Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Saeko_san    24/10/2020    1 recensioni
Ogni scrittore, amatoriale o professionista che sia, nella sua carriera ha incontrato sempre un grande ostacolo davanti a sé, chi prima, chi dopo: quello di ideare una storia, costruirla, a volte scriverne interi capitoli, per poi perderne l'interesse, a volte lasciandola sola e abbandonata a se stessa, senza più essere in grado di concluderla.
Per quel che mi riguarda, ne ho diverse di storie di questo genere e, datosi che non sono mai riuscita a trovar loro una conclusione o uno sviluppo appropriati, ho deciso di raccoglierle tutte insieme e comunicare la mia frustrazione (data dalla mia incapacità di concluderle) al mondo.
| stories first written between 2008 and 2011 |
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7. Parte 2- Long:
Cronache di anime e congreghe, capitolo 6:
L’angelo della finestra d’Oriente
 


Il fuoco scoppiettava allegro, per quanto la legna che animava la fiamma fosse scarsa e il focolare risultasse esiguo. Trashiraa aveva detto che, anche se ormai erano riuscite ad allontanarsi abbastanza da Arvar e i folletti dei boschi accendevano sempre dei piccoli fuochi fatui di sera, era più sicuro non eccedere con l’illuminazione.
Quel piccolo focolare che la fata aveva acceso sfregando due pietre focaie serviva a tenere lontani gli animali e per non farsi inghiottire dalle tenebre. Non di certo era utile a scaldare le membra.
Rora rabbrividì. Ricordava che nel mondo di Laviro la notte era sempre molto fredda e che si era allenata spesso in quel buio gelato, esposta alla tramontana che tirava da nord, dove erano attualmente dirette. Ricordava di non aveva mai patito il freddo, di questo era sicurissima; era anche vero che rimanere fermi in quel gelo faceva sentire ogni minima contrazione dei muscoli, ogni minimo lavoro delle sue cellule come se fossero tanti piccoli aghi che attanagliavano i suoi nervi dall’interno.
Trashiraa si era allontanata per parlare con un folletto che avrebbe garantito loro il silenzio sul loro passaggio per quel tratto di foresta.
La ragazza fissò il fuoco con aria assente, riflettendo attentamente su tutto quello che le era successo dal suo risveglio.
 
E su ciò che è accaduto prima che perdessi la memoria.
 
Dopo il racconto di Trashiraa aveva rimembrato ciò che era: ricordava di essere nata ad Arvar e ricordava il volto di sua madre, Aelithia; ricordava che quella donna era bellissima, aveva due profondi occhi d’oro e i capelli rosso fuoco, le sue mani erano affusolate e aveva un portamento regale. Rora aveva un vago ricordo di quando era piccola, quando sua madre la curava, giocava e scherzava con lei, conservando uno sguardo tipico dell’atteggiamento materno, caldo e confortevole; ma una volta scoperta la totale assenza di poteri magici all’interno del suo cuore, l’aveva allontanata e da quel momento le sue iridi d’oro avevano smesso di trasmettere amore, sostituendo il calore con il freddo.
Ma se ricordava perfettamente il volto di sua madre, quello di sua sorella e di suo padre erano inesistenti.
 
Perché? Perché la mia mente mi ha nascosto le cose più importanti?
 
Era certa di ricordare che accanto a lei c’era sempre una presenza essenziale e ricordava che questa presenza era stata divisa da lei quando Aelithia aveva deciso di far addestrare le due figlie e di farle diventare guerriere. Ricordava di aver provato un odio profondo per Kilik seguito poi da un immenso rispetto, quando lui e sua sorella avevano deciso di renderla partecipe al piano per istituire la Congrega Bianca; ricordava anche di essere stata scoperta, proprio mentre aveva un colloquio con la madre, che le aveva sondato la mente mentre parlavano e aveva scoperto una luce bianchissima ad occupare ogni singolo pensiero che la figlia formulava: quella luce era la prova che Rora era dalla parte del Bene.
Sapeva anche che, quando la madre aveva tentato di andare più a fondo nel suo dubbio, lei le aveva chiuso completamente la mente a tutto ciò che sapeva, senza far trasparire i loro intenti o chi facesse parte della Congrega, proteggendo sua sorella, Kilik e Trashiraa; ciò l’aveva però resa colpevole senza possibilità di dubbio.
Era stata imprigionata e interrogata fino alla nausea. Ma, contro ogni sua aspettativa, Rora era riusciva a tenere chiusa la sua mente, anche se il punto luce della sua purezza era visibilissimo a chiunque cercasse di leggerle nel pensiero. Poi, una sera, Trashiraa era venuta a visitarla in cella sotto ordine di Aelithia; le aveva dato da mangiare una foglia di meso, per cui la ragazza era diventata improvvisamente invisibile. Quando Trashiraa era uscita dalla cella Rora l’aveva seguita, ma il suo carceriere, Pep, aveva scoperto subito che la ragazza non era più dietro le sbarre. Essendo figlio di un danchi e di una strega, Pep leggeva nel pensiero. Aveva sondato le menti presenti accanto a lui e aveva scorto il punto luce nella mente della sua prigioniera. Lei e Trashiraa erano fuggite.
Nella fuga, la piccola sarta era caduta. Senza curarsi della fata, Pep si era lanciato all’inseguimento di Rora; ricordava perfettamente di aver sentito il suo carceriere gridare, verso la sua maestra:
 
