In the still of the night
23.
Non
vengono a disturbarci, o a chiamarci. Restiamo per un tempo indefinito sulla
riva, cullati dalla risacca e dalla lieve brezza tiepida. Stare in questo modo
tra le braccia di Peeta mi riporta indietro, a giorni più tranquilli e
spensierati di questo: giorni in cui la nostra sola e unica preoccupazione era
ritagliarci minuti preziosi da trascorrere insieme, senza farsi beccare dagli
occhi indiscreti dei ficcanaso. Sebbene in quei giorni l’ansia per ciò che
accadeva negli altri distretti rovinasse l’atmosfera, non era pesante e gravosa
come ora. All’epoca era ancora possibile vedere una piccola, flebile luce in
fondo al tunnel. All’epoca… come se stessi parlando di qualcosa accaduto
anni fa, ed invece si tratta solo di pochi mesi o poche settimane. Come
cambiano velocemente le prospettive.
Come
cambia velocemente la vita.
In
qualche modo mi addormento. Lo stress causato dalla voce delle ghiandaie chiacchierone
e la caduta in acqua, sommate all’enorme potere che ha Peeta di infondermi
calma, sono una combo micidiale per il mio fisico, e anche per il mio
subconscio. Non ho incubi, e quando Finnick viene a svegliarmi per avvertirmi
della cena, scopro di essere sdraiata sulla spiaggia e riesco, con sorpresa, a vedere
che mi sento bene. Unica nota stonata: il mal di schiena. Non ho mai sofferto
così tanto il mal di schiena come in questi ultimi due giorni. Rimpiango amaramente
la morbidezza dei materassi e di qualsiasi altra superficie confortevole che
non siano sabbia o muschio.
Per
cena mangiamo altri frutti di mare, pesci e il pane che il Distretto 3 ha
mandato a Beetee con l’ultimo paracadute. Ha ricevuto ventiquattro piccoli
panini: tantissimi, se consideriamo che è l’unico tributo del 3 rimasto vivo,
ma necessari se pensiamo che ha voluto dividerli con il resto di noi. Prendiamo
tre panini a testa, tenendo gli altri come premio per chi di noi cinque sopravvivrà
fino alla colazione, come propone Johanna. La sua è un’affermazione così
sincera e veritiera che mi fa ridere. Lei, in tutta risposta, strizza un occhio
nella mia direzione.
Il
cielo si è tinto ormai di un’arancione tendente al viola quando risuona l’inno
e le immagini dei caduti coprono la luna, appena sorta. I volti di Wiress e
Mags, tra gli altri, riempiono il cielo. Otto morti, come ieri. Sedici morti in
nemmeno due giorni completi dall’inizio dei giochi. Dev’essere una specie di
record.
Siamo
rimasti in otto, di conseguenza: noi cinque, Brutus ed Enobaria del 2, e Chaff
dell’11. Se continuiamo di questo passo l’Edizione della Memoria terminerà in
neanche una settimana. No, una settimana sarebbe troppo, andrebbe oltre ogni
aspettativa. Terminerà prima: tra due, o al massimo tre giorni.
Chi
sarà il vincitore?
Fa
male pensare ai miei compagni di avventura, a parte Peeta, come a dei nemici. E
da una parte desidero che nessuno di loro muoia. Neanche Johanna, che sotto la
scorza da dura sembra essere una ragazza normale; un po' pazza, ma normale. E poi,
chi non è un pazzo nel mondo in cui viviamo? Bisogna essere dei pazzi per
riuscire a sopravviverci.
Se
devo mettere le mani avanti, però, preferisco che sia Peeta a tornare a casa
nelle vesti di campione. Anche se non lo potrò vedere più, perché significa che
sarò morta molto prima che questo possa accadere.
Le
tenebre avanzano, inesorabili, e c’è solo la luna ad illuminare i nostri volti
ed il paesaggio che ci circonda. Persino le stelle sembrano diverse, stasera. Le
stelle, però, sono sempre diverse nell’arena: non sono reali ma si tratta solo
di una loro proiezione. È un’illusione, quasi. Arriva l’onda delle dieci e,
come è accaduto stamattina, si abbatte sulla cornucopia prima che l’acqua vada
a disperdersi nel mare e sulla spiaggia. Appena possiamo ci spostiamo per
accamparci in quella sezione, sicuri che prima di altre dodici ore non ci
saranno nuovi pericoli ad attenderci. Avere di nuovo il senso dell’orientamento
è gratificante: se sai dove andare, non corri alcun pericolo. A parte gli
eventuali attacchi dei due Favoriti.
