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Autore: Jane P Noire    24/10/2020    2 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.15.
 
 

Adeline era completamente a suo agio, come se stare seduta sul divano nella casa di proprietà di un demone non fosse una gran cosa. I capelli neri le scivolavano come seta sulle sue spalle e sulla sua schiena, mentre lei girava freneticamente la testa per guardarsi intorno. Gli occhiali da vista avevano preso il posto da quelli da sole e da dietro le spesse lenti trasparenti i suoi occhi scuri e a forma di mandorla cercavano di catturare ogni dettaglio del salottino in stile diciannovesimo secolo in cui ci eravamo raccolti.
Hawke, con la schiena incollata al muro della parete opposta al divano, la guardava con estremo interesse, senza perdersi nemmeno il più minuscolo movimento o la più indecifrabile espressione sul suo volto. Almeno, per una volta, indossava abiti veri – jeans neri e maglietta grigia – invece di quella minuscola e ridicola vestaglia rosa che copriva poco e niente alla quale sembrava molto affezionato. Adeline era mezza cieca anche con gli occhiali da vista e probabilmente non sarebbe riuscita comunque a vedere niente, ma non avrei mai voluto che corresse il rischio – come avevo fatto io.
Liam era seduto sulla poltroncina di fianco al divano e continuava a sollevare le ciglia per lanciarmi occhiate apprensive. Sentivo l’intensità delle sue iridi che mi bruciava la pelle della guancia rivolta verso di lui, ma non osai abbassare lo sguardo per incrociare il suo.
Io ero raggomitolata sul bracciolo della sua poltrona, con il labbro stretto nella morsa dei miei denti e il sudore che mi si freddava sulla pelle.
Da quando la mia migliore amica si era presentata alla villa di Hawke, qualche minuto prima, non ero riuscita a trovare una sola parola da dire. Alla fine, sbuffai e drizzai la schiena. «Okay, chi di voi due stronzi le ha detto come venire fino a qui?»
Hawke alzò le braccia sopra la testa. «Non io.»
Abbassai lo sguardo su Liam, che scosse i riccioli castani. «Nemmeno io.»
«Non sono stati loro», intervenne Adeline. Si sporse fino a raggiungere il bordo del divano. «Sei stata tu. Ti ho seguita.»
Sgranai gli occhi, incredula. «Mi hai seguita?»
Adeline aveva sempre molti problemi ad orientarsi. Se non c’era qualcuno al suo fianco che l’aiutasse a restare sul marciapiede, non riusciva nemmeno a trovare la strada per casa sua. Eppure era riuscita a seguirmi senza perdersi o farsi male? Cavolo, non sapevo proprio se incavolarmi con lei per aver corso un tale rischio o batterle una mano sulla schiena e farle i complimenti per essere riuscita non finire sotto una macchina.
Adeline si strinse nelle spalle e cominciò ad arrotolarsi una ciocca di capelli attorno all’indice. «Non è stato difficile. La tua anima è diversa da tutte le altre. Riesco ad individuarla anche in mezzo alla folla.»
Sospirai e incurvai le spalle, afflosciandomi su me stessa come un palloncino bucato. Abbassai gli occhi sulla moquette rosso ruggine del salottino. «Sapevo che conoscevi la verità sul mio conto.»
«Perché non me l’hai detta tu?»
«Perché sto cercando di proteggerti.»
Lei sollevò un sopracciglio con fare estremamente scettico. «Vorresti proteggermi da… te
Alzai una spalla. «Tra le altre cose, sì, anche da me.»
«Non sei completamente umana, e allora? Questo non vuol dire che tu sia malvagia – cosa che non posso dire per il tuo amichetto appoggiato al muro, che un’anima nemmeno ce l’ha.»
Hawke ci rivolse un ghigno. «Infatti, io sono estremamente malvagio.»
Adeline lo ignorò. «Rowan, tu sei la mia migliore amica e ti conosco meglio di quanto tu creda. So che stai combinando qualcosa.» Spostò per un secondo l’attenzione su Liam e assottigliò le palpebre, osservando la sua mano abbandonata sul bracciolo della poltrona e molto vicino alla mia coscia. «Qualcosa che va ben oltre il fatto che tu e Sterling avete cominciato a farvi gli occhi a cuoricino ogni volta che vi incrociate nei corridoi.»
