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Autore: DragonTamer_Nia    19/10/2020    6 recensioni
Quella mattina, Kai si era svegliato e aveva trovato un singolo, enigmatico messaggio da parte di Rei.
"Ci sei tu oggi con Takao, vero?"

Quando il tempo passa ma le persone sono sempre le stesse.
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[Takao Kinomiya & Kai Hiwatari]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kei Hiwatari, Takao Kinomiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kai aveva smesso da tempo di farsi domande, perché sapeva che Takao era una mina vagante, e sapeva anche che contraddirlo non avrebbe sortito proprio alcun effetto se non sentirsi dire che si preoccupava troppo, che era tutto sotto controllo, che l'importante era divertirsi. Le solite cose.

Però.

Kai si girò a guardare Takao, sorridente come lo ricordava, un cappellino giallo canarino intonato al grembiule, mentre chiacchierava amabilmente con degli avventori, preparando banane al cioccolato, sulla spiaggia, in uno stand di chissà chi, sotto il sole cocente di fine luglio; e si chiese se, dopotutto, non avesse sbagliato a non chiedere prima cosa diavolo stesse succedendo.

Con la coda dell'occhio, vide un gruppetto di ragazzine confabulare e spingersi a vicenda, e volle alzare gli occhi al cielo.

«Kinomiya,» sibilò, come faceva solo quando doveva fargli capire che voleva la sua attenzione subito «per quanto ancora dovremo stare qui?»

Takao consegnò la banana al cioccolato al giovane fan che li stava guardando ad occhi spalancati da dieci minuti, e si girò verso di lui, il sorriso a trentadue denti di quando stava per partire un discorso motivazionale «Ahh, andiamo, Kai! È divertente! Guarda quanto sono contenti i nostri fan!»

Mentre dava il resto al bambino, Kai lanciò di nuovo un'occhiata alle ragazzine, che… stavano giocando alla morra cinese?

«Dovevo un favore al figlio del proprietario della bancarella,» continuò Takao, preparando altre banane e posizionandole sullo stand «quindi dobbiamo stare qui fino a mezzogiorno, poi viene il fratello a darci il cambio. Sono così contento che sei venuto con me, da solo sarebbe stato molto più difficile. E poi non ti vedo mai di recente!»

Kai ignorò il tono da vittima e notò che dal gruppetto una ragazza si stava facendo avanti, rigidissima, rossa come un peperone; teneva tra le mani un foglietto di carta.

«Ehm-» iniziò lei, timida «mi chiedevo- mi chiedevo se potevo lasciarti il mio- il mio numero.»

Alla fine, a Kai un minimo facevano anche tenerezza. Scosse piano la testa «Mi dispiace, sono già impegnato.» prese una banana al cioccolato tra quelle pronte «Tieni, questa la offre la casa.»

Mentre Kai infilava altri 200 yen nella cassa, sentì Takao trattenere una risata. Si girò pronto a disintegrarlo.

«Solo tu potresti pagare la gente per lasciarti in pace.» sghignazzò, incapace di trattenersi.

Kai inspirò profondamente.

«Ehi! Scusate!» Un ragazzo era arrivato di corsa «Siete i campioni del mondo di Beyblade, vero?»

Il sorriso di Takao divenne estatico «In carne ed ossa!» disse, ripetendo la stupida posa da diva che aveva assunto già una quindicina di volte quella mattina.

«Lo eravamo,» lo corresse Kai, di nuovo. Evitò la gomitata «Ci siamo ritirati dal blading competitivo.»

L'entusiasmo del ragazzo non diminuì, anzi, alzò il telefonino «Sono un vostro grande fan! Posso farvi una foto?»

Fu acchiappato da un braccio attorno al collo «Ma certo! È un'ottima pubblicità!» Takao afferrò una banana con la mano libera.

«Kinomiya

Click.

*

«Hai visto? Non è stato così tragico.»

Kai era solo contento di essersi liberato del grembiule giallo. Osservò Takao, lo zaino sulle spalle, accucciato sul marciapiede mentre scriveva con un pennarello nero su un grosso pezzo di cartone che aveva recuperato chissà dove. Voleva chiedere cosa stesse combinando, e aprì la bocca per farlo, ma sapeva che qualunque risposta avesse ricevuto non gli sarebbe piaciuta.

