Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    24/10/2020    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                                                            Il guardiano del confine
 

Il primo tardo pomeriggio d’autunno era sempre stato una tentazione per la pastorella dai lunghi capelli bruni. Lo aveva atteso come non mai anche quell’anno. Ma invece di godersi l’ipnotica danza delle foglie dai colori caldi, sorseggiando infuso di melograno, Roxanne stava vagando in mezzo al bosco, con l’ansia che cresceva a dismisura. Mentre si guardava attorno, circondata da alberi secolari e fitta vegetazione, sperava di ritrovare qualche indizio che le risultasse familiare. Stava forse cercano di scappare il più lontano possibile, o di tornare al rifugio della tribù dei fauni?

Pv.Klopin

- Scomparsa! Che significa scomparsa?! – dissi ad alta voce e tutti i rimasugli del sonno mattutino vennero spazzati via come polvere nel vento. La giovane amazzone, con occhi confusi, scosse la testa facendo ondeggiare l’orecchino a cerchio. Se perfino lei, Esme, la mia diligente sorella, non sapeva nulla su quella misteriosa scomparsa, allora la questione era davvero grave. Feci vagare lo sguardo tra i miei uomini, che subito ammutolirono, pressati dai miei occhi indagatori.
- Qualcuno di voi sa qualcosa? – chiesi ad alta voce, ma nessuno ebbe il coraggio di aprir bocca. Scrutai attentamente ogni singolo fauno per essere certo di leggerne qualche segno sospetto.
- Devo rammentarvi chi sia la nostra ospite? – aggiunsi per poi afferrare il bastone che portavo sempre con me. A quel punto avvertì qualche respiro smorzato, in mezzo alla folla apparentemente calma.
- La ninfa è sotto la mia protezione – dissi ancora, battendo il bastone sulla terra massiccia – Conoscete tutti la regola. Nessuno di voi deve osare toccarla, o altrimenti…-
- Capo, a nome di tutti posso assicurarti che non ne sappiamo niente – si fece avanti uno del gruppo – Se sapessimo dove si fosse cacciata la ninfa ti avremmo subito avvisato -.
Il resto del gruppo annuì, incoraggiato dalle parole del loro compagno. Osservandoli mi resi conto che nessuno di loro mi stava mentendo. Li conoscevo molto bene, e nonostante la loro natura selvaggia, i brutti difetti e le maniere poco ortodosse, ero sicuro della loro lealtà nei miei riguardi. Così mi rilassai.
- Forse è scappata! – suggerì allora un altro fauno.
- Impossibile – affermò infine Esme, al mio fianco – Il suo cerbiatto è ancora nella tenda. Una ninfa non abbandonerebbe mai il suo animaletto mistico. Deve esserle successo qualcosa -.
A quella teoria non potei che essere d’accordo. Ma non c’era più tempo da perdere; dovevamo trovarla. Se si fosse allontanata oltre i margini delle nostre terre, allora potevamo già considerarla bella che morta. 
- Fauni, armatevi e preparatevi per la ricerca! Zarias, raduna i tuoi sottoposti! – fu il mio ordine, poi mi rivolsi all’amazzone.
- Esme, recupera la logora veste della ninfa -.
La fanciulla dalla lucente armatura annuì decisa e si mobilitò. Senza darle ulteriori spiegazioni, aveva da subito inteso i miei piani. Con un fischio acuto chiamai la mia piccola capretta dal mantello argenteo, e in fretta si accucciò al mio cospetto, in posa di attesa.
- Djali, tesoro, il compito più importante spetta a te – le dissi accarezzandole la testa vellutata. Mi rispose con un belato fiero e dolce. Incredibile ma vero: lei sapeva essere anche più affidabile di tutti i miei sottoposti messi insieme.

