20/10/2020
0 recensioniNei miei programmi iniziali sarebbe stata una one-shot, ma raramente riesco a rispettare i piani che faccio, infatti eccovi il prologo di una mini long che non dovrebbe superare i tre capitoli in totale. Sono contenta di iniziare a pubblicare questa storia perché è lei ad avermi permesso, quest’estate, di superare il blocco di scrittura portato avanti da metà aprile. Ci tengo un sacco, spero di fare un buon lavoro e che possa piacervi, indipendentemente dalle varie relazioni che si instaureranno fra i personaggi.
Importante: è una AU, sì, ma che tiene conto dei fatti accaduti in Ares e Orion. Vi darò ulteriori info con il capitolo successivo che, ve lo anticipo, non arriverà prima di un mese, sia causa università sia perché al momento mi sto concentrando sulle altre fic del Writober.
Il frinire delle cicale accompagna la ripida salita silenziosa dei due bambini: mentre Miyano cammina guardando i fiori selvatici che crescono ai lati della strada sterrata che stanno percorrendo, davanti a lei c’è Haizaki che, dita strette attorno al manubrio un po’ consumato, spinge la bicicletta.
«Ryouhei?»
«Ti ho già detto che non è per causa tua che sto portando la bici così.» replica lui, senza nemmeno voltarsi per guardarla.
Akane emette un verso d’assenso fingendo di crederci: dopo il rischio – fortunatamente sventato – di schiantarsi contro un albero per aver perso il controllo della bicicletta in discesa, non c’è da stupirsi che lui aspetti di tornare sulla via principale per montare in sella e caricarsi anche lei a bordo. Seguono attimi di silenzio in cui la bambina fissa con insistenza la schiena dell’altro, serrando le labbra ogni volta che queste si schiudono nel tentativo di consentire alla voce di introdurre un discorso che – la mamma lo ha ribadito più volte la sera prima – sarebbe meglio tenere segreto. Akane ricorda di averle promesso di non farne parola con nessuno, ma l’idea di nascondere qualcosa a Ryouhei la intristisce più di quanto potrebbe fare qualsiasi rimprovero materno.
«Sai cos’è il segno?» chiede all’improvviso in un sussurro, piazzandosi di fronte all’amico che le rivolge uno sguardo accigliato prima di fermarsi e scuotere la testa «È tipo un tatuaggio, solo che è speciale perché compare all’improvviso e non decidi tu né il posto né il disegno che avrà.»
«Te lo sei appena inventato.» ribatte Haizaki serio.
«No! È tutto vero! Me lo ha raccontato la mamma ieri perché a me è apparso proprio qui!» dice Miyano, portandosi la manina sotto la clavicola sinistra, poco più in basso dell’attaccatura del braccio.
Gli occhi di lui si posano sul punto indicato dalle dita dell’amica, fissando con sospetto la porzione di pelle nascosta dal cotone della maglietta.
«Se non lo vedo non ci credo.»
Akane rimane ferma e incassa la testa tra le spalle, mordendosi il labbro inferiore: «Non penso sia possibile… solo chi ha il mio stesso segno può riuscirci: è la regola.»
«La regola di cosa?» borbotta lui, incuriosito più dall’insolito tono di voce sommesso utilizzato dall’amica che dalle parole appena pronunciate.
«Del segno delle anime gemelle.» risponde la bimba con un’aria solenne che strida con la sua età.
L’altro la guarda accigliato, ma non dice nulla, quindi lei continua a parlare.
«Le anime gemelle sono come i pezzi che si incastrano in un puzzle.» sentenzia Akane, poi, davanti all’espressione ancora più confusa di Haizaki, arriccia le labbra «Non so bene cosa significhi, ma me lo ha spiegato così e mi ha detto che lo capirò meglio quando sarò più grande.»
«E perché non ho mai sentito parlare di qualcosa del genere?» chiede lui, ancora combattuto sul credere o meno ad una simile storia: la questione continua a sembrargli troppo assurda, ma al contempo dubita che l’amica possa essersela inventata solo per fargli uno scherzo.
«Mamma mi ha detto che è una cosa che viene spiegata al primo anno delle scuole medie, perché solitamente i segni iniziano a comparire in quegli anni.»
«E perché tu lo hai già? Hai solo nove anni.»
«Nove anni e mezzo!» lo corregge lei, quasi indignata per una simile imprecisione «Ma comunque non so perché, certe volte può capitare.» mormora stringendosi nelle spalle prima di illuminarsi in un sorriso nel cogliere un risvolto implicito nella domanda che le è appena stata rivolta «Quindi mi credi? Non pensi più che sia una bugia?»
«Ti crederò totalmente solo quando il segno comparirà anche a me.» sentenzia Haizaki, concedendole il beneficio del dubbio.
«Me lo dirai subito quando accadrà? Io me ne sono accorta ieri sera e volevo subito raccontartelo, ma mamma non me l’ha permesso.»
