Ormai
erano giorni che se ne rimaneva chiusa in camera avvolta da coperte
confortevoli
e accudita come una malata
dall’anziana
ciclope che si premurava di portarle almeno quattro pasti al giorno,
donna
alquanto gentile e premurosa doveva riconoscerglielo, tutti
rigorosamente
abbondanti a causa del suo stato interessante. Poteva essere anche una
situazione comoda, di riposo assoluto accudita da servitori
accondiscendenti,
se non fosse che aveva speso quei giorni a struggersi nel poco sonno e
nei
dolori di pancia causati da un dolore lacerante trattenuto fino a quel
momento.
Aveva
consumato il video nel riproduttore che le aveva donato il comandante
della
nave fino allo sfinimento, imparando a memoria le parole del suo
compagno
estinto e soffermandosi su alcuni punti a suo dire importanti. Si era
messo a
registrare quel video a sua insaputa – al culmine di una loro
discussione
abbastanza sofferta – nonostante Natah si fosse espressa in
senso negativo a
tutto quel suo piano con annesso sacrificio finale, ma neppure lei alla
fine
era riuscita a lenire quelle ferite che Megatron si portava dietro da
eoni.
Il
fatto di essere riuscita a portarlo dalla parte degli autobots era in
realtà
qualcosa a cui lo stesso Megatron anelava da tempo, ormai stanco di un
esercito
che non rispecchiava più gli ideali che lo avevano portato a
creare la propria
rivoluzione millenni addietro, conscio che ora fossero i suoi antichi
nemici a
rappresentare ciò che avrebbe dovuto essere lui. E invece
era diventato come
gli antichi senatori di Cybertron, proprio coloro a cui aveva
dichiarato guerra
nel nome di un popolo esasperato, tiranno sanguinario che non conosceva
più la
compassione.
Le
parti si erano invertite, così come la storia era sempre
destinata a ripetersi,
vedendo in suo figlio una possibilità di riscatto personale
e di rinascita per
il suo popolo così marcio da essere ormai divenuto
ingestibile persino per il
suo stesso signore.
Una
purga che gli sarebbe costata del tutto, a partire dalla sua stessa
vita, ma
quando Megatron si impuntava con un piano – anche dalle tinte
suicide – era
disposto a tutto pur di portarlo a termine. Compreso passare anche sui
sentimenti delle persone che lo amavano.
“ti
amo, ma proprio per questo se
voglio darti un futuro a te e nostro figlio devo porre fine alla mia
vita”
Queste
furono le sue testuali parole al culmine di una loro discussione
sofferta ma
necessaria, e per quanto all’epoca le parve impossibile
comprendere un simile
atteggiamento nichilista ora – con il passare dei giorni
– stava iniziando a
comprenderlo meglio nel suo disegno più nitido.
In
cuor suo sapeva che non sarebbe mai durata a lungo con lui, che non
sarebbero
mai potuti essere felici e contenti come nelle fiabe che suo padre le
leggeva
da bambina – una delle rare volte in cui aveva una
interazione normale con lui,
come un qualsiasi genitore e figlia – ma aveva sempre cercato
di sfruttare al
meglio il tempo loro concessogli. Ciò che Megatron premeva
era che la sua
compagna e suo figlio non subissero il marchio dell’infamia
costante –
imparentati con un uomo sanguinario che aveva tradito il suo stesso
esercito,
con il costante rischio di essere oltremodo scoperti se qualcuno li
avesse
traditi parlando di loro – ma che, invece, diventassero i
futuri signori di un
mondo nuovo. Probabilmente se non fosse morto per mano del suo stesso
boia non
avrebbe sortito l’effetto che desiderava –
lasciando compagna e figlio a rango
di reietti e un esercito allo sbando – ma necessitava di lui,
di Tarn, affinché
potesse usare per l’ultima volta quel timore reverenziale che
il suo potere
aveva generato nei secoli come collante del proprio popolo esausto. La
paura
che Tarn e il suo gruppo generava nelle masse come un collante
efficace, fino
al passaggio di potere a chi ne era predestinato per nascita.
Il
punto era: come avrebbe preso quella notizia il capo inquisitore?
Avrebbe
accettato di essere ancora una volta la pedina di un lord dalla mente
diabolica? Avrebbe messo in atto la purga estrema che Megatron
desiderava? Era
pur vero che tutto il piano del suo defunto compagno era molto basato
sulla
teoria che su fatti veri e propri.
