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Autore: ___bad_apple___    19/10/2020    0 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
Le divinità stanche della decadenza del genere umano si riuniscono in un concilio, dove finiscono per decretare l'estinzione dell'intera razza. La figura oscura dell'angelo caduto Satan appare dinnanzi a loro, sfidando per la seconda volta le divinità: il luogo dello scontro sarà il Ragnarok, un torneo nel quale undici campioni umani e altrettanti combattenti della causa divina si affronteranno, per determinare la salvezza o lo sterminio degli umani. I grandi peccatori della storia umana riusciranno ad imporsi contro l'arroganza divina, o sarà il potere degli dèi a consentire a questi di schiacciare gli insetti che si oppongono a loro? Il torneo ha inizio, e tragedie e delusioni, conquiste e vittorie si confondono in un turbine di violenza nel quale le emozioni dei guerrieri che vi partecipano tentano disperatamente di emergere, allo scopo di far valere la propria esistenza.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 5: The Rich and The Poor

Come una stella dai raggi brillanti che risplendono nel cielo, Ganesh estese le proprie armi in direzione dell’avversario assumendo una posizione di combattimento. La divina statua indiana garante dell’ordine e dell’equilibrio in ogni forza dell’universo puntava il capoerista, la cui freddezza di fronte ad un avversario simile celava una furia irruenta la quale avrebbe presto preso possesso di ogni singolo muscolo del corpo atletico di Besouro.

“Io non ho bisogno di fama o venerazione, a differenza tua.” Invitando con un gesto della mano il dio a colpirlo, Besouro sbuffò.

“Questi pugni sono tutto ciò che mi ha trascinato per l’inferno che è stata la mia vita.” Un lieve sorriso apparve sulle labbra dell’uomo.

Stringendo con forza il tridente, Ganesh piegò le gambe.

“Lascia allora che ti dia la bacia, piccolo ed insignificante uomo!”

Un tonfo risuonò per l’arena. Una nuvola di polvere, sollevatasi dal terreno a seguito dello schianto del piede di Ganesh sul suolo, che aveva finito per crepare la pavimentazione di tutta la piazza nella quale i due guerrieri si trovavano, coprì la scena.

La sagoma del dio elefante apparendo sfocata agli occhi degli spettatori stava caricando Besouro, rimasto immobile, prima di dissolversi nella nube.

“Ganesh è partito, prendendo l’iniziativa… Quanta aggressività!” Gridò Lilith in modo malizioso.

Nella mente del dio elefante non vi era spazio per giochi, né il desiderio di osservare l’umano che gli era stato offerto in questo elaborato sacrificio mascherato da torneo. Sfrecciando nell’aria con le proprie armi a formare una gabbia impenetrabile per ogni avversario, e soprattutto per un uomo disarmato come Besouro, la punizione divina stava per abbattersi sul disgraziato.

Il tridente, l’arma con il raggio più ampio di tutto l’armamentario di Ganesh tagliando l’aria era giunta a singoli centimetri dalla pelle di Besouro. In quella microscopica distanza che separava le armi del dio dall’essere umano, Besouro iniziò a muoversi rompendo quella posa fissa che neppure un singolo battito di ciglia del capoerista aveva osato interrompere fino a questo momento.

Il tempo si bloccò in un istante. L’uomo era già stato perforato, trafitto da metà a metà dal dio punitore, il quale vittorioso poteva sollevare il cadavere di Besouro come un eterno monito all’incapacità della hubris umana di innalzarli al livello delle divinità.

I sogni di Ganesh, tronfio delle proprie capacità vennero infranti da un unico movimento.

Torcendo il bacino e spingendosi con la gamba destra Besouro aveva acquisito una forza centrifuga tale da scaraventarlo in aria. Lo sguardo di Ganesh, la cui mole torreggiava sul corpo snello dell’umano lo fissava dall’alto in basso permettendo così all’umano di sfuggire al campo visivo della divinità.

Il tridente aveva pugnalato l’aria, incontrando un’immagine residua di Besouro, e quando la divinità si accorse dell’illusione era già troppo tardi. Tutto il peso del dio elefante si trovava concentrato su quella singola azione, sul proprio braccio esteso per infilzare l’avversario.

“Si è volatilizzato! Dileguarsi in tal modo prima di un appuntamento… che maleducazione!” Lilith era sorpresa tanto quanto le divinità, rimaste a bocca spalancata.

L’immagine che accolse il pubblico divino e Ganesh in questa nuova surreale situazione meravigliò e sconvolse tutti quanti.

