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Autore: MadPhantom21    20/10/2020    1 recensioni
Arthur sorrise non appena vide il messaggio, e mise giù la tazzina del té del pomeriggio per rispondere immediatamente. Ogni volta che riceveva un messaggio da Alfred, Arthur non riusciva ad aspettare per rispondere, anche se stava facendo qualcosa di importante. Alfred era la sua priorità. Era sempre allegro e positivo, riusciva sempre a non scoraggiarsi e tirare Arthur su di morale con una semplice battuta on un selfie sorridente, perchè quel sorriso era dannatamente contagioso, e Arthur non aveva potuto fare a meno di sviluppare una tremenda cotta per lui, ma c'era un problema: Arthur era sordo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Hey bro! Sono sveglio finalmente :)'

Arthur sorrise non appena vide il messaggio, e mise giù la tazzina del té del pomeriggio per rispondere immediatamente. 

Ogni volta che riceveva un messaggio da Alfred, Arthur non riusciva ad aspettare per rispondere, anche se stava facendo qualcosa di importante. Alfred era la sua priorità.
Si erano conosciuti un anno prima nella sezione commenti di un post instagram, e nonostante il loro primo incontro non fosse dei più piacevoli, in breve tempo la loro amicizia era cresciuta.
Arthur quel giorno si trovava per caso su un post, e avendo visto un commento difendere quella lingua parlata oltreoceano e poco definibile inglese, non si era potuto trattenere dal rispondere. Il commento in questione era stato scritto da un ragazzo Newyorkese di 17 anni, Alfred Jones si chiamava, e Arthur non poteva negare di aver sbirciato il suo profilo, pieno di foto patriottiche e di panini, ma anche di Alfred stesso, e la vista non era niente male.

Da quella sezione commenti erano passati ai messaggi privati, pizzicandosi sulle 'u' o vari accenti, e in breve tempo erano diventati amici. Strano a dirsi, dato che nella vita reale Arthur non era per niente bravo a farsi degli amici. Non poteva definirsi timido, però c'era qualcosa che spesso gli impediva di relazionarsi allo stesso modo degli altri ragazzi: era sordo.
Arthur era nato così, non aveva mai sentito nulla, e per questo frequentava scuole speciali e i suoi unici amici erano ragazzi sordi come lui.
Alfred era all'oscuro di ciò. All'inizio era stato facile, bastava ometterlo, dopotutto la loro amicizia si basava su messaggi, ma dopo qualche mese Alfred aveva cominciato a mandare messaggi audio, che Arthur si vedeva costretto a far ascoltare a suo fratello Dylan per far sì che egli riferisse il contenuto quando non se la sentiva di ripetere un 'non posso sentire' e ciò era imbarazzante, ma ciò che preoccupava Arthur maggiormente era la continua insistenza di Alfred  di fare una chiamata.
'E dai Art, siamo amici, perchè non vuoi parlare con me? Io triste :(' Rispondeva l'amico, e ad Arthur dispiaceva perchè era chiarissimo che Alfred ci teneva, e poi anche lui avrebbe tantissimo voluto parlare con l'amico americano. Soprattutto perchè Arthur aveva una cotta per lui. Ma il desiderio di apparire come un qualsiasi ragazzo normale gli impediva di dirgli la verità.

C'era qualcosa in quei capelli dorati come il sole d'estate, e quegli occhi blu come il cielo che Arthur non aveva mai incontrato in nessun altro ragazzo. Alfred era speciale. Era sempre allegro e positivo, riusciva sempre a non scoraggiarsi e tirare Arthur su di morale con una semplice battuta on un selfie sorridente, perchè quel sorriso era dannatamente contagioso, e Arthur non aveva potuto fare a meno di sviluppare una tremenda cotta per lui.