Il
padre di suo figlio aveva avuto modo diverse volte di parlarle del suo
boia
preferito, di come lo aveva influenzato e modellato come creata sotto
le sue
mani, e di come lo conoscesse bene e fosse – purtroppo
contrariamente a quello
che pensava Tarn – un libro aperto dannatamente prevedibile
quando si trattava
di intuirne le mosse.
La
ragazza tuttavia – ora seduta sul bordo della propria
cuccetta a rimuginare su
quei foschi pensieri – ignorava come questo pozzo di
prevedibilità fosse stato
a un passo da reciderle la scintilla, segno che poi non era
così tanto
prevedibile, ma Megatron era sicuro che un uomo così privo
di ambizioni e
impregnato di sola ideologia religiosa avrebbe sicuramente fatto
ciò che il
leader dei decepticons non era riuscito a fare.
Fare
pulizia all’interno delle sue file – la mossa di
disertare avrebbe fatto uscire
allo scoperto il marcio in maniera più plateale –e
riunificare coloro che si
erano allontanati con il marchio della sconfitta. E Deathsaurus non
avrebbe mai
concesso parola al leader dei decepticons finché questi
fosse rimasto in vita,
tanto più che restava comunque un valido candidato alla
successione al trono.
Natah
si chiese per forza di cose se il suo defunto compagno si aspettava che
Tarn
prendesse il potere così facilmente – impossibile
non notarlo visto che aveva
ufficializzato la cosa tramite canale audio, e la stessa vecchia
ciclope le
aveva fatto ascoltare quella registrazione – avente magari
voglia di
sperimentare le gioie di un comando senza limiti, e si chiese con ben
più preoccupazione
se prima o poi avesse preteso di condividere con lei ben
altro oltre che una
semplice stanza gentilmente concessale dal comandante in persona.
“Che
schifo…”
Mormorò
quelle parole a denti stretti, stringendosi in un abbraccio personale
per cercare
di mitigare dei brividi poco piacevoli non dissimili
dall’angoscia. L’idea che
l’assassino del suo uomo la toccasse la disgustava ad
oltranza – come era
naturale che fosse – ma quello che la disgustava
ulteriormente era la facilità,
per lei, con cui stava incassando quel lutto mettendoci una pietra
sopra.
L’educazione
da nobile schizzinosa che aveva ricevuto fin dall’infanzia
– dalle bacchettate
alle privazioni; dalla pseudo superiorità nei confronti dei
popolani alle
regole medioevali che comprendevano tutt’ora combattimenti al
singolar tenzone
– pur avendola ripudiata tutta la vita si stava facendo
sentire proprio in quel
momento. Una antica regola di Caminos prevedeva qualcosa di non
dissimile dal
“diritto di rivendicazione” emanato da Megatron
– anch’egli cresciuto in un
ambiente militare e pieno di regole – ove il vincitore di un
duello d’onore
poteva reclamare il proprio diritto su ciò che
più lo aggradava. Il più delle
volte le dispute combattute in tal modo nel suo pianeta natale
riguardavo gli
altezzosi nobili, e più precisamente erano spesso duelli di
natura passionale o
per vendicarsi di un torto subito. Persino una sua zia materna era
passata per
un simile trattamento, arrivando a sposare l’assassino del
suo precedente
marito, ma ciò non toglieva che la giovane femme provasse un
certo disgusto per
se stessa per il modo in cui ora trovasse “normale”
una cosa del genere.
Aveva
cercato in tutti i modi di evitare che il piano di Megatron si
compisse, presa
dall’istintivo senso di protezione nei confronti di un figlio
non ancora nato,
aveva lavorato sottobanco ad un piano veloce per scappare da
responsabilità che
neanche voleva. Ma quello era il suo uomo – quello era
Megatron, e sarebbe
arrivato a lei anche da morto – e come sua compagna aveva
dimostrato di non
voler più scappare nel momento esatto in cui aveva deciso di
stare con lui.
Se
doveva quindi far parte di tutto quel piano contorto non aveva
intenzione di
farlo nel silenzio di una schiava spacciata per ospite ma come la madre
di
quello che in futuro sarebbe dovuto diventare il capo di un intero
regno. Era
un suo sacrosanto diritto avere almeno una voce in capitolo
sull’educazione
futura di suo figlio, indisposta a lasciarlo sguazzare nella
più torbida
ideologia decepticon come quel fondamentalista di Tarn, ed era ora
intenzionata
a parlare di questo al lord inquisitore.
