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Autore: Picci_picci    20/10/2020    2 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
.
"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
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Marinette fece l’unica cosa ragionevole in quel momento: si rinchiuse in bagno. 

Fece su e giù per la toilette delle donne, occhieggiando di tanto in tanto il suo riflesso nell'enorme specchio posto davanti ai tre lavandini. Si posò una mano sulla fronte. Che faccio ora?, si chiese la ragazza. Tikki uscì dalla piccola trousse che Marinette si era portata dietro per sistemare il mascara leggermente colato dalla troppa sudorazione. 

Era preparata a tutto, ma non a questo! Aveva affrontato con sangue freddo tutte le minacce che incombevano su Parigi, e andava fuori di testa...per questo! Non poteva farcela, oggi tre uomini le stavano facendo girare la testa: Chat Noir, Adrien e Gabriel.

“Dovresti rilassarti.”

“Rilassarmi?! Come faccio a rilassarmi? Non capisci la catastroficità della cosa!”

Prese la trousse e si rinchiuse in uno dei bagni, sedendosi sul water chiuso.

“Il mio cervello non può sopportare tutto questo! Non ce la fa.”

“Pensala più come un'uscita tra amici, sarà divertente!”

“Divertente un corno, chissà cosa faremo, dove andremo…”

Lo sguardo di Marinette si puntò sulla porta del bagno e rimase là, fermo.

Tikki, non capendo, la scosse per un braccio.

“Oddio, come è possibile!”

“Cosa?”

“Non so come vestirmi!”

Tikki corrucciò gli occhi e poi sorrise.

Nonostante tutto, era sempre la stessa Marinette.

La ragazza rufolò dentro la trousse, convinta di essersi portata dietro il telefono e, quando lo trovò, attivò subito la chiamata.

“Ho un’urgenza grande quanto l’intero patrimonio di Chanel.”

E dopo questa esclamazione, restò qualche altro secondo al telefono per poi schizzare fuori dalla toilette.

***

Era divertente, doveva ammetterlo. Dopo il suo invito a cena, Marinette era rimasta a sedere sulla sedia della sua scrivania torturandosi le mani per, poi, uscire velocemente.

Inutile dire che l’aveva seguita.

“Maniaco”, sussurrò una voce, che ricordava quella di Plagg, da dentro la sua giacca.

Continuò a seguire Marinette e a guardare il suo fantastico corpo fasciato in quel tubino nero; adesso capiva perché suo padre era così tanto acclamato.

Ciò che lo risvegliò dai suoi pensieri, non completamente innocenti, fu il rumore della porta della toilette femminile che si chiuse.

Adrien non capiva, “è andata in bagno?”

“Ragazzo, impara: quando succede qualcosa, qualsiasi cosa, le donne si rifugiano nel bagno.”

“Scusa ma, non lo so, una stanza o uno sgabuzzino non sarebbe meglio?”

“Valle a capire le donne. Gli esseri più incomprensibili del pianeta.”

“Subito dopo di te”, rispose Adrien sussurrando alla sua giacca.

In risposta ricevette un pugno sul pettorale.

Qualche secondo dopo, vide la figura di Marinette uscire e andare dentro l’ascensore.

Stava per seguirla, quando uno schiarimento di voce lo distrasse.

“Cosa c’è di così importante da non controllare i bilanci della mia sfilata?”, chiese Gabriel con tono autoritario.

Adrien si portò una mano dietro la nuca, come faceva sempre quando era in imbarazzo, e lo guardò con gli occhi verdi. Era stato beccato.

Gabriel si guardò intorno e le uniche cose che vide furono la porta del bagno delle signore e Marinette che entrava in ascensore. Comprese la situazione in qualche secondo.

“La mia stagista?”

“Prima di essere la tua stagista, è la mia amica.”

“Passa in secondo piano”, rispose con tono glaciale, “mandami fuori di testa Marinette e ti rinchiudo in casa in nome dei bei vecchi tempi, chiaro?”

Adrien sorrise, “ti sei veramente affezionato a lei.”

Come ogni volta che si parlava di sentimenti, Gabriel scacciò la questione con un: “pensala come ti pare, ma non sottovalutare la mia minaccia.”

Subito dopo se ne andò e Adrien decise che era meglio seguire il padre per non farlo arrabbiare. Di Marinette se ne sarebbe occupato quella sera a cena.

***

“Dimmi tutto, dolcezza.”

Visto che Alya era dall’altra parte del mondo, a Marinette era rimasta un’unica persona a cui chiedere consiglio: Paul.

“Adrien Agreste mi ha invitata a cena”, disse in trance.

Paul la guardò, “E allora? Non capisco dove sia il problema; in fondo siete amici e sai gli amici escono la sera. A proposito di questo, mi devi ancora quell’aperitivo.”

“No, Paul.”

“Fidati, ti dico di sì. È l’aperitivo che hai saltato perché dovevi andare con quello sciatto del tuo ex da qualche parte.”