PV Roxanne

- Ma dove sono finita?! Perché mi trovo qui? – esclamai, con il fiato corto, mentre continuavo ad avanzare tra i sentieri della selva, senza una meta precisa. Che sia chiaro, non ero scappata dall’accampamento, e a dirla tutta, non ne avevo minimamente sfiorato il pensiero. Tuttavia, incredibile ma era la verità, non riuscivo a ricordare il perché e il come fossi arrivata lì.                                                                                                                                                                                                      “Dove mi trovavo poco prima?...E cosa stavo facendo?” interrogavo me stessa, scrutando nella mente per risolvere quell’enigma. “Mi trovavo all’accampamento dei fauni, avevo appena salutato Esme e mi stavo ritirando nella mia tenda. Poi, forse per puro incoraggiamento da parte dell’amazzone, mi ero spinta nella direzione opposta, verso la tenda di Klopin. Avevo qualcosa di personale da dirgli. Ma subito dopo mi ero bloccata. Qualcosa, non so, forse una voce, mi aveva chiamata e mi invitava a seguirla. Era un richiamo che avevo già sentito in passato…varie volte. Poi, il buio assoluto. E all’improvviso mi sono trovata qui”. Ecco perché mi sentivo così spaesata nel cuore del bosco, ormai consapevole di una snervante verità: mi ero persa. La cosa peggiore era che non potevo affidarmi al mio senso dell’orientamento. Senza Morò e al suo potere di comunicare con me e con gli abitanti della selva, non potevo sperare di ritrovare la strada per il ritorno. Ma in qualche maniera dovevo riuscirci. Morò, povero piccolo, si starà chiedendo dove fossi finita. Si sentirà solo e abbandonato. Ovviamente, anche la tribù ed Esme avranno scoperto la mia scomparsa. Chissà cosa avrà pensato il loro capo, Klopin?...        Mentre pensavo a ciò, avvertì alcuni fruscii che arrivavano in varie direzioni, tra i cespugli, e questo mi fece allarmare non poco. A un certo punto, il mio piede si scontrò con una grossa radice di un albero. Inciampando, caddi rovinosamente a terra in mezzo al fogliame secco. Quando alzai lo sguardo il respiro mi mancò di colpo. I miei occhi incontrarono il muso di un animale, una capra per l’esattezza. Ma ciò che mi fece rabbrividire era un dettaglio che non potei non notare, nemmeno a prima vista. Era di pietra. Il muso, le corna, la pelliccia e gli zoccoli, tutto di quel povero animale era fatto di pietra dura e grigia. Un silenzio tombale, peggio di un frastuono assordante, mi stava torturando, mentre fissavo gli occhi senza vita della bestia. A quel punto mi tornarono in mente le parole di Esme: troppe capre del loro bestiame erano state ritrovate pietrificate, al di là del rifugio. La bestia della pietra. La creatura della maledizione doveva trovarsi proprio lì, nei paraggi. E io ero sola, indifesa. Sarei stata una preda facile…                                                                                                                                          Il battito d’ali di uno stormo di uccelli, alquanto agitati, mi fece tornare alla realtà e al tempo stesso mi diede un brutto presentimento. Sapevo bene per esperienza, cresciuta in mezzo alle pecore, che quando gli animali mostrano segni simili significava solo una cosa: pericolo. Scattai in piedi e guardandomi attorno vedevo solo cespugli e grossi alberi. Decisi di non fermarmi a lungo per capire se qualcuno, o qualcosa, mi stesse seguendo. Poteva risultarmi fatale. Man mano che camminavo a passo svelto ebbi l’impressione che qualcosa non andava: era come se le forme e i toni della selva stessero cambiando lungo il mio cammino. Solo allora capì che mi ero allontanata ancora di più dalla strada maestra, perché il luogo era del tutto diverso. E quando mi addentrai verso un nuovo sentiero, ne ebbi la conferma. Quel fogliame, che nei giorni di autunno assumevano lo splendido colore accesso che tanto amavo, era invece così strano. Il rosso vivo tipico delle foglie era in verità quasi nero. Il bosco fatato, nonostante fosse in pieno giorno, aveva assunto un’aria tetra e oscura, così tanto che mi fece riportare alla mente i paesaggi cupi nei miti dell’oltretomba. Ma in quel preciso istante, non troppo lontano, avvertì un lamento acuto. Sembrava un misto tra il gemito di un bambino e di un animale, un qualcosa di inspiegabile. Catturata dal panico, scappai a gambe levate, imboccando vari sentieri che per me erano tutti uguali. Mentre correvo le foglie scricchiolavano ad ogni mio passo, ma ero troppo terrorizzata per curarmi di quel dettaglio. Tuttavia il cuore mi martellava all’impazzata, con la paura di essere aggredita da un momento all’altro. Il cielo mi cascò addosso quando, girando verso un nuovo sentiero ricoperto