Besouro si era librato in aria. I muscoli del suo corpo trasmettevano calore ed energia alla sola vista, e la pelle marrone del capoerista splendendo sotto il sole, appariva come un sole nero in procinto di schiacciare la divinità.

“Indovina da dove viene il mio soprannome, divinità arrogante e sciocca…”

Una nuova torsione di tutto il corpo portò le gambe di Besouro a roteare a velocità folli nell’aria. Nel vortice nero di Besouro emergevano mani e piedi, tutti pronti a piovere in un caos di arti marziali diretto verso Ganesh.

“AHAHAHHAAHHA!” Rideva all’impazzata la figura di un vecchio, senza denti e dall’aspetto trasandato, il quale indossava solo una camicia a fiori strappata sulle maniche, ma dal fisico ancora potente, nonostante le numerose cicatrici su tutto il petto.

“Guarda come vola! Vai piccolino, falla vedere a questi padroni corrotti che osano definirsi divinità!”

 

 

 

1912, Brasile, città di Santo Amaro

Sputando sangue dopo l’ennesimo pestaggio la figura di un bambino mingherlino si faceva strada tra le catapecchie del quartiere povero della propria città. A breve sarebbe tornato a casa: l’unico rifugio sicuro in un mondo malvagio che giorno dopo giorno lo prosciugava sempre di più.

Toccandosi con la mano una ferita sulla fronte e osservando il proprio sangue rimasto appiccicato sulla mano, le lacrime scendevano dagli occhi di Manoel.

Ripensava alle storie di sua madre, nelle quali figure leggendarie riuscivano ad ergersi come eroi battendo i malvagi e i prepotenti. Questo meraviglioso paese era nato dalla volontà dei deboli di ribellarsi ai potenti, e quindi apparteneva a loro.

Allora perché?

Perché suo padre era morto spezzandosi la schiena da mattina a sera in una piantagione di zucchero, senza poter mai godere dei frutti del proprio lavoro? Quelle delicatezze di cui Besouro aveva sentito parlare da alcuni bambini bianchi, così dolci da non far mai sentire pieno chi le mangiasse, erano per lui un miraggio, qualcosa di cui non poteva neppure concepire l’esistenza.

Perché la mamma era costretta a fare l’amore con persone sconosciute per pochi spiccioli, quando le ragazze dei quartieri ricchi stavano ad ore a parlare dei propri pretendenti, e quale di loro avrebbe avuto l’onore di meritare il proprio affetto?

Perché dei ragazzi più grandi e forti di lui lo picchiavano quasi ogni giorno solamente perché non ci vedeva bene?

La testa del bambino pulsava per il dolore ed i pensieri mentre stava aprendo la porta della propria casa.

Non sapeva ancora quanto il mondo potesse essere davvero crudele con i fragili e gli indifesi.

 

 

Tendendo le braccia davanti a sé afferrando il tridente con tutta la propria forza Ganesh si preparò all’impatto.

Dovendo ridirigere la propria potenza equamente tra le numerose braccia il dio elefante dovette attutire il corpo in maniera sbilanciata.

La pioggia di pugni e calci giunse sulla divinità infierendo su tutto il suo corpo, mentre Ganesh facendo roteare la lunga asta dell’arma tentava di deviare i colpi.

L’aria attorno ai due combattenti era tornata a sollevarsi ed un tifone avvolgeva i guerrieri del Ragnarok. Lo sferzare del vento generato dal tridente di Ganesh si scontrava con quello di Besouro, un autentico tifone umano.

“Hngh!”

Un lamento sfuggì dalle labbra di Ganesh mentre gli occhi del dio furono costretti ad assottigliarsi, a causa del vento e della raffica di colpi che giungevano vicino al suo volto.

Nell’aria iniziava a spostarsi un nuovo elemento, la cui presenza fece impallidire le divinità.

Si trattava del sangue di Ganesh che iniziava a colare da dei tagli inflitti sulle braccia e sul volto dalla raffica di colpi di Besouro, macchiandone la pelle con sottili righe rosse.

“Neppure io ci ero mai riuscito… NON È GIUSTO!”

Gridando e sbattendo i pugni sugli spalti devastando i posti a sedere vicino a lui, Agni non poteva calmarsi. Due delle quattro braccia si agitavano sfogando la propria invidia, mentre il secondo paio era dedicato a grattare la testa della propria metà del corpo, la quale simboleggiava la pace e l’intelligenza.