Posò
il registratore di Megatron all’interno di un cassetto del
comodino accanto
alla sua cuccetta – in un silenzioso gesto di addio al
proprio amato compagno.
Nel bene e nel male – e decise di alzare i tacchi da quegli
appartamenti
raggiungendo in breve tempo il corridoio principale.
Sapeva
che il suo comandante era fuori dalla propria stanza – stava
fuori tutto il
giorno e rientrava a sera tardi, i suoi passi pesanti erano difficili
da non
captare – pertanto la prima cosa da fare era magari cercarlo
nei luoghi
pubblici della nave… se solo avesse saputo dove fossero!
L’incrociatore
della DJD era semplicemente enorme, e come se no bastasse sembrava che
agli
inquisitori non servissero cartelli o targhe che indicassero i luoghi
di interesse
in quella che era la loro base mobile. Bastavano giusto le targhette o
le
insegne luminose sopra le porte di riferimento, ma per il resto non una
freccia
che le indicasse la via… rischiando così di
finire chissà dove se avesse fatto
troppi passi al di fuori dei propri appartamenti.
Tuttavia,
tra le ombre di quel corridoio mal illuminato, la
“fortuna” accorse in aiuto
della seeker quando da una porta ne uscì trafilato un
individuo alto quanto lei
– sugli otto metri circa – dall’armatura
rossa e dalle voluminose antenne tesla
che gli spuntavano curiosamente dalle spalle. E se quello poteva essere
un
particolare estetico insolito, il suo sguardo inesistente –
sostituito da due
orbite nere al posto degli occhi – la portò
momentaneamente a congelarsi quanto
l’esecutore decepticon si accorse di lei allargando il
proprio sorriso a
trentadue denti.
“Ehi…
ciao! Finalmente che ti vedo in piedi! allora… come stai
oggi? Necessiti di
qualcosa o stai solo facendo una passeggiata? Possibilmente non da
sola…?”
Quell’ultima
domanda fuoriuscì in modo più attenuato rispetto
alla raffica di domande
precedenti, quasi come se fosse timoroso di ricevere un secco
“no” da parte
della bella femme, e per quanto la diretta interessata non fosse
propriamente
d’accordo ad avere tra i piedi uno di quegli assassini sapeva
bene che forse
non era il caso di dargli il due di picche al primo appuntamento.
“io…
si, forse potreste essermi di aiuto signor…?”
“oh,
puoi darmi del tu, quindi chiamami pure Kaon e basta. Sono il tecnico
della
squadra, e sono al tuo completo
servizio”
“Kaon…
perfetto…” proprio non ce la fece a sorridergli di
rimando, ma accennò un
timido cenno di assenso con la testa “avrei effettivamente
bisogno di una mano,
in quanto non riesco a trovare il comandante della nave e avrei
necessità di
parlargli”
“bè,
se hai tanta voglia di parlargli allora credo proprio che a
quest’ora si
troverà in cucina a cenare con il resto della
squadra… è proprio lì che sto
andando, quindi se vuoi ti ci accompagno”
In
un primo momento Natah non tenne conto del significato intrinseco di
quelle
parole – soffermandosi solo sulla posizione
dell’attuale signore dei
decepticons – ma poi si rese conto di come in quei giorni
avesse praticamente
perso, o quasi, il senso del tempo. Se non era per la vecchia ciclope
che le
allungava gentilmente i pasti forse avrebbe continuato a sguazzare nel
proprio
dolore come una ameba, fregandosene se fosse giorno o notte su una nave
di cui
neppure sapeva se era ancora ancorata su Messatine oppure in viaggio
per lo
spazio siderale. Era chiaro che doveva riprendersi quanto prima.
“è
davvero già ora di cena…?
“quasi,
ma non ti preoccupare, ti accompagnerò io”
Dette
quelle parole l’esecutore chiacchierone decise di
trasformarsi sotto i suoi
occhi, deciso più che mai a fare il galante con la nuova
arrivata, lasciando
ben presto intuire alla seeker il perché di quelle strane
antenne sulle spalle.
E non si sentì più tranquilla nel vederlo nella
sua modalità veicolare.