Si sentiva anche particolarmente stupido, in camicia e pantaloni lunghi, circondato da gente vestita da mare. Il sole poi era nel punto più alto, e se Takao si abbronzava facilmente lo stesso non si poteva dire per Kai; a dire il vero, era abbastanza sicuro di essersi già scottato il naso.

«Ecco fatto! Ora possiamo tornare a casa!»

Takao sollevò il cartello e Kai, leggendo i grossi kanji scritti nella sua inconfondibile grafia energica, inspirò profondamente.

«Vuoi fare l'autostop

Takao era già sul bordo della strada, il cartello alzato «Dai, Kai! È un'avventura! Non fare il guastafeste!»

Kai si chiese cosa mangiasse Takao a colazione per essere sempre, costantemente, così iperattivo. E dire che erano studenti universitari, ormai; lanciando un'occhiata dall'alto in basso all'amico, si chiese se effettivamente Takao fosse mai cresciuto.

Tirò fuori il cellulare con la seria intenzione di chiamare un taxi quando una macchina si fermò vicino a loro. Dal finestrino abbassato si affacciarono due ragazze, più o meno della loro età.

«Non ci credo! Siete i campioni del mondo di beyblade?»

Kai strinse i denti. Takao, irrimediabilmente, si mise in posa «Siamo proprio noi! Andate nella nostra direzione?»

«Passiamo da lì! Venite con noi!»

E così, in qualche modo, Kai si ritrovò nel sedile posteriore di una Honda scassata, schiacciato tra lo sportello e il gomito di Takao, ad ascoltare lui e le due ragazze - di cui si era già scordato i nomi - stonare immensamente ogni singola hit estiva che passava alla radio.

«When the sun shine, we shine together! Told you I'll be here forever!»

Kai rimpianse di non aver aperto lo sportello ed essersi lanciato fuori quando ancora poteva sopravvivere con qualche graffio, ma ormai erano in autostrada. Controllò di nuovo il telefono, non trovandovi nessun nuovo messaggio. Avrebbe ammazzato Rei con le sue stesse mani; no, lo avrebbe strozzato con la treccia.

Quella mattina, Kai si era svegliato e aveva trovato un singolo, enigmatico messaggio da parte dell'amico.

"Ci sei tu oggi con Takao, vero?"

Kai aveva replicato con un punto interrogativo, ma dopo essersi lavato e vestito, seduto al tavolo della cucina con il caffè pronto, aveva chiesto ancora più esplicitamente: "Che cosa intendi?". Perché se Rei Kon, dall'altro capo del mondo, si era preoccupato abbastanza da scrivergli, evidentemente era successo qualcosa.

Anche senza ottenere risposta, aveva deciso di andare a controllare al dojo, sicuro che a quell'ora del mattino avrebbe trovato Takao profondamente addormentato in qualche posizione bizzarra, o al massimo circondato di cibo, drammaticamente avvilito per qualche stupidaggine successa il giorno precedente che aveva intaccato il suo semi-perenne ottimismo. Invece era stato quasi abbattuto da Takao, uscito di corsa proprio in quel momento, e prima che potesse chiedere spiegazioni era stato afferrato per il colletto della camicia e trascinato alla stazione, in un fiume di spiegazioni random su un suo compagno di studi, la sua ragazza, tutto l'albero genealogico delle due famiglie, e una strana storia di un computer che era stato accidentalmente formattato per colpa di un litigio riguardante due pesci rossi, e di come quel compagno di studi fosse stata la persona che gli aveva recuperato i dati.

Quasi arrivati, la ragazza bionda si era girata verso di loro «E il resto della squadra dov'è? Li possiamo incontrare?»

«Rei è sempre in giro per il mondo, l'ultima volta che l'ho sentito era in India. Invece Max e il professore stanno studiando in America.» Takao si girò verso di lui «Dovremmo proprio organizzare una rimpatriata, questo inverno! Che ne dici di una cena di Natale?»

Kai si girò a malapena a guardarlo, trovandolo sorridente e divertito. «Se ci arrivo, sì.» commentò, scatenando una risata.