La divinità era uno spettacolo decisamente singolare. Due corpi diversi erano collegati allo stesso bacino, e più la vista si avvicinava alle teste del dio, più si potevano osservare le due metà dividersi in due corpi distinti.

Una parte era dalla pelle color azzurro scoperta dal volto calmo e sereno.

L’altra era dalla pelle rossa come il sangue e cinta da un’armatura in bronzo, con sopra raffigurato un sole diviso a metà, la cui parte mancante era sostituita da una bocca di serpente la quale emergeva dalle fiamme.

“Dai fratello. Non sei contento che abbia finalmente trovato un degno rivale?”

“NON OSARE! Quello… è soltanto un sassolino sul cammino di Ganesh.”

Il battibeccare delle tue teste della divinità giunse ad una fine quando la metà gentile del dio del fuoco distolse l’attenzione dal dialogo, per accarezzare con gentilezza l’ariete infuocato che la divinità portava sempre appresso.

“E tu… non credi sia un bene potersi confrontare con una persona che sia al proprio pari?”

L’animale si godeva l’affetto del proprio padrone, mentre la metà perennemente infuriata si disperava valutando il divario di forza con l’umano che stava sfidando Ganesh.

“Non dite fesserie ragazzi.”

Stiracchiando il proprio corpo muscoloso Shiva pose due delle quattro braccia sulle spalle di Agni, il quale si calmò all’istante.

“Non mi direte mica…” Le labbra color blu del dio della distruzione si erano avvicinate alle orecchie di Agni, portando il dio della dualità ad ascoltare con attenzione e timore quella che tutti riconoscevano essere una divinità potentissima.

“Che state forse dubitando del potere del mio bambino…Oh, pazienza!”

Il tono minaccioso della voce di Shiva cambiò subito, così come l’atmosfera che si era creata attorno ad Agni. Senza mostrare alcuna preoccupazione per il proprio bambino si espresse con onestà.

“Forse potrebbe essere un bene che qualcuno gli insegni un po' di umiltà. Sapete, quando era piccolo e piangeva, Kali era costretta a…”

Agni era in trappola. Nonostante il pericolo di incorrere nell’ira del dio della distruzione fosse ormai passato, la noia delle storie sull’infanzia del figlio di Shiva incombeva su entrambe le teste di Agni, le quali come mai prima d’ora si trovavano in perfetta sintonia nelle emozioni che provavano.

 

 

No, e ancora no! Non puoi rinunciare così al tuo ruolo in questa guerra, Arjuna.”

La maestosa figura del dio elefante Ganesh si era manifestata sotto gli occhi dell’eroe Arjuna, il principe Pandava. Il sangue del dio del tuono Indra scorreva nelle vene del giovane uomo, rendendo questi un semidio.

In quest’epoca remota la cui storia permane frammentata in leggende e miti giunti sino ai giorni nostri, il mondo si trovava in crisi ed era compito delle divinità ristabilire l’ordine nel creato.

Gli uomini avevano iniziavano ad acquisire sempre di più la consapevolezza della propria importanza nel mondo, e le scelte dei singoli re e imperatori disseminati sulla terra avrebbero plasmato la civiltà umana per i millenni a seguire.

Era necessario creare e proteggere un precario equilibrio intessuto sulle singole personalità dei discendenti di alcune divinità irresponsabili, le quali avevano approfittato delle proprie visite sul pianeta per accoppiarsi con gli umani.

La fragilità e irrequietezza tipiche di un umano, all’interno di un corpo le cui capacità straordinarie erano del tutto simili a quelle di un vero dio. Occuparsi di soggetti del genere era un lavoro delicato, e per educare il giovane Arjuna Ganesh era dovuto intervenire più volte nel corso del conflitto più grande in tutta la storia dell’India.

“No Ganesh… io sento di non potercela fare. I miei cugini sono stati equipaggiati con armi divine dai tuoi fratelli, e in più adesso dovrò affrontare… dovrò affrontare…”

Ganesh sospirò con fare apprensivo. Molte volte il giovane aveva avuto delle crisi isteriche a quel pensiero ricorrente.

Ma nonostante Arjuna avesse cercato da molti giorni di fuggire dalla tanto temuta lotta con il proprio cugino, il momento era ormai giunto.

“Le paure che si trovano nel tuo cuore, dimenticale. L’affetto che provi per quell’uomo non vale niente su questo campo di battaglia.”