Per
evitarli, ci organizziamo con altri turni di guardia. Mi offro come volontaria
per coprire il primo di questi, dato che ho dormito più degli altri. Peeta è
contrario per via della prospettiva che mi ritroverei da sola, a proteggerli, e
si tranquillizza solo quando acconsento a stargli accanto mentre dorme. Seduta
a gambe incrociate, li vedo sprofondare uno ad uno nel sonno. Un sonno
tranquillo per alcuni, come Johanna, e un sonno disturbato per altri, come
Finnick, che gira la testa più e più volte, come se non trovasse pace neanche
nel riposo.
Peeta
è voltato verso di me, la faccia premuta contro il braccio e la bocca
socchiusa. Non si muove quando gli scosto alcune ciocche di capelli dalla
fronte sudata. Fa caldo, davvero troppo caldo. Per fortuna abbiamo la
spillatrice per prendere l’acqua, per quanto calda, ma è pur sempre meglio di
niente. Come hanno fatto gli altri a sopravvivere senza acqua fino ad ora? C’è
solo la pioggia nel settore dalle dodici all’una che poteva contribuire a
fornirla, ma grazie ai nostri alleati abbiamo scoperto che è imbevibile. Chi
vorrebbe bere del sangue? Non ci sono vampiri, qui dentro… forse solo i
pipistrelli potrebbero azzardarsi a farlo.
I
pipistrelli bevono anche quel tipo di sangue?
È
mezzanotte. È l’ora dei fulmini. Il primo si abbatte con uno schianto
sull’albero alto, che adesso posso di nuovo distinguere rispetto a tutti gli
altri, e illumina il cielo di un bianco accecante e spettrale. Un tuono
rimbomba nell’aria, e Finnick si sveglia con un grido.
-
È solo il fulmine – dico, a bassa voce. La voce che userei se parlassi ad un
bambino spaventato. – Torna a dormire, Finnick.
-
No, non ho più sonno – dice, sedendosi. La sua faccia dice tutto il contrario
rispetto alle sue parole: è ovvio che sta mentendo. Non riesce più a
dormire. Chissà quali incubi hanno infestato il suo cervello.
-
Ti do il cambio – aggiunge.
-
Non serve, sto bene. Vado un attimo a rifrescarmi – mi trascino per un momento
nella sabbia prima di mettermi in piedi, piantando l’arco per terra. Questa
schiena mi ucciderà.
Katniss
Everdeen, morta per il troppo mal di schiena. Altro che colpo di sole.
L’acqua
fredda è una goduria sulla mia pelle accaldata. Rinfresco il viso ed il collo,
prima di cedere come ho fatto anche ieri. Mi sfilo di nuovo la tuta,
abbassandola fino alla vita, e rimango a sentire l’effetto che l’acqua del mare
infonde sul mio corpo. È piacevole, maledettamente piacevole. Non sono una
creatura del mare, quello è Finnick: la personificazione del sirenetto, quello narrato
nelle leggende, fatto uomo. Ma se la sensazione che si prova è questa, potrei
anche farci un pensierino e desiderare di vivere per sempre dentro l’acqua.
Sto
quasi per spogliarmi del tutto quando i passi ovattati di Finnick mi annunciano
il suo arrivo. Resisto, anche se la tentazione di ignorarlo è forte. Ma non
vorrei che si montasse la testa, e pensasse che sto facendo uno spogliarello in
suo onore…
Voglio
dire, stiamo pur sempre parlando di Finnick Odair. Il pavone di Capitol City.
-
Fossi in te non ci penserei più di tanto e mi butterei – dice, sedendosi sulla
sabbia.
-
Lo stavo per fare – ribatto in fretta. Ecco, ora non mi posso più tirare
indietro. Meno male che è buio, e non può vedere la mia faccia bruciare dalla
vergogna.
È
una strana sensazione spogliarsi davanti ad un uomo che non sia Peeta, o Cinna.
Cinna conosce ogni centimetro del mio corpo a menadito per via dei vestiti che
ha creato per me in questo ultimo anno, e Peeta… beh, per altre ragioni. Ovvie
ragioni. Peeta è anche l’unica persona che ha visto il mio corpo cambiare.
