici visitatori.
–La tua sfiducia è commovente!- sibilò la ragazza. –Conosco questo posto come le mie tasche: la via più diretta per l’ufficio di Lauren è attraverso il percorso sanitario, dove - spero ne converrai - daremo meno nell’occhio travestiti da medici. Ora, se hai finito di obiettare, mettiti quel cavolo di camice e seguimi… a meno che non te la faccia sotto. È così, Liam? Hai paura?
Non volendo concederle la soddisfazione di una risposta, William si limitò a un cenno di diniego, prima di infilarsi nella porta secondaria, in barba al cartello “Ingresso riservato al personale”. Sebbene avesse già avuto prova del fatto che Frida di rado esagerava le proprie abilità, lo sorprese constatare quanto bene conoscesse quel luogo. A giudicare dalla disinvoltura con la quale si muoveva lungo quei corridoi tutti uguali, chiunque avrebbe pensato fosse davvero una studentessa di medicina.
Lei dovette aver intuito i suoi pensieri, perché, a un certo punto, sospirò –Quando ero piccola, ogniqualvolta Mutti riceveva una chiamata urgente - e credimi, succedeva spesso; sembra che la gente lo faccia apposta a crepare la sera, nei finesettimana o nei festivi - se meine Großeltern4 non potevano badare a me, mi scaricava da meinem Vater… qui.
–Non avevi una babysitter? La tizia che dobbiamo incontrare?
–Lauren. Sì, è stata la mia babysitter per un periodo. Una volta iniziata la specializzazione, però, è stata fagocitata dai suoi pazienti, e Papi è diventato il mio babysitter.
–Immagino la sua gioia! Mio padre, se mia mamma avesse osato scaricarmi al suo studio, sarebbe andato in autocombustione! Non c’era nessun altro a cui sbolognarti?
–I miei zii, Abby, la madre di Kimmy e Kev, o Brian, il padre di Aidan, mi avrebbero dato volentieri ospitalità per qualche ora, ma Mutti era troppo orgogliosa per “approfittare della loro gentilezza”. E poi, non era male stare al Queen’s: i colleghi e amici meines Vaters facevano a gara per viziarmi. Natürlich, ero turbolenta già allora: non c’era verso di tenermi buona nel suo studio; appena lo vedevo entrare in laboratorio, partivo all’avventura, divertendomi a esplorare l’ospedale in lungo e in largo, finché qualcuno si accorgeva di una bambina a zonzo nei corridoi e mi riportava da meinem Vater. Lui mi sgridava, mi richiudeva nel suo ufficio, e il ciclo ricominciava.
–Un’esistenza piuttosto solitaria- commentò William, ripensando alla sua infanzia da figlio unico poco propenso alla socialità.
Ein bisschen5- ammise lei, distogliendo lo sguardo. –Però non so quanto avrei resistito in mezzo ad altri bambini. È la maledizione degli introversi, ja? Buoni amici, ma pochi. Non fraintendermi, so essere brillante, quando voglio, e mi piace uscire e stare in compagnia, però… socializzare mi sfianca. Dopo un tot di tempo, sento la necessità impellente di ricaricare le pile in solitudine.
“A quanto pare, io e la Weil abbiamo in comune più di quanto credessi”.
–Ti capisco. Per me è lo stesso… più o meno. In realtà, mi sarebbe piaciuto avere tanti amici, ma non stavo granché simpatico agli altri bambini. Sono sempre stato polemico e allergico al bullismo, non proprio la combo ideale per guadagnare popolarità.
–Decisamente no. Il mondo è per gli stronzi- asserì saggiamente Frida, per poi arrestarsi di colpo davanti a una porta arancione. –Gut, siamo arrivati a destinazione.
William lesse la targhetta a destra della porta –“Dr. L. Quigley, Dr. O. O’Hara e Dr. S. Singh”. La L sta per Lauren, suppongo. Come pensi di sbarazzarti degli altri due?
