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Autore: Artemys22    23/10/2020    0 recensioni
Il viso di Vanya si gelò in un grido senza fiato e sena voce.
(Ricorda-)
Era andato.
E improvvisamente non riusciva più a ricordare per quale motivo si sentisse così sconvolta. Non era del tutto sicura di cosa stesse facendo lì, comunque - seduta in un angolo buio, tutta sola?
Confusa, Vanya si rimise sulle sue gambe tremolanti. Aveva camminato nel sonno?
L'aria sapeva di fulmine. Come di elettricità.
Che strano.
//L'esistenza di Cinque è essa stessa un paradosso; il tempo si deve sistemare in qualche modo.
Solo poche cose sono certe nell'universo, e una di queste è che i frateli Hargreeves non possono prendersi una pausa.
In questa versione gli Hargreeves tornano nel 2019 da Dallas, ma non c'è nessuna Sparrow Academy; trovano le cose esattamente come le hanno lasciate. Beh, più o meno. Si vedrà...
Genere: Angst, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Diego Hargreeves / Kraken / Numero 2, Five, Klaus Hargreeves / Medium / Numero 4, Vanya Hargreeves / Violino Bianco / Numero 7
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction non mi appartiene. Ma l'ho trovata affascinante abbastanza da chiedere all'autrice di permettermi di tradurla e condividerla!
La storia originale è scritta in inglese (del tutto comprendibile anche per chi non ha delle conoscenze vaste della lingua, al massimo google translate potrà aiutare a comprendere un paio di parole) e appartiene a Wayward_Unicorn (realizzo ora che significa unicorno ribelle. Non centra niente, lo so). La potete trovare su Archive Of Our Own, AO3 per gli appassionati. Questo il link diretto al primo capitolo per chi volesse dare un'occhiata:

https://archiveofourown.org/works/27057064/chapters/66059797

Per chi volesse, ho pubblicato la stessa traduzione anche su Wattpad, dove, mentre aspetto che esca l'ultimo capitolo da tradurre, ho proposto un'iniziativa che risulterebbe di difficile praticabilità qui su Efp. A voi il link diretto:

https://my.w.tt/FvrAYKW0Kbb

Questo è il mio primo tentativo di traduzione. Chiederei di essere clementi, ma così non imparo niente. Se dovesse capitare a qualcuno di leggere anche l'originale e notare degli errori nella traduzione, non si faccia problemi a riferirmelo.


 

Dicono che

essere dimenticati

sia peggio

della morte

Dove sono?

 La mia famiglia.

Dov'era?

 Sono solo. Soltanto oscurità.

Chi era?

 Il mio nome... è Numero Cinque.

Perché?

 Il Tempo reclama sempre ciò che gli appartiene.

Esisteva ancora?

 Esisto ancora?

_____________________


Vanya ansimò rabbrividendo quando atterrarono in quello che sembrava l'ingresso oscurato dell'Accademia.

"Oh, buon Dio" grugnì Diego, barcollando dopo il brusco atterraggio.

Casa. Erano a casa, ce l'avevano fatta.

C'era un giornale sul tavolo accanto, e Cinque lo sfilò da sotto la statuetta decorata.

"C-Che giorno è?" chiese Luther, il senso di nausea traspariva nella voce.

Vanya sentì le vertigini. Si dovette sedere.

"Due Aprile, 2019" constatò il fratello. "Il giorno dopo l'apocalisse"

Un coro di sospiri sollevati e risate nervose riempì lo spazio.

"Oh mio Dio" ridacchiò Klaus. "Siamo davvero riusciti a combinare qualcosa? È incredibile!"

Vanya ne fu talmente sollevata da sentirsi girare la testa. Sentì le braccia di Klaus avvolgersi intorno a lei, e ricambiò volentieri l'abbraccio.

Era bello essere abbracciati da qualcuno.

Lui propose un drink. Lei era assolutamente, totalmente d'accordo.

Iniziarono a spostarsi tutti lentamente nel salotto.

"Il whiskey irlandese di papà" Klaus tirò fuori una fantasiosa bottiglia dall'aspetto costoso da dietro il bancone. "Ha più di cinquant'anni. Solo per le occasioni speciali."

Aprì il tappo e annusò l'aroma. Vanya ridacchiò quando alzò teatralmente gli occhi al cielo.