“una
sedia…”
“elettrica? Si, lo so…
è una
trasformazione bizzarra ma dannatamente efficace, eheh!”
smise tuttavia di
ridere quando la vide fare un passo indietro dubbiosa “ehm,
comunque puoi stare
tranquilla! Non sia mai che faccia del male alla ragazza del
capo…”
“cosa?!
Io non-ehi!”
Quell’insinuazione
da parte del tecnico decepticon piacque decisamente poco alla nobile
caduta in
disgrazia, che trovò la cosa ben poco divertente per quanto
magari poteva
esserlo in una situazione normale, e trovò ancor meno
rilassante il modo in cui
quel soldato le tamponò le ginocchia per farla
così cadere sul proprio rigido
sedile.
Costretta
a seguire quell’angheria in silenzio – temendo una
ben peggiore reazione da
parte di quello squilibrato se lo avesse mandato al diavolo –
strinse i denti
cercando di mettersi comoda nel mentre che l’inquisitore
aumentava la propria
velocità.
“ma…
potevo camminare da sola!”
“si
ma è meglio non sforzare troppo una gamba operata da
poco!”
La
sua voce si fece leggermente stridula nel pronunciare quelle parole,
come se
neppure lui credeva a quanto detto, dando una netta schiacciata sul
pedale
dell’acceleratore per superare una scusa patetica ancor prima
di una strada
scarsamente illuminata.
[…]
Come
ogni incrociatore che si rispetti anche la Paceful Tyranny possedeva
una sala
mensa degna di rispetto – dopotutto poteva ospitare fino a
cinquemila uomini al
suo interno, quindi doveva pur avere lo spazio per sistemarli e
sfamarli – ma
per ovvie comodità tecniche la DJD preferiva mangiare
nell’intimità della
cucina di bordo.
In
passato i vari membri della squadra si erano dati il turno per quanto
riguarda
preparare da mangiare durante gli orari di pausa, ma per fortuna loro
da quando
avevano “reclutato” l’anziana levatrice
di Shockwave la qualità dei pasti era
nettamente migliorata così come, di conseguenza, anche
l’umore. Tuttavia, come
in una di quelle storie dai risvolti umoristici tetri,
l’alone di intimità
simile a quello che può essere definita una famiglia
disfunzionale venne
interrotta dall’arrivo di un ritardatario mancante al suo
consueto posto al
tavolo circolare. E quando Kaon varcò la soglia della
cucina, per forza di cosa
l’amabile chiacchiericcio si sostituì ad un gelo
imbarazzante. In quanto non
era affatto da solo come a suo solito, se si escludeva il fatto che era
spesso
in compagnia del suo cane bizzarro.
“ti
ringrazio per il passaggio, ma davvero non-”
“ah,
ma non preoccuparti… in fin dei conti sei nostra ospite,
giusto? Ohi, nonna! Prepara un
posto in più per
Natah”
Per
quanto l’entrata in scena fu plateale per la suddetta
ragazza, era chiaro anche
per lei che non fosse propriamente la benvenuta viste le occhiate
gelide e/o
indifferenti che subito si accollò come un sudario. Alcuni
dei mech presenti li
ricordava abbastanza vagamente, visti di sfuggita quando il comandante
della
DJD l’aveva scortata sulla nave, ma poteva comunque giurare a
se stessa che
quelle stesse occhiate critiche se le era addossate già
giorni prima di finire
dentro quella cucina.
Fu
quindi lesta a rimettersi in piedi da una sedia decisamente in
fibrillazione –
probabilmente Kaon aveva goduto più di tutti quel breve
tratto di strada –
lasciando che il suo accompagnatore si trasformasse e andasse a
prendere posto
al suo consueto schienale.
Fu
l’unica femme ad essere seduta al tavolo – una
minicon, da quello che poté
constare una seeker rigida dall’imbarazzo e dal timore, molto
probabilmente il
medico di bordo visti gli strumenti che ancora si portava appresso
– a prendere
l’iniziativa di scalare di posto una volta che
l’anziana ciclope trovò uno
sgabello per il nuovo ospite inaspettato. Il tutto nel gelido silenzio
di chi
sapeva di avere a che fare con un incomodo ancora poco gradito da
quella banda
di assassini legalizzati. Quasi le sembrò di vederla
sbuffare, ma se non altro
la piccola dottoressa ebbe la premura di lasciarle il posto accanto a
Tarn.
