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Autore: vermissen_stern    25/10/2020    1 recensioni
Il paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si posasse lo sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi crepacci nascosti dalle sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate.
Attraverso i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli forniva l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti che non riusciva a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un po’ per volta stava cominciando a fare il punto della situazione.
[storia ispirata principalmente ai fumetti IDW]
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Shockwave
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I
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Ormai erano giorni che se ne rimaneva chiusa in camera avvolta da coperte confortevoli e accudita come una malata dall’anziana ciclope che si premurava di portarle almeno quattro pasti al giorno, donna alquanto gentile e premurosa doveva riconoscerglielo, tutti rigorosamente abbondanti a causa del suo stato interessante. Poteva essere anche una situazione comoda, di riposo assoluto accudita da servitori accondiscendenti, se non fosse che aveva speso quei giorni a struggersi nel poco sonno e nei dolori di pancia causati da un dolore lacerante trattenuto fino a quel momento.

Aveva consumato il video nel riproduttore che le aveva donato il comandante della nave fino allo sfinimento, imparando a memoria le parole del suo compagno estinto e soffermandosi su alcuni punti a suo dire importanti. Si era messo a registrare quel video a sua insaputa – al culmine di una loro discussione abbastanza sofferta – nonostante Natah si fosse espressa in senso negativo a tutto quel suo piano con annesso sacrificio finale, ma neppure lei alla fine era riuscita a lenire quelle ferite che Megatron si portava dietro da eoni.

Il fatto di essere riuscita a portarlo dalla parte degli autobots era in realtà qualcosa a cui lo stesso Megatron anelava da tempo, ormai stanco di un esercito che non rispecchiava più gli ideali che lo avevano portato a creare la propria rivoluzione millenni addietro, conscio che ora fossero i suoi antichi nemici a rappresentare ciò che avrebbe dovuto essere lui. E invece era diventato come gli antichi senatori di Cybertron, proprio coloro a cui aveva dichiarato guerra nel nome di un popolo esasperato, tiranno sanguinario che non conosceva più la compassione.

Le parti si erano invertite, così come la storia era sempre destinata a ripetersi, vedendo in suo figlio una possibilità di riscatto personale e di rinascita per il suo popolo così marcio da essere ormai divenuto ingestibile persino per il suo stesso signore.

Una purga che gli sarebbe costata del tutto, a partire dalla sua stessa vita, ma quando Megatron si impuntava con un piano – anche dalle tinte suicide – era disposto a tutto pur di portarlo a termine. Compreso passare anche sui sentimenti delle persone che lo amavano.

“ti amo, ma proprio per questo se voglio darti un futuro a te e nostro figlio devo porre fine alla mia vita”

Queste furono le sue testuali parole al culmine di una loro discussione sofferta ma necessaria, e per quanto all’epoca le parve impossibile comprendere un simile atteggiamento nichilista ora – con il passare dei giorni – stava iniziando a comprenderlo meglio nel suo disegno più nitido.

In cuor suo sapeva che non sarebbe mai durata a lungo con lui, che non sarebbero mai potuti essere felici e contenti come nelle fiabe che suo padre le leggeva da bambina – una delle rare volte in cui aveva una interazione normale con lui, come un qualsiasi genitore e figlia – ma aveva sempre cercato di sfruttare al meglio il tempo loro concessogli. Ciò che Megatron premeva era che la sua compagna e suo figlio non subissero il marchio dell’infamia costante – imparentati con un uomo sanguinario che aveva tradito il suo stesso esercito, con il costante rischio di essere oltremodo scoperti se qualcuno li avesse traditi parlando di loro – ma che, invece, diventassero i futuri signori di un mondo nuovo. Probabilmente se non fosse morto per mano del suo stesso boia non avrebbe sortito l’effetto che desiderava – lasciando compagna e figlio a rango di reietti e un esercito allo sbando – ma necessitava di lui, di Tarn, affinché potesse usare per l’ultima volta quel timore reverenziale che il suo potere aveva generato nei secoli come collante del proprio popolo esausto. La paura che Tarn e il suo gruppo generava nelle masse come un collante efficace, fino al passaggio di potere a chi ne era predestinato per nascita.

Il punto era: come avrebbe preso quella notizia il capo inquisitore? Avrebbe accettato di essere ancora una volta la pedina di un lord dalla mente diabolica? Avrebbe messo in atto la purga estrema che Megatron desiderava? Era pur vero che tutto il piano del suo defunto compagno era molto basato sulla teoria che su fatti veri e propri.

