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Autore: Ghostclimber    19/10/2020    5 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo mezz'ora, Sakuragi non resistette più.

Non ce la faceva a starsene lì ad aspettare il fato, stretto tra le braccia di Ayako e Miyagi a frignare come un bambino.

Si liberò dalla stretta degli amici e corse via, senza nemmeno sapere dove stava andando.

 

Rukawa rientrò nella stanza; era mezzo addormentato, e non notò né la presenza di Ayako e Miyagi né l'assenza di Sakuragi. Si lasciò spostare sul letto senza opporre resistenza, e Ayako dovette nascondere il viso contro il petto di Miyagi per non mostrare quanto la vista di Rukawa così debole la turbasse.

Uscirono dalla stanza insieme all'infermiera ed esitarono nel corridoio; si guardarono, ma nessuno dei due sembrava avere idea di cosa dire. Ayako intrecciò le dita a quelle di Miyagi e rimase in silenzio al suo fianco, desiderosa di andarsene da quel luogo di dolore e al tempo stesso in dubbio: quale scopo avrebbe avuto uscire da quell'edificio? Non avrebbe certo smesso di pensare alla condizione di Rukawa solo perché sopra alla sua testa c'era il cielo invece di un soffitto.

-Signorina Ayako?- chiamò una voce familiare. La ragazza si voltò e vide il dottor Yamamoto, che stringeva al petto una grossa cartellina di carta giallognola.

-Dottore! Come sta Rukawa?- Yamamoto si dipinse in viso un sorriso strano.

-Ecco... bene, in realtà. Possiamo parlare in privato, ragazzi?- Ayako e Miyagi si scambiarono uno sguardo, poi lo seguirono nel suo piccolo studio.

-Non dovrei parlarne con voi, suppongo...- disse il medico, sedendosi dietro alla scrivania, -Ma se non fosse per voi, non sapremmo neanche da che parte cominciare, quindi...

-Dottore, ieri Rukawa stava malissimo, sta davvero bene?- chiese Ayako.

-Già, a me sembrava molto debole un attimo fa...- intervenne Miyagi.

-Sembrava debole perché è debole. Dopotutto, ha passato la notte in bianco. È stanco morto. Ma le lastre sono...- il dottore emise uno sbuffo di risata perplessa, -Sono un vero miracolo. Da uomo di scienza, non pensavo che avrei mai usato questa parola, ma non c'è un altro modo per metterla.

-Può spiegarsi meglio?- chiese Miyagi, dopo essersi scambiato un'altra occhiata con Ayako.

-La prima lastra era poco chiara. Il tecnico ne ha fatte tre in mezz'ora. Nella prima i polmoni di Kaede sono completamente invasi da masse. Nella terza, sono liberi. Del tutto liberi.- Ayako e Miyagi tacquero, attoniti. Infine, il ragazzo chiese: -Non può essere un... non so, un problema tecnico, o qualcosa del genere?

-È stato il mio primo pensiero,- ammise il dottor Yamamoto, -Qualche problema con il liquido di contrasto, magari. Ma la verità è che il quadro clinico di Kaede prima di fare le lastre era compatibile con dei polmoni completamente invasi. Mentre ora respira in autonomia.

-Può essere qualcosa di relativo al bacio che si è scambiato con Hanamichi?- chiese timidamente Ayako. Come al solito, le sembrava di entrare in un mondo parallelo a discutere di cose simili con un medico. Il solo fatto che lei e Miyagi fossero stati convocati per un parere era al limite dell'assurdità.

-Lo penso anch'io. Ma non torna con il fatto che Kaede si è sentito male dopo aver sentito Hanamichi al telefono. Mi ha riassunto la conversazione, e io credo che una signorina romantica come te, Ayako, ne parlerebbe alle amiche con i cuoricini che escono da tutte le parti.- Ayako arrossì appena; nella sua mente si era appena riaffacciata a tradimento l'immagine di Miyagi che si avvicinava a lei per baciarla, prima della partita contro il Kainan.

-Quindi non capisco che differenza ci sia.- concluse il dottor Yamamoto, gentilmente ignorando il fatto che Ayako, persa nei suoi pensieri, si stava pian piano trasformando in una lampadina umana.