Takao si girò improvvisamente, controllando fuori dal finestrino dove fossero «Ehi, per favore, potete lasciarci qui? Mi sono ricordato che devo fare una cosa.»

Kai quasi inciampò nella fretta di uscire, e si guardò intorno, lasciando i saluti e le moine a Takao. Erano… non lontani da casa di Takao, ma nel quartiere sbagliato.

Di nuovo, si trovò la domanda sulla punta della lingua, e di nuovo la trattenne. Si stava rassegnando, notò distrattamente; o, per meglio dire, la sua tolleranza all'imprevedibilità di Takao stava tornando ai livelli dei vecchi tempi, quando si vedevano tutti i giorni e il caos regnava costantemente sovrano, con Takao e le sue idee strampalate, Max subito dietro, altrettanto entusiasta, Rei che sorrideva e scrollava le spalle, divertito e curioso, e il povero professore, che non aveva mai veramente capito che era più salutare starsi zitto, lasciarli fare, e controllare che non si facessero male a distanza di sicurezza.

Takao si stava guardando intorno, corrucciato «Ero sicuro ci fosse una pasticceria, da questa parti.»

«Abbiamo appena mangiato.» fece notare Kai. Fu ignorato con un gesto distratto di una mano.

«Non è per ora. Credo fosse da questa parte!»

Takao si incamminò e Kai non potè fare altro che seguirlo.

*

«Kinomiya.»

«Uh?»

La bambina che era appollaiata sulle sue spalle gli tirò i capelli «Pensavo sapessi cosa stavi facendo.»

E quello, a posteriori, era stato un grosso errore.

Takao si girò a guardarlo, leggermente allarmato ma fiducioso «Dai, Kai, non potevamo lasciarla lì! Dobbiamo trovare una stazione di polizia!»

Kai sentì la bambina ridere e piegarsi all'indietro, la presa sui capelli salda, e Kai la strinse più forte per le gambine, sollevando le spalle per rimetterla in equilibrio «Ehi, stai ferma! Dobbiamo trovare i tuoi genitori!»

Lei emise un suono scontento. «Dobbiamo andare dalla mamma!» Enfatizzò la frase battendo la manina sulla testa.

Perlomeno non stava più piangendo, si consolò Kai.

Ovviamente non avrebbe mai lasciato una bambina di forse quattro anni, sola e disperata, ad un angolo della strada. Si chiedeva solo se, quando Takao aveva scelto una direzione affermando che la stazione di polizia fosse da quella parte, Takao avesse avuto la minima conoscenza del quartiere. Avrebbe dovuto sapere la risposta quando avevano girato un isolato intero perché la pasticceria doveva essere "proprio dietro quell'angolo".

«Non ci sai dire dove abiti?» provò Kai.

Sentì la bambina scuotere la testa con forza «Noi non ci siamo mai venuti qui!»

«Aspetta!» Takao si immobilizzò «Ma quella- è la pasticceria!»

«Grandioso,» borbottò Kai, e la bimba gli tirò i capelli di nuovo, questa volta piano.

«Mi prendi la torta con le fragole?»

Dentro il negozio, Kai fece scendere la bambina e la piazzò su una sedia. La fulminò con lo sguardo quando provò a scendere e lei ridacchiò, dispettosa, ma si mise composta al tavolo.

Sentì Takao ordinare tre fette di torta a portar via, e mentre l'uomo dietro al bancone preparava i pacchetti Takao chiese anche dove fosse la stazione di polizia più vicina.

«Ehi, signore.»

Kai si girò verso la bambina.

«Anche voi state andando a trovare la vostra mamma?»

Per un attimo, Kai la fissò, gli occhi grandi e innocenti di una bambina di neanche quattro anni che forse non intendeva quello che lui aveva pensato. Ma ricordò un frammento di conversazione, anni prima, quando erano tutti insieme in vacanza in Europa, e Takao aveva comprato la torta per tutti. Kai controllò la data sul telefono, e non aveva più bisogno che Rei rispondesse.