Il padre di suo figlio aveva avuto modo diverse volte di parlarle del suo boia preferito, di come lo aveva influenzato e modellato come creata sotto le sue mani, e di come lo conoscesse bene e fosse – purtroppo contrariamente a quello che pensava Tarn – un libro aperto dannatamente prevedibile quando si trattava di intuirne le mosse.

La ragazza tuttavia – ora seduta sul bordo della propria cuccetta a rimuginare su quei foschi pensieri – ignorava come questo pozzo di prevedibilità fosse stato a un passo da reciderle la scintilla, segno che poi non era così tanto prevedibile, ma Megatron era sicuro che un uomo così privo di ambizioni e impregnato di sola ideologia religiosa avrebbe sicuramente fatto ciò che il leader dei decepticons non era riuscito a fare.

Fare pulizia all’interno delle sue file – la mossa di disertare avrebbe fatto uscire allo scoperto il marcio in maniera più plateale –e riunificare coloro che si erano allontanati con il marchio della sconfitta. E Deathsaurus non avrebbe mai concesso parola al leader dei decepticons finché questi fosse rimasto in vita, tanto più che restava comunque un valido candidato alla successione al trono.

Natah si chiese per forza di cose se il suo defunto compagno si aspettava che Tarn prendesse il potere così facilmente – impossibile non notarlo visto che aveva ufficializzato la cosa tramite canale audio, e la stessa vecchia ciclope le aveva fatto ascoltare quella registrazione – avente magari voglia di sperimentare le gioie di un comando senza limiti, e si chiese con ben più preoccupazione se prima o poi avesse preteso di condividere con lei ben altro oltre che una semplice stanza gentilmente concessale dal comandante in persona.

“Che schifo…”

Mormorò quelle parole a denti stretti, stringendosi in un abbraccio personale per cercare di mitigare dei brividi poco piacevoli non dissimili dall’angoscia. L’idea che l’assassino del suo uomo la toccasse la disgustava ad oltranza – come era naturale che fosse – ma quello che la disgustava ulteriormente era la facilità, per lei, con cui stava incassando quel lutto mettendoci una pietra sopra.

L’educazione da nobile schizzinosa che aveva ricevuto fin dall’infanzia – dalle bacchettate alle privazioni; dalla pseudo superiorità nei confronti dei popolani alle regole medioevali che comprendevano tutt’ora combattimenti al singolar tenzone – pur avendola ripudiata tutta la vita si stava facendo sentire proprio in quel momento. Una antica regola di Caminos prevedeva qualcosa di non dissimile dal “diritto di rivendicazione” emanato da Megatron – anch’egli cresciuto in un ambiente militare e pieno di regole – ove il vincitore di un duello d’onore poteva reclamare il proprio diritto su ciò che più lo aggradava. Il più delle volte le dispute combattute in tal modo nel suo pianeta natale riguardavo gli altezzosi nobili, e più precisamente erano spesso duelli di natura passionale o per vendicarsi di un torto subito. Persino una sua zia materna era passata per un simile trattamento, arrivando a sposare l’assassino del suo precedente marito, ma ciò non toglieva che la giovane femme provasse un certo disgusto per se stessa per il modo in cui ora trovasse “normale” una cosa del genere.

Aveva cercato in tutti i modi di evitare che il piano di Megatron si compisse, presa dall’istintivo senso di protezione nei confronti di un figlio non ancora nato, aveva lavorato sottobanco ad un piano veloce per scappare da responsabilità che neanche voleva. Ma quello era il suo uomo – quello era Megatron, e sarebbe arrivato a lei anche da morto – e come sua compagna aveva dimostrato di non voler più scappare nel momento esatto in cui aveva deciso di stare con lui.

Se doveva quindi far parte di tutto quel piano contorto non aveva intenzione di farlo nel silenzio di una schiava spacciata per ospite ma come la madre di quello che in futuro sarebbe dovuto diventare il capo di un intero regno. Era un suo sacrosanto diritto avere almeno una voce in capitolo sull’educazione futura di suo figlio, indisposta a lasciarlo sguazzare nella più torbida ideologia decepticon come quel fondamentalista di Tarn, ed era ora intenzionata a parlare di questo al lord inquisitore.

Posò il registratore di Megatron all’interno di un cassetto del comodino accanto alla sua cuccetta – in un silenzioso gesto di addio al proprio amato compagno. Nel bene e nel male – e decise di alzare i tacchi da quegli appartamenti raggiungendo in breve tempo il corridoio principale.