Ha visto la pancia gonfiarsi, settimana dopo settimana, ha visto i miei fianchi
modificarsi per dare a questa nuova vita lo spazio che le serviva per crescere,
per svilupparsi a dovere. Ha visto il modo in cui la bambina manifesta la sua
presenza, tirando calci e creando piccoli avvallamenti sulla pelle.
Sembra
quasi un affronto mostrare ad un altro uomo ciò che solo lui ha visto fino ad
ora, ma Finnick non è davvero interessato al mio corpo: non mi guarda. Ha gli
occhi puntati sulla giungla, quella che i nostri compagni addormentati hanno
alle spalle. Mi ignora completamente.
In
canottiera e mutandine, scivolo nell’acqua e faccio una piccola nuotata, ma
resto il più vicina possibile alla riva, non vado lontano. Tocco con le dita il
fondale, quindi non posso proprio definire “nuotare” ciò che sto facendo: sto
solamente camminando sulle mani.
Raggiungo
il mio silenzioso compagno di guardia dopo qualche minuto, sedendomi sulla mia
tuta e sgocciolandoci sopra. Sciolgo la treccia e pettino i capelli bagnati con
le mani mentre lo guardo. Non ha parlato molto stasera, non sembra nemmeno il
vero Finnick. Non ha fatto battutine da quando… dalle chiacchierone.
Non
posso saperlo con certezza perché sono stata sempre con Peeta, fino a quando
non ho preso sonno, ma molto probabilmente deve essere così. Finnick è uscito
scosso quanto me dal settore della giungla infestata da quegli orribili uccellini.
Ha sentito ciò che ho sentito io, ha provato la mia stessa paura e la mia
stessa impotenza. Ha sentito Annie urlare, e chissà chi altri. Stiamo soffrendo
entrambi, qui dentro, a causa di quelle urla.
-
Chi è Annie? – gli chiedo.
Finnick
si volta, abbandonando la giungla. Gli occhi verde mare sembrano due fari nella
notte. – Annie? È la ragazza per cui Mags si è offerta volontaria alla
mietitura.
Un’immagine
invade in un lampo il mio campo visivo: una ragazza giovanissima dai capelli
castani, in preda al panico, che urla in preda all’isteria quando viene
estratto il suo nome. Annie Cresta. Deve essere per forza lei. Deve aver vinto
pochissimi anni fa.
-
È la tua…
-
Fidanzata – conclude Finnick per me.
Come
gioca sporco la sorte, penso. Se non fosse stato per Mags,
che ha preso il suo posto, adesso nell’arena ci sarebbe Annie. Ci sarebbero due
coppie di innamorati che tentano disperatamente di proteggersi a vicenda: io e
Peeta, Finnick e Annie. I nostri pensieri sarebbero stati identici, delle copie
fatte con la carta carbone, che differiscono di poco in base a chi ha formulato
il messaggio: la ragazza vive, il ragazzo muore. Il ragazzo vive, la ragazza
muore.
Sono
quasi invidiosa di Annie, però. Lei almeno ha avuto qualcuno che l’ha salvata
dallo sfidare la sorte per la seconda volta. Io non ho avuto nessuno. Sono
stata costretta ad entrare nell’arena, e ho dovuto portare con me la mia
bambina non ancora venuta al mondo.
-
Mi dispiace, Finnick – dico.
-
Perché ti dispiace? – è sincero, nel chiedermelo.
-
Lo sai il perché.
Potrebbe
morire senza avere l’occasione di rincontrarla. Potrebbe morire senza avere
l’opportunità di baciarla, di dirle “Ti amo” un’ultima volta. Io potrò farlo,
quando arriverà quel momento, ma Finnick non può. È… ingiusto.
-
Non devi essere dispiaciuta, Katniss. Annie vivrà, è questo l’importante. A me
dispiace più per voi.
Il
mio silenzio lo sprona a proseguire il discorso.
-
Sono sicuro che se oltre a te ci fosse stata un’altra vincitrice, non avrebbe
lasciato che ti trascinassero qui nelle tue condizioni. Si sarebbe offerta
volontaria, come Mags ha fatto per Annie – dice, con un sorriso mesto sulle
labbra. – Se ci fosse stato il modo, un unico modo, per salvarti alla
mietitura, sono sicuro che tu non saresti qui a parlare con me in questo
momento. Saresti a casa tua, a guardare me che mi dispero per Annie. E Peeta
avrebbe fatto carte false per salvare la tua vita.