Porgendo la mano in avanti Ganesh fissava l’umano al suo cospetto, i cui occhi erano impegnati a fissare la pianura desolata davanti a sé: il Dharmakshetra, il campo della giustizia.

“Dimentica che è tuo fratello ed offri il suo cuore a me, il tuo unico signore.”

La voce tonante di Ganesh ricordava al giovane uomo l’impegno che stava per incombere su di lui. La risposta del dio ai suoi dubbi era sempre la stessa. Obbedire alla volontà degli dèi.

Nel corso degli ultimi diciassette giorni gli uomini di tutti l’India con sangue divino che scorreva nelle loro vene, erano stati chiamati proprio a versare quello stesso sangue, in un torneo indetto dalle divinità.

 Gli eccessi delle varie fazioni che sfruttavano il collegamento fisico e spirituale dell’avere un discendente semidivino avevano costretto gli dèi a compiere questa scelta.

Nel corso dei secoli due famiglie in particolare erano riuscite ad assicurarsi il monopolio del sangue divino nell’India: i Pandava e i Kaurava. Le continue guerre tra i due avevano devastato la terra e sterminato centinaia di migliaia di umani. Ganesh avrebbe fermato tutto ciò, ora e per sempre.

Osservando il proprio studente al quale fin da giovane aveva insegnato l’arte della guerra e del combattimento trionfare sopra al cadavere di Karna, il cui corpo insanguinato era stato estratto a forza dalla propria armatura, un dono del padre Agni che gli garantiva una resistenza sovrumana ad ogni attacco, Ganesh poteva avvertire una strana sensazione. Un formicolio che portava il suo respiro ad essere più affannato, il suo cuore a battere più velocemente, mentre il giovanotto in lacrime aprendo le braccia stava correndo verso il proprio maestro.

Il trionfo di una vita di sacrifici passati in compagnia del dio elefante, il quale in modo severo ma con grande cura aveva impartito al ragazzo i fondamenti per vivere in modo giusto.

Ganesh in un istante riacquisì la propria compostezza. Inflessibile e duro come sempre tese la propria enorme mano verso il ragazzo, i cui abiti bianchi svolazzavano nel vento mentre sul suo giovane volto splendeva un sorriso smagliante. L’ansia e la paura avevano lasciato il posto all’eccitazione data dalla propria vittoria nel torneo, e voleva ringraziare il proprio maestro per averlo reso l’uomo più forte di tutta l’India.

La mano di Ganesh era calda mentre si stringeva attorno al collo del ragazzo. Questi osservava lo sguardo freddo del dio elefante mentre lentamente perdeva i sensi, con gli occhi rossi bagnati dalle lacrime che scendevano copiose.

“Grazie.”

Le labbra di Arjuna si mossero senza riuscire a pronunciare le ultime parole di ringraziamento per il dio che si era dedicato a lui, crescendolo come se fosse stato suo figlio.

 

 

 

 

 

 

“Voi umani dovete soltanto…” La roteazione del tridente si bloccò per un istante. La resistenza di Ganesh aveva finalmente portato al risultato sperato. La rotazione di Besouro aveva perso velocità dall’inizio della raffica di attacchi, e trovando il tempismo giusto tranciò l’aria sopra di sé con il tridente. Un affondo grandioso nel turbine di Besouro spezzò una volta per tutte la frenesia nella quale il capoerista era entrato sfruttando la rotazione del proprio corpo.

Il vento attorno a Besouro fece piovere gocce di sangue sul suolo macchiandolo con il proprio colore, come un’offerta alle divinità per le quali quel luogo era stato costruito.

Lo sguardo del capoerista pieno di grinta si fece serio mentre digrignava i denti per il dolore provato.

Il tridente del dio venne colpito dal piede di Besouro, il quale con un balzo approfittò dell’arma per potersi allontanare dall’avversario.

Il tifone umano aveva esaurito la propria energia che fino a pochi istanti prima pareva essere illimitata, e con un trancio sanguinante sul proprio fianco sinistro si dileguò nella distanza.

“La situazione si è completamente ribaltata! Da questo primo ingaggio, Besouro è uscito riportando una grave ferita!” Il commento di Lilith non fece altro che gettare ancora più nella disperazione il pubblico umano il quale osservava preoccupato la scia di sangue lasciata dal proprio guerriero.

 

 

“Stava semplicemente aspettando il momento giusto per colpire! Quei graffietti non sono niente a confronto con il taglio inflitto a Besouro!”