Cinque grugnì qualcosa nella sua direzione. Klaus gli versò un bicchiere, e il ragazzo lo versò immediatamente giù per la gola.

"Ancora, per favore."

"Cinque" Allison si accigliò. "Il tuo corpo ha tredici anni. Ti rovinerai il fegato prima di arrivare ai venti."

Alzò gli occhi al cielo. "Per l'ultima volta, Allison, non sono un alcolizzato. Cominci a parlare come Dolores."

Vanya li osservò litigare, un tiepido sorriso le si formò in viso. Era così piena di emozioni, così piena di amore verso quelle persone, che credeva sarebbe scoppiata.

La sua famiglia. Stavano finalmente bene. Anche se era solo questo momento, solo questo minuto... loro stavano bene.

 

_____________________


Cinque si guardò allo specchio. Qualcosa non quadrava.

Era passata appena un'ora da quando erano tornati a casa. Era bastato questo – un'ora di pace e tranquillità, esattamente un'ora senza doversi preoccupare di qualche fine del mondo, poi qualcosa era andato storto.

Cinque non riusciva a capire cosa fosse. Non si sentiva bene. Poteva essere tutta la faccenda del tempo? Forse il suo corpo stava ancora abituandosi a non avere proiettili dentro?

No, questo non aveva proprio senso.

Il ragazzo si strofinò gli occhi stanchi, portandosi sul lavandino.

Improvvisamente, una rabbiosa ondata di energia azzurra sfrigolò nelle sue vene, facendo sobbalzare violentemente il suo corpo all'indietro. Ansimando, Cinque tornò a fissarsi.

Quindi era la sua abilità. Stava avendo un comportamento anomalo. Si stava microsistemando, forse. È così. Per il momento si sarebbe astenuto dall'uso dei suoi poteri, aspettando che l'anomalia si risolvesse da sola.

Cinque era ben consapevole di stare solo cercando di calmarsi. C'era qualcosa di molto sbagliato. I suoi poteri non avevano mai fatto così, non li aveva mai usati involontariamente.

Finì di asciugarsi i capelli con un asciugamano e si infilò in dei nuovi vestiti freschi e puliti.

Sarebbe sceso al piano di sotto a controllare che i suoi fratelli stessero bene. Forse anche le loro abilità stavano agendo in modo altrettanto strano.

Quando Cinque raggiunse la scalinata principale, successe di nuovo.

Sentì la sua energia bruciare dentro di lui, l'elettricità bluastra scoppiettare nel sangue, l'anomalia fece gemere le sue cellule in agonia.

 Che cos'è?

Cinque realizzò di trovarsi carponi, collassato ai piedi delle scale.

Questi non erano microsalti. No, non poteva essere. Questo era qualcos'altro.

La sua testa martellava. Il pavimento sembrava oscillare sotto i suoi piedi, gli angoli del suo mondo diventavano lentamente grigi.

Cinque scosse la testa. Non adesso. Doveva assicurarsi che stessero tutti bene.

Questo non era niente.

Si alzò in piedi appoggiandosi al corrimano, trascinando lentamente le gambe per muoversi.

Apparentemente, la maggior parte dei suoi fratelli si era già ritirata nelle proprie stanze, ma Allison e Luther erano ancora nel salotto. Stavano entrambi godendosi un bicchiere di vino davanti al caminetto, la risata della donna faceva eco nel corridoio a qualche osservazione di Luther.

Cinque si lasciò a un sospiro di sollievo. Grazie a Dio, sembravano stare bene.

Allison lo vide e, con grande confusione del ragazzo, la sua espressione si fece... arrabbiata.

Irritata. Confusa.

Si alzò in piedi, posando il bicchiere di vino.

Cinque non capì. Perché lo stava guardando in quel modo?

"Chi sei?" domandò lei. "Come sei entrato?"

Ora, questo non aveva davvero alcun senso. La gola di Cinque si fece d'un tratto secca e chiusa.

Non poteva respirare. Non poteva parlare. Per un momento, non fu nemmeno sicuro che il suo cuore stesse battendo.

Stava morendo?

"Hey", Luther la affiancò, il tono del gigante egualmente adirato. "Non puoi stare qui."

Entrambi lo avvicinarono e Cinque mosse istintivamente pochi passi traballanti indietro.

