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Autore: Mary P_Stark    19/10/2020    1 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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9.

 

 

Harrisgrove – Contea di Cork (Irlanda)

 

Brianna era stata davvero brava nel mettere insieme per loro quel viaggio di nozze e, di fronte all’organizzazione ‘lupesca’ messa in piedi per Dev e Iris, quest’ultima non poté che sentirsi sia grata che ammirata.

Dopo l’arrivo a Dublino - e una rapida presentazione al giovane Fenrir della città -, la coppia era stata accompagnata fino ai confini del branco di Cork utilizzando un’auto a noleggio dotata di tutti i comfort.

Lì, come in una staffetta, un altro licantropo aveva preso il posto della precedente sentinella e tra ringraziamenti, strette di mano e domande sui lupi americani, erano infine giunti a Harrisgrove, un piccolo paese nella Contea di Cork.

Nello svoltare all’interno di un ampio cortile agreste, il licantropo che li aveva accolti all’ingresso della Contea più meridionale dell’isola fermò l’auto, ne scese con grazia e disse: «Questo è il nostro Santuario, e qui potrete ottenere tutte le informazioni che cercate, …è poco ma sicuro.»

«C’è la più grande libreria del mondo, qui dentro?» ironizzò Iris, uscendo a sua volta assieme a Dev per dare un’occhiata al luogo che li avrebbe accolti per le successive due settimane.

Il cascinale dinanzi a loro era ampio e ristrutturato di fresco, con solidi muri di mattoni rossi, alte vetrate dalle imposte scure e un giardinetto dinanzi a casa, dove grandi vasi pasciuti in terracotta delimitavano l’entrata principale.

Sul fondo dell’ampio piazzale in selciato, Iris poté altresì notare la presenza di una stalla piena di pecore – almeno a giudicare dagli odori e rumori che percepiva – oltre a un fienile a due piani. Sull’ultimo, era stata costruita un’appendice dalla molteplici e strette finestre blindate.

Che fossero quelle, le stanze adibite a Santuario?

Il loro accompagnatore – Douglas O’Keefe – ridacchiò in risposta alla domanda sibillina di Iris e disse: «Qualcosa di meglio. Ma lo scoprirete presto.»

In quel mentre, un ragazzino di circa otto-nove anni uscì curioso dalla vicina stalla e, bloccandosi a metà del cortile, piegò il capo di lato per scrutarli con i profondi occhi grigi e infine domandò: «Ehi, Doug… ciao. Cosa succede?»

«Principino» ammiccò l’uomo con uno scherzoso inchino, facendo scoppiare a ridere il bambino per diretta conseguenza. «Aidan, ciao. Potresti andare a chiamare i tuoi genitori? Loro sono gli ospiti che attendevano.»

Il bambino assentì con vigore, facendo svolazzare la chioma di nere ciocche ondulate, al che si allontanò dopo un saluto ai nuovi venuti e Iris, recuperate la propria orsetta e le valige dall’auto, domandò: «Come mai lo hai chiamato ‘principino’

«Fa parte delle cose che scoprirete stando qui per un po’. Comunque, non è per dire che è viziato» dichiarò Douglas prima di levare una mano a mo’ di saluto quando vide aprirsi la porta laterale della casa patronale.

Ne uscì una donna alta e dal fisico prestante, come di una guerriera di lungo corso, dai lunghissimi capelli neri e occhi di un singolare viola ametista. La sua bellezza era così fuori scala, così innaturale che persino Iris ne rimase colpita e Dev, sbattendo le palpebre un paio di volte, mormorò alla moglie: «Sono rimbecillito di colpo, o ci vedo bene?»

«No, no, ci vedi benissimo» esalò lei prima di veder comparire alle spalle della giunonica bellezza un uomo altrettanto affascinante, pur se in modo meno evidente, in qualche modo più umano.

La donna sorrise alla coppia di nuovi arrivati prima di rivolgersi a Douglas e dire: «Avete fatto presto. Vi aspettavamo tra un paio d’ore.»

«Christofer ha guidato come un pazzo» replicò Douglas, riferendosi alla sentinella dublinese che li aveva scortati fino al confine con la Contea di Cork. «Ha preso un po’ troppo alla lettera l’ordine del suo Fenrir di fare presto

Scuotendo il capo con aria esasperata, la donna si rivolse quindi ai propri ospiti e, allungata una mano, dichiarò: «E’ un piacere darvi il benvenuto presso il nostro Santuario. Io sono Litha mac Elathain e questo è mio marito, Rey Doherty, il Guardiano del Santuario.»