Amon poteva tirare un sospiro di sollievo. Ogni dubbio sulla forza degli dèi si era dissolto assieme al vento causato dallo scambio di colpi tra i due guerrieri. Le esultazioni del pubblico umano che brevemente si era risvegliato dal proprio torpore erano state nuovamente ammutolite dalla potenza di Ganesh, il quale con un singolo attacco era riuscito a costringere l’umano alla fuga.

“Besouro sarà anche veloce, ma…” Atena sorridendo mostrava una luce sinistra nei propri occhi.

“Un combattente tecnico come Ganesh può tranquillamente compensare la mancanza di velocità con una capacità in ogni campo, dall’attacco alla difesa!” La dea della strategia era sempre stata una grande appassionata di ogni tipo di ingegno nell’ambito dei conflitti. Qualunque manifestazione della guerra, anche al livello basilare di uno scontro individuale apparteneva comunque all’ambito che Atena governava e del quale era una grandissima esperta.

Vedere le armi divine di Ganesh entrare in campo assieme al dio, il quale aveva deciso di fare sul serio aveva riempito di gioia il cuore della dea la cui mente stava già paragonando il livello di forza del tridente con quello del fratello Poseidone, domandandosi quale tra le due divinità avrebbe vinto in uno scontro all’arma bianca.

“Oh, no.” Mettendosi le mani tra i lunghi capelli e digrignando i denti la figura di Afrodite si stava già disperando.

“Atena… anche tu…!”

La disperazione aveva assalito la dea della bellezza mentre ella iniziava a provare una certa avversione verso quella che riteneva essere una delle sue più care amiche.

“Anche tu parli come quei maniaci di Efesto e Yaldabaoth!” Strappando diversi ciuffi dalla propria testa Afrodite era caduta a terra impotente davanti ad una scena surreale.

“Pensa che neppure un singolo drone costruito da me può nulla contro alle armi di Ganesh! Riescono a tagliare il metallo come se fosse burro…” La figura ingobbita di Efesto discuteva amabilmente con la sorella la quale chinandosi per raggiungere l’altezza del dio, consentiva ad esso di sbirciare nella scollatura della dea.

“Lo scontro che hai proposto ha subito risvegliato la mia vena artistica!”

Saltando tra i due fratelli del pantheon greco la figura avvolta dalle fiamme di Yaldabaoth con il fidato taccuino, si era intromessa nella discussione proponendo possibili risvolti dell’immaginario combattimento tra Poseidone e Ganesh con grande cura dei particolari mentre le sue mani rapide imprimevano sulle pagine scritte infuocate.

“Voi tutti… siete…” La voce esasperata di Afrodite venne interrotta dall’altra dea della guerra presente tra le divinità maggiori. Alzando la mano indicando alla dea della bellezza di fermarsi, Sekhmet sospirò chiaramente infastidita dallo strepitare della compagna.

“Per una volta ti do ragione Afrodite. Questi discorsi lasciano il tempo che trovano…”

Alzandosi dal trono e camminando lentamente verso il balcone la dea della guerra stiracchiava le proprie membra, ricordandosi come doveva essere impegnare tutta sé stessa in uno scontro all’ultimo sangue.

Lo sguardo della dea osservava la figura di quell’umano sporco di sangue, mentre il suono degli insulti del pubblico umano con il proprio fragore si facevano più insistenti. L’umanità era come divisa a metà in quel momento. Una parte di loro esprimeva la propria rabbia temendo la seconda sconfitta consecutiva delusa dal combattente mandato in campo da Satan, un eroe sconosciuto al quale nessun merito era stato attribuito in vita. Altri silenziosamente pregavano perché un miracolo potesse giungere e salvare quel poveraccio dal massacro che avrebbe ineluttabilmente coinvolto anche il secondo umano a lottare per la salvezza della propria specie.

La patetica figura di quell’uomo che allontanatosi cercava di recuperare un minimo di forze in attesa di difendersi dall’imminente arrivo di Ganesh faceva provare a Sekhmet una strana sensazione.

“Questa è… pietà?”

Scuotendo la testa delusa da sé stessa e dalla propria infantilità nel provare una simile costernazione per il combattente umano, la dea ripensò all’ultima volta nella quale aveva lottato seriamente. L’astenersi da lottare, di recente, doveva averla rammollita.

 

 

Con un fragoroso barrito emesso dalla proboscide che si agitava con foga in aria, il dio elefante si era gettato all’inseguimento di Besouro mentre assieme al proprio barrire la voce delle divinità esultava in coro opprimendo l’umanità in un fragore assordante.