Luther gli afferrò il braccio. Non stringeva forte, ma la sua presa era probabilmente forte abbastanza da trattenere chiunque.

"Te ne devi andare" disse. "È già successo che dei fans tentassero di entrare prima, ed è ridicolo. Questa è casa nostra."

"Lasciami andare, Luther, cretino" fece infine Cinque, spingendosi lontano dall'uomo. Allison alzò le sopracciglia alla reazione.

"Seriamente, chi credi di essere per piombare qui in questo modo?" osservò lei. "Dove sono i tuoi genitori? Forse dovremmo chiamarli."

No.

No, no, no.

"Ragazzi, potete smetterla con questo scherzo, chiaramente non mi diverte" ringhiò Cinque.

"Ne ho abbastanza" decise Luther, muovendosi per prendergli il braccio di nuovo, più probabilmente per trascinarlo fuori casa.

 Questo non sta succedendo davvero.

Cinque si sentì affogare, il battito del suo cuore incredibilmente assordante nelle sue orecchie.

"Hey, ragazzino, stai bene?" un'improvvisa preoccupazione si era insinuata nella voce di Allison, i suoi occhi scuri mutarono da duri a un tono morbido. "Sul serio, forse dovei chiamare i tuoi genitori. Non dovresti essere qui, ma sembri piuttosto pallido."

"Smettila" ansimò Cinque cercando di mantenere il tono supplichevole fuori dalla sua voce irregolare. "Solo... smettila."

"Ragazzino, per l'ultima volta, non puoi-"

Cinque fissò i loro volti sbalorditi, per poi voltarsi e sparire da un'altra parte. Il salto lo fece vacillare di nausea, ma la ignorò. Allison e Luther urlavano entrambi in confusione, senza dubbio guardandosi intorno per vedere dove fosse sparito.

Questo non può accadere. Non po' essere reale.

Semplicemente non può.

Cinque non riusciva a pensare lucidamente. Era sull'orlo di un attacco di panico, e preferiva tenerlo per dopo.

Vanya. Lei non sarebbe mai stata a scherzi del genere, doveva trovarla.

Doveva parlarle.

Cinque sentì dei rumori dal corridoio. Da essi riconobbe Diego – l'uomo stava probabilmente parlando con la loro madre.

Loro sapevano sicuramente chi fosse.

Cinque corse verso i rumori, ma in un istantanea e agonizzante impennata dei suoi poteri, tremolanti attraverso il suo corpo come un fulmine, le sue ginocchia si bloccarono e cadde faccia a terra.

Respirò pesantemente, tutto il suo corpo in preda a spasmi e brividi mentre l'energia volatile tentava di stabilirsi in esso.

Che cazzo. Che cazzo. Che caz-

"Diego?" la sua voce suonò sottile come un foglio di carta.

L'uomo in questione era profondamente immerso in una conversazione con la loro madre robot. Stavano osservando i dipinti nel piccolo angolo di lei, parlando piano.

Entrambe le loro teste si voltarono in direzione del ragazzo.

Diego si accigliò in confusione, alzandosi lentamente.

Non sembrava arrabbiato.

Forse era un buon segno.

Cinque voleva porgli una domanda, ma tutto ciò che gli uscì fu un incoerente sconclusionato parlottio.

La mamma si alzò, le sue meravigliose forme incurvate in un cipiglio preoccupato.

"Andiamo, tesoro, rallenta" lo zittì poggiando una mano sulla sua spalla, "Di cosa stai parlando? Non sembri stare bene."

"Oh, grazie al cielo" Cinque quasi gridò. "Mi conoscete. Certo che mi conoscete. Sono solo... Sono solo ridicolo. Voglio dire, perché tutti dovrebbero dimenticare tutto, eh? Non avrebbe alcun senso, ora potre-"

"Hey" Diego fermò il suo divagare, gesticolando verso di lui per calmarlo, come fosse stato un qualche animale impaurito. "Calmati. Stai bene? Sei in qualche guaio?"

Cinque lo fissò, la bocca leggermente aperta. "No, no, non sto bene, io-"

"Perché non ti siedi?" sua madre lo guidò verso la sedia. Cinque avvertì un altro moto di nausea colpirlo come un treno merci e il pavimento sembrò terribilmente invitante. Le sue gambe sembravano dover cedere sotto il suo peso da un momento all'altro.

