9.
Harrisgrove
–
Contea di Cork (Irlanda)
Brianna
era stata davvero brava nel mettere insieme per loro quel viaggio di
nozze e,
di fronte all’organizzazione ‘lupesca’
messa in piedi per Dev e Iris, quest’ultima non
poté che sentirsi sia grata che
ammirata.
Dopo
l’arrivo a Dublino - e una rapida presentazione al giovane
Fenrir della città -,
la coppia era stata accompagnata fino ai confini del branco di Cork
utilizzando
un’auto a noleggio dotata di tutti i comfort.
Lì,
come in una staffetta, un altro licantropo aveva preso il posto della
precedente sentinella e tra ringraziamenti, strette di mano e domande
sui lupi
americani, erano infine giunti a Harrisgrove, un piccolo paese nella
Contea di
Cork.
Nello
svoltare all’interno di un ampio cortile agreste, il
licantropo che li aveva
accolti all’ingresso della Contea più meridionale
dell’isola fermò l’auto, ne
scese con grazia e disse: «Questo è il nostro
Santuario, e qui potrete ottenere
tutte le informazioni che cercate, …è poco ma
sicuro.»
«C’è
la più grande libreria del mondo, qui dentro?»
ironizzò Iris, uscendo a sua
volta assieme a Dev per dare un’occhiata al luogo che li
avrebbe accolti per le
successive due settimane.
Il
cascinale dinanzi a loro era ampio e ristrutturato di fresco, con
solidi muri
di mattoni rossi, alte vetrate dalle imposte scure e un giardinetto
dinanzi a
casa, dove grandi vasi pasciuti in terracotta delimitavano
l’entrata
principale.
Sul
fondo dell’ampio piazzale in selciato, Iris poté
altresì notare la presenza di
una stalla piena di pecore – almeno a giudicare dagli odori e
rumori che
percepiva – oltre a un fienile a due piani.
Sull’ultimo, era stata costruita
un’appendice dalla molteplici e strette finestre blindate.
Che
fossero quelle, le stanze adibite a Santuario?
Il
loro accompagnatore – Douglas O’Keefe –
ridacchiò in risposta alla domanda
sibillina di Iris e disse: «Qualcosa di meglio. Ma lo
scoprirete presto.»
In
quel mentre, un ragazzino di circa otto-nove anni uscì
curioso dalla vicina
stalla e, bloccandosi a metà del cortile, piegò
il capo di lato per scrutarli
con i profondi occhi grigi e infine domandò: «Ehi,
Doug… ciao. Cosa succede?»
«Principino»
ammiccò l’uomo con uno scherzoso inchino, facendo
scoppiare a ridere il bambino
per diretta conseguenza. «Aidan, ciao. Potresti andare a
chiamare i tuoi
genitori? Loro sono gli ospiti che attendevano.»
Il
bambino assentì con vigore, facendo svolazzare la chioma di
nere ciocche
ondulate, al che si allontanò dopo un saluto ai nuovi venuti
e Iris, recuperate
la propria orsetta e le valige dall’auto, domandò:
«Come mai lo hai chiamato ‘principino’?»
«Fa
parte delle cose che scoprirete stando qui per un po’.
Comunque, non è per dire
che è viziato» dichiarò Douglas prima
di levare una mano a mo’ di saluto quando
vide aprirsi la porta laterale della casa patronale.
Ne
uscì una donna alta e dal fisico prestante, come di una
guerriera di lungo
corso, dai lunghissimi capelli neri e occhi di un singolare viola
ametista. La
sua bellezza era così fuori scala, così
innaturale che persino Iris ne rimase
colpita e Dev, sbattendo le palpebre un paio di volte,
mormorò alla moglie:
«Sono rimbecillito di colpo, o ci vedo bene?»
«No,
no, ci vedi benissimo» esalò lei prima di veder
comparire alle spalle della
giunonica bellezza un uomo altrettanto affascinante, pur se in modo
meno
evidente, in qualche modo più umano.
La
donna sorrise alla coppia di nuovi arrivati prima di rivolgersi a
Douglas e
dire: «Avete fatto presto. Vi aspettavamo tra un paio
d’ore.»
«Christofer
ha guidato come un pazzo» replicò Douglas,
riferendosi alla sentinella
dublinese che li aveva scortati fino al confine con la Contea di Cork.
«Ha
preso un po’ troppo alla lettera l’ordine del suo
Fenrir di fare presto.»
Scuotendo
il capo con aria esasperata, la donna si rivolse quindi ai propri
ospiti e,
allungata una mano, dichiarò: «E’ un
piacere darvi il benvenuto presso il
nostro Santuario. Io sono Litha mac Elathain e questo è mio
marito, Rey
Doherty, il Guardiano del Santuario.»