-
Lo ha fatto – dico in fretta. E al diavolo i segreti, i sotterfugi. Da questo
momento in avanti dirò tutto ciò che mi va di dire. Che mi uccidano, se
non vogliono che gli altarini vengano svelati. – Ci abbiamo provato entrambi,
ma non è servito a niente. E Peeta sta ancora provando a salvare la mia vita.
-
E tu stai provando a salvare la sua.
-
È così ovvio?
Inarca
un sopracciglio. Sì, è abbastanza ovvio. – Se al tuo posto ci fosse
Annie, incinta del mio bambino, non mi tirerei indietro per nulla al mondo.
Farei di tutto per riportarli a casa sani e salvi.
-
A costo della tua stessa vita?
Finnick
annuisce.
Morire
per lasciar vivere chi si ama di più al mondo. Morire, senza avere la
possibilità di sapere fino in fondo se il tuo sacrificio sia servito allo scopo,
o se è stato vano. Morire, senza avere nessuna certezza su cui contare. Senza
poter vedere tua figlia nascere, venire al mondo, vivere. Lasciando lei orfana,
e tua moglie vedova. Lasciandole sole, perché senza di te sono incomplete.
È
così che mi sentirei se Peeta morisse. E che vita sarebbe senza di lui? Una non
vita, una sopravvivenza forzata.
Tiro
su col naso, asciugando una lacrima. Altre la seguono, rapide ed inarrestabili.
Finnick osserva il manifestarsi del mio dolore senza dire una parola. Mi fa sentire
la sua vicinanza prendendo una delle mie mani, stringendola, posandoci sopra un
bacio che è appena una carezza di labbra.
Un
sospiro mi sfugge dalle labbra non appena sento la bambina muoversi: non è
forte come i calci che mi ha già dato in precedenza, ma è abbastanza da farmi
capire che si è svegliata. Sorrido, posando la mano sopra all’ombelico. Stai
bene, penso. Muoviti ancora, fammi sentire che stai bene. E come se
avesse sentito i miei pensieri, la bimba lo fa. Stavolta rido. – Ciao…
-
Si sta muovendo? – chiede Finnick, avvicinandosi di più. Annuisco solo con la
testa, senza aggiungere altro. – Posso? – chiede ancora, sollevando una mano.
Annuisco
di nuovo. La sua mano, leggera, tocca la pancia coperta solo dalla canottiera,
ancora umida dal bagno di mezzanotte che mi sono concessa. Nessuno, prima di
lui, mi ha mai chiesto il permesso di toccarla. Non è qualcosa che si fa
normalmente, e se non fosse per Finnick non permetterei a nessun’altro di
farlo. Non conto Caesar nella lista, perché ciò che è accaduto durante
l’intervista faceva solamente parte di un piano per scatenare la bufera. Questo
no. Finnick è mio alleato, mi ha salvato la vita prima del bagno di sangue. Si
è confidato con me, mi ha aperto il suo cuore ed io l’ho fatto a mia volta… e
toccare il mio pancione sembra piacergli. È affascinato. Con una carezza sposta
la mano verso il basso, seguendo il movimento che proviene dalla mia pancia.
Riesco appena a cogliere ciò che dice in un sussurro: qualcosa che suona come
un “Che meraviglia”.
-
Che strano giochetto erotico andate facendo, voi due? – una Johanna abbastanza
stranita ci si avvicina, brandendo la sua ascia.
-
Vieni, Jo. Vieni a sentire.
-
Quella cosa? No, grazie.
-
E dai, Johanna! Ti do il permesso – scherzo, facendole cenno di avvicinarsi con
la mano.
Per
niente convinta dalle mie parole, Johanna getta l’ascia sulla sabbia dopo
averci raggiunto e posa la mano accanto a quella di Finnick. – Io non sento
niente.
-
Aspetta un attimo… eccola! – Finnick ride quando Johanna ritrae la mano, come
scottata da ciò che ha appena sentito.
-
Ma non ti fa male?
-
No. È solo un po’ strano – dico, facendo ridere di nuovo Finnick.
-
Tu sei strana, fattelo dire. E vai dal tuo fidanzatino, ti do il cambio.
Così io e il bello di casa possiamo sparlare alle tue spalle.
-
Gentile da parte tua – ribatto, calciandole un po' di sabbia addosso.
Finnick
mi augura la buonanotte e, mentre mi allontano, lo sento mentre comincia a
punzecchiare Johanna. Un rumore di acqua smossa e un verso strozzato raggiunge
le mie orecchie mentre indosso di nuovo la tuta. Johanna deve aver mandato
Finnick in acqua, evidentemente.