Sapeva che il suo comandante era fuori dalla propria stanza – stava fuori tutto il giorno e rientrava a sera tardi, i suoi passi pesanti erano difficili da non captare – pertanto la prima cosa da fare era magari cercarlo nei luoghi pubblici della nave… se solo avesse saputo dove fossero!

L’incrociatore della DJD era semplicemente enorme, e come se no bastasse sembrava che agli inquisitori non servissero cartelli o targhe che indicassero i luoghi di interesse in quella che era la loro base mobile. Bastavano giusto le targhette o le insegne luminose sopra le porte di riferimento, ma per il resto non una freccia che le indicasse la via… rischiando così di finire chissà dove se avesse fatto troppi passi al di fuori dei propri appartamenti.

Tuttavia, tra le ombre di quel corridoio mal illuminato, la “fortuna” accorse in aiuto della seeker quando da una porta ne uscì trafilato un individuo alto quanto lei – sugli otto metri circa – dall’armatura rossa e dalle voluminose antenne tesla che gli spuntavano curiosamente dalle spalle. E se quello poteva essere un particolare estetico insolito, il suo sguardo inesistente – sostituito da due orbite nere al posto degli occhi – la portò momentaneamente a congelarsi quanto l’esecutore decepticon si accorse di lei allargando il proprio sorriso a trentadue denti.

“Ehi… ciao! Finalmente che ti vedo in piedi! allora… come stai oggi? Necessiti di qualcosa o stai solo facendo una passeggiata? Possibilmente non da sola…?”

Quell’ultima domanda fuoriuscì in modo più attenuato rispetto alla raffica di domande precedenti, quasi come se fosse timoroso di ricevere un secco “no” da parte della bella femme, e per quanto la diretta interessata non fosse propriamente d’accordo ad avere tra i piedi uno di quegli assassini sapeva bene che forse non era il caso di dargli il due di picche al primo appuntamento.

“io… si, forse potreste essermi di aiuto signor…?”

“oh, puoi darmi del tu, quindi chiamami pure Kaon e basta. Sono il tecnico della squadra, e sono al tuo completo servizio”

“Kaon… perfetto…” proprio non ce la fece a sorridergli di rimando, ma accennò un timido cenno di assenso con la testa “avrei effettivamente bisogno di una mano, in quanto non riesco a trovare il comandante della nave e avrei necessità di parlargli”

“bè, se hai tanta voglia di parlargli allora credo proprio che a quest’ora si troverà in cucina a cenare con il resto della squadra… è proprio lì che sto andando, quindi se vuoi ti ci accompagno”

In un primo momento Natah non tenne conto del significato intrinseco di quelle parole – soffermandosi solo sulla posizione dell’attuale signore dei decepticons – ma poi si rese conto di come in quei giorni avesse praticamente perso, o quasi, il senso del tempo. Se non era per la vecchia ciclope che le allungava gentilmente i pasti forse avrebbe continuato a sguazzare nel proprio dolore come una ameba, fregandosene se fosse giorno o notte su una nave di cui neppure sapeva se era ancora ancorata su Messatine oppure in viaggio per lo spazio siderale. Era chiaro che doveva riprendersi quanto prima.

“è davvero già ora di cena…?

“quasi, ma non ti preoccupare, ti accompagnerò io”

Dette quelle parole l’esecutore chiacchierone decise di trasformarsi sotto i suoi occhi, deciso più che mai a fare il galante con la nuova arrivata, lasciando ben presto intuire alla seeker il perché di quelle strane antenne sulle spalle. E non si sentì più tranquilla nel vederlo nella sua modalità veicolare.

“una sedia…”

elettrica? Si, lo so… è una trasformazione bizzarra ma dannatamente efficace, eheh!” smise tuttavia di ridere quando la vide fare un passo indietro dubbiosa “ehm, comunque puoi stare tranquilla! Non sia mai che faccia del male alla ragazza del capo…”

“cosa?! Io non-ehi!”

Quell’insinuazione da parte del tecnico decepticon piacque decisamente poco alla nobile caduta in disgrazia, che trovò la cosa ben poco divertente per quanto magari poteva esserlo in una situazione normale, e trovò ancor meno rilassante il modo in cui quel soldato le tamponò le ginocchia per farla così cadere sul proprio rigido sedile.

Costretta a seguire quell’angheria in silenzio – temendo una ben peggiore reazione da parte di quello squilibrato se lo avesse mandato al diavolo – strinse i denti cercando di mettersi comoda nel mentre che l’inquisitore aumentava la propria velocità.

