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Autore: l01    23/10/2020    0 recensioni
Brando de Sanctis e Fabio Fedeli frequentano il miglior liceo di Roma, sono decisamente benestanti - Brando decisamente di più, Fabio un po' meno - e all'apparenza, da lontano potrebbero avere la vita perfetta, ma... A volte quel ma cambia tutto! In questi capitoli affronteremo il duro percorso per essere se stessi, per amare in ogni sua forma - anche quando è un ragazzo ad amare un altro ragazzo -, accettando ciò che si è e che si prova; le difficoltà nel riuscire ad essere davvero empatici mettendosi nei panni degli altri; il non facile percorso di accettazione famigliare ed anche il modo diverso in cui un padre ama, odia è genitore verso un figlio.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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DUE SETTIMANE DOPO
 
 
Brando aveva la testa che gli ronzava. Se non fosse stato seduto in poltrona con la schiena appoggiata allo schienale imbottito probabilmente sarebbe svenuto. In quel momento si rese realmente conto che l'aveva detto sul serio, aveva mantenuto la promessa fatta Fabio, aveva sputato in faccia alla sua famiglia la verità. L'espressione sul viso di suo padre, per una volta non indifferente, che era passata da un piccolo sorrisino impanicato, quello che spera che ciò che ha sentito sia uno scherzo di cattivo, ad un'espressione prima incredula e poi tesa ed incazzata.
“ma stai a scherzà?” chiese comunque. Il silenzio imbarazzato di Brando gli confermò che no... non scherzava purtroppo. Aveva appena detto davanti a lui, sua moglie e sua figlia... che era gay.
“papà, papà...” lo sentì dire con un filo di voce passando il peso da un piede all'altro e subito lo sconcerto si tramutò in rabbia
“ma che papà... che papà!” esclamò alzandosi dal divano e andandogli incontro con lo sguardo dello squalo bianco. “queste so cose serie.. non si scherza sulla roba seria Bra! Non se dicono cazzate del genere” tentò ancora. Lui inghiottì a vuoto e si forzò di sollevare gli occhi da terra, anche se gli costò una fatica immensa come se il suo sguardo fosse di piombo, ma voleva a tutti i costi guardarlo in faccia “non è uno scherzo” disse tentando di mantenere la voce quanto più ferma possibile. Gli era sempre difficile parlare con suo padre: quando gli sembrava di fare dei progressi nel rapporto con lui, di riuscire a penetrare la sua dura corazza per avere il rapporto padre figlio che aveva sempre sognato, quando sentiva che insieme stavano vivendo un momento di vera felicità aveva paura di rovinare tutto e fare dei passi all’indietro come i gamberi. Quando si rendeva conto che non riuscivano ad entrare in sintonia si spremeva all’inverosimile le meningi per riuscire a stabilire un collegamento con lui. Ma in generale il momento peggiore di tutti era quando lo fissava con quella faccia, da quei quindici/venti centimetri di altezza in più, che aveva deciso di non condividere con lui, in quegli attimi gli si impastava sempre la bocca.
“oh Porc* Di*...” imprecò Roberto passandosi una mano sulla fronte e voltandogli le spalle per fare due passi indietro verso il divano, dove sua moglie e sua figlia fissavano la scena completamente immobili e basite.
“deve esse colpa di tutta quella merda che hai preso” esclamò battendo le mani soddisfatto come a dire, più a se stesso che agli altri, che aveva trovato la giustificazione a tutta la faccenda “si deve essere così, non c’è altra spiegazione logica, probabilmente è effetto della droga... basta avere nattimo de pazienza e mo te passa…”