-Beh...- tentò Miyagi con un po' di timidezza, -Io... penso che tra dire cose carine e farsi avanti ci sia un bell'abisso. Forse... forse questa malattia... non so, vuole che la questione sia chiara.

-Spiegati meglio, per favore.- chiese il medico, cambiando posizione sulla sedia. Anche Ayako riuscì finalmente a scendere dalla sua nuvoletta rosa e guardò Miyagi, interessata.

-Ecco... cosa si sono detti esattamente nella telefonata?

-Stando a quello che mi ha riferito Kaede, Hanamichi era onorato e felice di quel che Kaede ha detto ai giornalisti. L'ha ringraziato, e sembrava piacevolmente sorpreso quando Kaede gli ha riferito di pensare davvero quello che ha detto.

-Ok, immaginavo.- rispose Miyagi, -Conosco Hana e so che è un cretino, di certo non si sarebbe messo a dire qualcosa di compromettente... insomma, per tirargli fuori di bocca i sentimenti servono le pinze e un esperto di torture!- Ayako ridacchiò e commentò: -Quant'è vero!

-Ecco, una cosa così può voler dire tutto e niente, insomma. Se domani Akagi,- si interruppe e specificò per il dottor Yamamoto: -Adesso il capitano della squadra di basket sono io, l'anno scorso era Akagi ed era severissimo. Insomma, se domani Akagi dicesse alla stampa che sono un bravo capitano mi sentirei onorato, e lo chiamerei per ringraziarlo, ma questo non vuol dire che gli metterei la lingua in bocca! Dio che schifo...

-Cielo, non mi ci far pensare...- commentò Ayako con una risata isterica.

-Tu taci, Aya chan, hai certe ship che mettono i brividi!- Miyagi ridacchiò, poi tornò serio: -Insomma. Una chiamata per ringraziare non vuol dire per forza che Hana è innamorato di Rukawa. Un bacio è tutta un'altra cosa.

-Ha senso...- disse a bassa voce Ayako; anche il dottor Yamamoto annuì.

-Insomma, secondo te questa malattia non tollera il dubbio.- riassunse. Miyagi annuì timidamente.

-Potresti aver ragione.- meditò il medico, tamburellandosi il labbro inferiore con il retro di una biro.

-Ci penserò. Ragazzi, vi ringrazio. So che non dovrei coinvolgervi, non è etico e voi siete studenti del liceo, non medici esperti, ma il vostro contributo è davvero prezioso.

-Dottor Yamamoto, Rukawa è nostro amico. Tutto quel che possiamo fare per lui, lo faremo.- dichiarò Ayako, poi si alzò e Miyagi con lei. Si congedarono in fretta, notando che il medico sembrava pensieroso, e uscirono per lasciarlo meditare sulla faccenda.

Il sole stava già tramontando, fuori dall'ospedale, e Miyagi disse: -Si sta facendo tardi. Ti riaccompagno a casa, non voglio che fai la strada da sola con il buio.- Ayako annuì e si incamminarono fianco a fianco. La ragazza pareva pensierosa, e Miyagi la lasciò tranquilla, senza asfissiarla con domande: nell'ultimo periodo si erano molto avvicinati, e lui aveva capito che a volte Ayako aveva bisogno di pensare in tranquillità, ed era più che propenso a lasciarle i suoi momenti. Era bello anche solo camminare al suo fianco, accecato dalla rossa massa del sole che tramontava all'orizzonte e rinfrescato dalla lieve brezza serale che pareva sfiorare Kanagawa ogni sera più o meno alla stessa ora. Si domandò vagamente come potesse essere possibile, e se fosse solo una sua impressione, ma gli sembrava proprio di ricordare che tutte le sere, verso le sette, ci fosse sempre un po' di venticello, anche nelle giornate più calde e opprimenti. Strano.

-Ryota?- chiamò infine Ayako. Miyagi si distolse dal proprio delirante ragionamento sul vento serale e rispose con un vago: -Mh?

-Tu... hai detto che un complimento può essere tutto e niente...

-Beh, sì. Perché?