Seduta
tra il suo sire e il primo ufficiale medico la scongiurava da qualunque
cosa che
non fossero occhiate fredde e indifferenti, ma perlomeno le lingue dei
restanti
esecutori se ne sarebbero ben rimaste serrate nelle loro mascelle
intenti a
mangiare i manicaretti di “nonna”.
“mi
fa piacere vedere che stai meglio” spezzò il
silenzio Tarn, guardandola di
profilo e non venendo ricambiato “so per certo che nonna ti
abbia trattato più
che bene in questi giorni, ma non devi sentirti obbligata a cenare con
noi”
“no,
no… non è quello. Io…” per
un momento il coraggio le mancò, sentendosi davvero
piccola di fronte a quegli energumeni dall’aria truce
“ho pensato che fosse più
rispettoso sedermi a tavola con voi piuttosto che continuare a pensare
al
passato in camera mia… magari cercando di rendermi utile per
il gruppo, in
futuro”
Si
sentì letteralmente morire, ma fu comunque abbastanza
attenta dal non far
tremare troppo la voce mantenendo la schiena rigida e lo sguardo verso
il
comandante della nave, ignorando gli altri commensali in sala da brava
nobile
schizzinosa.
Il
gelo che fino a quel momento aveva accompagnato la sua entrata in scena
si
stemperò brevemente in una nuvola di stupore che si
sostituì poi in breve tempo,
la durata di un paio di pulsazioni della scintilla, al logico dubbio su
una
scelta simile da parte della nuova arrivata.
Alcuni
dei componenti della famelica squadra si dettero una occhiata piuttosto
accigliata – la stessa Nickel adocchiò Tarn per
capire se fosse effettivamente
d’accordo con una simile decisione repentina – ma
la risposta da parte di un
silenzioso leader non tardò ad arrivare.
“è…
una iniziativa lodevole da parte tua. E sono certo che riusciremo a
trovarti un
impiego qui sulla nave” se si era dimostrato sospettoso della
decisione della
giovane fu ben abile a tenerlo nascosto, merito anche della maschera
che gli
ricopriva il volto “penso che sarà il caso di
parlarne più tardi, magari nei
miei uffici. Ora mangia la tua portata prima che si raffreddi”
La
paternale coincise effettivamente con un abbondante piatto di cubetti
di
energon servitole sotto il naso proprio dalla cuoca di bordo,
lasciandola per
un momento interdetta tra la sensazione di essere stata umiliata dal
leader
della DJD a quella di non sapere se ringraziare il fato per essere
riuscita a
trovare uno spiraglio di sopravvivenza da una situazione di totale
soggiogazione. Se si fosse messa a fare qualche lavoro – tipo
mettersi a fare
l’archivista di bordo, dato che dubitava che qualcuno si
occupasse veramente
del registro contabilità – all’interno
della loro nave avrebbe avuto modo di
tenersi impegnata e farsi una idea di chi aveva attorno… e
magari risultare
meno di ingombro a gente abituata a fare ben altro che la balia a tempo
pieno.
Ma
cercare di fregarli e tentare di contattare gli autobots, di cui
comunque
faceva parte in modo formale, per essere salvata in grande stile non
era
esattamente nei suoi piani futuri. Avrebbe solo innalzato le basi per
una
inutile carneficina tra antichi avversari, cosa questa che anche il suo
defunto
compagno voleva evitare.
Quei
bastardi avevano già dimostrato di poter arrivare ovunque
per ottenere quello
che volevano, di poter ammazzare chiunque senza troppa
difficoltà, e
attualmente in grembo portava una scintilla di vita che necessitava di
tutti i
nutrimenti necessari per crescere forte e sana e nascere quindi il
prima
possibile. Se non si fosse alimentata adeguatamente probabilmente il
figlio di
Megatron sarebbe venuto al mondo dopo secoli – a causa di una
stasi
naturalmente indotta – mentre con nonna e le sue premurose
cure a quanto pare
il futuro erede al trono si sarebbe affacciato alla vita nel giro di
pochi
mesi.
Concesse
un timido assenso di ringraziamento all’anziana decepticon, e
si apprestò a
mangiare la propria portata anche se aveva la bocca dello stomaco
chiusa dalla
troppa tensione.
[…]
“ma
quest’uomo ha almeno una stanza
normale?!”