“oh ma quale droga!” esclamò la madre saltando su dal divano con aria stravolta “quale merda! Oddio ma che state dicendo??” “zitta tu” la mise a tacere il marito con uno sguardo di fuoco mentre vedeva Brando scuotere la testa “no, non c'entra niente” diceva “era così già da prima, è così... da sempre, almeno da quando o memoria, o comunque da quando o piena coscienza di questi ehm argomenti” aggiunse a voce molto più bassa tornando a guardare per terra, quasi stesse confessando di aver ammazzato qualcuno.
Roberto allargò le braccia esasperato e poi si passò di nuovo le mani sulla faccia e sui capelli stravolto.
“ma perchè.... perchè a me, perchè mi fai questo?, perché mi odi così tanto” chiese senza realmente parlare con Brando “tu lo fai apposta!” esclamò a quel punto tornando ad avvicinarsi a lui che fece istintivamente un gesto per rintanarsi nella poltrona e farsi il più piccolo possibile “lo fai apposta perchè ci provi gusto a farmi a pezzi così vero, cos’è mi odi cosi tanto??? Dopo tutto quello che ho fatto per” lui non rispose nulla, rimase rintanato in poltrona così Roberto si allontanò di nuovo, gli voltò le spalle, guardò il soffitto, poi le sue donne, cercando di calmarsi, ma non ci riuscì. Si girò di nuovo verso di lui e con tono furente gli urlò “eppure mi sembrava di averti cresciuto come un uomo, non come un frocio!” “tesoro…!” tentò ancora sua moglie, ma come prima venne ignorata “ti ho dato sempre tutto quello che volevi! Tutto!! Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per te! Perchè adesso mi devi fare questo? Io non me lo merito!” gli gridò “ti ho fatto vedere, da subito, dove dovevi guardare! Mi sembra di averti sempre dato un certo esempio! Io ti ho cresciuto molto meglio di così…” aggiunse indicando se stesso.
“cr..credimi... che ci ho provato, ci ho provato davvero con tutte le mie forze” balbettò Brando tra le lacrime non staccando gli occhi da per terra. Sapeva che sarebbe stata dura, ma non immaginava di vedergli perdere il controllo così “ho fatto di tutto per… tutto… ho provato tante volte… anche quella sera che è successo quello che è successo volevo… ma non... ma non ci sono riuscito. Sono così. Sono così e basta!” “sei così...” lo scimmiottò suo padre deridendolo “te lo dico io cosa sei! Sei un cazzo di egoista!” sputò fuori spingendolo con quella parola a guardarlo incredulo “sì! Un egoista di merda! Perchè se a te fosse fregato qualcosa della tua famiglia, se ti fosse fregato qualcosa di me come mi dici, te la saresti tenuta per te questa maledetta merda! Avresti fatto quello che dovevi fare! Continuavi a fa' l'uomo, come hai fatto così bene finta di essere fino ad ora, ti trovavi una ragazzetta di quelle per bene che si possono fa vedè in giro, possibilmente migliore di quella piccola troietta della figlia degli Altieri e te la sposavi. Poi, cosa ti ho insegnato?! Vizi privati e pubbliche virtù!” declamò puntando un dito in alto “facevi quello che dovevi fare per la famiglia e poi nel tuo privato di facevi sbattere da chi vuoi, esistono anche i prostituti maschi, o i trans o non so qual è la cazzo di merda schifosa ti piace, e non lo voglio manco sapè” concluse agitando una mano davanti al viso a scacciare un'immagine disgustosa. Brando era impietrito. Anche la moglie e la figlia, scioccate dalle parole del padre non erano riuscite a commentare niente, e continuavano a fissare i due con occhi sgranati e francamente un po’ impauriti.
 