Iris e Dev strinsero le mani protese dei padroni di casa, presentandosi a loro volta quando, in quel mentre, Aidan tornò in compagnia di due bambine più piccole, di cui una di non più di un anno.

Litha si volse a mezzo, nell’udirli arrivare con passi pesanti e, sorridendo loro, aggiunse: «Questi, invece, sono i nostri terremoti. Aidan, il primogenito, Selene, la secondogenita e Bridget, l’ultima arrivata.»

I bambini – Bridget compresa – scandirono un ‘benvenuti nella nostra casa!’ davvero coreografico e Iris, nel fissare basita la più piccola della nidiata, esalò: «Sa già parlare così bene?»

Douglas scosse le spalle con un sorrisino, ammiccò ai due padroni di casa e celiò: «Segreti. Ma ve lo spiegheranno meglio loro. Io ora torno ai miei compiti ma, se avete bisogno di me, basta chiamare.»

Ciò detto, lasciò l’auto nel cortile e se ne andò di corsa, sparendo alla loro vista come se non si fosse mai trovato in quel luogo.

Ancora piuttosto costernati, Iris e Dev tornarono a volgere i loro sguardi verso i padroni di casa e Litha, a quel punto, li invitò a entrare, ben sapendo che sarebbe servito molto tempo – e diversi caffè – per far digerire loro tutta la verità.

Anche a licantropi già abituati alle stranezze del mondo mannaro, la loro storia risultava sempre assai ostica da mandare giù.

***

Divinità.

Devereux e Iris si trovavano al cospetto di due divinità fresche di conio e dei loro figli.

Iris dovette pizzicottarsi diverse volte il polso per essere certa di aver udito bene le parole di Litha e del suo compagno, Rey, e anche Dev parve sul punto di dare di matto, di fronte a quella mole gigantesca di informazioni incredibili.

Brianna non aveva esagerato nel dire che la storia dei fomoriani le sarebbe sembrata la più strana di tutte e, messa di fronte alla realtà dei fatti, Iris non poté che darle ragione. Le avventure vissute da Litha nel corso dei suoi quattromila anni di vita, erano state di sicuro le più folli che avesse mai udito in vita sua.

Il solo fatto che lei potesse avere quattromila anni era una notizia, di per sé, sufficiente a farla uscire di senno. Figurarsi il resto!

Picchiettandosi un lato del collo, dove era visibile un segno color pesca dalla forma stellare, Litha terminò di dire: «Quando lo vorrò, farò riattivare la mia rihall e potrò tornare a solcare i mari anche come fomoriana ma, per il momento, mi trovo benissimo sulla terraferma, e solo come Tuatha. Inoltre, non credo che i reali di Mag Mell mi vogliano in giro per i loro territori. Non ci siamo lasciati esattamente… bene.»

Devereux crollò contro lo schienale del divano su cui era assiso ormai da ore e, passandosi le mani sul viso con espressione costernata, esalò: «E dire che pensavo di averle sentite ormai tutte, dopo aver incontrato Fenrir!»

Neppure io sapevo della loro esistenza, mormorò ammirato e sorpreso Gunnar.

“Ormai sono talmente satura di stranezze che credo impazzirò” borbottò Iris, sospirando tremula. “Brianna deve imparare a usare gli aggettivi. Strana storia è un eufemismo!”

Gunnar se ne uscì con una risatina e Iris, scuotendo il capo per la stanchezza, sospirò e si passò le mani sul viso per capire se fosse o meno sveglia.

Lo era, ovviamente, ma era così difficile crederlo!

«Immagino sia una discreta batosta, da digerire in un colpo solo…» convenne Rey, sorridendo per un attimo alla compagna, che annuì in risposta. «…perciò credo che, per ora, sia il caso di chiuderla qui. Che ne pensate? Potremo riparlarne con maggiore dovizia di particolari già da domani, quando ci raggiungerà mio cognato Rohnyn, assieme a quella fulminata di sua moglie.»

Litha rise sommessamente a quel commento, e assentì. «Sì, è meglio attendere Rohnyn. Lui era il vero studioso di casa, non certo io e, per quel che riguarda i misteri, Rohn è l’autentico mago della ricerca.»

Sia Iris che Dev assentirono con vigore, ancora frastornati all’idea che, non solo Litha fosse una dea, ma che avesse anche un fratello divenuto umano e altri due che vivevano sul fondo del mare.