-Di te mi occuperò dopo!-.
 
Erano arrivati al bosco; per la prima volta da quando l’avevano scoperta, la mente di Rora aveva vacillato. Se Pep le avesse letto nel pensiero, avrebbe scoperto la verità.
In quello stesso momento aveva sentito un enorme boato e aveva avvertito un’enorme luce fuoriuscire dal suo petto. Dopodiché, il nero buio dell’incoscienza l’aveva avvolta, finché non si era risvegliata nella radura e aveva combattuto contro Pep, che probabilmente era stato preso in pieno dal suo potere magico ed era svenuto. Ricordò ancora una volta come aveva ucciso il carceriere. Ora non provava stupore, poiché sapeva benissimo che era una cosa normale per lei: aveva ucciso tanti uomini e creature incantate nel mondo di Laviro, per ordine della madre.
Un fruscio la distolse dai suoi pensieri.
 
Chi è?
 
-Rora, sono io- disse Trashiraa.
 
La piccola sarta spuntò da un cespuglio. Il folletto con cui si era allontanata non c’era.
 
-Che dice Sir Trent?-.
 
Chissà perché i folletti sono conosciuti con il nome di Sir.
 
-Che i folletti dei boschi intorno ad Arvar non diranno nulla riguardo al nostro passaggio. Rimarranno muti come mosche-.
-Bene-.
-Ora vedi di dormire- le disse Trashiraa, con uno sguardo eloquente –Domani ci sveglieremo presto. Abbiamo cinque giorni di cammino, prima di arrivare al Canale di Jamrin-.
 
-D’accordo. Buonanotte allora-.
-Buonanotte-.
 
Rora si coricò con il volto rivolto al cielo, avvolgendosi in una delle coperte che la maestra aveva portato da casa. Le stelle brillavano luminose nella notte e sembravano nasconderle la verità del mondo.
 
Quale sarà il Grande Segreto?
 
Si addormentò contando quei puntini luminosi nel cielo e cercando di ricordare il volto di sua sorella.
 
***
 
Una luce abbagliante la avvolse e si sentì perduta e confusa in quell’abbondanza di luminosità. Non riusciva ad aprire gli occhi e quindi a rendersi conto del mondo circostante, ma sapeva per certo una cosa: era in piedi.
I suoi piedi poggiavano su qualcosa di estremamente liscio. Dopo aver tentato di sbattere ripetutamente le palpebre, riuscì a dischiudere gli occhi; davanti comparve una stanza molto familiare. Il pavimento era bianco e vuoto, dando quasi l’impressione di essere sospesi nel nulla. Le mura della stanza erano altissime e il soffitto, sorretto da colonne senza fine, era invisibile. Su alcune colonne c’erano dipinte delle foglie di alloro verdissime e sulla parete di fronte a lei c’era un’enorme finestra.
Appollaiato a guardare il cielo azzurro, come se fosse in contemplazione, c’era un angelo, dai capelli neri come la pece. Le ali dietro la schiena erano grandi e bianchissime, mentre la veste era azzurra e decorata in broccato. Sembrava non essersi accorto della presenza di Rora.
 
“Ehi tu!” disse la ragazza.
 