Raggiungo
Peeta, ancora addormentato, e mi raggomitolo contro di lui sdraiandomi sul
fianco. Peeta apre gli occhi quando lo faccio; il suo braccio mi circonda subito
le spalle mentre stende l’altro e lo infila sotto la mia testa, a mo’ di
cuscino. Le sue labbra si posano sui miei capelli bagnati, al di sopra della
fronte.
-
Hai fatto il bagno? – mugugna.
-
Avevo caldo – mormoro, accarezzando la sua mano. La prendo e la sposto più in
basso, dove la bimba si muove ancora. Adesso è di nuovo arrivato il turno di
Peeta di godere della magia di questo momento. Infatti, come se improvvisamente
non avesse più sonno, comincia a premere appena sulla pancia per sentirla meglio.
-
Sta bene, a quanto pare – c’è una sfumatura di allegria e contentezza, nella
sua voce. E anche sul suo viso, dove è spuntato un piccolo sorriso.
Sì,
sta bene. Sembra stare più bene di me. Spero solo che possa continuare un altro
po'… chiudo gli occhi, e mentre cerco di prendere sonno rimango a sentire i
movimenti provocati da lei, e quelli di Peeta che mi carezza la pancia.
Sta
bene.
Stiamo
bene tutti e tre.
Il
mattino dopo, al risveglio, troviamo altre due dozzine di panini da parte del
Distretto 3. Altri ventiquattro panini che si aggiungono a quelli avanzati
dalla sera prima. Li dividiamo tra di noi, in silenzio, e facciamo colazione.
Mentre
mangiamo, Beetee ci informa su un piano che ha pensato durante la notte: un
piano che riguarda il fulmine delle dodici ed il suo filo metallico. Vuole
creare una sorta di trappola elettrica per Brutus ed Enobaria.
-
Quel che vi propongo è di agire stanotte, tra l’onda delle dieci ed il fulmine
di mezzanotte. Colleghiamo il filo all’albero dei fulmini e lo srotoliamo fino
alla spiaggia, fin dentro l’acqua; e quando il fulmine colpisce l’albero, il
filo farà da conduttore e trasporterà l’energia per tutta la spiaggia. Diventerà
una trappola mortale per chiunque si trovi lì, o nelle immediate vicinanze – ci
spiega Beetee, soffermandosi a turno sui nostri visi. Non smette un attimo di
accarezzare l’estremità del filo dorato con la punta delle dita, mentre parla.
-
Come facciamo ad essere sicuri che i Favoriti ci caschino? Li adeschiamo? –
chiedo io.
-
Non è un problema, Katniss. Quelli ci tengono d’occhio – dice Finnick.
-
Non hanno nient’altro da fare che aspettare il momento giusto per attaccare –
aggiunge Peeta. – O noi o Chaff: siamo le loro uniche preoccupazioni.
-
Ma siamo sicuri che il piano funzionerà? – chiede Johanna, inarcando le
sopracciglia. – Senza offesa, Lampadina, ma quel filo non sembra molto
resistente…
-
Funzionerà, Johanna, te lo assicuro. L’ho creato io questo filo – ammicca
Beetee nella sua direzione. – E ti assicuro che non cederà.
Per
un po' restiamo a considerare i pro e i contro del piano. Cosa può andar bene e
cosa, invece, può andare storto? Per prima cosa alcuni di noi, se non tutti,
potrebbero morire fulminati se non riusciamo a metterci al riparo prima che
inizi la tempesta di fulmini, ma Beetee ci ha assicurato che per quel momento
saremo già lontani. È molto sicuro del suo piano. Potremo persino incappare in
una trappola, se non stiamo attenti… ma i pro sono molto più allettanti dei
contro. Se il piano ideato da Beetee funziona, i due Favoriti raggiungeranno il
resto dei caduti e rimarremo solo noi cinque, e Chaff, a sfidarci per la
vittoria. Sarà una carneficina, una vera e propria lotta all’ultimo sangue se
si giunge a questo punto, ma abbiamo davanti una giornata intera prima di
poterci preoccupare di questo. Non possiamo preoccuparci delle conseguenze se prima
non mettiamo in atto la trappola elettrica.
-
Io sono per il piano – dice Peeta.
-
Anche io – aggiungo, e il resto della truppa si unisce.