"Va bene, okay" Cinque si obbligò a sedersi, strofinandosi il volto con le dita tremolanti. "Okay."

Grace si chinò di fronte a lui rivolgendogli un sorriso rassicurante. Oh, era così bello vederla di nuovo, e non aveva neanche realizzato quanto gli fosse mancata la donna che li aveva cresciuti.

Benedetta, pensò Cinque.

"Ora" parlò lei stringendogli la mano. "Perché non inizi dicendoci il tuo nome?"

 No.

Si sentiva cadere.

 Ti prego, no.

Gli fischiavano le orecchie.

 Non può accadere.

Qualcuno gli teneva la spalla. Stavano parlando.

Cinque non riusciva ad ascoltare.

Fissava soltanto Diago in faccia, guardando i suoi occhi marroni scuri studiare il suo volto e realizzando che suo fratello non aveva assolutamente idea di chi fosse.

Si sentì come se si stesse muovendo nella sabbia quando li allontanò allungando il passo.

Sentì Diego urlare. Saltò.

Le stanze di Klaus e di Vanya erano completamente vuote. Dovevano essere usciti a fare una passeggiata o altro. Cinque poteva ancora trovarli.

Erano la sua ultima speranza. Perché se loro non si ricordavano di lui, allora...

Allora tutto era perduto.

La sua schiena si inarcò quando l'energia, spietata, colpì il suo corpo ancora una volta. Questa volta era abbastanza sicuro di aver gridato. Era anche durato più a lungo di prima.

Cinque si abbandonò a terra rabbrividendo. Non poteva muoversi.

Era terrorizzato.

C'erano passi affrettati da qualche parte sotto di lui. Cinque ingoiò un groppo, gli occhi puntati sul telefono sulla parete.

Con la mera forza di volontà, riuscì a fare leva sul pavimento fino al telefono.

Piangeva. Non gli importava.

Ingoiando le lacrime, Cinque digitò frettolosamente il numero di Vanya, portandosi lentamente la cornetta all'orecchio.

 Per favore. Per favore. Per favore.

 Rispondi.

Non lo fece. La chiamata terminò dopo non aver ricevuto risposta.

Cinque tirò su col naso, rifiutandosi ancora di gettare la spugna.

Anche Klaus aveva un cellulare, e il ragazzo aveva memorizzato tutti i loro numeri in cinque minuti.

Il telefono squillò ancora una volta.

Due.

Tre.

"Prontooo?"

Cinque non era mai stato più sollevato il tutta la sua vita di sentire la voce di qualcuno.

Klaus aveva davvero risposto. Il cellulare di Vanya doveva essere in silenzioso.

"Klaus?"

"Hey!"

"D-Dove sei?" chiese Cinque, la voce vacillante. "Dove sei in questo momento?"

"Chi è?"

Perché il suo cuore batteva così forte?

"Oh, sei un fantasma o qualcosa del genere? Mi è già capitato a volte di ricevere chiamate da voi bastardi morti, ma devo dirlo, l'ultima è stata piuttosto inquietante..."

Udì una voce familiare in sottofondo che chiedeva a Klaus chi fosse al telefono.

"Vanya..." sussurrò fra sé e sé, fissando il muro nell'oscurità.

Klaus riattaccò.

Tutti quegli anni nell'apocalisse, tutto quel tempo alla Commissione, e alla fine...

Non si era mai sentito così profondamente solo.
 

_____________________


Vanya guardò suo fratello, le sopracciglia alzate in procinto di domandare.

"Sembrava Cinque" disse. "È successo qualcosa?"

Klaus la guardò per alcuni secondi, togliendosi la sigaretta dalla bocca. "Eh?"

Vanya si accigliò e ripeté la domanda.

"Sorella, non ho idea di cosa tu stia parlando" Klaus alzò le spalle. "Quello era solo un qualche bambino morto che mi telefonava. Non so come facciano i fantasmi ad avere sempre il mio numero, ma hey – succede."

Ingoiando, Vanya scosse leggermente la testa. "No, era decisamente Cinque. Ho sentito la sua voce. Il tuo volume era così alto."

Klaus la guardò confuso, sbuffando una nuvola di fumo dalle labbra. "Chi è Cinque?"