Colta l’occasione al volo, Aidan scese da un secondo divano – dove era rimasto in assoluto silenzio assieme alle sorelline – e domandò: «Posso accompagnarli nelle loro stanze, mamma?»

«Sì, fai pure. Credo che i nostri ospiti vogliano riposarsi, giunti a questo punto» acconsentì Litha. «Dopotutto, questa giornata è stata piuttosto impegnativa, per loro.»

Aidan, allora, prese per mano Devereux, mentre Selene si occupò di Iris, lasciando che la piccola Bridget rimanesse assieme ai genitori. Per lei, le scale erano ancora piuttosto proibitive, nonostante fosse diventata piuttosto brava a camminare.

Nello scortarli al piano superiore dopo aver imboccato un’ampia scala - dotata di un articolato corrimano in ottone e ampi scalini in cotto fiorentino -, Aidan domandò loro con assoluta curiosità: «E’ bello trasformarsi in un lupo? Noi non possiamo farlo. Mamma dice che, se un domani ci sarà concesso di diventare anche fomoriani, la mutazione in delfino non sarà comunque mai come quella in lupo.»

Dev sorrise appena, lieto che quel bambino dall’aria intelligente stesse parlando di un argomento più nelle sue corde. Mentre venivano scortati lungo un corridoio illuminato da applique in vetro molato, gli spiegò quindi come ci si sentisse nei panni di un lupo, e come fossero arrivati a conoscere i segreti della loro razza.

Selene, nel frattempo, aprì la porta della loro stanza e, sorridendo a Iris quando gliela mostrò, domandò con una vocetta dolce e carina: «Ho scelto io i colori. Vanno bene?»

Iris ammirò la stanza dalle pareti in stucco veneziano nei toni del verde pallido, dove un ampio letto matrimoniale faceva bella mostra di sé nel mezzo. La struttura in metallo era brunita, arricchita con tralci di vite davvero ben fatti e recava leggere tende di batista di un tenue color lime. Anche il copriletto e le lenzuola, come poté notare Iris, richiamavano i toni del verde.

Un profondo mobile a due ante, uno specchio a muro e una piccola scrivania con sedia completavano l’arredamento e la donna, annuendo a Selene, disse: «E’ tutto perfetto, grazie.»

«Sono i miei colori preferiti» aggiunse allora Selene, lieta di aver incontrato il loro favore. Sorridente e speranzosa, poi, scrutò Iris come a voler dire altro, ma Aidan si affrettò a prenderla per mano e, scuotendo il capo per bloccarla, dichiarò: «Vi lasciamo riposare, o Selene potrebbe soffocarvi di chiacchiere. Siete i primi ospiti che abbiamo e che non appartengono alla famiglia, perciò è molto curiosa di conoscervi.»

Dopo un momento, il bambino arrossì appena e aggiunse: «Beh, anch’io, per la verità.»

«Parleremo quanto vorrete, domani» promise loro Iris prima di vederli sparire dietro la porta dopo un ultimo saluto.

A quel punto, quasi si fossero messi d’accordo, i coniugi collassarono lunghi distesi sul letto e, sgomenti, esalarono: «Oh mio Dio!»

Guardandosi poi vicendevolmente, risero con tono vagamente nervoso e Dev, passandosi una mano tra i capelli, gracchiò: «Brianna me la pagherà cara per non averci detto fino a che punto saremmo caduti nella tana del Bianconiglio.»

«Sai che le piace fare la spiritosa, no?» chiosò Iris, passandosi più e più volte le mani sul viso esterrefatto. «Cioè… ma ti rendi conto? Quattromila anni!»

«Ed è una dea» sottolineò Dev. «Ti scoccia se cambio credo e divento un suo discepolo fedele?»

Iris scoppiò a ridere di fronte a quell’uscita e, nel dargli un colpetto sullo stomaco, replicò: «Sei un uomo davvero prevedibile.»

«Chi altri potrebbe vantare una divinità simile, scusa?» si difese lui, ammiccando al suo indirizzo.

«Su questo non posso dire nulla. E’ davvero bellissima, oltre che molto simpatica» ammise Iris, tornando seria. «Pensa a quanto può aver imparato, del mondo umano e non, in quattromila anni di studi.»

«Davvero molto più di noi. Non mi stupisce che Brianna ci abbia indirizzati qui» dichiarò Dev, annuendo al suo dire. «Comunque, le chiederò se posso diventare un suo postulante.»