Come se stesse rivivendo un deja-vu, l’angelo si voltò lentamente verso di lei e la guardò con occhi sognanti. Poi parve rendersi conto di qualcosa, sorrise amichevole e pronunciò il suo nome:
 
“Rora”, la sua voce era bassissima e leggera “Vieni qui. Rora”.
 
Ho capito!
 
Quello era l’angelo dei suoi sogni. Il primo ricordo che aveva avuto quando si era svegliata dopo esser fuggita dalle carceri di Arvar.
Quasi inconsciamente, dimenticandosi di aver fatto il collegamento mentale, la ragazza mosse un passo. E poi un altro. Quando arrivò a pochi metri dalla parete della finestra, l’angelo si alzò in piedi sulla finestra, spiegò le ali e discese elegantemente accanto a lei. Ora poteva vedere i suoi occhi: erano grandi e scuri, tanto profondi da potercisi perdere.
 
“Chi sei tu?” chiese la ragazza, incantata.
“Come, non mi riconosci?”.
“No”.
 
Rora arrossì.
 
L’ho già visto, ma non so dove.
 
“Allora non posso dirtelo”.
“Perché?”.
 
L’angelo sorrise.
 
“Vieni con me” disse.
 
Le offrì il braccio e lei lo accettò, avvicinandosi a lui. Iniziarono ad incamminarsi per la stanza, rimanendo sempre in vista della grande finestra.
 
“Non posso dirti chi sono a meno che tu non lo capisca” iniziò l’angelo “Perché mi è stato imposto. Chi era qui prima di me mi ha imposto di fare così. Per poter liberare il mio potere devi ricordare o trovare da sola il modo”.
“In che senso il tuo potere?”.
“Lo scoprirai insieme alla mia identità”.
“Ma perché devo liberare il tuo potere?”.
 
L’angelo sembrava parlare troppo speditamente, esattamente come faceva Trashiraa. Ma lui, a dispetto della sua maestra, sembrava non avere alcuna intenzione di fornire alcuna spiegazione in merito.
 
“Non posso dirti nulla, per il momento”.
“Ma senza basi come faccio a scoprire chi sei?”.
 
La ragazza iniziava a spazientirsi. Anche se quell’angelo aveva un’aria così mistica e divina, si comportava in modo esasperante.
 
“Le basi le hai” disse lui, tranquillo.
 
Rora lasciò andare il suo braccio, con fare indispettito.
 
“Dove? Dove le l’ho le basi??”.
“Proprio qui intorno. Ti basterà ricordare le caratteristiche di questo ambiente”.
 
Lei lo guardò diffidente.
 
“E basta?”.
“Sì”.
“Ma se volessi provare a cercarti al di là del mondo dei sogni?”.
“Puoi riferirti a me… vediamo…”.
 
L’angelo si passò una mano sul mento, in segno di ragionamento. Rora notò che aveva un accenno di barba incolta.
 
“…potresti chiamarmi l’angelo della finestra”.
“E se ti chiamassi Angelo della Finestra d’Oriente?”.
“Perché “d’Oriente”?” chiese lui, incuriosito.
 
I suoi occhi scuri scrutavano interrogativi la ragazza.
 
“Beh, perché questo luogo è pieno di luce. E il sole, la fonte principale della luce naturale, nasce ad oriente” concluse.
 
Era da quando si era ritrovata in quel luogo che ci pensava. L’angelo sorrise.
 
“Sì, questa è una buona osservazione”.
 
Se qualcuno li avesse osservati, avrebbe pensato che si trattasse di due bambini che litigavano per un giocattolo. Trovato il giusto accordo, ora si erano rappacificati.
L’Angelo della Finestra d’Oriente alzò il sguardo in alto. Rora fece lo stesso e vide che osservava di nuovo il cielo azzurro oltre la soglia della finestra; la ragazza di volto a guardare il suo volto: aveva un’aria malinconica.
 
“Che succede?” chiese la ragazza.
“Devo andare” disse lui, semplicemente.
 
Le sorrise. Rora abbassò lo sguardo e annuì. Si sentiva leggermente sconfortata. Ora, oltre a dover riunire persone che lei non ricordava di aver conosciuto per gettare la Congrega Nera nell’Oblio, doveva scoprire chi fosse quell’angelo per liberare il suo misterioso potere, senza avere indizi sufficienti per iniziare le ricerche. Una mano dalla pelle liscissima le accarezzò una guancia. Lei si voltò a guardare nuovamente l’angelo. Sembrava che le avesse letto nel pensiero e avesse capito.
 