Vanya sbatté le palpebre più volte, il suo battito aumentava un poco di velocità. "Smettila di scherzare, Klaus. Lo sai chi è Cinque. Non sei divertente."

Klaus aveva smesso di camminare e la stava guardando con uno sguardo divertito. "Lo giuro, no so chi sia."

"Nostro fratello" la voce di Vanya tremò apena. Non le piaceva la cupa sensazione di paura che cresceva alla bocca dello stomaco.

"Vediamo" Klaus alzò le dita. "Abbiamo il fratello Numero Uno. Il fratelo Numero Due. La sorella Numero Tre. Io. Il deceduto fratello Numero Sei. E te."

"Hai saltato Cinque" sussurrò. "T-Ti sei dimenticato, dovrebbe essere fra te e Ben."

Klaus corrugò la fronte mordendosi il labbro. "Già, suppongo sia un po' strano come il vecchio l'abbia lasciato fuori. Chi lo sa – magari non gli piaceva il numero? Forse porta sfortuna in qualche cultura."

Vanya sentì le ginocchia deboli. Klaus non avrebbe scherzato in quel modo.

"Dobbiamo tornare all'Accademia" gli disse, mandando giù la bile che le si era accumulata in gola. "Ho un orribile presentimento."

Klaus alzò le sopracciglia, ma annuì piano. "Sì, certo. Sembri un po' pallida. È un po' freschino qui fuori."

La testa di Vanya martellava. Le luci della città sfocavano nello sfondo, le voci diventavano squilli.

 Come ha fatto Klaus a dimenticare Cinque?

 Amnesia selettiva?

Iniziò a correre.

I polmoni faticavano ad espandersi, l'aria non riusciva a fornire l'apporto di ossigeno richiesto.

Il suo cuore batteva così forte che credette le sarebbe schizzato fuori dal petto. Sentiva i suoi poteri sguazzare irrequieti sotto la sua pelle cercando un bersaglio per la sua angoscia, implorando di essere liberati.

L'Accademia si fece sempre più vicina. Klaus faticava a starle dietro, ma a Vanya non importava. Doveva sbrigarsi.

Ci fu un flash bluastro dietro la finestra dell'ultimo piano.

"Cinque" bisbigliò correndo ad aprire il cancello.

I polmoni pungevano.

L'ingresso era buio. "Cinque?" urlò, salendo tre gradini alla volta.

Diego stava chiacchierando con Grace nel corridoio del secondo piano ed entrambi alzarono lo sguardo quando lei arrivò.

"Woah, tutto okay Vanya?" suo fratello sembrò cauto, chiaramente alla ricerca di segni di un altro guasto potenzialmente epocale.

"Cinque" soffiò lei. "È di sopra?"

"Chi?" Grace chinò la testa confusa.

"Non c'è mai stato nessun Cinque, lo sai" la sostenne Diego, sollevando le sopracciglia mentre guardava Vanya.

Lei mandò giù a vuoto, scuotendo la testa.

Doveva trovarlo. Mentre saltava le scale cominciò a sentire strani rumori dal fondo del pavimento.

Vanya vide la luce blu brillare da sotto la porta, creando ombre danzanti nel corridoio buio.

Ingoiando, aprì la porta.

 Cinque.

Sembrava così piccolo, così fragile, affranto contro la parete, le ginocchia premute contro il petto.

Il ragazzo stava risplendendo. No, era più come-

"Cinque, stai... sfarfallando" sussurrò lei, cadendo in ginocchio accanto a lui, esitante nel chiedersi se avesse dovuto toccarlo o no.

Come se si fosse ripreso da una trance, la testa del ragazzo guizzò in su. Le sue iridi verdi illuminate dall'energia che danzava sotto la sua pelle, lo sguardo nei suoi occhi cerchiati di rosso a dir poco torturato.

"Mi conosci" soffocò lui.

Il cuore di Vanya parve spezzarsi al suono della sua voce. Così persa. Così piccola. "Ti conosco" gli disse in un singhiozzo, afferrandogli le mani. "Ma tutti gli altri..."

L'energia era immensa. Era volatile, ribelle e le bruciava i palmi.

Non le importava.

"Già" la voce di Cinque era appena udibile sopra il suono sfrigolante e scoppiettante dell'elettricità bluastra che strisciava sotto le sue membra.

