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Autore: K ANTHOS    25/10/2020    0 recensioni
Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?
Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?
Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.
Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Giunse poco dopo nel luogo che reputava più adatto per spostarla: una enorme quercia circondata da una fitta distesa di ginestre rendeva il posto inaccessibile a qualunque sguardo.

Aprì lo sportello, le chiuse nuovamente la bocca con lo scotch e la trascinò di peso fuori verso il cassone posteriore a copertura rigida: Sara provò ad opporsi, a fare resistenza, ma quell’uomo riuscì a spingerla dentro senza grandi difficoltà, chiudendo poi con un tonfo sordo il portello a ribalta.

Sara si ritrovò di colpo nella situazione che più di tutte odiava, il buio, il colore della paura, e precipitò nell’incubo peggiore che avrebbe mai potuto vivere: il suo.

Per la prima volta nella sua vita si sentì sola e abbandonata, cosciente di essere finita nelle mani di un mostro e consapevole che la sua vita sarebbe presto terminata.

La paura per quello che avrebbe dovuto presto affrontare la pietrificò, le orecchie cominciarono a restituirle suoni attutiti e lontani: il buio, il caldo, la mancanza d’aria ed il senso di claustrofobia ebbero la meglio e svenne.

Si risvegliò poco dopo a causa di una profonda buca che il pick-up non era riuscito ad evitare: era madida di sudore e non appena si riebbe provò a muoversi, a tirare calci per fare rumore ma le fascette ostacolavano dolorosamente ogni sua mossa e dalla gola le uscivano solo suoni gutturali strozzati.

Più volte venne sbalzata violentemente contro le pareti del cassone, quell’uomo vagava oramai da ore per le campagne cercando di evitare le vie principali, eppure Sara udiva ogni tanto in lontananza il suono delle sirene ed un elicottero sembrava con insistenza aggirarsi sulla zona.

 

Nel primo pomeriggio raggiunse una delle stalle di fortuna della sua proprietà e decise di attendere lì che calasse la sera.

Parcheggiò svelto sotto la tettoia, scese e per prima cosa si diresse al portello posteriore: tirò fuori Sara completamente stremata, faticava addirittura a stare in piedi per quanto era esausta.

-Rimani ferma qui- le intimò lui.

Sparì per qualche secondo e ricomparve con un ingombrante telo mimetico con il quale coprì scrupolosamente l’auto.

Sara gli fece capire che doveva parlargli.

-Cosa vuoi?-

I suoi occhi erano imploranti.

-Facciamo così… io ti tolgo lo scotch, ma se ti metti a urlare ti taglio immediatamente la gola… sai che ne sono capace… va bene? Mi hai capito?- minacciò l’uomo.

Sara fece cenno di sì con la testa.

Le tolse il nastro e cominciò a respirare a pieni polmoni: il pianto le aveva infatti provocato l’irritazione delle vie aeree impedendole di far entrare sufficiente aria dal naso.

-Devo andare in bagno…- fece lei quasi ansimando.

-Ti accompagno-

-No… da sola…- gli disse impaurita.

-Non sei in grado di dettare regole puttanella-

-Allora no…- aveva paura che approfittasse della sua nudità per farle qualcosa. 

-Vuoi fartela addosso quindi?-

Sara tacque, ne sarebbe stata capace.

-Ascolta… ti lego questa corda alla fascetta delle mani, ma se provi a scappare per te è fatta…- la minacciò serio.

Sara annuì impaurita.

Procedette calmo ad annodare la corda, quindi tagliò con il coltello la fascetta ai piedi.

Sara trovò posto tra la macchina e la lamiera del capanno: riuscì con difficoltà a calarsi i pantaloni, si accovacciò e si liberò dell’urina che tratteneva da ore.

Mentre si rivestiva gettò uno sguardo furtivo ai dintorni sbirciando tra le fessure di alcune assi per cercare di capire dove si trovasse, tuttavia non riconobbe la zona collinare destinata a pascolo che la circondava.

-Se hai fatto vieni qui… sbrigati!-

Le legò nuovamente le caviglie e la fece sedere in un posto riparato alla vista, si concentrò quindi sul percorso da fare per giungere al casale con il favore del buio.

Si sentiva molto sicuro di sé, esattamente come con i rapimenti precedenti, ma non volle trascurare alcun dettaglio, non poteva escludere del tutto che qualcuno lo avesse visto uscire dall’azienda.

Avvertì nuovamente un elicottero sorvolare una zona non molto distante: si convinse che fosse un mezzo dell’aeronautica in fase di addestramento, uno dei tanti che spesso passavano sulla sua testa a bassa quota quando era in campo aperto con il gregge.