Iris scoppiò nuovamente a ridere e Dev, nel mettersi sopra di lei, le baciò le labbra e aggiunse: «Tu, comunque, rimarrai sempre la regina del mio cuore, anche se avrò una nuova dea a cui rivolgere le mie preghiere e i miei scongiuri.»

«Sei un vero idiota, Dev, ma ti amo lo stesso.»

«Quando ci presenteranno suo fratello, spero per te che non sia bello come lei, sennò ti rinfaccerò finché scampi questa tua opinione» le fece notare lui, portandola a un nuovo scoppio di risate.

«Vedremo…»

***

Rohnyn mac Lir si dimostrò essere aitante e statuario ma, a differenza della sorella adottiva, non possedeva una bellezza stordente quanto innaturale.

Iris, perciò, non dovette subire più di quel tanto le battute di spirito di Dev in merito al fascino del nuovo venuto. Durarono soltanto una ventina di minuti circa.

Nel frattempo, Rohnyn strinse le mani agli ospiti della sorella prima di presentare loro la sua famiglia, composta dalla moglie Sheridan, il primogenito Kevin, e le gemelle di sei anni, Victoria e Shemain.

L’arrivo della famiglia mac Lir, od O’Sea, come era conosciuta nel mondo degli umani, aveva galvanizzato i figli di Litha e Rey che, nel vedere i cugini, si erano subito lanciati verso l’esterno del cascinale per poter andare a giocare con loro.

Capitanati da Kevin, che era il più grande del gruppo, i bambini si erano quindi diretti verso il fienile e, agli adulti, non era rimasto altro che raggiungere il salone per parlare dei motivi della visita di Iris e Dev.

Dopo aver saputo degli incidenti accaduti alla famiglia Sullivan e a Diana Scott, Rohnyn e Litha si scrutarono vicendevolmente per alcuni, lunghi secondi, quasi a vagliare le rispettive informazioni.

Nel picchiettarsi un indice sul mento, l’espressione pensosa e seria, Rohnyn quindi mormorò: «In effetti, i casi di licantropia si trovano in molti miti umani e, anche se non sempre leggenda e realtà combaciano, conosco almeno tre o quattro casi in cui le due cose hanno collimato.»

«Quali sarebbero, scusa?» domandò Litha, dubbiosa. «Io non ne ho memoria e, tolti i nostri amici, non so a chi potresti riferirti.»

Rohnyn le sorrise divertito, replicando: «La Corte non ti era invisa come a me, perciò io trovavo più produttivo e interessante viaggiare, quando non eravamo in guerra contro i tuoi parenti.»

«Oh, già» borbottò Litha rammentando i frequenti spostamenti del fratello in giro per i vari continenti. «Quindi, di chi stai parlando?»

«Romolo e Remo, per citare un esempio» buttò lì Rohnyn, facendo sgranare gli occhi ai presenti. La loro sorpresa era totale.

«Mi prendi in giro?» esalò Rey, confuso al pari dei loro ospiti.

«Affatto. Ebbi modo di conoscerli in giovane età. Avevano indubbiamente sangue animale in corpo, di questo ho un ricordo certo.»

«Quindi, tutta la faccenda della lupa che li allatta…» gracchiò Iris, ripescando tra le sue reminiscenze sulla storia europea ciò che ricordava di quel mito.

Rammentava che creatori di Roma erano stati allevati da una lupa, ma aveva sempre immaginato fossero solo credenze popolari e poco più.

Ma anche i licantropi, fino a qualche anno addietro, erano stati solo credenze popolari, per lei, perciò… di cosa si stupiva?

«Appartenevano alla stirpe di Fenrir?» domandò a quel punto Dev, colto da forte curiosità.

«All’epoca, registrai soltanto quella stranezza nei miei appunti e passai oltre ma, quando conobbi altri lupi come voi e parlai con Fenrir stesso, non ebbi difficoltà a riconoscere in voi e in loro delle differenze» scosse il capo Rohnyn. «Lì per lì non indagai molto, perché l’ambiente romano era troppo violento e dissoluto, perché mi spingesse a rimanere nei paraggi. All’epoca, avevo bisogno di quiete e calma, e non avevo bisogno di stare appresso a genti che mi rammentavano coloro che mi ero lasciato alle spalle.»

Con un sorriso amaro, Rohnyn scacciò le memorie dei soprusi del padre, vero motivo per cui si era spesso allontanato da Mag Mell, dopodiché aggiunse: «E’ possibile che la discendenza dei figli di Rea Silvia si sia mescolata ai figli di Fenrir, a un certo punto, visto che so dell’esistenza di diversi branchi su suolo italico. Questo deve aver creato un ibrido con caratteristiche mannare, ma un odore diverso da quello che vi appartiene.»