Iris
e Dev strinsero le mani protese dei padroni di casa, presentandosi a
loro volta
quando, in quel mentre, Aidan tornò in compagnia di due
bambine più piccole, di
cui una di non più di un anno.
Litha
si volse a mezzo, nell’udirli arrivare con passi pesanti e,
sorridendo loro,
aggiunse: «Questi, invece, sono i nostri terremoti. Aidan, il
primogenito,
Selene, la secondogenita e Bridget, l’ultima
arrivata.»
I
bambini – Bridget compresa –
scandirono un ‘benvenuti nella
nostra
casa!’ davvero coreografico e Iris, nel fissare
basita la più piccola della
nidiata, esalò: «Sa già parlare
così bene?»
Douglas
scosse le spalle con un sorrisino, ammiccò ai due padroni di
casa e celiò:
«Segreti. Ma ve lo spiegheranno meglio loro. Io ora torno ai
miei compiti ma,
se avete bisogno di me, basta chiamare.»
Ciò
detto, lasciò l’auto nel cortile e se ne
andò di corsa, sparendo alla loro
vista come se non si fosse mai trovato in quel luogo.
Ancora
piuttosto costernati, Iris e Dev tornarono a volgere i loro sguardi
verso i
padroni di casa e Litha, a quel punto, li invitò a entrare,
ben sapendo che
sarebbe servito molto tempo – e diversi caffè
– per far digerire loro tutta la
verità.
Anche
a licantropi già abituati alle stranezze del mondo mannaro,
la loro storia
risultava sempre assai ostica da mandare giù.
***
Divinità.
Devereux
e Iris si trovavano al cospetto di due
divinità fresche di conio e dei loro figli.
Iris
dovette pizzicottarsi diverse volte il polso per essere certa di aver
udito
bene le parole di Litha e del suo compagno, Rey, e anche Dev parve sul
punto di
dare di matto, di fronte a quella mole gigantesca
di informazioni incredibili.
Brianna
non aveva esagerato nel dire che la storia dei fomoriani le sarebbe
sembrata la
più strana di tutte e, messa di fronte alla
realtà dei fatti, Iris non poté che
darle ragione. Le avventure vissute da Litha nel corso dei suoi
quattromila
anni di vita, erano state di sicuro le più folli che avesse
mai udito in vita
sua.
Il
solo fatto che lei potesse avere
quattromila anni era una notizia, di per sé, sufficiente a
farla uscire di
senno. Figurarsi il resto!
Picchiettandosi
un lato del collo, dove era visibile un segno color pesca dalla forma
stellare,
Litha terminò di dire: «Quando lo
vorrò, farò riattivare la mia rihall
e potrò tornare a solcare i mari anche
come fomoriana ma, per il momento,
mi trovo benissimo sulla terraferma, e solo come Tuatha. Inoltre, non
credo che
i reali di Mag Mell mi vogliano in giro per i loro territori. Non ci
siamo
lasciati esattamente… bene.»
Devereux
crollò contro lo schienale del divano su cui era assiso
ormai da ore e,
passandosi le mani sul viso con espressione costernata,
esalò: «E dire che
pensavo di averle sentite ormai tutte, dopo aver incontrato
Fenrir!»
Neppure
io
sapevo della loro esistenza, mormorò ammirato e
sorpreso Gunnar.
“Ormai
sono
talmente satura di stranezze che credo impazzirò” borbottò Iris,
sospirando tremula. “Brianna deve
imparare a usare gli aggettivi. Strana storia
è un eufemismo!”
Gunnar
se ne uscì con una risatina e Iris, scuotendo il capo per la
stanchezza,
sospirò e si passò le mani sul viso per capire se
fosse o meno sveglia.
Lo
era, ovviamente, ma era così difficile crederlo!
«Immagino
sia una discreta batosta, da digerire in un colpo
solo…» convenne Rey,
sorridendo per un attimo alla compagna, che annuì in
risposta. «…perciò credo
che, per ora, sia il caso di chiuderla qui. Che ne pensate? Potremo
riparlarne
con maggiore dovizia di particolari già da domani, quando ci
raggiungerà mio
cognato Rohnyn, assieme a quella fulminata di sua moglie.»
Litha
rise sommessamente a quel commento, e assentì.
«Sì, è meglio attendere Rohnyn.
Lui era il vero studioso di casa, non certo io e, per quel che riguarda
i
misteri, Rohn è l’autentico mago della
ricerca.»
Sia
Iris che Dev assentirono con vigore, ancora frastornati
all’idea che, non solo
Litha fosse una dea, ma che avesse anche un fratello divenuto umano e
altri due
che vivevano sul fondo del mare.