dal fogliame rigoglioso, scoprì che ero arrivata a un vicolo cieco. Davanti a me vi era solo un grosso albero dalle radici che spuntavano dal terreno. Rimasi un attimo immobile, interdetta e indecisa sul da farsi. L’unica cosa logica da fare era di tornare sui miei passi. Avevo appena sfiorato quell’idea che uno strano rumore alle mie spalle mi fece gelare il sangue. Molto lentamente mi girai, mentre piccole perle di sudore mi scivolavano sulla fronte. I miei occhi, almeno inizialmente, videro solo il fogliame nero che rivestiva la maggior parte di quel pezzo di bosco. Sbattei per due volte le palpebre e subito dopo vidi i contorni delle fronde sgretolarsi e assumere una forma ben distinta. Una figura alta, scura, che camminava su due gambe. Un uomo? Per via della luce scarsa non potevo distinguerne i dettagli, ma mi accorsi che sulla sommità del capo spuntava l’ombra di due grossa corna, mentre in sottofondo si udiva il classico suono sordo degli zoccoli sulla terra. Un fauno! Non so il motivo, ma per un attimo pensai che fosse Klopin. Che fosse venuto a cercarmi? Ma la mia intuizione cambiò quando l’oscurità del luogo cominciò ad attenuarsi. La sagoma si mosse verso la mia direzione, così facendo i contorni e i particolari divennero più nitidi. La testa, che non era quella di un fauno, era rivestiva da una vaporosa pelliccia grigia. La fronte, le orecchie, il muso dove le grosse narici si dilatavano ad ogni respiro, erano di colore nero. Un sottile filtro di luce, facendosi largo tra la vegetazione fitta, riuscì a illuminare la faccia della creatura: due gemme gialle, che brillavano come monete, erano incastonate sul manto color ebano, e mi fissavano intensamente. Una capra! Aspetta un momento! Avevo già visto quella testa di animale da qualche parte…nel mio incubo! Riconobbi allora la bestia che avevo davanti e mentre realizzai che mi avrebbe attaccata e tramutata in pietra, le gambe avevano già iniziato a tremare. Intanto, la bestia rimaneva lì, immobile, intenta a fissarmi e a annusare l’aria circostante. Ero terrorizzata, ma non riuscivo a spezzare il contatto visivo con quelle gemme dorate. Ero sul punto di muovere la mano verso il pugnale che portavo sotto la veste quando accadde qualcosa di inaspettato. La creatura drizzò le orecchie lunghe, e dopo qualche secondo di silenzio, emise versi furiosi, irritata chissà da cosa. Pietrificata dalla paura non osai muovermi, mentre la bestia calpestava il terreno e sollevando così la polvere con i possenti zoccoli. Infine, in un lampo si gettò in una corsa feroce verso il sentiero opposto, dimenticandosi completamente di me. Nonostante la paura e il terrore, non temporeggiai oltre e subito presi al volo l’occasione. Durante la folle corsa per mettermi in salvo, nella mia mente si accumularono tante domande. Come era possibile? Eppure ero sicura che quel mostro era lo stesso che avevo incontrato nei miei sogni. Cosa mi stava succedendo? Un sogno premonitore? Anche adesso, che sto correndo in questa sorta di labirinto di sentieri oscuri, braccata da una bestia simile al Minotauro di Minosse, mi sembra tutto così…familiare, e reale. Non mi sarei stupita se lì da poco avrei trovato la tenda color porpora ad attendermi. E io mi ci sarei intrufolata all’interno, sapendo l’esito in largo anticipo? Ma magari la bestia non mi stava affatto inseguendo, pensai positiva. Con un po’ di coraggio, mi voltai per pochi secondi indietro, per accertarmi della situazione. Ma pochi attimi di distrazione bastarono per farmi scivolare e cadere proprio sull’orlo di una lunga discesa, e inevitabilmente ruzzolai giù come una balla di fieno. Quando mi fermai, ero ricoperta di polvere e alcune foglie erano rimaste impigliate tra i miei capelli. Senza badare né al mio aspetto, né allo spazio circostante, la prima cosa che feci fu strisciare tra le foglie morte e mi intrufolai nell’oscurità di un cespuglio basso. Beh, almeno non si trattava di una tenda sospetta. Rannicchiandomi con le gambe strette al petto, decisi di dedicarmi un momento per riprendere fiato e calma. Ero talmente scossa per il pericolo che avevo rischiato che mi sarei messa a piangere. Troppe, troppe emozioni in così poco tempo. Respirai regolarmente e aspettai che il cuore smettesse di galoppare nel mio petto. All’improvviso qualcosa mi mise all’erta. La sensazione di essere osservata mi provocò un brivido che mi corse lungo la schiena. Mi voltai di scatto e scoprì due occhi che mi fissavano nel buio. No! La bestia mi aveva raggiunta!… e mi avrebbe divorata in un sol boccone, proprio come doveva andare a finire! Cercai di urlare, ma una mano, magra e salda, mi afferrò la bocca per chiuderla. Una voce calda e sussurrata mi accarezzò l’orecchio col suo alito.