Ryouhei annuisce e Akane tende la mano per suggellare quella promessa stretta sotto il sole di un pomeriggio di fine estate. Non possono sapere che quella sarà l’ultima bella stagione trascorsa insieme all’insegna della spensieratezza tipica dell’infanzia; così come non possono sapere che Haizaki potrà rispettare la promessa solo dopo troppi mesi di ritardo, in un’anonima stanza di ospedale, confessando la comparsa del segno ad una ragazza che, privata di tutto, non sembra più la sua amica, ma solo la sua copia sbiadita.
Importante: è una AU, sì, ma che tiene conto dei fatti accaduti in Ares e Orion. Vi darò ulteriori info con il capitolo successivo che, ve lo anticipo, non arriverà prima di un mese, sia causa università sia perché al momento mi sto concentrando sulle altre fic del Writober.
Il frinire delle cicale accompagna la ripida salita silenziosa dei due bambini: mentre Miyano cammina guardando i fiori selvatici che crescono ai lati della strada sterrata che stanno percorrendo, davanti a lei c’è Haizaki che, dita strette attorno al manubrio un po’ consumato, spinge la bicicletta.
«Ryouhei?»
«Ti ho già detto che non è per causa tua che sto portando la bici così.» replica lui, senza nemmeno voltarsi per guardarla.
Akane emette un verso d’assenso fingendo di crederci: dopo il rischio – fortunatamente sventato – di schiantarsi contro un albero per aver perso il controllo della bicicletta in discesa, non c’è da stupirsi che lui aspetti di tornare sulla via principale per montare in sella e caricarsi anche lei a bordo. Seguono attimi di silenzio in cui la bambina fissa con insistenza la schiena dell’altro, serrando le labbra ogni volta che queste si schiudono nel tentativo di consentire alla voce di introdurre un discorso che – la mamma lo ha ribadito più volte la sera prima – sarebbe meglio tenere segreto. Akane ricorda di averle promesso di non farne parola con nessuno, ma l’idea di nascondere qualcosa a Ryouhei la intristisce più di quanto potrebbe fare qualsiasi rimprovero materno.
«Sai cos’è il segno?» chiede all’improvviso in un sussurro, piazzandosi di fronte all’amico che le rivolge uno sguardo accigliato prima di fermarsi e scuotere la testa «È tipo un tatuaggio, solo che è speciale perché compare all’improvviso e non decidi tu né il posto né il disegno che avrà.»
«Te lo sei appena inventato.» ribatte Haizaki serio.
«No! È tutto vero! Me lo ha raccontato la mamma ieri perché a me è apparso proprio qui!» dice Miyano, portandosi la manina sotto la clavicola sinistra, poco più in basso dell’attaccatura del braccio.
Gli occhi di lui si posano sul punto indicato dalle dita dell’amica, fissando con sospetto la porzione di pelle nascosta dal cotone della maglietta.
«Se non lo vedo non ci credo.»
Akane rimane ferma e incassa la testa tra le spalle, mordendosi il labbro inferiore: «Non penso sia possibile… solo chi ha il mio stesso segno può riuscirci: è la regola.»
«La regola di cosa?» borbotta lui, incuriosito più dall’insolito tono di voce sommesso utilizzato dall’amica che dalle parole appena pronunciate.
«Del segno delle anime gemelle.» risponde la bimba con un’aria solenne che strida con la sua età.
L’altro la guarda accigliato, ma non dice nulla, quindi lei continua a parlare.
«Le anime gemelle sono come i pezzi che si incastrano in un puzzle.» sentenzia Akane, poi, davanti all’espressione ancora più confusa di Haizaki, arriccia le labbra «Non so bene cosa significhi, ma me lo ha spiegato così e mi ha detto che lo capirò meglio quando sarò più grande.»
«E perché non ho mai sentito parlare di qualcosa del genere?» chiede lui, ancora combattuto sul credere o meno ad una simile storia: la questione continua a sembrargli troppo assurda, ma al contempo dubita che l’amica possa essersela inventata solo per fargli uno scherzo.
«Mamma mi ha detto che è una cosa che viene spiegata al primo anno delle scuole medie, perché solitamente i segni iniziano a comparire in quegli anni.»
«E perché tu lo hai già? Hai solo nove anni.»
«Nove anni e mezzo!» lo corregge lei, quasi indignata per una simile imprecisione «Ma comunque non so perché, certe volte può capitare.» mormora stringendosi nelle spalle prima di illuminarsi in un sorriso nel cogliere un risvolto implicito nella domanda che le è appena stata rivolta «Quindi mi credi? Non pensi più che sia una bugia?»
«Ti crederò totalmente solo quando il segno comparirà anche a me.» sentenzia Haizaki, concedendole il beneficio del dubbio.
«Me lo dirai subito quando accadrà? Io me ne sono accorta ieri sera e volevo subito raccontartelo, ma mamma non me l’ha permesso.»
Ryouhei annuisce e Akane tende la mano per suggellare quella promessa stretta sotto il sole di un pomeriggio di fine estate. Non possono sapere che quella sarà l’ultima bella stagione trascorsa insieme all’insegna della spensieratezza tipica dell’infanzia; così come non possono sapere che Haizaki potrà rispettare la promessa solo dopo troppi mesi di ritardo, in un’anonima stanza di ospedale, confessando la comparsa del segno ad una ragazza che, privata di tutto, non sembra più la sua amica, ma solo la sua copia sbiadita.