–È altamente improbabile siano in stanza. Lo mi ha parlato di loro: quando non sono impegnati a salvare vite, O’Hara e Singh sono impegnati nella ricerca di un luogo appartato dove ficcarsi la lingua in bocca a vicenda.
William, piacevolmente sorpreso, la guardò con fervente ammirazione.
–Ti ho mai detto che sei pazzesca?
Frida si colorò di rosa sulle gote, gli rivolse un sorriso radioso e rispose –Una volta. Ma non mi sentirai lamentarmi, se decidessi di dirmelo più spesso.
Bussò alla porta e, ricevuto l’assenso a entrare, mise piede in una stanza ingombra di carte e strumenti medici. Come previsto, delle tre scrivanie soltanto una era occupata, da una donna bionda sulla quarantina, impegnata in una telefonata. A William diede l’impressione del brutto anatroccolo trasformatosi tardivamente in cigno; un cigno, invero, un po’ spiumato. Eppure, nonostante il colorito spento e le occhiaie, la trovò piuttosto affascinante; non la classica figona da togliere il fiato, però, provando a immaginarla in vesti decenti, faceva ancora la sua figura.
Lauren li salutò con la mano, invitandoli a sedersi. Conclusa la chiamata, si rivolse a loro ridacchiando.
–Ero al telefono con tua madre. Ne sa una più del diavolo! Mi ha avvisato che saresti venuta a chiedermi di procurarti un verbale di PS, ed eccoti qui. In compagnia, vedo. Novità assoluta! Sei sempre stata un lupo solitario.
–Liam è il mio socio.
–Ah, sì? Riesco a immaginare due soli validi motivi per lasciarsi coinvolgere nei tuoi affari: o il qui presente Liam è folle quanto te, oppure ambisce a un giro turistico nelle tue mutande- la cute di Frida passò dal rosa al rosso. Lauren non infierì, rivolgendosi invece a William. –Nel primo caso, auguri; nel secondo, auguri doppi: Frida ha occhi solo per l’altissimo, purissimo, bellissimo Aidan. Ti sei arruolato per una missione suicida!
–Il nome è William, e non si preoccupi, tendo a evitare le missioni suicide- replicò lui senza scomporsi.
Frida provvide subito a spostare la conversazione su temi più pregnanti.
–Lo, in che senso Mutti ti ha avvisata del mio arrivo?
–Secondo te? Mi ha chiamata, dicendomi che saresti venuta a chiedermi di usare le mie credenziali per scaricare il verbale dell’accesso in PS di Aisling Carter del 25 settembre scorso- Frida rimase letteralmente a bocca aperta. –Oh, non fare quella faccia! Credevi davvero che tua madre, la donna che ti ha portato nell’utero nove mesi e ti ha cresciuto, non ti avrebbe scoperta? L’ego ipertrofico l’hai preso da tuo padre, ma il cervello è marca Irving. Deduco dalla tua espressione che in questo preciso istante stai imprecando mentalmente contro Faith. Dovresti ringraziarla, invece: quando hai bussato alla mia porta, stavo giusto scaricando il documento che ti serve. Ti ha fatto risparmiare tempo, e tu non hai mai tempo da perdere.
Was6? Mutti non ha obiettato? O spifferato tutto a Papi? Non ci credo!
–Te lo giuro!- le assicurò Lauren. –Era divertita dalla tua testardaggine… e, paradossalmente, fiera di te, della donna che stai diventando.
–Oppure, più probabilmente, è talmente sicura di sé da essere certa che la mia indagine non porterà a niente. Neanche prende in considerazione l’idea che possa esserci del marcio, dietro la morte di Aisling Carter!- sbuffò Frida, indignata, chiudendo di scatto il mastodontico tomo dalla copertina viola che stava sfogliando: “Harrison. Principi di Medicina Interna”. –Lo porterò alla luce, e allora vedremo chi riderà!