Colta
l’occasione al volo, Aidan scese da un secondo divano
– dove era rimasto in
assoluto silenzio assieme alle sorelline – e
domandò: «Posso accompagnarli
nelle loro stanze, mamma?»
«Sì,
fai pure. Credo che i nostri ospiti vogliano riposarsi, giunti a questo
punto»
acconsentì Litha. «Dopotutto, questa giornata
è stata piuttosto impegnativa,
per loro.»
Aidan,
allora, prese per mano Devereux, mentre Selene si occupò di
Iris, lasciando che
la piccola Bridget rimanesse assieme ai genitori. Per lei, le scale
erano
ancora piuttosto proibitive, nonostante fosse diventata piuttosto brava
a
camminare.
Nello
scortarli al piano superiore dopo aver imboccato un’ampia
scala - dotata di un
articolato corrimano in ottone e ampi scalini in cotto fiorentino -,
Aidan
domandò loro con assoluta curiosità:
«E’ bello trasformarsi in un lupo? Noi non
possiamo farlo. Mamma dice che, se un domani ci sarà
concesso di diventare anche
fomoriani, la mutazione in delfino
non sarà comunque mai come quella in lupo.»
Dev
sorrise appena, lieto che quel bambino dall’aria intelligente
stesse parlando
di un argomento più nelle sue corde. Mentre venivano
scortati lungo un
corridoio illuminato da applique in
vetro molato, gli spiegò quindi come ci si sentisse nei
panni di un lupo, e
come fossero arrivati a conoscere i segreti della loro razza.
Selene,
nel frattempo, aprì la porta della loro stanza e, sorridendo
a Iris quando
gliela mostrò, domandò con una vocetta dolce e
carina: «Ho scelto io i colori.
Vanno bene?»
Iris
ammirò la stanza dalle pareti in stucco veneziano nei toni
del verde pallido,
dove un ampio letto matrimoniale faceva bella mostra di sé
nel mezzo. La
struttura in metallo era brunita, arricchita con tralci di vite davvero
ben
fatti e recava leggere tende di batista di un tenue color lime. Anche
il
copriletto e le lenzuola, come poté notare Iris,
richiamavano i toni del verde.
Un
profondo mobile a due ante, uno specchio a muro e una piccola scrivania
con
sedia completavano l’arredamento e la donna, annuendo a
Selene, disse: «E’
tutto perfetto, grazie.»
«Sono
i miei colori preferiti» aggiunse allora Selene, lieta di
aver incontrato il loro
favore. Sorridente e speranzosa, poi, scrutò Iris come a
voler dire altro, ma
Aidan si affrettò a prenderla per mano e, scuotendo il capo
per bloccarla, dichiarò:
«Vi lasciamo riposare, o Selene potrebbe soffocarvi di
chiacchiere. Siete i
primi ospiti che abbiamo e che non appartengono alla famiglia,
perciò è molto
curiosa di conoscervi.»
Dopo
un momento, il bambino arrossì appena e aggiunse:
«Beh, anch’io, per la
verità.»
«Parleremo
quanto vorrete, domani» promise loro Iris prima di vederli
sparire dietro la
porta dopo un ultimo saluto.
A
quel punto, quasi si fossero messi d’accordo, i coniugi
collassarono lunghi
distesi sul letto e, sgomenti, esalarono: «Oh mio
Dio!»
Guardandosi
poi vicendevolmente, risero con tono vagamente nervoso e Dev,
passandosi una
mano tra i capelli, gracchiò: «Brianna me la
pagherà cara per non averci detto fino
a che punto saremmo caduti nella
tana del Bianconiglio.»
«Sai
che le piace fare la spiritosa, no?» chiosò Iris,
passandosi più e più volte le
mani sul viso esterrefatto. «Cioè… ma
ti rendi conto? Quattromila anni!»
«Ed
è una dea» sottolineò Dev.
«Ti scoccia se cambio credo e divento un suo
discepolo fedele?»
Iris
scoppiò a ridere di fronte a quell’uscita e, nel
dargli un colpetto sullo
stomaco, replicò: «Sei un uomo davvero
prevedibile.»
«Chi
altri potrebbe vantare una divinità simile,
scusa?» si difese lui, ammiccando
al suo indirizzo.
«Su
questo non posso dire nulla. E’ davvero bellissima, oltre che
molto simpatica»
ammise Iris, tornando seria. «Pensa a quanto può
aver imparato, del mondo umano
e non, in quattromila anni di studi.»
«Davvero
molto più di noi. Non mi stupisce che Brianna ci abbia
indirizzati qui»
dichiarò Dev, annuendo al suo dire. «Comunque, le
chiederò se posso diventare
un suo postulante.»