-Ho sete…- azzardò lei.

Le porse brusco una bottiglia d’acqua e Sara bevve avidamente.

-Mangia anche un po’ di pane perché non so quando arriveremo a destinazione… poi non voglio più sentirti fiatare-

I sensi di quell’uomo erano tutti sollecitati, il suo lato selvatico e istintivo era pronto ad affrontare quella nuova sfida: non guardava quasi mai Sara, si muoveva nervosamente come se fosse solo in quel capanno.

Non era la sua priorità in quel momento, lo sarebbe stata più tardi, si sarebbe dedicato a lei solo nella sicurezza della sua proprietà.

Sara rigirava nervosamente il pezzo di pane tra le mani: il suo stomaco era completamente chiuso, il panico le aveva fatto sparire qualsiasi sentore di fame.

La sua testa era unicamente concentrata sulla ricerca di un suggerimento, di un espediente che le permettesse di fuggire da quel capanno.

Non le venne in aiuto nulla e, avvilita, provò a parlargli:

-Ascolta… io… io ti prometto che… se mi liberi non dirò a nessuno quello che è successo… io ti giuro che… mi inventerò qualcosa… sì, qualsiasi cosa… non dirò niente… io…- balbettò lei disperata.

-Zitta!- le urlò d’impeto.

-Ti imploro di lasciarmi andare… te lo giuro su ciò che ho di più caro… non dirò chi sei… non l’ho fatto fino ad ora…-

-Stai zitta!- le urlò sulla faccia prendendola per il collo.

-Tu farai solo e soltanto quello che io ti dirò di fare! Un’altra parola e so io come zittirti!-

Sara rimase pietrificata, le lacrime le rigavano le guance esangui.

-Ti piacerebbe tornare da quello stronzetto con la barba che frequenti vero?- continuò lui.

Sara trasalì:

-Nicola…-

-Non mi avresti mai guardato come guardi lui… per te io non sono all’altezza vero? Ti senti una gran figa e te la tiri… ma adesso sei mia… solo mia. Quello stronzo lo dimenticherai presto…-

L’aveva pedinata e non se ne era mai accorta.

Un brivido di terrore le corse lungo la schiena, avrebbe potuto fare del male anche al padre e a Filippo, quell’uomo sapeva tutto di lei, conosceva non solo la sua famiglia ma addirittura chi abitualmente frequentava.

La disperazione data da quella nuova consapevolezza ebbe il sopravvento e si sentì mancare: si appoggiò al capanno con la testa e si abbandonò al pianto.

Ora era pienamente cosciente che la sua decisione di intervenire nel caso Rocci aveva realmente messo in pericolo tutti quelli che amava.

 

La sera calò indifferente alla tragedia che si stava per compiere.

-Muoviamoci…- disse all’improvviso alzandosi.

La tirò in piedi strattonandola per un braccio: decise di legarle per sicurezza i polsi dietro la schiena e le chiuse la bocca nuovamente con lo scotch per non rischiare di sentirla gridare durante l’ultimo tratto di strada fino al casolare.

La trascinò verso la parte posteriore del pick-up ed aprì il portello: Sara tentò di opporsi, non voleva entrare di nuovo in quel vano buio e senza aria, ma la forza di quell’uomo fu tale che rese anche questa volta vano qualsiasi tentativo.

Tirò via velocemente il telo mimetico, salì in auto e si rimise in marcia: pochi chilometri ancora e sarebbe giunto a destinazione.

 

-Riccardo…-

-Dimmi Antonio-

-L’elicottero lo ha individuato… si sta muovendo ora… è nella sua proprietà, sembra stia ritornando al casale ma da una strada sterrata che conduce ai campi aperti…- fece Manuzzi al cellulare.

-Tutti pronti allora… andiamo-

Riccardo fece allertare gli agenti che da ore erano appostati nei pressi della proprietà.

Non sapevano se Sara fosse ancora con lui e quindi la priorità era l’individuazione e la messa in sicurezza della ragazza: avrebbero aspettato che parcheggiasse e scendesse dall’auto, dovevano essere sicuri che si allontanasse da solo prima di agire.

Riccardo fu molto chiaro: con molta probabilità quell’uomo era armato e fino a quando non avessero saputo dov’era Sara dovevano cercare di scongiurare la possibilità di una sparatoria.

Raggiunse i suoi uomini poco prima di veder spuntare in lontananza la sagoma grigia del pick-up illuminato dalla luna.

   
 
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