Besouro si era intrufolato all’interno di un tempio che ironicamente era dedicato proprio al suo avversario.

Una grandiosa statua di Ganesh seduta alla parete ad ovest, con il braccio teso a simboleggiare la pace torreggiava in mezzo ad un’ampia stanza alta più di due piani.

Meravigliosi mosaici coprivano le pareti con scene della mitologia indù. Raffigurazioni di carri alati all’inseguimento di interi eserciti, dai quali plotoni di arcieri sparavano colpi su colpi per seminare distruzione sui nemici. Mastodontiche creature avvolte dalle fiamme contrastate dagli dèi i quali con il proprio coraggio rappresentavano l’ordine che inevitabilmente emerge vincitore sul caos, sempre in agguato con lo scopo di minacciare il mondo.

“Tsk!” Toccandosi la ferita seduto in un angolo del palazzo Besouro rideva dell’ingenuità degli artisti che avevano tappezzato questo luogo con simili immagini.

Un ordine perfetto che regola il mondo con leggi giuste provenienti direttamente dalle parole delle divinità… Una scusa conveniente per schiacciare chiunque non si conformasse agli ordini imposti dall’alto.

Per gli ultimi non vi era nessuna possibilità poiché nascere in condizioni di povertà o disagio era già un segno del male dell’universo, concentrato in questi individui maledetti.

Il tremare della terra annunciò l’arrivo del dio elefante che cautamente fece il proprio ingresso nella sua dimora.

“Perché umano… perché sei fuggito?”

La voce di Ganesh mostrava irrequietezza. Risuonando per l’enorme edificio il rumore aumentava ad ogni frase.

“A cosa speri ti conduca questo tuo gesto? Non vedi la futilità di una simile azione?”

Il suono dei passi si faceva più vicino. Besouro rialzandosi si preparava ad incontrare il proprio avversario.

“È proprio questo che odio di voi umani.”

L’ira era evidente nell’esclamazione di Ganesh. Appena finito di pronunciare quelle parole Besouro apparve con le braccia a penzoloni davanti al proprio corpo. Lo sguardo del capoerista era fisso sul pavimento mentre non si degnava di rispondere al dio.

“Dimostrare una tale ostinatezza a vivere quando la disfatta è assicurata… tutto ciò è vergognoso.”

La potenza di Ganesh costituiva per egli la propria ragione d’essere. Osservare una creatura più debole non accettare la propria inferiorità rispetto a lui era un atto imperdonabile.

“Tu sei solamente un sacrificio per soddisfare la mia furia. Rassegnati!”

Sollevando la propria accetta mentre stringeva davanti alla parte media del torace il tridente il dio caricò l’essere umano.

La figura immobile dell’umano osservata tramite gli schermi che consentivano di riprendere lo scontro anche quando esso stava avvenendo al chiuso, fece immaginare il peggio all’umanità intera.

“NO!” Il grido di un uomo dal torace nudo riempito di cicatrici e dalle guance scavate, un aspetto fisico che indicava una vita di stenti e torture perpetrate ai danni di quello che era uno dei più miserabili umani mai esistiti, risuonò dagli spalti.

“Non può finire così anche questa volta! Perché… perché dobbiamo sempre perdere in questo modo?” Mettendosi le mani sul volto dalla disperazione le catene legate ai suoi polsi tintinnavano, ricordando a Spartaco l’oppressione che anche dopo la morte schiacciava lui e tutto il proprio esercito di schiavi ribelli.

Sferzando l’aria l’accetta piombò sopra Besouro. La mole del dio elefante come un insormontabile vetta oscurava le sembianze dell’umano mentre la lama bianca calava verso l’uomo.

Sollevando la testa lo sguardo torvo di Besouro incrociò gli occhi della divinità la quale si apprestava ad eseguirlo.

“Non ti permettere di sottovalutarmi!”

Le gambe di Besouro scattarono in avanti e premendo sul terreno fecero compiere all’uomo un balzo. Sfrecciando in alto verso la testa del nemico con il proprio ginocchio sporto in avanti lo avrebbe colpito in faccia.

Automaticamente il tridente di Ganesh partì per intercettare l’umano in volo: l’esperienza della serie di attacchi precedente lo aveva preparato a stare in guardia contro ad ogni tentativo dell’umano di solcare di nuovo i cieli.