La
domanda che si pose mentalmente era effettivamente d’obbligo,
perché la
sventurata femme non aveva ancora avuto il piacere di visitare
l’ufficio
principale di Tarn e visitare quindi la sua principale collezione di
cimeli
collegata al defunto lord Megatron. Con tutta probabilità
era sua volontà
metterla ancor più in soggezione con quella raccolta di
macabri trofei – i
sensori sgranati di Natah non potevano fare a meno di osservare con un
certo
terrore i corpi svuotati di minatori deceduti da secoli e appesi alle
pareti
come animali imbalsamati – e purtroppo per lei ci stava
riuscendo pienamente, forse
non del tutto convinto dalle possibili buone intenzioni di una seeker
sua
prigioniera. Trovando comunque giusto istruirla su quelle orribili
reliquie.
“li
trovi interessanti? Sono minatori morti su Messatine durante il periodo
di
detenzione di Megatron… quando uno dei prigionieri moriva
veniva rispedito su
Cybertron, e furono usati per portare la parola del tuo compagno
ovunque sul
pianeta” aprì come se nulla fosse un mobiletto a
ridosso di un muro e ne
estrasse due bicchieri e una bottiglia di energon raffinato ma non
alcoolico,
volendo dare ospitalità a quel modo ad una ragazza
visibilmente scossa
“venivano scritti messaggi nelle loro viscere,
così che le guardie non lo
scoprissero…”
“lasciando
poi il compito alle spie su Cybertron di ricopiarli e pubblicarli in
rete.
Conosco questa storia m-ma… era davvero necessario
appenderli alle pareti come…
oggetti?”
lo
disse sorseggiando lentamente il cubo di energon che le era stato
appena
offerto dal padrone di casa, senza quasi neppure rendersene conto, non
riuscendo comunque a staccare gli occhi da quello spettacolo tanto
macabro
quanto esotico. Come aveva fatto notare al lord inquisitore conosceva
già
quella storia per bocca dello stesso Megatron, forse una delle sue
storie più
tetre e disperate, rimanendone comunque affascinata nel suo orrore
– come un
bambino di fronte al nonno e ai suoi racconti di guerra – e
tuttavia ritrovarsi
sconvolta nel vederli appesi come semplici oggetti di arredamento senza
vita. Era in effetti tutta un’altra
faccenda.
“Non
c’è nulla di cui tu debba preoccuparti. Una volta
morti le parti decomponibili
sono state rimosse e di loro sono rimaste solo le armature…
quindi è come
vedere delle statue ad adornare le pareti”
Se
la cena era stata comunque imbarazzante – consumata in un
silenzio tombale e
accompagnata da sguardi poco amichevoli e indifferenti (se si escludeva
Kaon e
il suo “sguardo” trasognante) – quel
colloquio privato poteva essere
considerato la ciliegina sulla torta di non
benvenuto ad una ospite ancora poco gradita. Dopotutto nella DJD vigeva
un
principio di meritocrazia introdotto ancor prima dell’arrivo
di Tarn, ma
comunque ampliato da quest’ultimo da una noiosa burocrazia, e
dover far da
balia alla donna di un traditore non poteva certamente significare
ottenere una
immeritata simpatia.
“bando
a convenevoli vari, da quello che ho capito hai intenzione di fare la
tua parte
nel gruppo… lodevole iniziativa, perché qui
ognuno deve fare la propria parte
come avrai già intuito, ma qualunque cosa tu abbia in mente
mi auguro solo che
non possa mettere in pericolo la salute tua e quella di tuo
figlio”
“Cosa…?
No! Certo che no,
io…” si ritrovò a
deglutire dolorosamente quando si accorse di aver istintivamente alzato
la voce
contro il proprio attuale signore “quando ho lasciato la casa
di mio padre ho
cominciato a lavorare come archivista nella biblioteca di quartiere,
quindi ho
pensato di offrirmi per assistervi al registro contabilità o
nella burocrazia
da sbrigare… se ne avete”
Lasciò
morire lì la propria proposta non vedendolo muoversi o
accennare un cenno di
consenso con la testa, trovandosi per questo a distogliere lo sguardo
scontenta
da due sensori ottici piuttosto statici se non addirittura stupiti per le parole della giovane.
Non
è che Tarn non le credesse, al contrario, solo che era
genuinamente sorpreso di
sapere che una nobile come lei avesse intrapreso la via della
normalità con un
lavoro da comune mortale che non prevedesse avere in giro troppe
persone. Una
normalità cercata al di fuori delle ricca mura domestiche
significava solo una
cosa: che con tutta probabilità Tesarus aveva ragione a
sospettare che la
ragazza non si trovasse più bene con il padre Attilus,
soprattutto se di mezzo
c’era una relazione con un uomo non propriamente normale come
poteva esserlo
Megatron.