- Shhh! Non gridare! –
Era una voce maschile, che con lo stesso tono, un po’ invadente e ammaliante, mi aveva donato strane sensazioni la notte precedente. Anche in quel momento, nonostante la situazione per niente tranquilla, avvertì un brivido sulla pelle, e non era per paura. Finalmente, lui era lì. Forse per via del contesto, dovetti ammettere che ero davvero sollevata di averlo così vicino. Con le dita gli scostai la mano per darmi la possibilità di parlare.
- Klopin…-
- Parla piano. Potrebbe essere ancora nei paraggi – mi ammonì il capo tribù e mi fece segno di accucciarmi al suolo. Senza obiettare feci esattamente come mi aveva ordinato, e ci trovammo insieme nascosti nel cespuglio, con i volti all’altezza dei fili d’erba.
- L’hai visto anche tu, vero? – mi bisbigliò, mantenendo gli occhi fissi sotto il livello delle foglie, spiando la situazione attraverso l’apertura a pochi centimetri da terra. Gli rivolsi lo sguardo e risposi:
- Quel mostro con la testa da capra…- non ebbi però il tempo di finire che lui aggiunse.
- Non è una testa da capra. E’ un ariete –
Non ero ben sicura di aver capito, ma decisi di tralasciare quel dettaglio. Forse Klopin non sapeva ancora che quell’essere era proprio la creatura della maledizione, dato che quasi nessuno conosceva il suo aspetto.
- Beh, comunque sì. E ci è mancato poco che mi tramutasse in pietra – dissi a bassa voce, ripensando con orrore a quel preciso momento in cui stavo per rimetterci la vita. Il fauno, che per tutto il tempo era rimasto vigile fissando attraverso l’apertura del cespuglio, finalmente mi diede la sua attenzione.
- Tramutarti in pietra? – mi chiese, corrugando la fronte, come se non avesse capito il concetto delle mie parole. Cosa c’era di così complicato?
- Esatto. Quel mostro è la bestia della pietra – dissi con decisione, alzando di un tono la voce. Klopin mi sfiorò le labbra con un dito per farmi tacere, per poi darsi un’occhiata in giro, muovendo le orecchie che spuntavano dai capelli corvini. Quel gesto così improvviso, quel contatto così semplice, mi fece arrossire. Meno male che lui era troppo occupato per accorgersene. Quando si rilassò, tornò a guardarmi e mi donò un mezzo sorriso, uno di quelli sornioni che aveva già sfoggiato alla nostra prima conoscenza.
- Piccola ninfa, si vede che sei cresciuta in una campana di vetro, se non sai con chi abbiamo a che fare – sussurrò, e quasi si fece scappare un risolino. In quel momento non sapevo se chiedere spiegazioni o risolvere la questione prendendo a schiaffi quella faccia spudorata. La sua aria saccente mi dava sui nervi. E io che volevo metterlo in guardia…
- Che vuoi dire? Non è la bestia che stavate cercando? – chiesi, mantenendo il tono di voce basso e pacato.
- Certo che no – affermò il fauno, tornando alla sua posizione di poco fa, col petto contro la terra erbosa – Per tua fortuna è solo il guardiano del confine. Ma a dirla tutta anche lui non è un docile agnellino -. All’improvviso udimmo un suono frusciante che ci fece ammutolire del tutto. Klopin mi ordinò di non muovere neanche un muscolo. Ma nei paraggi non vi era anima viva, a parte noi due nel nostro rifugio fatto di foglie.