“ma… potevo camminare da sola!”

“si ma è meglio non sforzare troppo una gamba operata da poco!”

La sua voce si fece leggermente stridula nel pronunciare quelle parole, come se neppure lui credeva a quanto detto, dando una netta schiacciata sul pedale dell’acceleratore per superare una scusa patetica ancor prima di una strada scarsamente illuminata.

 

[…]

 

Come ogni incrociatore che si rispetti anche la Paceful Tyranny possedeva una sala mensa degna di rispetto – dopotutto poteva ospitare fino a cinquemila uomini al suo interno, quindi doveva pur avere lo spazio per sistemarli e sfamarli – ma per ovvie comodità tecniche la DJD preferiva mangiare nell’intimità della cucina di bordo.

In passato i vari membri della squadra si erano dati il turno per quanto riguarda preparare da mangiare durante gli orari di pausa, ma per fortuna loro da quando avevano “reclutato” l’anziana levatrice di Shockwave la qualità dei pasti era nettamente migliorata così come, di conseguenza, anche l’umore. Tuttavia, come in una di quelle storie dai risvolti umoristici tetri, l’alone di intimità simile a quello che può essere definita una famiglia disfunzionale venne interrotta dall’arrivo di un ritardatario mancante al suo consueto posto al tavolo circolare. E quando Kaon varcò la soglia della cucina, per forza di cosa l’amabile chiacchiericcio si sostituì ad un gelo imbarazzante. In quanto non era affatto da solo come a suo solito, se si escludeva il fatto che era spesso in compagnia del suo cane bizzarro.

“ti ringrazio per il passaggio, ma davvero non-”

“ah, ma non preoccuparti… in fin dei conti sei nostra ospite, giusto? Ohi, nonna! Prepara un posto in più per Natah”

Per quanto l’entrata in scena fu plateale per la suddetta ragazza, era chiaro anche per lei che non fosse propriamente la benvenuta viste le occhiate gelide e/o indifferenti che subito si accollò come un sudario. Alcuni dei mech presenti li ricordava abbastanza vagamente, visti di sfuggita quando il comandante della DJD l’aveva scortata sulla nave, ma poteva comunque giurare a se stessa che quelle stesse occhiate critiche se le era addossate già giorni prima di finire dentro quella cucina.

Fu quindi lesta a rimettersi in piedi da una sedia decisamente in fibrillazione – probabilmente Kaon aveva goduto più di tutti quel breve tratto di strada – lasciando che il suo accompagnatore si trasformasse e andasse a prendere posto al suo consueto schienale.

Fu l’unica femme ad essere seduta al tavolo – una minicon, da quello che poté constare una seeker rigida dall’imbarazzo e dal timore, molto probabilmente il medico di bordo visti gli strumenti che ancora si portava appresso – a prendere l’iniziativa di scalare di posto una volta che l’anziana ciclope trovò uno sgabello per il nuovo ospite inaspettato. Il tutto nel gelido silenzio di chi sapeva di avere a che fare con un incomodo ancora poco gradito da quella banda di assassini legalizzati. Quasi le sembrò di vederla sbuffare, ma se non altro la piccola dottoressa ebbe la premura di lasciarle il posto accanto a Tarn.

Seduta tra il suo sire e il primo ufficiale medico la scongiurava da qualunque cosa che non fossero occhiate fredde e indifferenti, ma perlomeno le lingue dei restanti esecutori se ne sarebbero ben rimaste serrate nelle loro mascelle intenti a mangiare i manicaretti di “nonna”.

“mi fa piacere vedere che stai meglio” spezzò il silenzio Tarn, guardandola di profilo e non venendo ricambiato “so per certo che nonna ti abbia trattato più che bene in questi giorni, ma non devi sentirti obbligata a cenare con noi”

“no, no… non è quello. Io…” per un momento il coraggio le mancò, sentendosi davvero piccola di fronte a quegli energumeni dall’aria truce “ho pensato che fosse più rispettoso sedermi a tavola con voi piuttosto che continuare a pensare al passato in camera mia… magari cercando di rendermi utile per il gruppo, in futuro”

Si sentì letteralmente morire, ma fu comunque abbastanza attenta dal non far tremare troppo la voce mantenendo la schiena rigida e lo sguardo verso il comandante della nave, ignorando gli altri commensali in sala da brava nobile schizzinosa.