«So dov'è la stazione di polizia!» Takao si stava rimettendo lo zaino in spalla «Siamo pronti ad andare?» chiese, energico, alla bambina, che emise uno strilletto di felicità scendendo dalla sedia.

«Vai tu,» disse, guadagnandosi uno sguardo interdetto «Io vado a prendere i fiori.»

*

Senza essersi messi d'accordo, si incontrarono un quarto d'ora dopo, davanti al cimitero.

Kai aveva preso dei crisantemi bianchi, una scelta forse banale, ma Takao sembrò quasi non farci caso, preferendo raccontare piuttosto come avesse incontrato il padre della bambina, disperato, alla stazione di polizia; come si fosse giustificato, tra mille inchini, spiegando che la bimba gli fosse sparita sotto il naso mentre era distratto: le aveva lasciato la mano per controllare dove avesse messo le chiavi di casa, perché quel giorno era l'anniversario della morte della moglie e non riusciva proprio a rimanere concentrato.

Camminarono tra le lapidi, mentre Takao spiegava che non se l'era sentita di andarsene senza lasciare una delle fette di torta alla bimba, perché il padre le aveva detto che ormai era troppo tardi per andarla a comprare, e lei si era messa a piangere di nuovo; e, spiegò, una mano a grattarsi la nuca, che non voleva si piangesse più del necessario.

Si fermarono davanti ad una lapide. Yoshie Kinomiya.

Kai sistemò i fiori mentre Takao poggiava lo zaino e ne estraeva dei bastoncini d'incenso.

«Sai, mia madre è sempre stata sorridente, fino alla fine.»

Kai lo osservò mentre si accucciava, un accendino in mano.

«Quando stava molto male, giocavo nella sua stanza, e una volta ho sentito papà chiederle tutto serio come facesse a fingere così bene. Forse pensava che non stessi ascoltando.» Mentre Takao si tirava su, l'incenso iniziò a diffondersi nell'aria «Ma lei ha riso e ha detto che lei era veramente felice, perché aveva fatto tutto quello che voleva, quando voleva, e il suo unico rimpianto era che non sarebbe stata con me quando fossi stato triste. Quindi ho deciso… che non sarei mai stato triste. Così non si sarebbe preoccupata.»

Studiò il sorriso di Takao, così onesto e contento, e finalmente un pezzo del puzzle andò al suo posto. Si ritrovò a sorridere senza pensarci.

Chinarono il capo, le mani unite in preghiera.

«Mi dispiace, mamma, non ho la torta quest'anno.» Takao sembrò colto da un dubbio, lo guardò «Dici che dovrei lasciare la mia fetta, come offerta?»

Kai scosse la testa «Non è necessario. Sono sicuro che è molto fiera di te.»

Con un sorriso, Takao si girò di nuovo verso la lapide «Visto? Te l'ho detto che in fondo è buono.»

*

«Ora che ci penso,» iniziò Takao, pensieroso «tra poco è anche il tuo compleanno.»

Kai si era fermato sull'ingresso del dojo, un luogo così familiare e così lontano nel tempo. Ricordò le risate, le urla, le litigate, e più di tutti ricordò Takao e il modo in cui trovava sempre il modo di farli ridere.

Le mani in tasca, Kai alzò le spalle «Se vengo qui trovo una fetta di torta?»

«Di nuovo? Diventeremo dei ciccioni!»

Non poté fare altro che fissarlo, e Takao scoppiò a ridere della sua faccia. Kai riuscì a riprendersi abbastanza da scuotere la testa.

«Non so mai cosa aspettarmi da te.»

«È questo il bello, no?»

Già, pensò Kai, un piccolo sorriso sulle labbra, in fondo è proprio così.



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Note dell'autrice
Uff.
Ho trovato il coraggio di scrivere e pubblicare qualcosa dopo... *controlla la data* tredici anni che lurko nel fandom.
Però almeno posso dire di essermi tolta questo sfizio. Ora dovrei solo... andare a recensire tutte le fanfiction che mi hanno tenuta sana in questi tredici anni, e ringraziare di cuore ogni singola persona che affronta la paura di pubblicare e regala, al mondo, un pezzetto di sé.

Per ora, pubblico prima di ripensarci di nuovo.

   
 
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