- E'così pericoloso? – osai chiedergli, con voce quasi soffocata - Insomma, a parte la testa, sembra un fauno come te –. Anche io ero consapevole della mia ignoranza, ma ero comunque curiosa. A parte le leggende che mi aveva raccontato mio padre, non sapevo praticamente nulla del mondo oltre la siepe.
- Non è affatto come noi. Il guardiano non ha nessun briciolo di razionalità, si lascia guidare dal primitivo istinto animale. Il suo compito è di non permettere agli estranei di superare il confine tra queste terre. Cioè quella del semplice bosco, dove i fauni sono soliti rifugiarsi, e quella dei centauri. È capace di farti volare al di là della selva se ti carica con le sue possenti corna, o peggio, traforarti lo stomaco se sei così esile -.
Immaginando la scena dell’ultimo dettaglio, provai un senso di ribrezzo. In seguito rimanemmo per qualche secondo in silenzio. Klopin non si era scostato da me nemmeno di un millimetro. Ogni tanto spostava lo sguardo da una direzione all’altra, annusava l’aria e faceva fremere le orecchie per udire ogni singola vibrazione. Osservando il suo profilo, avendolo così vicino potevo studiare ogni tratto del suo volto, del suo “essere”. Non so, ma in quel preciso momento lo trovavo così…insolitamente interessante. Avevo avuto già occasione di osservare quei “dettagli” che lo rendevano unico, ma in quel momento potevo dedicarci più attenzione. Ritornando poi alla nostra situazione, ripensai al fatto che lui era davvero venuto a cercarmi.   
- Così sei venuto a salvarmi – dissi sottovoce, ma in realtà era un pensiero che mi era sfuggito dalle labbra. Il fauno si voltò verso di me e mi guardò con quei occhi color pece.
- Beh, sì, se vogliamo metterla in questo modo -.
In un primo momento avvertì uno strano calore nel petto, accompagnato da un senso di tenerezza nel vedere il suo modo di tormentarsi il ciuffetto sotto al mento.  
- In fondo sei la nostra alleata e preziosa guida per il viaggio verso il Tempio. Non possiamo permetterci di perderti – aggiunse poi, allargando un sorriso di intesa.
- Ah, capito. Beh sì, ovvio – risposi, e quella nota euforica di poco fa svanì dalla mia voce.
- Come hai fatto a trovarmi? – gli chiesi, cercando di tornare disinvolta. Nel frattempo, il fauno aveva premuto un orecchio sulla terra, e dopo alcuni secondi tornò a parlarmi.
- Abbiamo seguito il tuo odore. Inoltre, Zarias e compagni sono stati i primi a rintracciarti, seguendo le tracce del guardiano che ti stava cacciando -.
- Zarias? Il fauno che hai sgridato ieri notte? – gli chiesi. Non mi ero dimenticata di quel tipo che mi aveva dato un “benvenuto” troppo movimentato. 
- Esatto. Beh, almeno questo straccio alla fine è servito a qualcosa – mi spiegò e mi mostrò un lembo della mia vecchia veste, quella che mi fu strappata dai fauni – grazie a Djali, che ha un fiuto infallibile, è stato così facile -.
Quella spiegazione mi fece rimanere completamente di sasso. Tutti loro, non solo Klopin ma anche il resto dei fauni si erano mobilitati per cercarmi. Non importava se per loro ero solo una ninfa da salvaguardare per i loro interessi, non cambiava la realtà che si erano comunque esposti al pericolo per salvarmi. Forse, un po’ di sincera fiducia che avevo perso stava finalmente riaffiorando dalle ceneri.
- Bene, sembra che la situazione sia tranquilla – mi annunciò il fauno, senza però lasciare il suo diligente tono basso – Magari Zarias e gli altri sono riusciti a tenerlo a cuccia per un po’ -.
La notizia mi fece tirare un sospiro di sollievo. Meno male. Poi, inavvertitamente, mi ritrovai lo sguardo di Klopin che mi fissava insistente.
- Posso sapere perché sei scappata dal campo? – mi chiese senza mezzi termini.
- Non sono scappata – risposi subito. Avrei dovuto aspettarmi una domanda simile, in fondo ero sparita così improvvisamente. Ma con quale motivazione mi sarei potuta spiegare? Cosa mi invento adesso?
- Ah, davvero? – fece lui, alzando un sopracciglio – e allora come mai ti sei allontanata? -.