Ad essere fermata però fu solamente l’arma del dio elefante. Avvertendo una forza in opposizione al proprio affondo provenire dal corpo dell’umano, Ganesh tentò di retrocedere immediatamente, ma l’essersi portato in avanti con tutto il corpo per ingaggiare il lottatore umano non gli concedeva questa possibilità. Il ginocchio di Besouro si era già conficcato nella sua fronte.

Gli schizzi di sangue passavano davanti allo sguardo stupefatto del dio mentre un sussulto percosse le membra del pubblico divino e umano allo stesso modo.

Aggrappatosi con le mani alla testa della divinità bloccandone la vista, Besouro era pronto ad infierire sul cranio del suo arrogante avversario.

“Sei caduto dritto nella mia trappola. Ormai avrai già capito il potere del mio angelo…”

Con un sorriso pieno di malizia il capoerista che fino a pochi istanti prima pareva non avere alcuna possibilità contro a Ganesh, era riuscito a rimontare.

“Si tratta del magnetismo, giusto?” Sputando parte del sangue che colava dalla fronte Ganesh rivelò il potere di Thronos. Il modo nel quale la propria arma era stata resa più lenta e pesante nei due ingaggi con l’avversario non poteva essere una semplice impressione.

“Peccato che non ti serva a niente saperlo!”

Con incredibile violenza Besouro iniziò a martellare con il proprio ginocchio il volto di Ganesh. Il suono di carne pestata risuonava per quel tempio dissacrandone il dio patrono mentre il sangue cadeva sul pavimento intarsiato d’oro.

“Quale disonore… quale arroganza…”

Gettando le proprie armi sul suolo le braccia di Ganesh afferrarono il corpo di Besouro per bloccarlo in una presa.

Mai prima d’ora dio e umano erano stati così vicini. In un gioco di prevaricazione e forza bruta Besouro proseguiva il proprio attacco mentre Ganesh tentava di strappare via da sé l’umano.

Il capoerista interruppe i colpi all’improvviso. Spingendosi grazie al corpo di Ganesh con una capriola era apparso di fronte dio mentre questi con la vista coperta dal sangue assunse una posa difensiva con i quattro arti.

Proprio sulle braccia di Ganesh Besouro, trascinando la forza nel proprio corpo con il molleggiamento delle gambe, sferrò un calcio la cui velocità generò un boom sonico.

La terra si crepò sotto alla mole del dio elefante spinto sulla difensiva mentre le braccia nelle quali tutta la forza del dio era concentrata assorbivano l’impatto come una barriera di muscoli.

“Oh cazzo…”

Le parole uscirono istintivamente dalla bocca di Amon. Con gli occhi sgranati il pubblico divino assisteva a quella scioccante immagine.

Besouro Mangangà recuperava il respiro in questi attimi mentre davanti ad egli il volto pieno di sangue di Ganesh stava venendo strofinato con una delle sue quattro braccia. Penzolando dopo aver acquisito un colorito violaceo, uno degli arti aveva abbandonato la barriera impenetrabile che stava proteggendo la divinità dal calcio del capoerista.

“GANESH! GANESH HA…” Gridando a squarciagola Lilith aumentò l’orrore degli dèi.

Parte della forza di Ganesh aveva ceduto sotto i colpi di un essere umano. Quella ferita ed il sangue versato dal dio mettevano a disagio le divinità, ed un oscuro presentimento si faceva strada nelle loro menti.

“Figlio mio…”

La presenza di Shiva si fece ancora più opprimente di quanto già non fosse. Agni stava temendo per la propria vita mentre il terzo occhio sulla fronte del dio della distruzione si era aperto fissando con odio l’immagine di Besouro trasmessa dagli schermi.

“Prova a rimanere ferito così un’altra volta… e ti ammazzo! Non ti basterà la testa di un elefante per poter rimarginare i danni subiti dai pugni che ti darò, capito?!”

L’ira di Shiva diede modo al pantheon indù di ritrovare la determinazione.

Ganesh… ferito a quel modo? Contro un umano? Che razza di scenario assurdo era mai questo?

Non era possibile. Ganesh deve aver sottovalutato il proprio avversario e non essersi volutamente impegnato a sufficienza. Dopo quest’ultimo colpo il dio elefante avrebbe risvegliato il suo vero potere e annichilito l’essere umano che aveva osato troppo, ferendolo.

Gli occhi di uno dei ragazzini allenato da Besouro si riempirono di lacrime. Il loro maestro era più forte che mai, e trionfando sul dolore delle proprie ferite era riuscito ad infliggere simili danni alla divinità sua nemica.