«Noi non…» Mi morsi il labbro. Che diavolo di senso aveva negare l’evidenza? Io e Liam non riuscivamo a toglierci gli occhi di dosso, anche quando ci trovavamo alle parti opposte di una stanza. Era ovvio che Adeline, che a scuola era sempre al mio fianco, se ne fosse accorta. «Senti, è vero che stiamo tramando qualcosa. Ma quello che stiamo facendo…»
«Riguarda la morte di Daniel, vero?»
Mi ammutolii.
Adeline prese il mio silenzio come una risposta positiva, e alzò il mento. «Voglio aiutarti. Per questo ti ho seguita fino a qui.»
«Io non credo sia una buona idea…»
«E io credo che tu non dovresti fidarti di un tizio che ha l’aspetto di chi potrebbe cambiarti la vita con una scopata, ma non ha un’anima.» Indicò Hawke con un brusco cenno del mento, ma non staccò mai gli occhi dai miei.
Lui ridacchiò forte, sicuramente lusingato dal commento pungente della mia migliore amica. Ma, prima che potesse aprire la bocca e dar voce ad una delle sue porcate, si beccò un’occhiataccia da parte mia che lo fece tacere immediatamente.
Adeline continuò ad ignorarlo e proseguì: «E credo anche che non dovresti fidarti di Liam Sterling, perché è il classico imbecille che gioca a football e perché ti guarda come se ti volesse toglierti i vestiti di dosso.»
Liam si schiarì la gola, chiaramente a disagio. Soprattutto perché la seconda parte era vera.
Adeline si abbandonò contro i cuscini del divanetto rosso, intrecciando le braccia al petto e fulminandomi gli occhi. «Hai bisogno di me, amica mia. Che tu voglia ammetterlo, oppure no.»
Cercavo qualche argomentazione abbastanza forte per farle cambiare idea, ma non riuscivo ad elaborare un pensiero compiuto. Sapevo di volerla tenere al sicuro e il più lontano possibile dalla verità che aveva già capito da sola, ma non trovavo le parole adatte. E forse la ragione per cui non riuscivo a trovare qualcosa con cui controbattere era perché lei aveva ragione: io avevo veramente bisogno di lei.
«Sei davvero sicura di voler sapere cosa stiamo facendo? Di voler esser coinvolta in questi omicidi? Perché se ti diciamo la verità, sarai in pericolo.»
Lei si allungò oltre il bordo del divano per stringermi la mano nella sua. «Rowan, io posso vedere le anime. Credo di essere perfettamente in grado di gestire qualche mistero.»
Così, dopo esserci scambiati delle occhiate di assenso e intesa, le raccontammo tutto quello che sapevamo sugli ultimi strani omicidi e quello che avevamo scoperto fino a quel momento. Io parlavo a voce bassa e ferma senza mai distogliere lo sguardo da quello della mia migliore amica che stavo condannando al pericolo, mentre Liam e Hawke ogni tanto prendevano parola per aggiungere dei dettagli che ritenevano importanti.
Quando le spiegazioni finirono, Adeline rimase in silenzio per eterni istanti. Poi sollevò gli occhi sulla figura di Hawke, ancora con la schiena incollata alla parete opposta al divano sul quale lei era seduta. «Quindi, ora stai cercando di entrare in contatto con una strega?»
«Sì. Ma non è così semplice: le streghe tendono a restare nascoste.» Si strinse nelle spalle. «Sanno bene che i demoni vogliono usarle per i loro incantesimi, e che gli angeli vogliono punirle per il sangue demoniaco che scorre nelle loro vene.»
Adeline abbassò la testa e gli occhiali scivolarono sulla punta del suo nasino. «Io… sono una strega, vero?»
«Adeline», mi inginocchiai davanti al suo viso e le toccai una mano, «cosa ti fa pensare che tu non sia umana?»
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Senti, anche se non fossi in grado di vedere le anime, devi ammettere anche tu che la storia della mia bis nonna che incontra per caso un uomo bellissimo sul ciglio della strada e… puff, nove mesi dopo è nato mio nonno ha qualcosa di demoniaco.»
«Decisamente», commentò Hawke con un sorriso diabolico sulla bocca.
Adeline gli scoccò un’occhiata sbieca, poi tornò a guardare me. «Sono una strega, vero?»
«Immagino di sì», risposi con sincerità. «Tecnicamente, ogni creatura con sangue di demone viene definita una strega.»
Hawke si tese in avanti. «Di solito, le streghe più potenti sono quelle di prima generazione. Ma la magia è imprevedibile: a volte è possibile che i poteri si manifestino più tardi. E lei tue capacità… non ti spaventare, okay, ma mi ricordano un po’ i demoni Succubi, che si nutrono delle anime dei mortali.»