Ecco, ora cosa faccio? Se gli avessi raccontato che era inspiegabile anche per me, cosa avrebbe pensato? La storia dello strano e misterioso richiamo che mi aveva ipnotizzata lo avrebbe convinto, o no? Con tutte quelle domande che mi frullavano in testa non mi resi conto che ero rimasta in silenzio per vari secondi, e il fauno assunse un’aria sospettosa.
- Posso dirti cosa penso? Questa volta non centrano i miei uomini, vero? – affermò poi, e sulla sua faccia ambrata si dipinse un’espressione seria. Mi stava studiando. Mi stava mettendo alla prova.
- Cosa intendi dire? – feci, cercando di non perdere la calma per non farlo insospettire di più.
- Che non mi hai ancora detto tutto di te – mi rispose, con i suoi occhi che non cessavano di fissarmi.
“No, ti prego. Non dirmi che se ne è accorto? “pensai tra me, e l’ansia ricominciò a farsi sentire. Intanto, senza troppe cerimonie, Klopin si era avvicinato ancora, limitando lo spazio già ristretto tra noi due.
- Sei strana – ricominciò, e il suo odore, di muschio selvatico, mi stuzzicò le narici – anche se sei cresciuta lontana da tutto, come una semplice figlia di pastori, rimani pur sempre una ninfa. Ma sei comunque…singolare -.
La mia mente e il mio cuore erano in subbuglio. Il fauno mi stava mettendo alle strette, e a quel punto sentivo che non potevo più fingere. Mi avrebbe strappato comunque la verità, con le buone o con le cattive. Dovevo confessare di non essere una ninfa. Mi chiedevo solo se poi, sentendosi ingannato, avrebbe spezzato il nostro patto e non mi avrebbe più aiutata nell’impresa. Cosa faccio?!
- Su, Roxanne, dimmi cosa mi nascondi – disse, rompendo il silenzio, togliendomi una foglia secca dai capelli. Sospirando, socchiusi gli occhi e cercai di mettere insieme le parole.
- Volevo provare a dirtelo oggi – cominciai – stavo venendo a cercarti nella tua tenda…Vedi…io…-.
In quel preciso istante, la faccia di Klopin cambiò repentinamente.
- Sta giù! -
Le sue orecchie si drizzarono di colpo, gli occhi si spalancarono e subito dopo le sue braccia mi tennero stretta, col suo corpo che mi schiacciava al suolo. Ma cosa sta facendo? La mia faccia si fece rossa e bollente. Poi, in mezzo secondo, sentì una ventata fredda che mi scompigliò i capelli. Una pioggia di foglie, quelle del cespuglio, cadde frenetica e danzante. Un verso animalesco che avevo già udito risuonò feroce nelle orecchie. Quando Klopin, tenendomi ancora al riparo col suo abbraccio, si mosse e alzò il capo, anche io potei vedere cosa stava succedendo.

Il cespuglio rigoglioso dove la ninfa e il fauno si erano nascosti era stato letteralmente spazzato via da una forza sovrumana. O meglio precisare, da un essere mostruoso. Roxanne finalmente lo vide bene, in tutta la sua forma. Una specie di ibrido tra uomo e ariete che camminava su due zampe, con tanto di zoccoli di piombo che scuotevano il terreno. Il busto tonico e le braccia muscolose, di una carnagione olivastra, erano segnati da mille cicatrici. Infine la testa, grossa e maestosa, era nera, incorniciata da un vello grigio e ricciuto, e due enormi corna erano ricurve verso il basso. Sopra il muso bovino si presentavano quelle gemme, gialle come topazi preziosi. Il guardiano del confine aveva scovato le sue prede.  
 
Angolo dell’autrice
Bonsoir a tutti! Perdonate il ritardo mostruoso, ma questo è stato un periodo molto particolare, fatto di cambiamenti e di tante cose nuove. Ma bando alle ciance, ecco per voi il nuovo capitolo della storia. Finalmente abbiamo scoperto che fine avesse fatto Roxanne, ma la situazione non è certo delle migliori. Il guardiano del confine è un personaggio davvero singolare (mi sono ispirata alla mia idea iniziale di un qualcosa di più animalesco di un fauno, e prendendo spunto da qualche tavola su google) spero che vi piaccia <3 Vi ringrazio in anticipo, a tutti voi che state continuando a leggere la storia e abbiate pazienza con i miei tempi da lumaca XD  Al prossimo capitolo  
         
   
 
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