Il gelo che fino a quel momento aveva accompagnato la sua entrata in scena si stemperò brevemente in una nuvola di stupore che si sostituì poi in breve tempo, la durata di un paio di pulsazioni della scintilla, al logico dubbio su una scelta simile da parte della nuova arrivata.

Alcuni dei componenti della famelica squadra si dettero una occhiata piuttosto accigliata – la stessa Nickel adocchiò Tarn per capire se fosse effettivamente d’accordo con una simile decisione repentina – ma la risposta da parte di un silenzioso leader non tardò ad arrivare.

“è… una iniziativa lodevole da parte tua. E sono certo che riusciremo a trovarti un impiego qui sulla nave” se si era dimostrato sospettoso della decisione della giovane fu ben abile a tenerlo nascosto, merito anche della maschera che gli ricopriva il volto “penso che sarà il caso di parlarne più tardi, magari nei miei uffici. Ora mangia la tua portata prima che si raffreddi”

La paternale coincise effettivamente con un abbondante piatto di cubetti di energon servitole sotto il naso proprio dalla cuoca di bordo, lasciandola per un momento interdetta tra la sensazione di essere stata umiliata dal leader della DJD a quella di non sapere se ringraziare il fato per essere riuscita a trovare uno spiraglio di sopravvivenza da una situazione di totale soggiogazione. Se si fosse messa a fare qualche lavoro – tipo mettersi a fare l’archivista di bordo, dato che dubitava che qualcuno si occupasse veramente del registro contabilità – all’interno della loro nave avrebbe avuto modo di tenersi impegnata e farsi una idea di chi aveva attorno… e magari risultare meno di ingombro a gente abituata a fare ben altro che la balia a tempo pieno.

Ma cercare di fregarli e tentare di contattare gli autobots, di cui comunque faceva parte in modo formale, per essere salvata in grande stile non era esattamente nei suoi piani futuri. Avrebbe solo innalzato le basi per una inutile carneficina tra antichi avversari, cosa questa che anche il suo defunto compagno voleva evitare.

Quei bastardi avevano già dimostrato di poter arrivare ovunque per ottenere quello che volevano, di poter ammazzare chiunque senza troppa difficoltà, e attualmente in grembo portava una scintilla di vita che necessitava di tutti i nutrimenti necessari per crescere forte e sana e nascere quindi il prima possibile. Se non si fosse alimentata adeguatamente probabilmente il figlio di Megatron sarebbe venuto al mondo dopo secoli – a causa di una stasi naturalmente indotta – mentre con nonna e le sue premurose cure a quanto pare il futuro erede al trono si sarebbe affacciato alla vita nel giro di pochi mesi.

Concesse un timido assenso di ringraziamento all’anziana decepticon, e si apprestò a mangiare la propria portata anche se aveva la bocca dello stomaco chiusa dalla troppa tensione.

 

[…]

 

“ma quest’uomo ha almeno una stanza normale?!”

La domanda che si pose mentalmente era effettivamente d’obbligo, perché la sventurata femme non aveva ancora avuto il piacere di visitare l’ufficio principale di Tarn e visitare quindi la sua principale collezione di cimeli collegata al defunto lord Megatron. Con tutta probabilità era sua volontà metterla ancor più in soggezione con quella raccolta di macabri trofei – i sensori sgranati di Natah non potevano fare a meno di osservare con un certo terrore i corpi svuotati di minatori deceduti da secoli e appesi alle pareti come animali imbalsamati – e purtroppo per lei ci stava riuscendo pienamente, forse non del tutto convinto dalle possibili buone intenzioni di una seeker sua prigioniera. Trovando comunque giusto istruirla su quelle orribili reliquie.

“li trovi interessanti? Sono minatori morti su Messatine durante il periodo di detenzione di Megatron… quando uno dei prigionieri moriva veniva rispedito su Cybertron, e furono usati per portare la parola del tuo compagno ovunque sul pianeta” aprì come se nulla fosse un mobiletto a ridosso di un muro e ne estrasse due bicchieri e una bottiglia di energon raffinato ma non alcoolico, volendo dare ospitalità a quel modo ad una ragazza visibilmente scossa “venivano scritti messaggi nelle loro viscere, così che le guardie non lo scoprissero…”

“lasciando poi il compito alle spie su Cybertron di ricopiarli e pubblicarli in rete. Conosco questa storia m-ma… era davvero necessario appenderli alle pareti come… oggetti?”

lo disse sorseggiando lentamente il cubo di energon che le era stato appena offerto dal padrone di casa, senza quasi neppure rendersene conto, non riuscendo comunque a staccare gli occhi da quello spettacolo tanto macabro quanto esotico. Come aveva fatto notare al lord inquisitore conosceva già quella storia per bocca dello stesso Megatron, forse una delle sue storie più tetre e disperate, rimanendone comunque affascinata nel suo orrore – come un bambino di fronte al nonno e ai suoi racconti di guerra – e tuttavia ritrovarsi sconvolta nel vederli appesi come semplici oggetti di arredamento senza vita. Era in effetti tutta un’altra faccenda.