Aveva
molte domande che avrebbe dovuto farle nei giusti tempi e nei giusti
modi… ma
per quella sera bastava semplicemente ricordarle il suo posto, oltre
che
accontentarla in quella sua insolita richiesta.
“in
effetti una mano in più sulla nave non guasterebbe, e
avremmo proprio bisogno
di cominciare a fare un inventario delle nostre scorte in
magazzino” andò a
frugare in un archivio metallico e ne estrasse un datapad che porse
alla
propria graziosa ospite, come suo primo oggetto di lavoro per
contribuire alla
loro causa “potrai incominciare da dopodomani, questo
sarà il tuo strumento di
lavoro principale, per ora puoi semplicemente riposarti
perché sarà ancora un
lungo viaggio e ci aspetterà una giornata piuttosto
impegnativa domani”
La
ragazza aveva intuito che si erano messi in viaggio probabilmente da
qualche
giorno se non forse da meno – magari erano partiti quel
pomeriggio stesso –
osservando il vuoto cosmico presente dai pochi oblò sullo
scafo dell’incrociatore.
Ma la meta finale onestamente la incuriosiva e preoccupava al tempo
stesso,
pregando mentalmente che non si stessero dirigendo a fare massacro di
apostati
e che lei fosse in qualche modo costretta a guardare quello schifo.
“Dove…
dove siamo diretti?”
“Alla
torre di Shockwave per essere precisi, ma non hai nulla di cui temere.
Si
tratta solo di sbrigare alcune faccende burocratiche… e
cercare di contattare
gli ufficiali che mancano all’appello. Ci aspetta una lunga
giornata domani,
quindi vai a riposarti. Avremo modo nelle future serate di parlare con
più
tranquillità”
A
quanto pare pure lui aveva intuito la volontà della seeker
di ampliare
maggiormente i loro colloqui – oppure egli stesso era
semplicemente interessato
a conoscere meglio la compagna del suo ex padrone – ma era
chiaro che quella
povera ragazza si era caricata di troppe emozioni per quella sera. E la
stessa
Natah non poteva che essere d’accordo sull’andare a
dormire e scrollarsi di
dosso il disagio di essere in quella stanza degli orrori in compagnia
del
peggiore degli aguzzini, ritrovandosi per questo ad accennargli il
proprio
assenso con la testa. Ma perlomeno, stando alle parole del lord
inquisitore, il
voler contattare i suoi ufficiali – e quindi magari cercare
un modo di
contattare proprio quel Deathsaurus scomparso dai radar da tempo
– poteva
essere riconducibile a quanto pronosticato da Megatron tempo addietro.
Forse
era davvero prevedibile come il suo estinto compagno le aveva
detto…
[…]
Dopo
mangiato i restanti membri della squadra erano soliti passare un
po’ di tempo
assieme nella sala ricreativa dell’incrociatore, tra
chiacchiere a voce alta –
causata dall’assunzione di qualche distillato di energon
alcoolico – e giochi
da tavolo ormai datati. Spesso semplici costruzioni da buttare
giù con una
manata poco delicata, quindi poco importava se qualche pezzo andava a
perdersi
tra i meandri della stanza, ma era comunque un buon modo per scaricare
la
tensione di una giornata di lavoro sempre e comunque pesante. Anche se
l’argomento di quella sera era solo uno e forse non
propriamente piacevole,
anche se era impossibile non parlarne.
“Ragazzi
voglio essere onesto: credo di non aver mai avuto una ragazza
così bella che
appoggiasse le sue chiappe sul mio pacco! È stato
bellissimo”
L’entusiasmo
di Kaon non era esattamente condiviso da molti dei suoi compagni di
squadra –
tutti seduti al tavolo circolare degustandosi alcool un bicchierino
dopo
l’altro – ma nessuno era così di cattivo
umore da iniziare una litigata vera e
propria.
“Kaon,
proprio non capisco… hai già nonna che dorme con
te, perché senti il bisogno di
guardare le altre ragazze?!”