–Ammesso ci sia veramente del marcio, so che ci riuscirai: scavare nel torbido è la tua specialità. Intanto, ti do un tassello del puzzle: il 25 settembre sera, Aisling Carter è stata portata da un’amica in Pronto Soccorso all’ospedale universitario del King’s College.
–Nita Burnett, ci scommetto!- esclamarono in coro William e Frida. –E ce l’ha tenuto nascosto, la bastarda!
–Data l’anamnesi - abuso di alcolici e stupefacenti, precedenti psichiatrici in famiglia, PTSD - quegli asini non si sono sprecati a visitarla, smollandola subito allo psichiatra, che scrive: “stato di agitazione psicomotoria, riferito dall’accompagnatrice perdurare dalla sera prima, insorto in seguito a consumo di stupefacenti (cocaina). Accede al colloquio con un certo timore; si colgono aspetti a tratti dolorosamente depressivi nel contesto di deliri di stampo paranoide che la riportano al suicidio della madre, circa 10 anni fa, e al tentato suicidio della sorella, circa 8 anni fa”. Questo genio del male formula diagnosi di “confusione mentale e agitazione psicomotoria in paziente che fa uso di stupefacenti” - che non è una diagnosi - le dà 30 gocce di Diazepam, una benzodiazepina… e la dimette. La dimette! Porca di una miseria, la dimette. Senza nemmeno aspettare che il farmaco faccia effetto.
–Tradotto in termini comprensibili?- intervenne William, stordito da tutto quel medichese.
–Quello che non è scritto in cartella, nero su bianco, non esiste. Ciò premesso, a mio modesto parere si possono ravvisare almeno due errori nella gestione di questa paziente. Numero uno: mancano anamnesi - la storia clinica - ed esame obiettivo; questa ragazza arriva in PS e, solo perché confusa, il collega pensa subito a un problema di pertinenza psichiatrica. La invia dallo specialista senza nemmeno prendere i parametri vitali - frequenza cardiaca e respiratoria, pressione arteriosa, temperatura corporea e così via - nè visitarla un minimo. Per quanto ne sappiamo, la sintomatologia avrebbe potuto essere di origine infettiva, o causata da una grave alterazione degli elettroliti - sodio, potassio e compagnia bella - oppure da una malattia fino a quel momento latente. Ci sono così tante diagnosi differenziali, per ogni sintomo, che spedire una paziente dallo psichiatra, senza dimostrare di aver prima escluso una causa cosiddetta organica, è da idioti!- spiegò Lauren tutto d’un fiato, fece un respiro profondo e proseguì –Mi spiego meglio: se avessi davanti una visita medica che attesta lo stato di apparente buona salute di Aisling Carter, e degli esami del sangue e radiologici negativi, allora direi: ok, questa ragazza non aveva niente che non andasse dal punto di vista fisico, il problema era di altra natura. Ma qui non c’è scritto niente! Veniamo quindi al secondo punto. Non entro nel merito della diagnosi psichiatrica perché non è il mio campo, ma santo cielo, anche qui: manca l’anamnesi; per quanto ne sapeva il collega, la ragazza avrebbe potuto essere allergica al farmaco che le ha prescritto, oppure avere una patologia che lo rendeva controindicato. Inoltre, la dimette poco dopo. Voglio presumere che Aisling Carter stesse, tutto sommato, bene, altrimenti la sua amica l’avrebbe riportata in PS, ma, onestamente, un minimo l’avrei tenuta in osservazione: le benzodiazepine possono, anche se raramente, dare reazioni paradosse, cioè effetti opposti all’atteso: agitazione, aggressività, delirio, incubi, allucinazioni, psicosi, alterazioni del comportamento.
–Perciò… Aisling potrebbe essersi effettivamente suicidata, gettandosi dalla finestra in preda alle allucinazioni- teorizzò William.