Iris
scoppiò nuovamente a ridere e Dev, nel mettersi sopra di
lei, le baciò le
labbra e aggiunse: «Tu, comunque, rimarrai sempre la regina
del mio cuore,
anche se avrò una nuova dea a cui rivolgere le mie preghiere
e i miei
scongiuri.»
«Sei
un vero idiota, Dev, ma ti amo lo stesso.»
«Quando
ci presenteranno suo fratello, spero per te che non sia bello come lei,
sennò
ti rinfaccerò finché scampi questa tua
opinione» le fece notare lui, portandola
a un nuovo scoppio di risate.
«Vedremo…»
***
Rohnyn
mac Lir si dimostrò essere aitante e statuario ma, a
differenza della sorella
adottiva, non possedeva una bellezza stordente quanto innaturale.
Iris,
perciò, non dovette subire più di quel tanto le
battute di spirito di Dev in
merito al fascino del nuovo venuto. Durarono soltanto una ventina di
minuti
circa.
Nel
frattempo, Rohnyn strinse le mani agli ospiti della sorella prima di
presentare
loro la sua famiglia, composta dalla moglie Sheridan, il primogenito
Kevin, e
le gemelle di sei anni, Victoria e Shemain.
L’arrivo
della famiglia mac Lir, od O’Sea, come era conosciuta nel
mondo degli umani,
aveva galvanizzato i figli di Litha e Rey che, nel vedere i cugini, si
erano
subito lanciati verso l’esterno del cascinale per poter
andare a giocare con
loro.
Capitanati
da Kevin, che era il più grande del gruppo, i bambini si
erano quindi diretti
verso il fienile e, agli adulti, non era rimasto altro che raggiungere
il
salone per parlare dei motivi della visita di Iris e Dev.
Dopo
aver saputo degli incidenti accaduti alla famiglia Sullivan e a Diana
Scott,
Rohnyn e Litha si scrutarono vicendevolmente per alcuni, lunghi
secondi, quasi
a vagliare le rispettive informazioni.
Nel
picchiettarsi un indice sul mento, l’espressione pensosa e
seria, Rohnyn quindi
mormorò: «In effetti, i casi di licantropia si
trovano in molti miti umani e,
anche se non sempre leggenda e realtà combaciano, conosco
almeno tre o quattro
casi in cui le due cose hanno collimato.»
«Quali
sarebbero, scusa?» domandò Litha, dubbiosa.
«Io non ne ho memoria e, tolti i
nostri amici, non so a chi potresti riferirti.»
Rohnyn
le sorrise divertito, replicando: «La Corte non ti era invisa
come a me, perciò
io trovavo più produttivo e interessante viaggiare, quando
non eravamo in
guerra contro i tuoi parenti.»
«Oh,
già» borbottò Litha rammentando i
frequenti spostamenti del fratello in giro
per i vari continenti. «Quindi, di chi stai
parlando?»
«Romolo
e Remo, per citare un esempio» buttò lì
Rohnyn, facendo sgranare gli occhi ai
presenti. La loro sorpresa era totale.
«Mi
prendi in giro?» esalò Rey, confuso al pari dei
loro ospiti.
«Affatto.
Ebbi modo di conoscerli in giovane età. Avevano
indubbiamente sangue animale in
corpo, di questo ho un ricordo certo.»
«Quindi,
tutta la faccenda della lupa che li allatta…»
gracchiò Iris, ripescando tra le
sue reminiscenze sulla storia europea ciò che ricordava di
quel mito.
Rammentava
che creatori di Roma erano stati allevati da una lupa, ma aveva sempre
immaginato fossero solo credenze popolari e poco più.
Ma
anche i licantropi, fino a qualche anno addietro, erano stati solo
credenze
popolari, per lei, perciò… di cosa si stupiva?
«Appartenevano
alla stirpe di Fenrir?» domandò a quel punto Dev,
colto da forte curiosità.
«All’epoca,
registrai soltanto quella stranezza nei miei appunti e passai oltre ma,
quando
conobbi altri lupi come voi e parlai con Fenrir stesso, non ebbi
difficoltà a
riconoscere in voi e in loro delle differenze» scosse il capo
Rohnyn. «Lì per
lì non indagai molto, perché l’ambiente
romano era troppo violento e dissoluto,
perché mi spingesse a rimanere nei paraggi.
All’epoca, avevo bisogno di quiete
e calma, e non avevo bisogno di stare appresso a genti che mi
rammentavano
coloro che mi ero lasciato alle spalle.»