“Lo sciatto ex ha un nome ed è Luka..”

“Fa lo stesso”, rispose lui interrompendola.

“Ed io non mi riferivo all’aperitivo”, concluse Marinette la sua frase.

“Credo mi abbia invitata ad un appuntamento.”

Paul si girò verso di lei mettendo su la faccia più scioccata del suo repertorio.

“CHE COSA?!”

“È esattamente la stessa cosa che mi sto chiedendo anche io!”

“Mon Dieu, ragazza mia! Questo è lo scoop del secolo!”

“E dovrà rimanere segreto.”

“Non puoi chiedermi di tacere.”

“Non ti sto chiedendo di tacere, ti sto chiedendo di non fare la comare come al tuo solito. Voglio che rimanga un segreto. Mi fido di te.”

Paul la guardò deluso, “quando mi dici queste cose, non posso dirti di no.”

Marinette sorrise.

“Quando è il grande evento?”

“Stasera.”

“Stasera?! E me lo dici così come se stessi parlando del tempo?”

“Perché?”, domandò la ragazza ancora più spaesata di quanto lo era prima.

“Perché abbiamo un sacco di lavoro da fare!”

“Lo so, sono andata in crisi. Non mi ha nemmeno detto dove andremo e non so come vestirmi, insomma se-”

“Marinette”, disse Paul fermando il suo sfogo, per niente necessario, e prendendola per le spalle, “lascia fare all’esperto.”

“Ora sì che ho paura.”

***

Dopo che ebbe finito alla maison, andò dritta a casa sua per prepararsi a quello strano e inaspettato appuntamento. Già, mica l’aspettava dai tempi delle medie quella proposta.

Mentre saliva le scale, pensò a come dire ai suoi genitori dell’uscita con Adrien. Insomma, si era appena ufficialmente lasciata con Luka, come avrebbero visto la cosa?

A quanto pare, si era fatta troppi problemi per nulla perché, appena spalancò la porta di casa, trovò Paul e sua madre parlare davanti a una tazza di tè.

“Oh, ciao tesoro! Perchè non mi hai parlato prima di questo tuo simpatico collega?”

“Madame, così mi fa arrossire”, esclamò prendendo un biscotto, “ma continui pure, adoro i complimenti.”

Sua madre esplose in una risata e gli versò altro tè, “e poi, perché sono dovuta venire a sapere da Paul che stasera esci con Adrien?”

Avrebbe strozzato Paul, poco ma sicuro. Gli lanciò un’occhiataccia e poi si rivolse a sua madre, “vedi, me lo ha chiesto oggi, è appena tornato a Parigi e penso voglia ricordare i vecchi tempi”, e poi, per rendere ancora più vere le sue parole, “avrebbe invitato anche Alya e Nino, ma sono in Australia.” 

Sabine annuì, ma per chi l’aveva presa sua figlia? Per il suo bene, fece finta di nulla, sperando che andasse tutto bene tra lei e il ragazzo per il quale aveva una cotta dalle medie, “va bene tesoro, per me e tuo padre non ci sono problemi.”

Marinette annuì e si trascinò sopra Paul e l’enorme borsone che aveva con sé.

“C’è un cadavere da nascondere lì dentro?”, chiese la ragazza indicando il borsone.

“No”, esclamò Paul tutto sorridente, “Sii felice perchè la tua fata madrina è arrivata.”

***

“Guarda che capolavoro!”, esclamò Paul dopo un’ora e mezza.

“Grazie, Paul.”

“Non dicevo a te, dicevo al trucco, ai capelli..”

“A qualsiasi cosa su cui tu hai messo le mani”, concluse Marinette.

“Sabine!”, esclamò Paul affacciandosi al piano di sotto, “guardi in che capolavoro ho trasformato sua figlia!”

Ovviamente, Sabine fu lì in un attimo, “tesoro, sei una meraviglia!”

Sì, Paul era stato bravo, Marinette doveva ammetterlo. Aveva preso in prestito uno dei vestiti firmati Agreste dal Magazzino, un vestito corto e svasato con una profonda scollatura e smanicato. Le decolletè tacco dieci erano blu come il vestito, mentre la borsetta con la ‘A’ di Agreste era rosso fuoco. I capelli sciolti e il trucco nero che le allungava gli occhi, completavano il suo look. 

“Bella, vero?”

“Stupenda.”

“Hey, voi due potete smettere di fare così? Siete inquietanti.”

“Dolcezza, io e tua madre stiamo solo diventando amici.”

Marinette scosse la testa e i capelli, lunghi fino al seno, ondeggiarono. 

“Bene, se mi date il permesso, io scendo che tra poco dovrebbe arrivare Adrien.”

Annuirono e, dopo aver preso il cappotto con all’interno Tikki, scese. Dette un bacio a sua madre e a Paul, poi andò fuori, sul marciapiede, ad aspettare ad Adrien.

“In ansia?”, sentì la voce di Tikki che si era trasferita nella borsetta.