Il
resto della giornata trascorre lentamente, tra noi che ci prepariamo affinché
il piano di Beetee riesca e che procacciamo cibo e acqua. Mentre Beetee osserva
l’albero dei fulmini, immerso negli incomprensibili calcoli che popolano la sua
mente, noi ci guardiamo intorno, in attesa di possibili attacchi, e cacciamo un
po'. Nonostante il mal di schiena sia diventato più forte, ed il fianco ferito
a causa dell’incidente alla cornucopia cominci a farsi sentire, riesco ad
abbattere alcuni di quei disgustosi roditori che Finnick aveva preso il primo
giorno nell’arena e che al solo vederli mi fanno star male. Peeta raccoglie
noci e si prende l’incarico di abbrustolirle contro il campo di forza insieme
alla carne dei roditori. Mi tengo a debita distanza mentre lo fa: non voglio
replicare la stessa scena di due giorni fa.
Di
ritorno alla spiaggia, mangiamo e riposiamo, nell’attesa immobile a cui siamo
obbligati prima che arrivino le dieci di sera. Nuotiamo e peschiamo quando
anche riposare diventa una tortura insopportabile. In acqua scopro che il mio
mal di schiena migliora un poco e trascorro parecchio tempo a mollo, in
biancheria intima, per beneficiare di questo sollievo; non posso dire
altrettanto per il fianco, che oltre a continuare a far male è corredato anche
da un grosso ematoma nero. La canottiera non riesce a coprirlo del tutto e
catalizza su di sé lo sguardo preoccupato di Peeta, sebbene io cerchi senza
grandi risultati di minimizzare la cosa. Stando così tanto tempo in acqua, le
orribili croste che segnano la nostra pelle, regalo della nebbia, cominciano a
staccarsi. Io, Peeta e Finnick ce ne liberiamo volentieri, notando come la
pelle nuova al di sotto di esse sia rosea e delicata.
-
Com’è essere di nuovo carini? – Peeta sfotte Finnick.
-
La pace dei sensi – gli risponde, ammiccando con le sopracciglia.
Ad
aggiungersi alle nostre scorte di cibo giungono altri ventiquattro panini e una
pentola di sugo, a cui aggiungiamo il pesce ed i frutti di mare appena pescati.
Come banchetto, in vista del gran piano che ci apprestiamo a mettere in atto,
non è per niente male. È un’ottima ultima cena, ad essere pessimisti, ma a
Peeta questo non lo dico.
Peeta
mi regala una perla che ha trovato nelle ostriche mentre le stava pulendo: è
bianca, grande come un pisello, ed il suo peso è appena percepibile quando la
posa sul mio palmo teso.
-
Per te – dice con un sorriso.
-
Grazie – mormoro, baciando il suo sorriso.
Non
ho potuto avere con me il mio anello di fidanzamento, qui nell’arena, ma questa
perla può rappresentare un buon compromesso. È comunque un suo regalo, un altro
dei suoi pegni d’amore.
Potrò
stringerla mentre muoio, penso, anche se non è gran che
come pensiero. È rassicurante, però, nel pieno del suo pessimismo. Potrò ancora
avere con me qualcosa di Peeta che mi accompagnerà nell’oltretomba.
_______________________
La settimana scorsa vi avevo
promesso un capitolo tranquillo e leggero. Visto? Ho mantenuto la promessa! È così
tranquillo e leggero che non accade quasi nulla :)
Ci tenevo davvero tanto, invece,
ad inserire un momento di confidenze tra Finnick e Katniss prima di quelli che
appaiono più avanti in Mockingjay: questo perché entrambi possono capire
ciò che prova l’altro. Finnick nell’arena ha sentito le urla di Annie, Katniss invece
quelle di Peeta: hanno condiviso qualcosa insieme che li ha in qualche modo legati,
nonostante l’orribile espediente con cui è stato messo in atto.
Poi arriva Johanna e rovina
tutto.
E vabbè.
Come sproloquio del lunedì direi
che può anche bastare :p ultima nota, giusto per mettere un po’ di pepe: il
prossimo capitolo sarà l’ultimo (non della storia!) in cui ci troveremo dentro
l’arena. Cosa accadrà? Andrà tutto bene (in pieno stile Conte) o andrà tutto
male?
Sono aperte le scommesse.
Vi abbraccio e vi bacio tutti!
(ah non si può fare? Eh almeno ci ho provato dai ^^’)
D.