Sgranai gli occhi, incapace di decidermi se spaccargli la faccia per aver confidato i suoi sospetti sulle sue origini demoniache alla mia già parecchio spaventata amica, o correre a riparare i danni e consolare Adeline prima che cedesse al panico che le leggevo negli occhi.
«Porca merda!» Adeline spalancò così tanto le palpebre che gli occhiali le scivolarono lungo la punta del naso. «Ad essere sincera, ho sempre saputo di essere diversa, ma sono un essere cattivo? E finirò con il mangiare l’anima dei mortali come faceva il mio bis nonno?»
Hawke fece un ulteriore passo in avanti, scuotendo la testa. «Se non hai mai provato… fame alla presenza di Rowan, dubito seriamente che tu possa essere un pericolo per la razza umana.»
Lei mi osservò per eterni istanti. «Che intendi per fame?» domandò, tornando poi a guardare Hawke.
«Credimi, se avessi mai sentito il bisogno nutrirti della sua anima, sapresti di cosa sto parlando.» Si strinse nelle spalle, e tornò a poggiare la schiena contro il muro. «Quindi non corri nessun rischio.»
«Adeline», strinsi le dita attorno al suo polso esile e ossuto, «non sei un essere cattivo. Il fatto che tu condivida il sangue con un essere come il tuo bis nonno, non significa che tu sia come lui. Inoltre, se ti può far sentire meglio, nessuno in questa stanza è davvero umano.»
«A parte quell’imbecille di Sterling.»
«È la seconda volta che mi dai dell’imbecille. Sono stato davvero così terribile a scuola con voi?» Liam aggrottò le sopracciglia e si indicò il petto con entrambe le mani.
«Per essere terribile, avresti dovuto parlarci… o almeno, degnarci della minima attenzione», gli feci notare, incurvando le labbra verso il basso. «Cosa che non hai mai fatto prima che iniziasse tutta questa storia.»
Liam annuì, abbassando lo sguardo. «Già. È vero, allora. Sono un imbecille.»
La mia migliore amica piegò la testa di lato, mentre si sporgeva oltre il mio viso per guardarlo meglio. «Un po’. In fondo, da una prospettiva esterna, rispecchi alla perfezione i canoni del giocatore di football. Ma devo ammettere che in questo momento ti sto rivalutando… E se Rowan ti guarda come se ci fosse qualcosa degno di essere visto, allora forse è così.»
Sentii gli occhi di Liam posarsi sulla mia nuca, e fu quasi impossibile non voltarmi e rivolgergli un sorriso.
Hawke si schiarì la gola. «Posso fare una domanda?»
Sollevai un sopracciglio, voltandomi lentamente verso di lui. Aveva una mano nascosta nella tasca anteriore dei jeans e un’altra alzata come quando si vuole fare una domanda ad un professore. Era ridicolo. «Da quando in qua ti fai problemi prima di aprire bocca?»
Lui ignorò la mia frecciatina. «Cosa vedi quando guardi la sua aura? Sono sempre stato curioso», domandò, facendo un cenno della testa nella mia direzione ma senza distogliere gli occhi neri da quelli di Adeline.
Lei abbassò lo sguardo e mi fissò con espressione titubante e incerta.
Le rivolsi un cenno e un sorriso incoraggiante. «Puoi dirlo.»
«Vedo…» Inspirò di scatto e gonfiò il petto. «Un grigio scuro, quasi nero tutto intorno a te.»
Improvvisamente, come se fossi stata colpita senza preavviso da un volante calcio nello stomaco, sentii le lacrime salirmi agli occhi e il respiro che mi si mozzava a metà strada. Mi morsi il labbro con così tanta forza da farmi male, ma quel dolore non era niente al confronto della fitta che avvertii al centro del petto.
Era come avevo sempre temuto. Non importava quanto io mi fossi impegnata per dimostrarmi degna della grazia. Semplicemente non avevo alcuna speranza. La malvagità era dentro di me come un cancro che cresceva senza che me ne accorgessi. E un giorno sarebbe esploso, trasformandomi nel mostro gigante e spietato che avevo sempre temuto di diventare.
Liam si agitò sulla poltrona. «Che cosa significa?»
Non lo guardai in viso, quando spiegai: «Solitamente più un’anima è scura, più è malvagia.» Tirai su con il naso e solo in quel momento mi accorsi che non ero riuscita a trattenere le lacrime. «Elias aveva ragione: non ho nessuna possibilità.»