-I...- Ayako arrossì fino all'attaccatura dei capelli, -I tuoi complimenti... sono... sì, insomma, sono tutto o niente? O qualcosa nel mezzo?- Miyagi si bloccò e cercò di capire che cosa, esattamente, Ayako gli stava chiedendo.

-Io...- cominciò, ma Ayako lo interruppe: -Niente, niente, lascia stare, domanda idiota!- rise imbarazzata. Miyagi ci riprovò: -Aspetta, io...

-È che è così bello crogiolarmi nelle tue attenzioni, però ogni tanto ho paura, e penso che magari un giorno tu incontrerai un'altra e...

-Ayako! Frena gli Ippogrifi!- Miyagi rise, un po' istericamente. Ayako tacque e arrossì, e Miyagi la prese per le spalle: -Mi cascasse di fronte Milla Jovovich in questo preciso istante, le chiederei di spostarsi perché mi blocca la visuale sulla mia bella Ayako. Ti basta?- Ayako gli rivolse un sorriso timido. Con un immenso atto di coraggio, Miyagi si sporse in avanti e la prese tra le braccia; la sensazione del suo corpo morbido e tonico contro il proprio era inebriante. Avrebbe voluto dichiararsi in pompa magna, dirle che no, i suoi complimenti rientravano nel “tutto” e che non doveva preoccuparsi, e poi chiederle se era lui che si stava facendo castelli in aria o se davvero lei era interessata a lui in quel senso, quel senso che porta a farsi un sacco di coccole e a fare progetti di matrimonio, casetta in periferia, 2,5 figli e un labrador, ma rimase in silenzio.

Forse all'inizio si era davvero illuso e lei lo trattava bene solo per fare in modo che lo Shohoku non mettesse in campo un giocatore utile come un culo senza buco perché prostrato da una delusione d'amore, ma cercando di ragionare obiettivamente credeva che ad un certo punto Ayako avesse davvero cominciato ad interessarsi a lui.

In fondo, se i complimenti potevano voler dire tutto o niente, lei aveva appena detto di essere impaurita all'idea che lui conoscesse un'altra: non era una dichiarazione, ma quasi. Comunque abbastanza perché Miyagi si sentisse abbastanza sicuro da non chiederle di dirlo chiaro e tondo; era un po' bello, poi, cullarsi un po' in quella vaga incertezza, era come essere sulle montagne russe. Per un istante, Miyagi pensò crudelmente che se Rukawa aveva potuto avere una speranza con Hanamichi grazie a quella malattia, di certo non si stava godendo tutto il processo come invece lui aveva la possibilità di fare. Quel pensiero rovinò il momento, e Miyagi si discostò da Ayako.

-Quando tutta questa storia e il campionato saranno finiti, vuoi uscire con me?- chiese.

-Non vedo l'ora!- rispose Ayako. Il suo sorriso era più luminoso del sole.

 

Il telefono squillò a casa Mito alle sette e venti di sera; il ragazzo rispose, com'era suo compito visto che la maggior parte delle volte che il telefono suonava all'ora di cena era uno dei suoi “amici scemi”, come li chiamava suo padre.

E infatti, come volevasi dimostrare, al telefono c'era Sakuragi: -Yohei, se ti chiama mia mamma le dici che sono da te a dormire?- esordì, senza neanche un saluto.

-Ehm, sì, non c'è problema. Ma Hana, cos'è successo?

-Ho baciato Rukawa. E domani lo operano per togliere tutto quanto.- rispose sintetico Sakuragi. Migliaia di campanellini d'allarme suonarono nella testa di Mito.

-Ok, ricevuto, adesso mi dici dove sei che ti raggiungo.

-Stai tranquillo,- disse il rosso, -Non ho intenzione di fare cazzate. Ma non voglio neanche che vieni qui. Ho bisogno di stare da solo e... boh, mandare giù l'ennesima porcata della vita.

-Hana, sono serio...

-Anch'io sono serio. Non ti devi preoccupare, ok? Ci vediamo domani o dopodomani a scuola. Promesso, giurin giurella, croce sul cuore e parola di Lupetto. Adesso vado. Grazie che mi copri le spalle.- il telefono segnalò la linea muta e Mito lo guardò come se dalla cornetta sarebbe potuto uscire improvvisamente un piccolo Hanamichi Sakuragi che gli spiegava esattamente come doveva comportarsi. Non accadde, ovviamente, e Mito urlò: -Mamma! Devo fare una chiamata urgente!