Con
un sorriso amaro, Rohnyn scacciò le memorie dei soprusi del
padre, vero motivo
per cui si era spesso allontanato da Mag Mell, dopodiché
aggiunse: «E’ possibile
che la discendenza dei figli di Rea Silvia si sia mescolata ai figli di
Fenrir,
a un certo punto, visto che so dell’esistenza di diversi
branchi su suolo
italico. Questo deve aver creato un ibrido con caratteristiche mannare,
ma un
odore diverso da quello che vi appartiene.»
Iris
e Dev si guardarono vicendevolmente, pieni di meraviglia e Rohnyn, nel
proseguire il suo racconto, disse: «Un altro avvistamento
certo fu quello della
Bestia di Gévaudan, nella Francia del XVII secolo1.
Occorsero più di
cinquanta dragoni della corona francese, per dargli la caccia ma, alla
fine, ad
abbattere il mostro fu un umile oste, tale Jean Chastel, che
però non venne mai
riconosciuto dal re come autentico uccisore del lupo.»
«E
tu sai che è stato lui
perché…» tentennò la
sorella, quasi presagendo la
risposta.
Scrollando
le spalle, Rohnyn si limitò a dire: «Mi trovavo a
Marsiglia, quando udii di
questa bestia mitica e ricercata nelle terre del Gévaudan,
così mi addentrai
nella terraferma per comprendere cosa stesse accadendo, e giunsi in
zona
proprio quando l’oste tornò dal bosco con
quest’enorme esemplare di lupo.»
«E
sei certo che non fosse un lupo naturale»
sottolineò Rey.
«Nessun
lupo naturale avrebbe potuto diventare così grande, o forte.
Aveva la stazza di
un vitello, e non ti dico quante frecce servirono per
abbatterlo» sottolineò
Rohnyn, scuotendo il capo. «Anche in quel caso, comunque, non
si trattava di un
licantropo, ma di un’altra specie di animale. Forse,
l’ultimo della sua razza,
poiché non se ne sentì più parlare, in
seguito, né io captai più quell’aroma
caratteristico e peculiare.»
«Da
quel che mi pare di capire, anche i fomoriani hanno sensi sviluppati,
altrimenti non ti saresti mai accorto di questo particolare»
chiosò Dev,
vedendolo annuire in risposta.
«Non
sono sviluppati come i vostri, ma ce la caviamo» ammise
Rohnyn.
«Hai
parlato di tre o quattro casi. Noi siamo il terzo. Ma il quarto?
E’ dubbio,
forse?» domandò a quel punto Devereux,
accigliandosi.
Rohnyn
assentì, replicando: «Accadde durante il viaggio
in cui conobbi la mia prima
moglie. Ero negli Stati Uniti e, di lì a poco, mi sarei
recato in Florida per
imbarcarmi su una nave da crociera. Per mera curiosità,
visitai lo Smithsonian
National Museum e, nell’ala dedicata alla storia naturale,
venni attirato dallo
scheletro di un lupo assai particolare.»
Iris
e Dev si fecero attenti, a quell’accenno, poiché
anche Derek Sullivan, il
fratello di Donovan, aveva lavorato presso quell’istituto, e proprio su uno scheletro di lupo.
«La
didascalia dichiarava che quello scheletro era stato rinvenuto in una
delle
lingue del ghiacciaio del Denali. Il riscaldamento globale lo aveva
riportato
alla luce» spiegò loro Rohnyn, cercando di
rammentare con esattezza ogni
particolare.
«Per
essere stato esposto, doveva essere in tutto e per tutto identico allo
scheletro di un normale lupo, perché dubito avrebbero messo
in piazza uno
scheletro anomalo, senza un’adeguata pubblicità
– e studi – a copertura.
Perciò, cos’aveva di così interessante
da colpirti?» domandò dubbiosa Iris.
«Le
ossa erano incise con la magia. Capii immediatamente di essere
l’unico
a poter scorgere ciò che esse nascondevano,
perché i ricercatori stessi lo
avevano catalogato come un canis lupus
di qualche migliaio di anni addietro ma, evidenti ai miei occhi,
v’erano dei
disegni arcaici che ne ricoprivano ogni parte visibile»
ammise Rohnyn.
«Come
i miei glifi?» esalò sorpresa la sorella.
Annuendo,
Rohnyn ammise: «Sì, pur se nel tuo caso io non
sono in grado di vederli. Quelli
che vidi io, però, non erano glifi. Assomigliavano piuttosto
ai disegni di una
qualche società antica, come le scritture rupestri
mesoamericane o europee.»
Tutti
si guardarono in viso, ammutoliti da quest’ultima scoperta e
Sheridan,
nell’osservare il marito, domandò: «Non
ricordi a grandi linee questi disegni,
vero?»
«Certo
che li ricordo» replicò lui come se nulla fosse, e
scatenando nella moglie una
risposta immediata quanto irritata.