“Ricordati che non sei sola, Rora” le disse.
 
Poi, con un ultimo sorriso, l’angelo si voltò e spiccò il volo verso la finestra. Le ali bianche spiegate si muovevano aritmicamente, mentre tutto attorno a lei iniziava a diventare di un bianco abbacinante; l’ultimo bagliore d’immagine che Rora vide fu l’angelo che si posava dolcemente sul davanzale della finestra e la sua immagine che si stagliava nitida nello sfondo del cielo azzurro alle sue spalle. Il bianco prese definitivamente il sopravvento e non ci fu più nulla da vedere.
 
***
 
Cornelio Stadt guardò fuori dalla finestrella della sua cella. I suoi occhi azzurri scrutavano le nuvole illuminate d’arancione: era ormai l’alba. Nonostante quel bellissimo spettacolo, quel giorno sarebbe stato grigio e piovoso; si sentiva ancora a disagio, se pensava che alla fine avevano scoperto anche lui, solo perché era un buon amico di Trashiraa. Sapeva che se Aelithia avesse proceduto in quel modo, guardando nella mente di chi era più vicino ai sospettati, sarebbe infine arrivata al Saggio Kilik e anche alla principessa Noa. Doveva mantenere il silenzio, esattamente come aveva fatto la principessa Rora, ma doveva anche comunicare agli altri della Congrega Bianca di chiudere il più possibile, senza far sospettare nulla, i loro pensieri. Ma come? Si passò una mano tra i capelli rossi, che iniziavano a presentare i primi segni della vecchiaia, diventando grigi. In fondo quattrocentosessantadue anni non sono pochi. Come avrebbe potuto comunicare con coloro che facevano parte della Congrega Bianca? Pensò al vecchio guardiano. Lo scartò subito, per due motivi; il primo era che la torre Nord, da dove si vedeva bene tutto il palazzo di Arvar, era troppo lontana. Secondo poi, Stadt non era sicuro di potersi fidare di quel guardiano. Si trovava lì da quando era arrivato il Conte ed era sempre stato devoto al Buio, ma aveva certe tendenze verso il bene. Lui non sapeva nulla della Congrega, ma spesso fungeva da intermediario tra qualche membro bianco e il Saggio Kilik.
Poi pensò al nuovo carceriere. Dalla notte prima, quando Pep si era lanciato alla caccia della principessa Rora, avevano messo a guardia delle carceri quel tipo smunto e scuro di pelle, ovvero Mewio. Avrebbe potuto parlare con lui; sentiva il respiro tipico del sonno leggero farsi sempre più debole, segno che il giovane uomo si stava svegliando. Il sole infatti si era levato, anche se la sua luce quel giorno era fievole. Il Conte Stadt aveva visto giusto: quel giorno avrebbe piovuto.
 
 
























 



Note di Saeko:
ci ho messo una vita ad aggiornare con le correzioni di questo capitolo ed è stata la prima dopo tanto tempo: l'11 ottobre è stato il mio primo anniversario da quando ho ripreso in mano il mio account di EFP, ho cancellato tutto e ho ripreso ad aggiornare con costanza (praticamente quasi sempre due volte a settimana); non pensavo che sarei riuscita ad arrivare sino a questo punto e ho veramente ancora tanto da dire, da correggere e da pubblicare. Tuttavia, mi rendo conto di non aver sempre la stessa forza e la stessa ispirazione di questo ultimo anno - e credo che sia anche normale. Sto facendo due lavori, sto tentando di rientrare in università e ho finalmente ripreso a leggere come facevo anni fa, se possibile anche di più; inoltre sto riprendendo man mano anche a disegnare quindi è veramente difficile mantenere il ritmo anche le pubblicazioni.
Ma il mio progetto non è finito e credo mi accompagnerà ancora per un bel pezzo, sarò semplicemente più lenta nel postare; non che interessi effettivamente a qualcuno ma insomma, lascio quest'informazione qui per i posteri, dato che bazzicherò qui sopra ancora per un po'.
Spero che questo capitolo sia piaciuto a chiunque sia arrivato sin qui e vi ricordo che lo sviluppo di questa storia è stato lasciato agli esordi e che io stessa non ho memoria di dove volessi andare a parare con quanto avevo scritto; se ci sono errori, vi prego di farmelo sapere.
Buonanotte.

Saeko's out!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Saeko_san