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Autore: Fiore di Giada    23/10/2020    1 recensioni
Ventuno dicembre.
E' il compleanno di Wes.
Questo riporta alla sua mente il ricordo della morte di sua madre, dopo la sua nascita.
Ma qualcuno di inconsueto gli darà una mano.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Steso sul letto del suo appartamento, Wes, silenzioso, accarezzava una fotografia stretta tra le sue lunghe dita.

Nella pellicola, era impresso il ritratto di una giovane donna di statura media e di corporatura formosa, vestita di un lungo vestito bianco, adorno di fiori.

Il suo volto, dai lineamenti leggeri, era circondato da una folta e riccia chioma castana, simile ad una criniera, e i suoi occhi cerulei, dal taglio allungato, fissavano decisi l’obiettivo.

Mamma… – mormorò. Sophia Mallamo era una donna di origini greche e, venti anni prima, aveva conosciuto suo padre durante una vacanza in Grecia.

Lui era un giovane uomo ambizioso, che, pur dedicandosi alla costruzione della sua carriera, non disdegnava i viaggi nelle città più belle del mondo.

E, tra queste, non poteva mancare Atene.

Sophia lavorava come guida e la sua passione per le antichità aveva attirato suo padre, che si era innamorato di lei e aveva deciso di sposarla.

Una lama di luce penetrò da una finestra e si posò sulla fotografia illuminandola d’un vivo barbaglio.

Wes frenò un singhiozzo. Erano trascorsi tanti, troppi anni, ma non poteva frenare il senso di colpa per la morte di sua madre.

Suo padre non gli aveva mai detto nulla, ma non poteva impedirsi di avere simili pensieri.

La mamma era morta a causa sua.

Tutto sarebbe chiaro… – mormorò il giovane, amaro. Due anni dopo il loro matrimonio, sua madre aveva scoperto di aspettare un bambino.

E quel bimbo era lui.

Lei e suo padre erano colmi di felicità.

Pur di dare alla sua famiglia un futuro decoroso, si era impegnato nel lavoro, affinché a entrambi non mancasse nulla.

Ma i loro sogni di felicità erano stati infranti.

A causa di una emorragia cerebrale, sua madre era morta, ventiquattro ore dopo la sua nascita.

E un tale evento aveva inasprito il cuore di suo padre.

Il dolore per la morte dell’amata dilaniava il suo animo e, pur di non pensare, si era allontanato da lui.

Ne era sicuro, suo padre, anche se non coscientemente, vedeva in lui l’artefice della morte di sua madre.

E, per non soffrire, aveva congelato i suoi sentimenti.

Lui si era chiuso nel suo lavoro e aveva cercato di controllare la sua vita.

Voleva fare di lui una sua copia.

Solo con la sua attività di Ranger, era riuscito a creare tra lui e suo padre una connessione, che aveva portato ad una riconciliazione.

Chiuse gli occhi e si strinse la foto contro il petto. Era felice di un tale evento, ma la ferita del suo cuore non era svanita.

Per lui, il giorno del compleanno era portatore di angoscia e pena.

Eppure, pur di non fare preoccupare gli altri, festeggiava e simulava un’allegria ben lontana dalla realtà.


Un picchiettio secco interruppe le riflessioni di Wes.

Il giovane, d’istinto, sussultò, si alzò dal letto e, percorsi alcuni metri, andò ad aprire la porta.

Ciao, Eric. – mormorò, sorpreso. Erano trascorsi diversi mesi dalla partenza della TimeForce e il brusco Quantum Ranger era diventato per lui un appoggio.

Con la sua pur silenziosa presenza, lo aveva aiutato a non sprofondare nelle secche dell’amarezza causata dal distacco dai suoi amici.

L’altro gli lanciò uno sguardo indagatore, poi accennò ad un sorriso.

Ho bisogno di parlarti. Posso entrare? – chiese, monocorde. Erano riusciti a riconciliarsi e di questo era felice, ma, in quei mesi trascorsi insieme nei Silver Guardian, aveva avuto modo di notare l’insensatezza di molte sue vecchie convinzioni su Wes.

Lui, Eric Myers, era stato uno stupido e aveva giudicato Wes Collins senza conoscerlo bene.

Certo, era ricco, ma questo non lo rendeva uno stupido, senza alcuna possibilità di redenzione.

Inoltre, il suo cuore, alla partenza della TimeForce, aveva pianto lacrime di sangue.

Eppure, pur straziato, aveva avuto la forza di lasciarli andare.

Queste sue scelte, senza alcuna possibilità di fraintendimento, evidenziavano il limpido senso del dovere di Wes.

Aveva anteposto la giustizia ai suoi pur forti sentimenti personali.

Certo. – rispose, gentile.

Si scostò ed Eric, a passo calmo, entrò.