“e invece no” continuò Roberto “tu sei un egoista e i tuoi vizi ce li devi sbattere in faccia a noi! A tutti! Anche a tuo padre!” esclamò allargando le braccia e avvicinandosi di nuovo alla poltrona di Brando con aria minacciosa “beh non dici niente finocchio???” lo spronò prendendolo per un braccio e scrollandolo von violenza. Poi lo lasciò andare sbattendolo contro la poltrona per poi guardarsi la mano disgustato, come se avesse toccato qualcosa di infetto “che schifo” disse “tu mi fai semplicemente schifo!” gli scandì a pochi centimetri dal viso “ti giuro non ci posso pensare! A te che ti viene duro quando guardi i tuoi compagni di classe, quando vedi un ragazzo e ti ecciti! Dio mio... te sarai guardato pure qualche filmino a buon bisogno, e ti ci sei fatto le seghe sopra. E mimò un conato di vomito. Non sono mai stato così disgustato, mi viene da vomitare” Brando strinse i pugni sentendo montar su una gran rabbia, mista a un groppo di lacrime in gola e ad un dolore che non aveva più provato dal giorno in cui la sua amatissima nonna era morta. “No peggio!” continuò suo padre senza pietà, gli stava vicinissimo e gli urlava addosso con una rabbia che mai aveva visto in suo padre “magari te sei pure già fatto qualcuno! Alla faccia del fatto che c'hai provato a non esse frocio!” tirò su la testa alzando gli occhi al cielo “te prego dimme almeno che non sei tu quello che lo pija al culo tra i due perchè potrei davvero morì!”
“papà ti supplico io....” fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Il primo colpo lo colse quasi di sorpresa. Brando si rese conto con dolore che non era uno schiaffo ma un pugno quello che aveva preso quando sentì il sapore del sangue venirgli in bocca dal labbro spaccato “non mi chiamare papà! Non mi chiamare papà, mi fai schifo, frocio! Hai capito, schifo mi viene da vomitare” gli urlava addosso Roberto. Lo afferrò per il collo della felpa. A quel pugno ne seguì un secondo e poi un terzo, naso, zigomo, poi ancora bocca. Poi dalla poltrona lo scaraventò a terra ed iniziò a prenderlo a calci con le costose scarpe nuove di Ferragamo che aveva indossato per la prima volta proprio quella mattina. I calci lo colpivano ovunque e nel frattempo si accorse che suo padre gli stava anche sputando addosso ed a quel punto nonostante i suoi sforzi per non darla vinta a suo padre si sentì morire.
Non era la prima volta che Brando si trovava con qualcuno che voleva picchiarlo, aveva fatto a botte altre volte ma questo caso era completamente diverso. Era suo padre quello che lo prendeva a pugni e calci. La persona a cui in un certo senso più voleva bene. La persona che un giorno avrebbe voluto essere, se non altro dal punto di vista professionale. Era a tal punto sotto shock e che non fece neanche un tentantivo per difendersi cosa che in un normale confronto Brando non avrebbe mai fatto.
Ricevette diversi calci, senza contare i pugni che aveva ricevuto in precedenza,  prima che sua madre in qualche modo si destasse dal suo stato di paralisi per gettarsi in mezzo alla mischia e separarli urlando disperata.
Brando Si ritrovò sdraiato per terra con tutti i rumori della stanza che tornavano amplificati. Suo padre che ansimava, sua madre piangeva, sua sorella che approfittava del momento di calma apparente per rifugiarsi ib camera sua.
Si rialzò in qualche modo, dando la mano a sua madre e gli piantò gli occhi in faccia, stranamente non aveva più paura adesso – quando hai raggiunto il fondo non provi più nulla perché ormai l’unica cosa che puoi fare è risalire la china, ma nemmeno con rabbia, non sapeva nemmeno lui che cosa provava era semplicemente stravolto.
“vattene” sentenziò lapidario suo padre massaggiandosi le nocche “vattene. Io un figlio non ce l'ho più. Mai più mi hai sentito. Vattene fuori di qui!! V-A-T-T-E-N-E.” E con l’ultimo impeto di rabbia gli sputò in faccia.
Brando respirò a fondo aggirando per un attimo lo sguardo speranzoso su sua madre che piangeva ma non aveva obbiettato nulla. Rimaneva stretta al braccio di suo marito dove si era appesa per fermarlo. Sua sorella era scappata in camera sua e di certo non sarebbe venuta in suo soccorso.
Serrò la mascella pulendosi il sangue che gli impiastricciava il viso con la manica, poi afferrò un giaccone qualsiasi dall'attaccapanni, prese la borsa, uscì sbattendo la porta più forte che potè e si precipitò verso la sua macchina.
Salì rabbioso alla guida e uscì di casa senza sapere dove andare, sapeva solo che voleva allontanarsi il più possibile da quella casa.