Iris e Dev si guardarono vicendevolmente, pieni di meraviglia e Rohnyn, nel proseguire il suo racconto, disse: «Un altro avvistamento certo fu quello della Bestia di Gévaudan, nella Francia del XVII secolo1. Occorsero più di cinquanta dragoni della corona francese, per dargli la caccia ma, alla fine, ad abbattere il mostro fu un umile oste, tale Jean Chastel, che però non venne mai riconosciuto dal re come autentico uccisore del lupo.»

«E tu sai che è stato lui perché…» tentennò la sorella, quasi presagendo la risposta.

Scrollando le spalle, Rohnyn si limitò a dire: «Mi trovavo a Marsiglia, quando udii di questa bestia mitica e ricercata nelle terre del Gévaudan, così mi addentrai nella terraferma per comprendere cosa stesse accadendo, e giunsi in zona proprio quando l’oste tornò dal bosco con quest’enorme esemplare di lupo.»

«E sei certo che non fosse un lupo naturale» sottolineò Rey.

«Nessun lupo naturale avrebbe potuto diventare così grande, o forte. Aveva la stazza di un vitello, e non ti dico quante frecce servirono per abbatterlo» sottolineò Rohnyn, scuotendo il capo. «Anche in quel caso, comunque, non si trattava di un licantropo, ma di un’altra specie di animale. Forse, l’ultimo della sua razza, poiché non se ne sentì più parlare, in seguito, né io captai più quell’aroma caratteristico e peculiare.»

«Da quel che mi pare di capire, anche i fomoriani hanno sensi sviluppati, altrimenti non ti saresti mai accorto di questo particolare» chiosò Dev, vedendolo annuire in risposta.

«Non sono sviluppati come i vostri, ma ce la caviamo» ammise Rohnyn.

«Hai parlato di tre o quattro casi. Noi siamo il terzo. Ma il quarto? E’ dubbio, forse?» domandò a quel punto Devereux, accigliandosi.

Rohnyn assentì, replicando: «Accadde durante il viaggio in cui conobbi la mia prima moglie. Ero negli Stati Uniti e, di lì a poco, mi sarei recato in Florida per imbarcarmi su una nave da crociera. Per mera curiosità, visitai lo Smithsonian National Museum e, nell’ala dedicata alla storia naturale, venni attirato dallo scheletro di un lupo assai particolare.»

Iris e Dev si fecero attenti, a quell’accenno, poiché anche Derek Sullivan, il fratello di Donovan, aveva lavorato presso quell’istituto, e proprio su uno scheletro di lupo.

«La didascalia dichiarava che quello scheletro era stato rinvenuto in una delle lingue del ghiacciaio del Denali. Il riscaldamento globale lo aveva riportato alla luce» spiegò loro Rohnyn, cercando di rammentare con esattezza ogni particolare.

«Per essere stato esposto, doveva essere in tutto e per tutto identico allo scheletro di un normale lupo, perché dubito avrebbero messo in piazza uno scheletro anomalo, senza un’adeguata pubblicità – e studi – a copertura. Perciò, cos’aveva di così interessante da colpirti?» domandò dubbiosa Iris.

«Le ossa erano incise con la magia. Capii immediatamente di essere l’unico a poter scorgere ciò che esse nascondevano, perché i ricercatori stessi lo avevano catalogato come un canis lupus di qualche migliaio di anni addietro ma, evidenti ai miei occhi, v’erano dei disegni arcaici che ne ricoprivano ogni parte visibile» ammise Rohnyn.

«Come i miei glifi?» esalò sorpresa la sorella.

Annuendo, Rohnyn ammise: «Sì, pur se nel tuo caso io non sono in grado di vederli. Quelli che vidi io, però, non erano glifi. Assomigliavano piuttosto ai disegni di una qualche società antica, come le scritture rupestri mesoamericane o europee.»

Tutti si guardarono in viso, ammutoliti da quest’ultima scoperta e Sheridan, nell’osservare il marito, domandò: «Non ricordi a grandi linee questi disegni, vero?»

«Certo che li ricordo» replicò lui come se nulla fosse, e scatenando nella moglie una risposta immediata quanto irritata.

«Oh, scusa tanto se dimentico che hai una memoria eidetica!» celiò sarcastica Sherry.