'Devo dirti una cosa!' Alfred inviò un secondo messaggio nemmeno due minuti dopo. Arthur era curioso di sapere cosa l'americano avesse da dirgli, ma non appena vide comparire sullo schermo una scritta che diceva 'sta registrando...' Arthur sospirò e si affrettò a scrivere che non poteva ascoltare, ma purtroppo non fu abbastanza svelto e il messaggio di Alfred fu subito ricevuto. Arthur roteò gli occhi mentre pigramente si alzava e andava nella stanza di Dylan per fargli ascoltare il messaggio. Tutto ciò era un'enorme invasione della propria privacy, ma dopotutto era una sua scelta non dire ad Alfred della sua sordità, e avrebbe dovuto accettare le conseguenze.

"Per favore, non mi interessano le smancerie del tuo fidanzato" Si lamentò Dylan in lingua dei segni, mimando un conato di vomito, ma poi ascoltò il messaggio e non riuscì a trattenere una risata.

"Non è il mio fidanzato!" Arthur mise il broncio, ma non riuscì a nascondere il rossore sulle proprie guance. "Cosa c'è di tanto divertente?"

Dylan aspettò qualche secondo prima di rispondere, come se ci tenesse particolarmente a tenere sulle spine il proprio fratello. "Alfred verrà qui a Londra tra due settimane"

Arthur non reagì inizialmente, pensando di aver capito male, ma poi l'idea si sviluppò nella propria mente, e onestamente Dylan non seppe leggere correttamente l'espressione di Arthur: non avrebbe potuto dire se fosse più felice o preoccupata, anzi, puro panico dato che il ragazzo si era portato le mani ai capelli.

Alfred a Londra?? Era una notizia meravigliosa, finalmente avrebbe potuto incontrare il suo migliore amico ( e cotta ), ma Arthur era terrificato allo stesso tempo. Alfred non sapeva della sua sordità. Come avrebbe reagito? Incontrandolo non avrebbe potuto di certo fingere di non poter ascoltare le sue parole, e tra l'altro non sapeva se Alfred avrebbe accettato la cosa. Probabilmente per lui non sarebbe stato un problema il fatto che Arthur fosse sordo quanto quello che gliel'avesse nascosto per più di un anno! Come si sarebbe sentito? Tradito? Non degno di fiducia?

Dylan sembrò finalmente capire la preoccupazione del fratello, e si alzò dal letto per abbracciarlo. "Hey, andrà bene. E' un bravo ragazzo, no?"

Arthur annuì, ma senza troppa convinzione "Avrei dovuto dirglielo... se ora rovino tutto è solo colpa mia" Disse, le mani si muovevano in maniera mesta e sconsolata, e dopo aver detto ciò Arthur andò nella sua stanza, osservando il calendario. Due settimane... sembrava un periodo lungo, ma allo stesso tempo troppo breve.

Inizialmente Arthur pensò di scrivere ad Alfred e dirgli tutto, ma sotto consiglio di Dylan e del 'fidato' amico Francis, decise infine di aspettare fino a quando Alfred non fosse stato davanti a lui, due settimane più tardi. Sentiva già le farfalle nello stomaco, era troppo emozionato solo al pensiero di poter finalmente abbracciare Alfred!

Due settimane passarono in fretta, tra Alfred che metteva in lista ogni singolo posto che voleva visitare con Arthur, e la propria ansia mista all'eccitazione di incontrare la sua cotta. Ma era anche tremendamente nervoso per un'eventuale brutta reazione da parte dell'americano!

Quando il giorno arrivò, Arthur non era neanche riuscito a fare colazione per via dell'ansia. Alfred sarebbe atterrato all'Heathrow all'una e trenta del pomeriggio, dopo ben nove ore di volo, e Arthur si chiedeva se Alfred avrebbe voluto incontrarlo subito o preferito andare in hotel a riposarsi. Quando Alfred gli promise che avrebbe dormito in aereo e la prima cosa che avrebbe fatto dopo posare i bagagli in albergo sarebbe stata vederlo, Arthur non riuscì a trattenere un sorriso felice.