Nella folla umana sempre più voci avevano iniziato ad esultare. Si trattava di volti sfigurati, corpi deturpati da torture e punizioni crudeli ed ingiuste subite nella propria vita. Persone che avevano sofferto la fame, la sete, e le devastazioni dovute alla guerra nella propria terra per i giochi di poteri di qualche avido tiranno.

Questi umani dei quali persino il nome era stato dimenticato nello scorrere incessante del tempo, gridavano il nome di Besouro mentre il corpo nudo del capoerista si ergeva in tutta la propria possanza dopo aver trionfato sul dio.

“Ancora uno, e poi potremmo anche pensare di lottare alla pari…”

Iniziando a saltellare dopo aver acquisito una posizione da pugile il volto di Besouro, protetto dai due pugni tesi mostrò un sorriso lieve, ma carico di soddisfazione.

“Forse allora potrò insegnarti qualche tecnica per raggiungere il mio livello.”

Il braccio rotto non emanava più alcuna sensazione alla mente di Ganesh. L’orgoglio del dio definitivamente spezzato costituiva una ferita molto più grave e che non sarebbe rimasta impunita.

 

 

Con gli occhi gonfi di lacrime il bambino stava sdraiato sul freddo pavimento nella catapecchia appartenente all’uomo che lo aveva ospitato. Sapeva bene come aver trovato un rifugio dopo la morte di sua madre costituiva una fortuna immensa. Ma il duro allenamento al quale quell’uomo così forte e inflessibile lo sottoponeva era decisamente troppo per un bambino come lui.

“Quando io avevo la tua età, riuscivo senza alcun problema ad eseguire il “cavatappi”. Certo che la gioventù di oggi si è proprio rammollita!

Ridendo a più non posso Tio Alipiò, un maestro di capoeira che da diversi anni aveva guai con la legge a causa dei debiti non pagati per mantenere la propria palestra, osservava il bambino divertito.

Quel fisico gracile un giorno sarebbe diventato forte e muscoloso. Bastava solo qualche anno e avrebbe padroneggiato alla perfezione tutte le mosse con i calci esistenti nella propria arte marziale.

La capoeira lo aveva cresciuto e fortificato nella gioventù, e sarebbe riuscita a far rialzare questo piccolo e debole bambino dalla propria condizione.

Per adesso, il piccolo si limitava a piangere per la fatica provata nell’ultimo allenamento.

“Perché maestro…” Asciugandosi con il pugno chiuso le lacrime Manuel fece una domanda al proprio maestro.

“Perché per diventare forti bisogna soffrire così tanto?”

Quella domanda ingenua pronunciata dalla voce acuta e curiosa di un bambino fece tenerezza a Tio.

“Vedi Manuel. Noi siamo come i nostri muscoli. Questi ci permettono di muoverci, lottare, correre e fare tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere.”

Tendendo il braccio davanti a sé, Tio teneva in tensione la propria muscolatura. Osservando le vene emergere dalla pelle il piccolo Manuel rimase affascinato da quella rete di carne e sangue così complessa, ma così essenziale per la vita di ogni creatura.

“Ogni volta che i muscoli vengono utilizzati, e affrontano un impatto, eseguono una torsione o un piegamento…”

Tio chiuse di scatto il pugno, spaventando un po' il piccolo manuel.

“I muscoli si rompono e gridano per il dolore subito… è per questo che proviamo dolore dopo aver svolto un allenamento!”

Manuel era sorpreso dallo scoprire l’origine del dolore nel suo corpo dopo gli allenamenti. Il suo maestro concluse la spiegazione osservando con uno sguardo determinato il piccolo.

“E così mentre noi ci riposiamo, i muscoli iniziano a ripararsi da soli… e possono crescere.”

In un rapido gesto Tio si girò e sferrò un pugno ad un enorme sacco un po' rattrappito che stava appeso al soffitto.

L’impatto risuonò per la stanza emozionando Manuel, mentre il gancio che teneva il sacco attaccato si era spezzato di netto, facendolo finire disteso per terra.

“Con questo ciclo di dolore e riposo, diventerai fortissimo Manuel! Quindi niente più pianti per un po' di dolore, capito? È proprio per merito di quello che diventerai fortissimo!”

Manuel meravigliato non sentiva più nessuna fatica, anzi: non vedeva l’ora di tornare a correre, e di provare di nuovo ad affrontare il suo maestro!

   
 
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