-Yohei, tra cinque minuti è pronto! Se non sei a tavola, mangerai freddo!

-E allora mangerò freddo, mamma, è importante!- la sottile figura della mamma di Mito si affacciò alla porta del disimpegno in cui avevano posto il telefono: -Cosa c'è di così importante?

-Hana non sta bene. Gli sono... successe delle cose e... sì, è in giro e non mi ha voluto dire dove, volevo chiamare Mitsui che ha amici adulti... insomma, magari possono buttare un occhio in giro e...- la voce di Mito si spense; sua madre aveva uno strano cipiglio in viso.

-Per quel povero ragazzo non è proprio mai finita, eh? Prima le prese in giro, poi la nonna che li disereda, poi il papà... sono anni che aspetto il crollo.- disse, poi abbassò gli occhi. Mito spalancò la bocca, attonito: sapeva che sua madre voleva bene ad Hanamichi, ma non credeva che lo avesse così caro da soffermarsi a pensare alla sua vita, che sì, in effetti fino a quel momento era stata piuttosto dura. Vide sua mamma rialzare lo sguardo e la udì chiedere: -Vuoi che ti porto in giro per la città a cercarlo? Possiamo mangiare al volo e poi prendiamo la macchina.

-N... no, ma grazie.- rispose Mito non appena si fu ripreso dallo shock, -Se Hana decide che non vuole farsi trovare, non si farà trovare. Fammi fare questa telefonata.- la donna annuì e tornò in cucina, seguita dallo sguardo ancora perplesso del figlio.

Poi, Mito si voltò e prese una rubrica su cui aveva scritto i numeri di telefono che potevano tornargli utili, e compose quello del dormitorio dell'università di Mitsui.

Mentre aspettava che il sorvegliante glielo andasse a chiamare, si chiese con irritazione se per caso non assumessero solo bradipi e tartarughe; ci vollero ben undici minuti e trentanove secondi prima che Mitsui, trafelato, tirasse su la cornetta: -Moshi moshi!

-Mitsui, sono Mito, scusa se ti disturbo.

-Ma va', nessun disturbo, avevo appena finito di trombare, non hai interrotto niente!- ribatté lui, e per poco Mito non si strozzò con la saliva. Ci voleva un po' a far abbassare la guardia a Mitsui, ma una volta che il ragazzo cominciava a fidarsi non aveva più barriere. Purtroppo.

-Ah... bene, allora...- disse, imbarazzato, poi andò al punto: -Senti, Tetsuo lo senti ancora?- ci fu un po' di trambusto dall'altra parte della linea. Con voce soffocata, Mitsui chiese: -Ti manda Kimi?

-N... no, perché dovrebbe?

-Non dico che non sa che lo sento, ma non è proprio al settimo cielo. Credo che sia un po' geloso. Comunque sì, lo sento ancora, perché?

-Gli puoi chiedere di buttare un occhio se vede in giro Hana stanotte?- Mitsui tacque, poi chiese: -Che cos'ha combinato, stavolta? Ha fatto a botte con Fukuda? È ricercato?

-Diciamo che ha il cuore spezzato, e stavolta per davvero. Poi ti racconterò.- Mitsui non ribatté, e Mito aggiunse: -Dai, non ti verrei a rompere i coglioni se non fosse importante, no?

-Va bene, poi però voglio che mi racconti tutto. Faccio un paio di telefonate.- Mito ringraziò e riappese, poi andò in cucina e si chiese se ci fosse altro che potesse fare.

Non trovò una risposta.

 

Rukawa si svegliò quando il cielo era già scuro.

Scrutò l'orologio sul comodino e con fatica lesse che erano le dieci meno un quarto, poi si chiese cosa fosse quella strana sensazione di fresco sul viso: poco a poco si rese conto di non avere in faccia la maschera per l'ossigeno.