Il viaggio di Alfred fu un susseguirsi di fotografie per immortalare ogni momento: in macchina, in areoporto, sulla navetta per l'aereo, sull'aereo prima del decollo, sull'aereo mangiando il pranzo, poi una volta arrivato all'areoporto inglese, poi sul taxi e in hotel. Alfred era tremendamente bello in ognuna delle foto, con i capelli biondi disordinati per il viaggio ( anche se di solito lo erano già) e quel sorriso impossibile da spegnere.

' Hey Art! Ci vediamo al parco St. James tra un'ora!' Gli scrisse ad un certo punto, l'hotel di Alfred era proprio lì vicino e Arthur non ci pensò due volte a vestirsi e prendere il bus per il parco. Non volle essere accompagnato, voleva giocare la sua carta da ragazzo normale fino alla fine, e quando arrivò si sedette su una panchina tenendo in mano i cartelli che aveva preparato per Alfred, dei normali fogli a4 su cui aveva scritto tutto ciò che avrebbe voluto dirgli a parole, se solo avesse potuto.

L'attesa era snervante, mancavano ancora venti minuti all'orario stabilito, e Arthur continuava a guardarsi intorno cercando quei capelli biondi e la felpa rossa degli Avengers tra la folla, ma non riusciva a trovarlo.

A un certo punto Arthur si rassegnò e abbassò lo sguardo sui fogli adagiati sulle proprie ginocchia, muovendo un po' le gambe per il nervosismo. Nemmeno un minuto dopo un'ombra gli si parò davanti, e il ragazzo alzò automaticamente lo sguardo, e vide un Alfred sorridente davanti a sè.

Probabilmente l'americano disse qualcosa, ma Arthur si limitò ad abbracciarlo forte, chiudendo gli occhi. Alfred era soffice e caldo proprio come l'aveva immaginato, e sentirlo così vicino riempì il cuore di Arthur di gioia.

Ma l'abbraccio non durò molto, Arthur percepiva le vibrazioni dal corpo di Alfred, l'amico stava effettivamente parlando, ma Arthur non riusciva a capire una singola parola. Si sentì terribilmente in colpa mentre guardava il ragazzo muovere le labbra, apparentemente confuso dal fatto che l'inglese non aveva ancora spiccicato parola.

Allora Arthur si voltò per prendere i fogli, che si trovavano già in ordine e cominciò a girarli di fronte Alfred affinchè li leggesse.

CIAO ALFRED

SONO COSI' CONTENTO DI VEDERTI FINALMENTE

PROBABILMENTE TI STARAI CHIEDENDO

PERCHE' NON TI HO ANCORA DETTO NULLA

IN REALTA' LO STO FACENDO ADESSO

PERCHE' C'E' QUALCOSA CHE NON TI HO DETTO

Esitò qualche secondo prima di girare il foglio successivo

SONO SORDO

MI DISPIACE

NON TE L'HO DETTO PRIMA 

PERCHE' CERCAVO DI SEMBRARE NORMALE

MA NON VOGLIO MENTIRTI PIU'

SPERO NON SIA UN PROBLEMA PER TE

TI VOGLIO BENE

 

Non appena ebbe finito con i cartelli, gli occhi di Arthur erano inumiditi, così come quelli di Alfred. L'americano non disse nulla, ma abbracciò Arthur ancora più forte di prima, lasciandolo piangere sulla sua spalla mentre lo stringeva. Dopo un po', staccandosi dall'abbraccio, Alfred prese uno dei fogli e lo girò, scrivendo sul retro.

ANCHE IO TI VOGLIO BENE

Poi ne prese un altro, e un altro ancora

PRIMA HO DETTO

CHE SEI ANCORA PIU' BELLO CHE IN FOTO

 

Arthur arrossì intensamente, ma sorrise e sviò lo sguardo, prendendo la mano di Alfred mentre raccoglieva i cartelli e li metteva nel cestino della carta, poi ridacchiò e si addentrò nel parco, tutta la tensione accumulatasi in quelle due settimane era svanita, adesso per Arthur c'era Alfred, e solo lui.

 

   
 
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