«Oh,
scusa tanto se dimentico che hai una memoria eidetica!»
celiò sarcastica
Sherry.
Rohnyn
sospirò esasperato, prese foglio e matita per poggiarli
dinanzi a sé e, dopo
aver chiuso gli occhi, borbottò: «A volte mi
chiedo come abbia fatto a
innamorarmi di te, Sherry… giuro.»
«Perché
so baciare bene e sono una dea a letto» ironizzò
per contro la donna,
prendendolo sottobraccio mentre la matita iniziava a scrivere per conto
suo,
come se fosse dotata di vita propria.
Iris
e Dev, non debitamente avvisati, imprecarono tra i denti per la
sorpresa e
Litha, con aria di scuse, mormorò:
«Già, scusate… mio fratello, per quanto
abbia rifiutato di mantenere lo status di fomoriano, può
ancora usare il suo
dono che, per inciso, è trasporre su carta – o
papiro, o comunque su qualsiasi
superfice ove sia possibile scrivere – ciò che la
sua mente sta pensando o, nel
caso specifico, ricordando.»
I
due assentirono meccanicamente, assorbiti dalla contemplazione del
movimento
sinuoso e ipnotico della matita che, tratto dopo tratto,
delineò dei simboli di
chiara fattura arcaica.
Quando
infine la matita terminò di tracciare, tornò a
posarsi diligentemente sulla
carta e Rohnyn, nel riaprire gli occhi, consegnò il foglio
ai loro ospiti
americani e disse: «Questo è ciò che
vidi. Spero che possa essere di una
qualche utilità.»
Dev
lo prese in mano con reverenziale timore e, nell’osservare
quei tratteggi
chiari e sicuri, mormorò: «Siamo di sicuro un
passo più avanti a scoprire
qualcosa, grazie.»
Sheridan,
a quel punto, sospirò e domandò ironica:
«E ora che ti sei messo in mostra,
vogliamo pensare anche alla loro salute mentale?»
I
presenti risero per diretta conseguenza e Rohnyn, nel fissare con aria
di sufficienza
la moglie, replicò: «Non avevo dubbi che ti
saresti lagnata in merito a
qualcosa, cara.»
«Ma
per forza, razza di una foca2 che non sei altro!
E’ giusto che tu ti
sia scervellato per ricordare quei simboli, ma nessuno sta pensando che
i
nostri ospiti, prima di tutto, sono
in luna di miele!»
Litha
assentì piena di contrizione e annuì quindi all’indirizzo dei
loro ospiti, ammettendo:
«Sì, hai ragione. Abbiamo pensato unicamente al
lato ‘tecnico’
di questo viaggio senza badare al fatto che, in quanto
neo-sposi, potevate anche nutrire altri interessi. A volte, tendiamo a
essere
troppo pragmatici e poco romantici.»
Rohnyn
e Rey levarono le mani in segno di resa, dichiarandosi colpevoli dello
stesso
misfatto e Sheridan, ritenendosi soddisfatta del risultato, si
sollevò in piedi
e dichiarò: «Che ne dite, a questo punto, di
mostrare loro anche delle cose
carine, tipo il Castello di Blarney, e non soltanto dei barbosi
scarabocchi?»
Litha
scoppiò a ridere nell’annuire e, dando una pacca
sul braccio alla cognata,
assentì e ammise: «Hai ragione, Sherry. Possiamo
tornare a ragionare di lupi e
mostri anche più tardi. E’ giusto che vi
divertiate un po’, durante questa
vacanza.»
«Al
castello di Blarney esiste una pietra che, se baciata, concede il dono
dell’eloquenza» spiegò loro Sheridan.
Scoppiando
a ridere, Dev si lasciò andare contro lo schienale del
divano ed esalò: «Beh,
mia figlia allora deve averla baciata in una sua vita precedente, visto
quanto
parla!»
Iris
rise con lui, lasciando che in quella risata si scaricassero le sue
ansie e
Sheridan, nell’accompagnarli all’esterno assieme al
resto dei presenti, volle
sapere tutto su Chesley e sul suo fantomatico dono della favella.
***
«…e
così abbiamo raccontato di te e del fatto che, molto
probabilmente, in una tua
vita passata, potresti aver vissuto in quel castello»
terminò di raccontare
Dev, sorridendo quando udì la figlia scoppiare a ridere
all’altro capo del
telefono.
Fuori,
la notte era tornata ad abbracciare le colline di Cork, e un vento
umido aveva
portato con sé diversi scrosci di pioggia, alternati a
schiarite e raffiche
incostanti e gelide.
La
luna in cielo era poco più di un esile spicchio, e le poche
stelle visibili tra
macchie di nubi dalle forme allungate e sinuose, apparivano limpide e
tremolanti come fantasmi notturni.