Malgrado non lo volesse i pensieri di quanto appena successo lo stavano tormentando all’inverosimile. Più cercava di dimenticare tutto e più tutto gli tornava in testa. Non era tanto il dolore fisico, quello ormai stava scemando in molte parti del corpo nonostante suo padre ci fosse andato giù abbastanza pesante, ma il trauma psicologico di aver mandato la sua vita completamente a puttane, di aver distrutto tutto in nome di una verità che per tanto tempo aveva nascosta. Era uscito allo scoperto e non era venuto nulla di buono, stranamente però non era arrabbiato con se stesso per aver fatto outing, anzi ne era in qualche modo sollevato malgrado il prezzo che aveva dovuto pagare lo stesse tormentando.

Per cercare di distrarsi da questi pensieri e guidare più agevolmente decise di accendere la radio. La musica sembrava rilassarlo, e gli consentì per qualche momento di dimenticare i suoi pensieri e di osservare la città come non gli capitava di fare da tempo mentre in sottofondo Venditti cantava “Roma Capoccia”.
Ma fu questione di un attimo, la canzone finì e un ricordo lo assalì fino a spezzagli il cuore come un onda di una mareggiata invernale che porta via un pezzo di spiaggia: il giorno in cui suo padre gli aveva regalato la macchina che ora stava guidando. Ricordava tutto di quel giorno, persino la fantasia della cravatta indossata da suo padre.
 
Inizio Flashback
Era mattina. Sua madre e sua sorella erano andate a trovare i nonni materni. Suo padre non sapeva dov’era, forse da qualche cliente o forse da qualche parte a divertirsi, boh…
Lui era in camera a studiare storia e aveva stranamente deciso di ignorare il bip che aveva fatto il suo cellulare fino a che non avesse finito il capitolo. Poi però aveva sentito dopo un po’ di tempo suo padre urlare con quanto fiato poteva: “Brando ma che c’hai? Tutt’apposto si? T’ho mandato un messaggio 5 minuti fa e ancora ‘nlai letto…”
Ora rimedio papà!
Da: Papà Google (Android 11.0)
Bra scendi in cortile che ce sta n’a roba per te che penso potrebbe piacerti…
 
Brando:

Arrivo 😍

 
Aveva mollato tutto ed era corso a rotta di collo verso il cortile. Faceva così ogni volta che suo padre aveva una sorpresa per lui o faceva un gesto di avvicinamento nei suoi confronti. Sapeva che c’era la concreta possibilità di restare deluso o scottato, gli era successo già varie volte, eppure era più forte di lui, non riusciva a farne a meno.
Una volta in cortile stentava a credere ai suoi occhi e se non avesse avuto la prontezza di riflessi di appoggiarsi al palo del lampione da giardino probabilmente sarebbe caduto per terra: suo padre con un gran sorriso sulle labbra, in piedi accanto ad una scintillante Audi A3 nera con un fiocco argento sul cofano.

Dopo un secondo di esitazione, corse fulmineo verso suo padre e dimenticandosi che: “’nce se comporta come le femminucce, contegno prima di tutto! Quasi tutte le emozioni sono al femminile e non sono cose da uomini!!” abbracciò suo padre con quanta forza aveva in corpo fin quasi a stritolarlo e con sua enorme sorpresa suo padre anziché scacciarlo aveva risposto all’abbraccio accarezzandoli dolcemente i capelli.


L’incanto però era durato troppo poco, almeno per i desideri di Brando, e subito suo padre si era ricomposto e cercando di darsi un tono, quasi a voler scacciare il momento di sentimentalismo che aveva avuto, gli aveva chiesto con fare un po’ canzonatorio: “Vogliamo farci l’adorazione alla macchina o vogliamo farci fare un bel giro?”
Brando non se l’era fatto ripetere due volte era corso in casa a prendere il portafogli con la patente e subito dopo si era messo alla guida del suo nuovo gioiellino con il padre a fianco al posto del passeggero.

Fu indimenticabile per Brando quel giorno, girarono in lungo e in largo per il Lazio e non solo. Brando fece di tutto per ritardare il più possibile il momento del ritorno terrorizzato all’idea che quel momento magico potesse scoppiare come una bolla di sapone. Fecero fuori 2 pieni di benzina. Non era mai stato tanto felice come in quel momento ed era certo che non lo avrebbe mai dimenticato, anche quando sarebbe diventato vecchio decrepito ripensando alla sua gioventù avrebbe ricordato quei momenti.
Lui che guidava e suo padre al suo fianco, come un qualsiasi padre e figlio sulla terra, felici, divertiti. In sintonia.
Fine flashback
Quel ricordo lo trapassò da parte a parte come un mucchio di spade affilate, gli fece più male di tutte le botte che aveva preso da suo padre. Gli impediva quasi di guidare perciò appena notò una piazzola si fermò.
E mentre dalla radio Mia Martini cantava: “…Non sono cresciuta come speravi
E come avevo il dovere di fare…” Brando appoggiò distrutto la testa sul volante e scoppiò in un pianto dirotto, fortissimo e inarrestabile.
   
 
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