“Non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti. Una volta morti le parti decomponibili sono state rimosse e di loro sono rimaste solo le armature… quindi è come vedere delle statue ad adornare le pareti”

 

Se la cena era stata comunque imbarazzante – consumata in un silenzio tombale e accompagnata da sguardi poco amichevoli e indifferenti (se si escludeva Kaon e il suo “sguardo” trasognante) – quel colloquio privato poteva essere considerato la ciliegina sulla torta di non benvenuto ad una ospite ancora poco gradita. Dopotutto nella DJD vigeva un principio di meritocrazia introdotto ancor prima dell’arrivo di Tarn, ma comunque ampliato da quest’ultimo da una noiosa burocrazia, e dover far da balia alla donna di un traditore non poteva certamente significare ottenere una immeritata simpatia.

“bando a convenevoli vari, da quello che ho capito hai intenzione di fare la tua parte nel gruppo… lodevole iniziativa, perché qui ognuno deve fare la propria parte come avrai già intuito, ma qualunque cosa tu abbia in mente mi auguro solo che non possa mettere in pericolo la salute tua e quella di tuo figlio”

“Cosa…? No! Certo che no, io…” si ritrovò a deglutire dolorosamente quando si accorse di aver istintivamente alzato la voce contro il proprio attuale signore “quando ho lasciato la casa di mio padre ho cominciato a lavorare come archivista nella biblioteca di quartiere, quindi ho pensato di offrirmi per assistervi al registro contabilità o nella burocrazia da sbrigare… se ne avete”

Lasciò morire lì la propria proposta non vedendolo muoversi o accennare un cenno di consenso con la testa, trovandosi per questo a distogliere lo sguardo scontenta da due sensori ottici piuttosto statici se non addirittura stupiti per le parole della giovane.

Non è che Tarn non le credesse, al contrario, solo che era genuinamente sorpreso di sapere che una nobile come lei avesse intrapreso la via della normalità con un lavoro da comune mortale che non prevedesse avere in giro troppe persone. Una normalità cercata al di fuori delle ricca mura domestiche significava solo una cosa: che con tutta probabilità Tesarus aveva ragione a sospettare che la ragazza non si trovasse più bene con il padre Attilus, soprattutto se di mezzo c’era una relazione con un uomo non propriamente normale come poteva esserlo Megatron.

Aveva molte domande che avrebbe dovuto farle nei giusti tempi e nei giusti modi… ma per quella sera bastava semplicemente ricordarle il suo posto, oltre che accontentarla in quella sua insolita richiesta.

“in effetti una mano in più sulla nave non guasterebbe, e avremmo proprio bisogno di cominciare a fare un inventario delle nostre scorte in magazzino” andò a frugare in un archivio metallico e ne estrasse un datapad che porse alla propria graziosa ospite, come suo primo oggetto di lavoro per contribuire alla loro causa “potrai incominciare da dopodomani, questo sarà il tuo strumento di lavoro principale, per ora puoi semplicemente riposarti perché sarà ancora un lungo viaggio e ci aspetterà una giornata piuttosto impegnativa domani”

La ragazza aveva intuito che si erano messi in viaggio probabilmente da qualche giorno se non forse da meno – magari erano partiti quel pomeriggio stesso – osservando il vuoto cosmico presente dai pochi oblò sullo scafo dell’incrociatore. Ma la meta finale onestamente la incuriosiva e preoccupava al tempo stesso, pregando mentalmente che non si stessero dirigendo a fare massacro di apostati e che lei fosse in qualche modo costretta a guardare quello schifo.

“Dove… dove siamo diretti?”