Tutto
sembrava tranquillo e in pace, all’esterno, e il respiro
degli abitanti della
casa era sereno e privo di preoccupazioni. Iris e Dev, in ogni caso,
non
riuscivano a prendere sonno. Non dopo quelle ulteriori
novità.
«Sembrano
simpatici» dichiarò Chelsey, sorridendo al padre
attraverso lo schermo del
telefonino.
«Lo
sono. Verremo qui ancora, in tempi non sospetti, così potrai
conoscere tutti»
le promise Dev prima di domandarle: «Come vanno le cose,
lì?»
«Tutto
normale. Ma sono sicura che Curtis sarà felicissimo di avere
i disegni che ha
fatto il principe fomoriano.»
«Si
sono avute notizie di incidenti strani?» domandò a
quel punto Iris.
«Hanno
parlato di quell’escursionista che si è perso in
Alaska, ma non hanno ancora
trovato nulla, a parte il pezzo di una racchetta da trekking»
le spiegò
Chelsey, scrollando le spalle.
Iris
sospirò, scuotendo il capo e Chelsey, sorridendo
comprensiva, aggiunse: «Iris,
goditi la vacanza. Qui, ci pensiamo noi.»
«Essere
un laendvettir non ti fa mai
abbassare la guardia. Se chiedi a Rock, sono convinta che ti
dirà la stessa
cosa, visto che lui è un Freki.»
Sbuffando,
Chelsey, guardò per un istante in direzione di Liza, che
sedeva dietro di lei,
sul letto della sua camera, e borbottò: «Non me lo
ricordare. Liza è sempre più
nervosa.»
La
ragazza le diede un pizzicotto sull’orecchio per tutta
risposta e, laconica,
disse: «Se avessi un corvo veggente che ti sveglia alle due
di notte per dirti
che ha visto una pozza di sangue attorno ai tuoi piedi, tu saresti
tranquillo?»
«No»
mormorarono in coro Dev e Iris, preoccupati.
«Comunque,
Chelsey ha ragione. Voi pensate a divertirvi. Noi faremo le dovute
indagini, e
io girerò sempre scortata» si
raccomandò Liza, salutandoli prima di balzare via
dal letto per tornare in camera sua.
Chelsey
attese di vederla uscire per poi dire dubbiosa:
«Vedrò di chiedere a zio
Richard di portarci da qualche parte, nel week-end, così che
stacchi un po’,
perché la vedo davvero tesa.»
«Sì,
è meglio. Ma portate con voi almeno un licantropo»
annuì Dev.
«Lucas
non ci permetterebbe mai di uscire da Clearwater senza protezione,
tranquillo»
gli ricordò Chelsey con aria serafica.
«Beh,
ricordartelo mi fa sentire meglio» sottolineò lui
prima di terminare dicendo:
«Ora, finisci di studiare. Ci sentiamo domani.»
La
figlia assentì, mandando un bacio a entrambi per poi
chiudere la telefonata.
Iris, a quel punto, lanciò uno sguardo preoccupato a Dev e
domandò: «E’ vero
che Huginn non vede chiaramente nel futuro… ma cosa
può voler dire quella pozza
ai piedi di Liza?»
«Mille
e più cose, Iris. Ma sono tutte questioni che non puoi
gestire da qui e, come
ci hanno ricordato tutti, siamo in luna di miele e meritiamo un
po’ di
divertimento e di riposo» le ricordò lui,
trascinandola sulle morbide coltri e
profumate di lavanda.
Lei
assentì muta e, cercando di chiudere fuori dalla sua mente
tutte le
preoccupazioni fin lì accumulate, lasciò che le
mani – e l’aura – di Dev
facessero il loro consueto miracolo.
***
Caviglie
e mani intrecciate mentre il corpo stanco riposava sul comodo letto,
Liza tornò
col pensiero alla telefonata appena intercorsa con la cugina e Dev.
Le
aveva fatto piacere vederli, così come scoprire che forse,
quel viaggio di
nozze – oltre a mostrare loro le bellezze
dell’Irlanda – era anche servito a
scoprire qualcosa in più sulla creatura che, potenzialmente,
era stato la causa
di morte della famiglia Sullivan.
Non
era cosa certa, ovviamente, ma il fatto piuttosto singolare che il
principe
fomoriano avesse notato, su quello scheletro fossile, delle scritte
incise con
un potere di qualche tipo, poteva essere la pista giusta da seguire.
Non poteva
essere un caso che quello strano scheletro si trovasse, guarda caso,
nel
medesimo luogo in cui aveva lavorato per anni lo zio di Mark.