Rohnyn sospirò esasperato, prese foglio e matita per poggiarli dinanzi a sé e, dopo aver chiuso gli occhi, borbottò: «A volte mi chiedo come abbia fatto a innamorarmi di te, Sherry… giuro.»

«Perché so baciare bene e sono una dea a letto» ironizzò per contro la donna, prendendolo sottobraccio mentre la matita iniziava a scrivere per conto suo, come se fosse dotata di vita propria.

Iris e Dev, non debitamente avvisati, imprecarono tra i denti per la sorpresa e Litha, con aria di scuse, mormorò: «Già, scusate… mio fratello, per quanto abbia rifiutato di mantenere lo status di fomoriano, può ancora usare il suo dono che, per inciso, è trasporre su carta – o papiro, o comunque su qualsiasi superfice ove sia possibile scrivere – ciò che la sua mente sta pensando o, nel caso specifico, ricordando.»

I due assentirono meccanicamente, assorbiti dalla contemplazione del movimento sinuoso e ipnotico della matita che, tratto dopo tratto, delineò dei simboli di chiara fattura arcaica.

Quando infine la matita terminò di tracciare, tornò a posarsi diligentemente sulla carta e Rohnyn, nel riaprire gli occhi, consegnò il foglio ai loro ospiti americani e disse: «Questo è ciò che vidi. Spero che possa essere di una qualche utilità.»

Dev lo prese in mano con reverenziale timore e, nell’osservare quei tratteggi chiari e sicuri, mormorò: «Siamo di sicuro un passo più avanti a scoprire qualcosa, grazie.»

Sheridan, a quel punto, sospirò e domandò ironica: «E ora che ti sei messo in mostra, vogliamo pensare anche alla loro salute mentale?»

I presenti risero per diretta conseguenza e Rohnyn, nel fissare con aria di sufficienza la moglie, replicò: «Non avevo dubbi che ti saresti lagnata in merito a qualcosa, cara.»

«Ma per forza, razza di una foca2 che non sei altro! E’ giusto che tu ti sia scervellato per ricordare quei simboli, ma nessuno sta pensando che i nostri ospiti, prima di tutto, sono in luna di miele!»

Litha assentì piena di contrizione e annuì quindi  all’indirizzo dei loro ospiti, ammettendo: «Sì, hai ragione. Abbiamo pensato unicamente al lato ‘tecnico’ di questo viaggio senza badare al fatto che, in quanto neo-sposi, potevate anche nutrire altri interessi. A volte, tendiamo a essere troppo pragmatici e poco romantici.»

Rohnyn e Rey levarono le mani in segno di resa, dichiarandosi colpevoli dello stesso misfatto e Sheridan, ritenendosi soddisfatta del risultato, si sollevò in piedi e dichiarò: «Che ne dite, a questo punto, di mostrare loro anche delle cose carine, tipo il Castello di Blarney, e non soltanto dei barbosi scarabocchi?»

Litha scoppiò a ridere nell’annuire e, dando una pacca sul braccio alla cognata, assentì e ammise: «Hai ragione, Sherry. Possiamo tornare a ragionare di lupi e mostri anche più tardi. E’ giusto che vi divertiate un po’, durante questa vacanza.»

«Al castello di Blarney esiste una pietra che, se baciata, concede il dono dell’eloquenza» spiegò loro Sheridan.

Scoppiando a ridere, Dev si lasciò andare contro lo schienale del divano ed esalò: «Beh, mia figlia allora deve averla baciata in una sua vita precedente, visto quanto parla!»

Iris rise con lui, lasciando che in quella risata si scaricassero le sue ansie e Sheridan, nell’accompagnarli all’esterno assieme al resto dei presenti, volle sapere tutto su Chesley e sul suo fantomatico dono della favella.

***

«…e così abbiamo raccontato di te e del fatto che, molto probabilmente, in una tua vita passata, potresti aver vissuto in quel castello» terminò di raccontare Dev, sorridendo quando udì la figlia scoppiare a ridere all’altro capo del telefono.

Fuori, la notte era tornata ad abbracciare le colline di Cork, e un vento umido aveva portato con sé diversi scrosci di pioggia, alternati a schiarite e raffiche incostanti e gelide.

La luna in cielo era poco più di un esile spicchio, e le poche stelle visibili tra macchie di nubi dalle forme allungate e sinuose, apparivano limpide e tremolanti come fantasmi notturni.

Tutto sembrava tranquillo e in pace, all’esterno, e il respiro degli abitanti della casa era sereno e privo di preoccupazioni. Iris e Dev, in ogni caso, non riuscivano a prendere sonno. Non dopo quelle ulteriori novità.