“Alla torre di Shockwave per essere precisi, ma non hai nulla di cui temere. Si tratta solo di sbrigare alcune faccende burocratiche… e cercare di contattare gli ufficiali che mancano all’appello. Ci aspetta una lunga giornata domani, quindi vai a riposarti. Avremo modo nelle future serate di parlare con più tranquillità”

A quanto pare pure lui aveva intuito la volontà della seeker di ampliare maggiormente i loro colloqui – oppure egli stesso era semplicemente interessato a conoscere meglio la compagna del suo ex padrone – ma era chiaro che quella povera ragazza si era caricata di troppe emozioni per quella sera. E la stessa Natah non poteva che essere d’accordo sull’andare a dormire e scrollarsi di dosso il disagio di essere in quella stanza degli orrori in compagnia del peggiore degli aguzzini, ritrovandosi per questo ad accennargli il proprio assenso con la testa. Ma perlomeno, stando alle parole del lord inquisitore, il voler contattare i suoi ufficiali – e quindi magari cercare un modo di contattare proprio quel Deathsaurus scomparso dai radar da tempo – poteva essere riconducibile a quanto pronosticato da Megatron tempo addietro.

Forse era davvero prevedibile come il suo estinto compagno le aveva detto…

 

[…]

 

Dopo mangiato i restanti membri della squadra erano soliti passare un po’ di tempo assieme nella sala ricreativa dell’incrociatore, tra chiacchiere a voce alta – causata dall’assunzione di qualche distillato di energon alcoolico – e giochi da tavolo ormai datati. Spesso semplici costruzioni da buttare giù con una manata poco delicata, quindi poco importava se qualche pezzo andava a perdersi tra i meandri della stanza, ma era comunque un buon modo per scaricare la tensione di una giornata di lavoro sempre e comunque pesante. Anche se l’argomento di quella sera era solo uno e forse non propriamente piacevole, anche se era impossibile non parlarne.

“Ragazzi voglio essere onesto: credo di non aver mai avuto una ragazza così bella che appoggiasse le sue chiappe sul mio pacco! È stato bellissimo”

L’entusiasmo di Kaon non era esattamente condiviso da molti dei suoi compagni di squadra – tutti seduti al tavolo circolare degustandosi alcool un bicchierino dopo l’altro – ma nessuno era così di cattivo umore da iniziare una litigata vera e propria.

“Kaon, proprio non capisco… hai già nonna che dorme con te, perché senti il bisogno di guardare le altre ragazze?!”

La cinica battuta fuoriuscì dalle tremolanti labbra di un divertito Helex, nell’atto di aiutare il proprio compare Tesarus a costruire una indefinita struttura metallica con dei bastoncini fatti di medesimo materiale. Ma il risultato fu solo di far stizzire il tecnico decepticon, aumentando l’ilarità del gruppo.

“guarda che non dormiamo assieme! Il fatto che per punizione debba tenermela in camera significa solo che lei occupa la cuccetta e io me ne resto sulla mia comodissima poltrona da gaming!”

Come era logico che fosse era ovvio che Tarn finì comunque per punire quel membro del gruppo disattento e dal vizietto facile sobbarcandogli la responsabilità di badare all’accoglienza di quell’ospite inaspettato a bordo, perché per quanto Kaon avesse assicurato al gruppo un’ottima governante e una chiave di accesso sicura alla torre del ciclopico Shockwave aveva comunque compiuto una azione sbagliata per di più non informando assolutamente il proprio comandante.

 

“Oh, andiamo! Davvero devo sobbarcarmi quella… quella cosa, in camera mia?!”

“Davvero vuoi sapere quale alternativa potresti avere, Kaon?”

 

Tarn sapeva essere piuttosto convincente anche senza usare il proprio potere da outlier per sottomettere i propri uomini – cosa questa che faceva comunque di rado – ma a vedere i risultati di quell’insolita convivenza sembrava che alla fine il mech dall’armatura rossa aveva accettato velocemente la presenza della vecchia nella propria stanza personale. E questo per forza di cose aveva attirato certe chiacchiere di corridoio.

“bah, vi gasate tanto per una ragazzina autobot senza ne arte ne parte” si pronunciò il massiccio Tess, ormai divenuto brillo “manco lo tiene nascosto… lo tiene lì in bella vista come a volerci provocare! Lo sa che siamo decepticon, vero?... vero?”

“non credo che lo faccia apposta” si fece sentire Nickel, unica presenza femminile nel gruppo e intenta a bere qualcosa di analcolico, trattenendosi dal far roteare i sensori ottici “semplicemente ha avuto altro a cui pensare in questi giorni… sai com’è, compagno morto, figlio in arrivo, gente poco simpatica attorno e-”

“attaccarsi al cavo del capo come e quando vuole lui! Bwahahah!!”