–Possibile, ma improbabile: le reazioni paradosse sono rare, si verificano soprattutto in età pediatrica e negli anziani, dopo somministrazione endovenosa e ad alti dosaggi. Eccessiva sedazione e amnesia sono effetti collaterali decisamente più frequenti.  
–Ed è inverosimile che una persona sotto tranquillanti abbia avuto la forza fisica e mentale di andare alla finestra e buttarsi di sotto. Qualcuno che non aspettava altro ha colto l’occasione per darle un “aiutino”. Forse al King’s non si saranno comportati egregiamente, però possiamo imputargli soltanto di non averla trattenuta, posticipando l’inevitabile. La domanda, adesso, è: chi poteva volerla morta, a parte suo fratello, la sua migliore amica e il buon gusto?- rifletté Frida, mentre rimuginava sulle parole dello psichiatra; di fronte all’espressione sgomenta del suo socio, ridacchiò –Che c’è? Non posso fare una battuta, ogni tanto? Ho dato un’occhiata ai suoi profili social: si conciava maluccio, per una che dava consigli di moda- rabbrividì di disgusto. –Comunque, continuo ad avere la sensazione che ci sia dell’altro, qualcosa che dobbiamo ancora scoprire- all’improvviso, venne colta da un’illuminazione. –Ehi, Lo, se non sei già uscita dal sistema, potresti scaricare anche la documentazione clinica di Aurora Carter? Chiamalo intuito, deduzione, come ti pare: la chiave per la risoluzione del mistero sta nel tentato suicidio della sorellina di Aisling.
 
***
 
–Un penny per i tuoi pensieri- scherzò William, molto più tranquillo e rilassato, una volta uscito impunemente dall’ospedale.
Frida si grattò il mento, con fare meditabondo, e gli chiese –Secondo te, quanto siete abitudinari voi uomini? Nel senso: secondo te, tendete a cercare sempre lo stesso tipo di donna, o c’è un certo margine di variabilità?
Ricevette in risposta un’occhiata penetrante e un lungo silenzio, seguito dal titubante –Ehm, non saprei. Cioè, dovessi parlare per esperienza, direi che, come i serial killer, puntiamo vittime con caratteristiche simili. Considera, però, che Isla è l’unica, finora, per la quale abbia provato un interesse che andasse oltre il piano fisico.
–Chi se ne frega di te e della tua ex!- sbottò la ragazza, sforzandosi di reprimere la punta di irritazione provocatale dalla menzione della fantomatica Isla. –Stavo pensando a tuo padre.
William comprese quasi subito dove volesse andare a parare la Weil, ma decise di prenderla un po’ in giro, prima di ascoltare l’assurdità che, supponeva, la sua mente aveva partorito (probabilmente per un calo di zuccheri).
–Se non ti scoraggiano l’enorme differenza d’età e il fatto che ha quasi sposato tua madre…
–Non in quel senso, deficiente! Stavo provando a immaginare com’è tua madre, se…
–Mio padre non ha sposato una sosia di tua madre per colmare un vuoto nel suo cuore, se è questo che pensi- ringhiò l’australiano, infervorandosi; dopotutto, si stava parlando della donna che l’aveva messo al mondo. –Sono… non dico diametralmente opposte, ma molto, molto diverse. Al di là dell’aspetto fisico, mia madre è - non ridere, per favore - un tipo new age. Insegna yoga. Casa a Canberra è piena di cristalli e mandala: per l’armonia familiare, per dormire bene, per andare bene a scuola... si è innamorata del suo attuale marito perché “aveva l’aura più potente che avessi mai sentito”.
Frida non rimase troppo sorpresa: in effetti, era scontato che, dopo aver lasciato malamente sua madre, Mr. Wollestonecraft avesse cercato una donna che non gliela ricordasse manco per sbaglio. Faticò a trattenere le risate: non voleva ferire il suo socio, ma rischiava di soffocare. Dopo una dura lotta con se stessa, cedette all’istinto ed esclamò –Non vorrei dirtelo, Liam, ma mi sa che non è “l’aura” del tuo patrigno ad aver colpito tua madre, se capisci cosa intendo.