Si guardò intorno, curioso. La camera del suo amico e rivale era libera da fronzoli e oggetti inutilmente lussuosi.

Il letto e l’armadio, pur essendo di ottima qualità, erano privi di qualsiasi orpello.

Inoltre, la massiccia libreria di quercia era colma di libri di ogni tipo.

Wes, malgrado la sua entrata nei Silver Guardian, aveva deciso di studiare con serietà e i suoi sforzi gli avevano consentito di guadagnare il rispetto di tutti.

E’ successo qualcosa? – domandò ad un tratto Wes.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra dell’ex Quantum Ranger.

Oggi è il ventuno dicembre. E’ il tuo compleanno, vero? – chiese, a sua volta. In quegli anni si era accorto della falsità dell’allegria di Wes, quando giungeva quel giorno.

Perché? Wes, malgrado la sua maturazione, non aveva perduto l’attitudine alla festosità.

Eppure, sembrava odiare la sua data di nascita.

Il compleanno, per una persona come lui, doveva essere un’occasione di gioia.

Lo sguardo ceruleo di Wes, a queste parole, si oscurò e, d’istinto, reclinò la testa sulla spalla. Pareva una domanda innocente, eppure lui riusciva a percepire il senso implicito di quelle parole.

Il suo compagno aveva saputo vedere la tristezza nascosta e gliene chiedeva la ragione.

Alcune lacrime tremarono sulle ciglia di Wes e il giovane strinse gli occhi. Non voleva farsi vedere debole da Eric.

Il loro legame era migliorato, ma in lui era rimasto sempre un senso di inferiorità.

Non poteva non ammirare la tempra rocciosa del suo carattere.

E, per questo, lo aveva assunto a suo modello.


Il mio compleanno segna anche la morte di mia madre. Lei è morta ventiquattro ore dopo la mia nascita. – confessò, ad un tratto, la voce leggermente incrinata.

Eric sbatté le palpebre, meravigliato. Lui aveva sempre veduto Wesley Collins come un figlio fortunato e amato, a causa della sua ricchezza.

Non avrebbe mai immaginato un aspetto tanto doloroso nella sua storia, prima della venuta della TimeForce.

Studiò il suo interlocutore. Il suo volto era serio, atteggiato ad una dignitosa tristezza, ma i suoi occhi, lucidi di lacrime, esprimevano la nostalgia di un amore troppo presto sottratto.

Forse, Wes, a dispetto degli anni trascorsi, avvertiva il peso del senso di colpa.

Chissà, oltre la sua inconsapevole allegria, anche lui portava il peso di un vuoto incolmabile.

In questi anni, ho sempre vissuto col peso di averla uccisa. So che è sbagliato questo pensiero, ma non posso fare a meno di pormi questa domanda. – confessò, dispiaciuto.

Con un gesto deciso, Eric appoggiò la mano destra su quella dell’altro.

Continua. – lo incoraggiò.

Apparentemente, io avevo ogni cosa servita su un piatto d’argento. Ma non potevo dire quanto lei mi mancasse. Tra me e mio padre era presente questo tacito accordo. Io non dovevo parlare di lei. Se lo avessi fatto, gli avrei ricordato la morte della donna da lui amata. – continuò.

Prese la foto, che era caduta sul pavimento, e la accarezzò con dita tremanti.

Ma, non so perché, questo anno è stato diverso. Non ho avuto la forza di fingere un’allegria che non provo. Per questo mi sono rinchiuso nella mia stanza. Voglio aspettare che questa giornata si concluda, senza essere costretto a festeggiare. Non ci riuscirei. – concluse.

Eric, per alcuni istanti, tacque e rifletté. Sì, tutto aveva senso.

Il suo amico aveva cercato la calma, per abbandonarsi alle sue riflessioni.

Lo strappo consumato coi TimeForce Ranger aveva fatto emergere una ferita mai rimarginata e, per questo, lui si era rinchiuso nella solitudine.

Ma una fissazione maniacale su simili ricordi poteva condurre a esiti peggiori.

Puoi sempre aspettarla con qualcuno. – intervenne Eric.

Wes girò la testa verso di lui, lo sguardo confuso.

Cosa? – articolò, esterefatto.

Lo sguardo di Eric si fece serio e il giovane strinse le sue mani attorno a quelle di Wes.

Per tanti, troppi anni tu hai cercato di essermi amico e io ti rifiutavo, perché non sapevo vedere oltre la tua ricchezza. Ora, permettimi di aiutarti. Voglio starti accanto in questa giornata. – gli disse.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra di Wes. Quelle parole, unita alla stretta forte, ma calorosa, dell’ex Quantum Ranger, gli davano un lieve senso di sollievo.

Sentiva in quella parole una premura sincera e questa affezione gli dava piacere.

Ti ringrazio, Eric. –



   
 
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