«Sembrano simpatici» dichiarò Chelsey, sorridendo al padre attraverso lo schermo del telefonino.

«Lo sono. Verremo qui ancora, in tempi non sospetti, così potrai conoscere tutti» le promise Dev prima di domandarle: «Come vanno le cose, lì?»

«Tutto normale. Ma sono sicura che Curtis sarà felicissimo di avere i disegni che ha fatto il principe fomoriano.»

«Si sono avute notizie di incidenti strani?» domandò a quel punto Iris.

«Hanno parlato di quell’escursionista che si è perso in Alaska, ma non hanno ancora trovato nulla, a parte il pezzo di una racchetta da trekking» le spiegò Chelsey, scrollando le spalle.

Iris sospirò, scuotendo il capo e Chelsey, sorridendo comprensiva, aggiunse: «Iris, goditi la vacanza. Qui, ci pensiamo noi.»

«Essere un laendvettir non ti fa mai abbassare la guardia. Se chiedi a Rock, sono convinta che ti dirà la stessa cosa, visto che lui è un Freki.»

Sbuffando, Chelsey, guardò per un istante in direzione di Liza, che sedeva dietro di lei, sul letto della sua camera, e borbottò: «Non me lo ricordare. Liza è sempre più nervosa.»

La ragazza le diede un pizzicotto sull’orecchio per tutta risposta e, laconica, disse: «Se avessi un corvo veggente che ti sveglia alle due di notte per dirti che ha visto una pozza di sangue attorno ai tuoi piedi, tu saresti tranquillo?»

«No» mormorarono in coro Dev e Iris, preoccupati.

«Comunque, Chelsey ha ragione. Voi pensate a divertirvi. Noi faremo le dovute indagini, e io girerò sempre scortata» si raccomandò Liza, salutandoli prima di balzare via dal letto per tornare in camera sua.

Chelsey attese di vederla uscire per poi dire dubbiosa: «Vedrò di chiedere a zio Richard di portarci da qualche parte, nel week-end, così che stacchi un po’, perché la vedo davvero tesa.»

«Sì, è meglio. Ma portate con voi almeno un licantropo» annuì Dev.

«Lucas non ci permetterebbe mai di uscire da Clearwater senza protezione, tranquillo» gli ricordò Chelsey con aria serafica.

«Beh, ricordartelo mi fa sentire meglio» sottolineò lui prima di terminare dicendo: «Ora, finisci di studiare. Ci sentiamo domani.»

La figlia assentì, mandando un bacio a entrambi per poi chiudere la telefonata. Iris, a quel punto, lanciò uno sguardo preoccupato a Dev e domandò: «E’ vero che Huginn non vede chiaramente nel futuro… ma cosa può voler dire quella pozza ai piedi di Liza?»

«Mille e più cose, Iris. Ma sono tutte questioni che non puoi gestire da qui e, come ci hanno ricordato tutti, siamo in luna di miele e meritiamo un po’ di divertimento e di riposo» le ricordò lui, trascinandola sulle morbide coltri e profumate di lavanda.

Lei assentì muta e, cercando di chiudere fuori dalla sua mente tutte le preoccupazioni fin lì accumulate, lasciò che le mani – e l’aura – di Dev facessero il loro consueto miracolo.

***

Caviglie e mani intrecciate mentre il corpo stanco riposava sul comodo letto, Liza tornò col pensiero alla telefonata appena intercorsa con la cugina e Dev.

Le aveva fatto piacere vederli, così come scoprire che forse, quel viaggio di nozze – oltre a mostrare loro le bellezze dell’Irlanda – era anche servito a scoprire qualcosa in più sulla creatura che, potenzialmente, era stato la causa di morte della famiglia Sullivan.

Non era cosa certa, ovviamente, ma il fatto piuttosto singolare che il principe fomoriano avesse notato, su quello scheletro fossile, delle scritte incise con un potere di qualche tipo, poteva essere la pista giusta da seguire. Non poteva essere un caso che quello strano scheletro si trovasse, guarda caso, nel medesimo luogo in cui aveva lavorato per anni lo zio di Mark.

Scoprire se il lupo studiato dal dottor Sullivan era lo stesso che Rohnyn mac Lir aveva visto a suo tempo allo Smithsonian, non sarebbe stato difficile, per Curtis. Il suo ruolo attivo nella polizia era importante per tutti loro, e in questo caso stava rivelandosi davvero necessario e indispensabile.