La volgare battuta di un brillo Helex coincise con il gesto di una delle sue mani più piccole di distruggere la fragile torre che lui e il suo compagno di stanza Tess avevano appena finito di costruire, facendo saltare uno dei pezzi anche in un’orbita vuota di Kaon che strillò di conseguenza, fece capire alla piccola dottoressa con disgusto che forse non era stata una buona idea passare un po’ di tempo con i ragazzi dopo cena. Di solito era una cosa che faceva comunque volentieri, ma vista la situazione attuale e tutti i casini avvenuti – il loro entusiasmo per il ritorno in carreggiata coincideva con una palpabile tensione che comunque dovevano pur scaricare in qualche modo – forse era il caso di lasciare quegli energumeni al loro brodo e rintanarsi nelle proprie stanze a leggersi qualche storia d’amore – di quelle melense e piene di sconcezze – nel proprio datapad personale.

“Tarn, spero davvero tu sappia quello che stai facendo…”

Mormorò la minicon, nell’atto di incamminarsi nei propri appartamenti.

 

[…]

 

L’unico che aveva preferito restarsene fin da subito nei propri quartieri – esclusa l’ora di cena – fu l’asociale Vos decisamente preso dai propri studi scientifici che per un motivo o per l’altro non potevano aspettare.

Se si escludeva l’inusuale presenza del cane di Kaon ai suoi piedi intento a elemosinare qualcosa – forse qualche mano robotica da sgranocchiare sul tavolo da lavoro a cui stava operando lo scienziato – si poteva dire che l’allampanato individuo fosse accompagnato solo dalle scarsi luci ambrate e dagi alambicchi ricolmi di sostanze ignote ai più.

Il perché quell’insolita bestia si spingesse fino ai suoi locali rimaneva per lui un mistero, forse inconsciamente “attratta” al luogo di tortura in cui aveva applicato le modifiche necessarie per la “domesticazione” del suo predecessore – scoperto essere una spia autobots all’interno della DJD – ma quello fu comunque un dettaglio che lo avrebbe comunque portato a sorridere se solo avesse avuto le labbra sotto la sua maschera metallica.

Decise che per quella sera aveva comunque il suo lavoro da sbrigare e poco tempo da concedere a quella disgraziata creatura, lanciandogli quello che era un dito mozzato di una loro vecchia vittima – la cui designazione era ormai andata perduta da tempo – che il cane accettò tutto contento prima di ritirarsi nelle ombre. Quello che Vos aveva sotto il naso meritava tutta la sua attenzione, e forse anche quella di Shockwave quando domani sarebbero giunti alla sua dimora.

In due differenti cilindri di vetro aveva riversato quell’insolita sostanza nera e oleosa – simile per certi versi al bitume – che era rimasta intaccata nel polpaccio ferito della giovane femme, a causa di una medicazione poco attenta sulla stazione medica, e nelle nocche di una delle grandi mani di Tesarus.

In principio aveva dato per scontato che quella maleodorante sostanza fosse semplicemente sporcizia che i mortiliani si ritrovavano ad avere a causa di una scarsa igiene sacrificata letteralmente per una vita di preghiere e mutilazioni, ma ad un esame più attento era saltato fuori che la sua natura era prettamente tecnorganica. Così come potrebbe essere un loro fluido corporeo – dal più nobile al più intimo – quella sostanza nera era una sorta di droga vivente sintetizzata in chissà quale modo e da chissà quale individuo con un potere simile. Si… potere.

Perché quella cosa era in qualche modo viva ancora adesso sebbene sempre più debole e poco reattiva alle sollecitazioni – iniziava praticamente ad agitarsi se Vos allungava le dita vicino al vetro – lasciando intendere che solo un outlier poteva avere l’innata di secernere una simile sostanza che riuscisse a fare di più che rendere pazzo chi la assumeva… ma letteralmente ne soggiogava la volontà rendendolo una marionetta ambulante sia da viva che da morta. In quell’ospedale maledetto lo scienziato li aveva visti bene quei lunatici religiosi, implacabili e assetati di energon come sciacalli, pertanto era sicuro che le sue teorie non fossero semplici fantasie dettate da una mente ancora spaventata.

Aveva bisogno di attrezzature più sofisticate, e ne aveva bisogno quanto prima.

 

 

Alla fine sono tornata ad aggiornare! Non ho lasciato morire questa serie, ma per motivi vari (lo confesso, principalmente di salute) aggiornerò con tempi molto lunghi, presumo. Vi chiedo scusa e portate pazienza.

  
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