Scoprire
se il lupo studiato dal dottor Sullivan era lo stesso che Rohnyn mac
Lir aveva
visto a suo tempo allo Smithsonian, non sarebbe stato difficile, per
Curtis. Il
suo ruolo attivo nella polizia era importante per tutti loro, e in
questo caso
stava rivelandosi davvero necessario e indispensabile.
Se
vi fosse stata una qualche attinenza, era possibile che il lupo dai
glifi e
quello che aveva attaccato i Sullivan e Diana avessero una matrice
comune.
“Mamma,
non
dovresti dormire? Domani devi andare a scuola.”
“Lo
so, Muninn,
ma davvero non riesco a togliermi dalla testa quei glifi. Ho come
l’impressione
di averli già visti da qualche parte, ma non riesco a
rammentare dove.”
La
frustrazione rischiava di divorarla ma sapeva bene che, più
si fosse sforzata
di raggiungere quell’angolo di memoria ove si trovavano quei
simboli, più
questi sarebbero stati irraggiungibili. Doveva calmarsi, o non avrebbe
ottenuto
niente.
Rigirandosi
nel letto, sciolse quindi le mani da dietro la nuca per coprirsi il
volto e,
sospirando contro i palmi, si lasciò invadere dal suo alito
caldo al profumo di
menta.
Sorridendo
divertita, ripensò al dentifricio che sua madre aveva
portato da casa – lei
amava alla follia quelli mentolati – e che Liza aveva
sfruttato bellamente,
essendosi dimenticata il proprio. Erano quelle piccole cose che
all’improvviso,
da un momento all’altro, le facevano sentire la mancanza dei
genitori, anche
quando erano presenti lì a Clearwater.
Si
trovava bene, in Canada, e aveva fatto amicizia con un sacco di
persone.
Inoltre, si sentiva giusta nei
panni
di Geri, però non poteva negare di sentire la mancanza di
mamma e papà. Voleva
loro troppo bene per non avvertire un vuoto al suo fianco, ogni tanto.
Pur
se sapeva che sarebbe bastato prendere un aereo per raggiungerli, in
momenti
come quello, quando si sentiva insicura, la loro presenza le appariva
quasi
vitale.
Certo,
Iris e Dev erano protettivi con lei, ma non era la stessa cosa.
“Mi
spiace che
tu stia così male, mamma.”
“Non
preoccuparti, Muninn. Fa parte del percorso per diventare adulti, mi
dicono” ironizzò Liza,
stiracchiandosi per poi volgere lo sguardo verso i due corvi,
appollaiati sui
rispettivi trespoli.
“Io
e Huginn
saremo sempre con te.”
“Credimi,
mi
conforta più di quanto io possa esprimerti col pensiero e le
parole.”
Muninn
parve soddisfatto della risposta, perché Liza
avvertì chiaramente la
soddisfazione nella mente del corvo.
Sorridendo
nell’oscurità della sua camera, chiuse infine gli
occhi e, lasciando perdere
pensieri, dubbi e paure, lasciò che il sonno infine la
prendesse per mano.
Nulla, però, l’aveva mai preparata per
ciò che Morfeo aveva in serbo per lei.
Alcune
ore dopo, urlante e ricoperta di sudore, si risvegliò dopo
un incubo terribile
e quando i genitori, Helen e Chelsey la raggiunsero in preda al panico,
non
riuscì a trattenersi dal piangere.
Rachel
impiegò una buona mezz’ora per calmarla e, mentre
Richard riaccompagnava
Chelsey in camera sua, Helen si sistemò nel letto della
sorella, pronta a
passare con lei il resto della notte. Non fu una proposta, ma un dato
di fatto,
e Liza gliene fu grata.
Per
queste cose, Helen era come un panzer e, in quel frangente, le serviva
proprio
una cosa del genere per superare la notte. Fu perciò con un
bacio, la promessa
di proteggerla e un sospiro, che Helen si strinse a lei e Rachel, dopo
un
ultimo sguardo alle figlie, tornò in camera sua.
Stavolta,
Morfeo fu più gentile e Liza, per sua fortuna, non
sognò più nulla. Ma i
ricordi si sedimentarono nella sua mente, ben decisi a non abbandonarla.
Presto
o tardi, Liza avrebbe dovuto affrontarli.
1:
Fatto realmente accaduto. Si diceva che la bestia fosse un lupo mannaro
e, a
giudicare dalle impronte che trovarono nei boschi, se ne comprende
anche il
motivo, visto che erano enormi ma, ovviamente, mancando uno scheletro
– o un
animale impagliato – per potersi raffrontare con la
verità, ci si può basare
solo sui racconti storici.
2:
Ricordo che “Ronan” (nome umano di Rohnyn)
significa ‘foca’.