«No, cazzo.» Liam si alzò in piedi come un fulmine. «Noi non faremo di nuovo questa conversazione del cazzo», replicò. Circondò i miei fianchi e mi strinse al suo petto, combattendo contro i miei tentativi di liberarmi dalla morsa delle sue braccia.
Se avessi veramente voluto, avrei potuto facilmente allontanarlo. Dopotutto, lui era solo un umano e io ero molto più forte di quanto lui avrebbe mai potuto sognare di essere. Ma la realtà era che non volevo che mi lasciasse andare e che mi tenesse stretta a lui per moltissimo tempo ancora. Per questa ragione, abbandonai la testa sulla sua spalla, mentre le sue mani mi accarezzavano dolcemente le punte dei capelli che mi solleticavano la base della schiena.
«Guardami», mi ordinò quando smisi di dimenarmi nel suo abbraccio. Sollevai il viso dalla sua spalla e fissai gli occhi nei suoi. «Non so di preciso cosa ti abbia detto Elias, ma so che non ha ragione. Tu non sei malvagia.»
«Infatti», proseguì Adeline, che guardava nella nostra direzione con le sopracciglia aggrottate, «stavo per aggiungere che la tua anima è anche bianca. Di un bianco puro e luminoso, come quello delle anime dei Vigilanti.»
Mi passai una mano sugli occhi che bruciavano di lacrime. Sospirai con forza. «Non significa niente. Quello è solo il sangue di mio padre.»
Lei piegò la testa di lato. «Hai detto che sei metà angelo e metà umana. Quindi chi è tuo padre, un Vigilante?»
Scossi la testa. «Un Arcangelo.»
«Oh, wow», commentò Adeline in un sussurro.
«Se è così», intervenne Hawke, «allora forse nemmeno il resto significa quello che credi tu, splendore. Forse stai solo espiando peccati che non hai commesso.»
«Che intendi dire?» chiese Liam. Le sue dita ancora mi accarezzavano i capelli.
Hawke si strinse nelle spalle e fece una smorfia. «Non lo so, Fossette, è tanto che non controllo il regolamento, ma da quel che ricordo non è esattamente permesso ad un Arcangelo fare le zozzate con un’umana.»
«E perché deve essere Rowan a pagare per questo?» si indignò Liam.
«Perché gli Arcangeli non hanno un’anima», risposi con un filo di voce. «Non ne hanno bisogno: sono parte integrante di lassù.»
«Be’, questa è una stronzata! Lui fa qualcosa di sbagliato e tu ne devi pagare le conseguenze? Col cazzo!»
Sorrisi, mentre altre lacrime mi offuscavano la vista.
Liam era bellissimo. Gli occhi bruciavano come se stessero prendendo fuoco, i muscoli delle spalle e delle braccia erano così in tensione che le vene sotto lo strato della pelle erano più visibili del solito, le labbra carnose schiuse in un’espressione indignata.
«Rowan, ascoltami.» Adeline si alzò in piedi. «Io ho visto un sacco di anime nel corso della mia vita. Per esempio, quella di Eva Turner è di uno schifoso marroncino cacca perché lei sceglie di essere una stronza con tutti. L’anima di Paul Newman, invece, il tizio che mi ha dato ripetizioni di matematica al secondo anno, è di un adorabile azzurro pastello perché lui sceglie di aiutare chi ne ha bisogno e fare un sorriso a tutti quelli che incontra, anche a chi lo tratta male. Capisci quello che ti sto dicendo?»
Liam mi riavviò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise. «Libero arbitrio.»
«Hanno ragione loro, splendore.» Hawke sollevò una spalla. «La regola numero uno rimane sempre quella. Nemmeno gli Arcangeli possono infrangerla.»
«Okay.» Feci un respiro profondo e tremulo, nel tentativo di calmarmi. Mi asciugai quelle lacrime che erano sfuggite al mio controllo con il dorso della mano e fissai gli occhi sul volto sorridente di Adeline. «Se si parla di libero arbitrio, allora immagino di non poter fare o dire nulla per farti cambiare idea, vero?»
La mia migliore amica scosse la testa con vigore. Le sue labbra si piegarono in un sorriso ampio e radioso.
«È meraviglioso, ragazzi!» Hawke fece un passo in avanti, con gli occhi che brillavano di una luce demoniaca. «Questo vuol dire che siamo una squadra? Tipo la Scooby-gang, che va a caccia di mostri e fantasmi?»

 

   
 
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