–Grazie, avevo proprio bisogno di qualcosa che non mi facesse dormire stanotte!- sbraitò William. –E, per tua informazione, non considero quell’essere parte della famiglia. È il marito di mia madre, non il mio patrigno.
Frida capì di essersi spinta troppo oltre; peccato non sapesse come fare un passo indietro. Decise quindi di spingersi ancora più in là.
–Dovessi mai incontrarlo di persona, lo ringrazierò: da come ne parli, deduco sia lui la ragione del tuo impulsivo cambio di emisfero. È davvero così insopportabile?
–Io non lo sopporto, e tanto basta.
–Lo, invece? Che pensi di lei?
A quel punto, William non poté più fare il finto tonto.
–A parte la scoraggiante differenza d’età e il fatto che sono ancora minorenne… non è da buttar via. Oh, aspetta: è a mio padre che stavi pensando? La risposta è sempre no! Adesso che è finalmente sereno e davvero felice della sua vita, non voglio interferire in alcun modo. E poi, che ne sai? Magari ha già una donna!
–È divorziato da tanto, mi stupirei del contrario- asserì Frida in tono pratico. –Quasi sicuramente colleghe di lavoro, con cui va a letto al bisogno. Però, da quel che mi hai detto di lui, dubito abbia una donna fissa, al momento. Possiamo interferire senza timore di rovinare una storia d’amore.
“Perché deve mettermi in testa queste brutte immagini? Adesso sì che non chiuderò occhio, stanotte!”
–Il mio unico timore è l’uso del plurale- sbuffò William, le unghie conficcate nei palmi delle mani per incanalare la rabbia nel dolore. –Cosa c’entri tu con la vita sentimentale di mio padre?
–Nulla- rispose Frida scrollando le spalle. –Mi piace rendermi utile!
La sarcastica replica di William morì sul nascere: una ragazza sulla ventina, alta e magrissima, riconoscibile nonostante gli occhiali da sole, si fiondò dentro il Queen Victoria Hospital senza guardarsi intorno.
–E' Nita Burnett! Cosa ci fa qui?
–Non una partita di bridge, poco ma sicuro.
–Presto, seguiamola! Ci deve parecchie spiegazioni- esclamò William, che le corse dietro, determinato ad ottenere le informazioni di cui avevano bisogno; estorcergliele, se necessario.
–William, aspetta!
Se fosse stato meno concentrato sul pedinamento, si sarebbe accorto che Frida l’aveva chiamato per la prima volta in assoluto col nome completo, e che la sua corsa era stata bloccata nel bel mezzo dell’atrio da una mano, che si serrò prepotentemente su una spalla.
–Ehi, bellezza, dove credi di andare?
 
Note dell’autrice:
A chi apparterrà la mano misteriosa? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Avreste mai detto che Frida, nel profondo, è una romanticona? Non crediate che la discussione su amore e affini sia conclusa... è appena cominciata! 

Intanto, sono venuti alla luce scorci sul passato della strana coppia di detective, oltre che sulla madre di Frida. Per chi non ha mai letto di lei, ho una domanda: che ve ne pare della mia Faith?
Frida vuole improvvisarsi cupido, seguendo le orme della madre… chissà cosa ne verrà fuori. C’è da avere paura di Sherlock Weil!
Informazioni di servizio: Pamela, o la virtù premiata, è un romanzo epistolare scritto da Samuel Richardson nel 1740. Non mi dilungo sulla trama, che riassumo con le parole della mia professoressa d’inglese del liceo: “l’Elisa di Rivombrosa inglese”.
1Fortunatamente
2Non ho tempo da perdere
3Non preoccuparti
4Nonni
5Un po’
6Cosa?
   
 
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