Se vi fosse stata una qualche attinenza, era possibile che il lupo dai glifi e quello che aveva attaccato i Sullivan e Diana avessero una matrice comune.

“Mamma, non dovresti dormire? Domani devi andare a scuola.”

“Lo so, Muninn, ma davvero non riesco a togliermi dalla testa quei glifi. Ho come l’impressione di averli già visti da qualche parte, ma non riesco a rammentare dove.”

La frustrazione rischiava di divorarla ma sapeva bene che, più si fosse sforzata di raggiungere quell’angolo di memoria ove si trovavano quei simboli, più questi sarebbero stati irraggiungibili. Doveva calmarsi, o non avrebbe ottenuto niente.

Rigirandosi nel letto, sciolse quindi le mani da dietro la nuca per coprirsi il volto e, sospirando contro i palmi, si lasciò invadere dal suo alito caldo al profumo di menta.

Sorridendo divertita, ripensò al dentifricio che sua madre aveva portato da casa – lei amava alla follia quelli mentolati – e che Liza aveva sfruttato bellamente, essendosi dimenticata il proprio. Erano quelle piccole cose che all’improvviso, da un momento all’altro, le facevano sentire la mancanza dei genitori, anche quando erano presenti lì a Clearwater.

Si trovava bene, in Canada, e aveva fatto amicizia con un sacco di persone. Inoltre, si sentiva giusta nei panni di Geri, però non poteva negare di sentire la mancanza di mamma e papà. Voleva loro troppo bene per non avvertire un vuoto al suo fianco, ogni tanto.

Pur se sapeva che sarebbe bastato prendere un aereo per raggiungerli, in momenti come quello, quando si sentiva insicura, la loro presenza le appariva quasi vitale.

Certo, Iris e Dev erano protettivi con lei, ma non era la stessa cosa.

“Mi spiace che tu stia così male, mamma.”

“Non preoccuparti, Muninn. Fa parte del percorso per diventare adulti, mi dicono” ironizzò Liza, stiracchiandosi per poi volgere lo sguardo verso i due corvi, appollaiati sui rispettivi trespoli.

“Io e Huginn saremo sempre con te.”

“Credimi, mi conforta più di quanto io possa esprimerti col pensiero e le parole.”

Muninn parve soddisfatto della risposta, perché Liza avvertì chiaramente la soddisfazione nella mente del corvo.

Sorridendo nell’oscurità della sua camera, chiuse infine gli occhi e, lasciando perdere pensieri, dubbi e paure, lasciò che il sonno infine la prendesse per mano. Nulla, però, l’aveva mai preparata per ciò che Morfeo aveva in serbo per lei.

Alcune ore dopo, urlante e ricoperta di sudore, si risvegliò dopo un incubo terribile e quando i genitori, Helen e Chelsey la raggiunsero in preda al panico, non riuscì a trattenersi dal piangere.

Rachel impiegò una buona mezz’ora per calmarla e, mentre Richard riaccompagnava Chelsey in camera sua, Helen si sistemò nel letto della sorella, pronta a passare con lei il resto della notte. Non fu una proposta, ma un dato di fatto, e Liza gliene fu grata.

Per queste cose, Helen era come un panzer e, in quel frangente, le serviva proprio una cosa del genere per superare la notte. Fu perciò con un bacio, la promessa di proteggerla e un sospiro, che Helen si strinse a lei e Rachel, dopo un ultimo sguardo alle figlie, tornò in camera sua.

Stavolta, Morfeo fu più gentile e Liza, per sua fortuna, non sognò più nulla. Ma i ricordi si sedimentarono nella sua mente, ben decisi a non abbandonarla.

Presto o tardi, Liza avrebbe dovuto affrontarli.

 

 

 

 

1: Fatto realmente accaduto. Si diceva che la bestia fosse un lupo mannaro e, a giudicare dalle impronte che trovarono nei boschi, se ne comprende anche il motivo, visto che erano enormi ma, ovviamente, mancando uno scheletro – o un animale impagliato – per potersi raffrontare con la verità, ci si può basare solo sui racconti storici.

2: Ricordo che “Ronan” (nome umano di Rohnyn) significa ‘foca’.

 

 

 

N.d.A.: finalmente scopriamo chi sono i personaggi riguardanti il crossover di cui vi ho parlato prima dell'inizio di questa avventura. Litha, Rey e comunque i fomoriani più in generale aiuteranno i nostri amici a scoprire chi sia il nemico che hanno di fronte e, in qualche modo, saranno vitali per il buon esito dell'intera situazione.

  
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