“Cosa te lo fa capire?”

“Il ticchettio delle tue scarpe che battono sul marciapiede. Fermati e fai un bel respiro.”

Fece come le era stato suggerito da Tikki, ma si voltò quando sentì il rombo familiare di una macchina. 

Dalla vettura argento scese, dal posto di guida, Adrien Agreste con un completo nero e la camicia bianca. Era illegale così vestito.

“Ehi!”

“Ciao”, rispose lei imbarazzata. 

Lui le si avvicinò e gli lasciò due baci sulle guance, “vogliamo andare?”

“C-ce-certo.”

Ti prego ancora i balbettii no, non adesso, implorò Marinette.

Adrien, da vero galantuomo, le aprì la portiera del sedile passeggero e la fece entrare nella vettura. Quando anche il ragazzo fu al posto di guida, partirono.

“Dove mi porti?”, chiese dolcemente Marinette.

“In un posto speciale. Almeno per me.”

Poi rimase in silenzio e Marinette non ebbe il coraggio di dire altro.

Quando Adrien fermò la macchina davanti ad un comunissimo palazzo, Marinette lo guardò curiosa. Si era aspettata una cena al ristorante o una serata al cinema, ma a quanto pare il rampollo degli Agreste aveva altre idee per lei.

Adrien le aprì la portiera dell’auto e con un mano la condusse fuori.

“Vieni”, disse poi, sempre con una mano tra le proprie e portandola sulle scale antincendio.

Ora non riusciva proprio a capire.

Adrien aveva mai portato una ragazza ad un appuntamento?, si domandò sempre più spaesata Marinette. Oddio, aveva mai portato una ragazza ad un appuntamento?! E se sì, chi? 

Marinette, ripigliati!

Il loro si poteva considerare un appuntamento?

Marinette.

E se era un appuntamento?

Marinette!

La voce che la stava sgridando aveva la familiare tono di Tikki, doveva ammetterlo.

Era troppo curiosa e si sa, la curiosità uccise il gatto.

Fermò brevemente la sua scalinata verso l’alto, pensando a quante volte lei quella frase l’aveva detta al suo Chaton.

“Tutto bene?”

“Sì, certo”, rispose allo sguardo preoccupato di Adrien.

Continuarono a salire e non ce la fece più. Con guance arrossate e gli occhi puntati sulle sue fantastiche scarpe, però erano davvero fantastiche!, chiese, “Adrien, questo è un appuntamento?”

“Definisci appuntamento?”, domandò con quel ghigno, che sempre più adornava la sua faccia, fermando la loro salita.

Mon Dieu, la curiosità non avrebbe ucciso il gatto, avrebbe ucciso lei!

“Ecco..bè...definire un appuntamento… Appuntamento vuol dire appuntamento, un’uscita.”

“Anche gli amici escono”, constatò lui. Quanto era adorabile Marinette impacciata in quel modo?

“Infetti!”

Lui la guardò con un sopracciglio alzato e un sorriso sul volto.

“Santoro quello che volevo credere io.”

Oh, quanto gli era mancata la Marinette che balbettava parole senza senso?

“Allora, io ho capito quello che volevi dirmi”, disse lui appoggiandosi con il bacino alla ringhiera di metallo, “ma facciamo che ti do la possibilità di ridirlo senza sbagliare?” 

Fosse facile, mio caro Adrien. Però, prese un profondo respiro e riprovò, “Infatti, sarebbe quello che vorrei sapere io.”

Lui rispose con le guance leggermente arrossate, “se è un appuntamento da amici o qualcosa di più?”

Marinette arrossì involontariamente e annuì.

“Non lo so, lo lascio decidere a te.”

Ma che risposta era?! Questa sarebbe stata una classica battuta da… da Chat Noir.

Ancora perplessa di quei pensieri, Marinette non si era accorta che Adrien l’aveva ripresa per mano e l’aveva portata fino al tetto.

“Mademoiselle, la cena è servita.”

Prima vide l’inchino di Adrien e poi la rosa rossa che le porgeva. Ancora sconvolta, prese il fiore con mani tremanti e si guardò intorno.

Era lo stesso tetto su cui Chat Noir l’aveva portata.

Era lo stesso tetto su cui Chat Noir aveva dichiarato il suo amore per Ladybug con una rosa.

La stessa rosa rossa che lei teneva in mano.



Angolo Autrice
Potete odiarmi per aver concluso il capitolo così, ma potete amarmi per aver aggiornato così velocemente (ero molto ispirata), guardiamo il lato pieno del bicchiere!
Cos'altro dire? Grazie a tutti quelli che sono arrivati qui e per lasciarmi sempre un commento. Non so se riuscirò ad aggiornare entro il weekend, come faccio sempre, perché questa settimana sono un po' oberata di lezione. Non so che dire, se non GRAZIE perché la storia sta piacendo molto ed io ne sono entusiasta!
Un bacio,
Cassie
   
 
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