Il tremolio si fece più rapido, come una lampadina appena prima che si spenga.

"Cosa ti sta succedendo?" pianse Vanya, grosse lacrime scivolavano sulle sue guance.

Cinque lasciò una breve e sospirata risata completamente priva di umorismo. "Credo che la linea temporale si stia aggiustando da sola" disse poi, e Vanya era terrorizzata da come la sua voce cominciasse a suonare distorta. "Sono un paradosso, Vanya. Un'anomalia."

"C-Cosa dovrebbe voler dire?" implorò e, per l'amor del cielo, stava iniziando a sembrare che la luce stesse svanendo.

 (Fallo smettere.)

"Mettila così" Cinque si avvicinò, gemendo sottovoce quando una scarica di energia particolarmente violenta lo fece sussultare.. "Abbiamo impedito che l'apocalisse si verificasse. Perché? Perché ve l'ho detto io. Perché ho passato quarant'anni in un mondo post-apocalittico. Ma cosa accade" si concesse una breve pausa per inspirare a fondo, sfarfallando sempre di più, "se questo non fosse mai successo in primo luogo? Normalmente, quando la linea temporale cambia, si crea un nuovo ramo... ma questa volta qualcosa è andato storto. Troppi paradossi. Troppe anomalie."

Sorrise malinconico alzando una mano brillate per asciugare le lacrime della sorella. "Il tempo si sta solo aggiustando. Mi sta... cancellando."

 (NO.)

"No, no, no" Vanya scosse la testa, i suoi stessi poteri ronzavano sottopelle. Non riusciva a respirare. "Non puoi... non puoi fermarlo?"

Gli occhi di Cinque erano così grandi e tristi quando la guardarono, e lui non disse niente.

 (Questo non può succedere.)

"Ti prego, non andartene, non di nuovo" implorò Vanya. Sapeva che non era giusto, ma Cinque non poteva semplicemente arrendersi, non poteva semplicemente starsene lì e lasciare che accadesse, se ne sarebbe dovuto uscire con qualche piano pazzo per impedire che tutto quanto accadesse. "Ti abbiamo appena ritrovato, per l'amor di..."

La sua voce si spezzò, e non riuscì a trattenere un singhiozzo.

La stava soffocando.

 (Non riesco a respirare.)

Cinque emise un sospiro tremante, alzò una mano per allineare lo sguardo con fascino malato.

La sua mano si dissipava nell'aria – non diversamente dal modo in cui lo spirito di Ben si dissolse in fiocchi di energia, portati via dal vento.

Vanya cercò istintivamente di afferrarla, le dita non raggiunsero altro che aria.

Cinque inclinò la testa, cercando i suoi occhi. "Tu mi dimenticherai."

Lei lo guardò, un'ondata di nausea la investì. "No, non lo farò" mandò giù la bile.

 (Non lo farò.)

Cinque la guardò con pietà, con disperazione. "Oh, Vanya, lo farai."

Boccheggiando in cerca di aria, incontrollabili e dolorosi singhiozzi le scuotevano il petto, Vanya tirò Cinque fra le sue braccia e lo tene stretto come un'ancora di salvezza.

Lo sentì affondare il volto nell'incavo del suo collo, ricambiando l'abbraccio.

Era freddo. L'aria intorno a lui s'increspava.

"Cerca di trovare un modo per ricordarti di me, okay?" sussurrò al suo orecchio. La voce gli tremava.

 (Ti prego, non andare. Non andare. Non andare.)

Oddio, era così spaventata.

Stava svanendo proprio fra le sue dita. Proprio come Ben.

"Ti prego, resta" supplicò Vanya, ma sapeva che non c'era modo di fermarlo.

 (Non mi lasciare.)

Chiuse gli occhi, stretti.

"Ricorda" disse Cinque, la voce dissolta verso la fine.

Il viso di Vanya si gelò in un grido senza fiato e sena voce.

 (Ricorda-)

Era andato.

E improvvisamente non riusciva più a ricordare per quale motivo si sentisse così sconvolta. Non era del tutto sicura di cosa stesse facendo lì, comunque – seduta in un angolo buio, tutta sola?

Confusa, Vanya si rimise sulle sue gambe tremolanti. Aveva camminato nel sonno?

L'aria sapeva di fulmine. Come di elettricità.

Che strano.

 

   
 
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