Si chiese ansiosamente se per caso non l'avessero già operato, e si toccò il petto: non trovò nessuna ferita e, con una piccola contorsione, si toccò anche la schiena. Niente neppure lì, eppure riusciva a respirare abbastanza bene.

In effetti, si disse, non era sicuro che dopo un'operazione ai polmoni sarebbe stato autosufficiente. Quello, unito alla mancanza di grosse ferite o di bende che le coprissero, lo convinse che l'operazione fosse stata rimandata.

Si domandò cosa fosse successo.

Stava lentamente meditando se chiamare qualcuno quando un'infermiera entrò nella sua stanza e lo salutò con calore: -Oh, Kaede, sei sveglio! Come ti senti?

-Bene... credo.- rispose lui, scoprendo che non era una bugia. In effetti stava bene, nessuna difficoltà a respirare, nessuna palpitazione, solo un leggero stordimento dato dalla lunga pennichella che si era fatto dopo le lastre. Le lastre!

-Ti ricordi di me? Sono l'infermiera Sawada, collaboro con il dottor Yamamoto al tuo caso.

-Nh. È lei che ha scoperto il significato dei fiori?- la donna sorrise.

-Esatto. Il dottor Yamamoto è andato a casa, mi ha chiesto di riferirti l'esito delle lastre se ti fossi svegliato prima di domattina.- Rukawa si raddrizzò nel letto e si dispose ad ascoltare.

-A quel che sembra, i tuoi polmoni sono del tutto sgombri. Non sappiamo per certo come sia potuto succedere, ma crediamo che sia perché Hanamichi ti ha dimostrato incontestabilmente che per te prova qualcosa di diverso da una semplice amicizia.- Rukawa sentì il cuore mandare un palpito nel suo petto; per un folle istante, se lo immaginò alzare un minuscolo pugno in segno di esultanza.

-Lui... lui lo sa che sto meglio?- chiese Rukawa. L'infermiera alzò le spalle: -La tua amica Ayako ha detto che è andato via. Si è incaricata di informarlo non appena possibile.- Rukawa, che si era proteso in avanti, si riappoggiò ai cuscini, un po' deluso.

L'infermiera Sawada lo sottopose ad una breve visita e annotò i risultati sulla sua cartella, che poi riappese ai piedi del letto; sembrava piuttosto soddisfatta, e gli sorrise teneramente.

-Mi spiace che ti sei svegliato dopo che la tua mamma è andata via. Ha detto che tornerà domani. Se le tue condizioni saranno ancora così buone, potremo dimetterti.

-Beh, immagino di non poterla evitare per tutta la vita, no?- l'infermiera doveva aver parlato con la donna, notoriamente il ritratto della svampitezza, perché rise al patetico tentativo di Rukawa di fare dello humour. Sapeva che il lato psicologico di un decorso ospedaliero era molto importante, e vedere il ragazzo molto più vivace di poche ore prima la rendeva ottimista.

-No, direi di no!- disse tra le risate, poi aggiunse: -Vedrai, Kaede. Andrà tutto bene.

-Nh.- rispose Rukawa, un po' dubbioso. Più di una volta si era sentito ripetere quella frase, più di una volta era stato lui a pensarla, eppure solo poche ore prima era attaccato ad una macchina per l'ossigeno e prevedeva di farsi aprire cuori e polmoni.

Insomma, l'ottimismo al momento non era proprio il suo forte. Rifilò all'infermiera un sorrisino che sperò essere convincente e la guardò uscire. Si lasciò scivolare nel letto, incerto su come sentirsi, e si accorse che il lenzuolo era disseminato di fiori dalla corolla stretta con i petali che viravano dal rosa intenso al rosso scuro. Non si era accorto di averli espulsi, e quella era una buona notizia.

Quello che non andava bene era che evidentemente era ancora ben lontano dal guarire.

 

 

 

 

Ciclamino: insicurezza, esitazione






Ciaossu a tutti!
Oggi ho cominciato un corso di formazione, spero di riuscire a tener dietro al mio solito ritmo di pubblicazione... siete sempre così gentili con me, prometto che farò il possibile!
Come sempre, grazie a tutti voi che lasciate commenti, siete la mia abat-jour in mezzo al tunnel.
XOXO

 
   
 
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