La
cinica battuta fuoriuscì dalle tremolanti labbra di un
divertito Helex,
nell’atto di aiutare il proprio compare Tesarus a costruire
una indefinita
struttura metallica con dei bastoncini fatti di medesimo materiale. Ma
il
risultato fu solo di far stizzire il tecnico decepticon, aumentando
l’ilarità
del gruppo.
“guarda
che non dormiamo assieme! Il fatto che per punizione debba tenermela in
camera
significa solo che lei occupa la cuccetta e io me ne resto sulla mia
comodissima
poltrona da gaming!”
Come
era logico che fosse era ovvio che Tarn finì comunque per
punire quel membro
del gruppo disattento e dal vizietto facile sobbarcandogli la
responsabilità di
badare all’accoglienza di quell’ospite inaspettato
a bordo, perché per quanto
Kaon avesse assicurato al gruppo un’ottima governante e una
chiave di accesso
sicura alla torre del ciclopico Shockwave aveva comunque compiuto una
azione
sbagliata per di più non informando assolutamente il proprio
comandante.
“Oh,
andiamo! Davvero devo
sobbarcarmi quella… quella cosa, in
camera mia?!”
“Davvero
vuoi sapere quale
alternativa potresti avere, Kaon?”
Tarn
sapeva essere piuttosto convincente anche senza usare il proprio potere
da
outlier per sottomettere i propri uomini – cosa questa che
faceva comunque di
rado – ma a vedere i risultati di quell’insolita
convivenza sembrava che alla
fine il mech dall’armatura rossa aveva accettato velocemente
la presenza della
vecchia nella propria stanza personale. E questo per forza di cose
aveva
attirato certe chiacchiere di corridoio.
“bah,
vi gasate tanto per una ragazzina autobot senza ne arte ne
parte” si pronunciò
il massiccio Tess, ormai divenuto brillo “manco lo tiene
nascosto… lo tiene lì
in bella vista come a volerci provocare! Lo sa che siamo decepticon,
vero?...
vero?”
“non
credo che lo faccia apposta” si fece sentire Nickel, unica
presenza femminile
nel gruppo e intenta a bere qualcosa di analcolico, trattenendosi dal
far
roteare i sensori ottici “semplicemente ha avuto altro a cui
pensare in questi
giorni… sai com’è, compagno morto,
figlio in arrivo, gente poco simpatica
attorno e-”
“attaccarsi
al cavo del capo come e quando vuole lui! Bwahahah!!”
La
volgare battuta di un brillo Helex coincise con il gesto di una delle
sue mani
più piccole di distruggere la fragile torre che lui e il suo
compagno di stanza
Tess avevano appena finito di costruire, facendo saltare uno dei pezzi
anche in
un’orbita vuota di Kaon che strillò di
conseguenza, fece capire alla piccola
dottoressa con disgusto che forse non era stata una buona idea passare
un po’ di
tempo con i ragazzi dopo cena. Di solito era una cosa che faceva
comunque
volentieri, ma vista la situazione attuale e tutti i casini avvenuti
– il loro
entusiasmo per il ritorno in carreggiata coincideva con una palpabile
tensione
che comunque dovevano pur scaricare in qualche modo – forse
era il caso di
lasciare quegli energumeni al loro brodo e rintanarsi nelle proprie
stanze a
leggersi qualche storia d’amore – di quelle melense
e piene di sconcezze – nel proprio
datapad personale.
“Tarn,
spero davvero tu sappia quello che stai facendo…”
Mormorò
la minicon, nell’atto di incamminarsi nei propri appartamenti.
[…]
L’unico
che aveva preferito restarsene fin da subito nei propri quartieri
– esclusa l’ora
di cena – fu l’asociale Vos decisamente preso dai
propri studi scientifici che
per un motivo o per l’altro non potevano aspettare.
Se
si escludeva l’inusuale presenza del cane
di Kaon ai suoi piedi intento a elemosinare qualcosa – forse
qualche mano
robotica da sgranocchiare sul tavolo da lavoro a cui stava operando lo
scienziato – si poteva dire che l’allampanato
individuo fosse accompagnato solo
dalle scarsi luci ambrate e dagi alambicchi ricolmi di sostanze ignote
ai più.
Il
perché quell’insolita bestia si spingesse fino ai
suoi locali rimaneva per lui
un mistero, forse inconsciamente “attratta” al
luogo di tortura in cui aveva
applicato le modifiche necessarie per la
“domesticazione” del suo predecessore –
scoperto essere una spia autobots all’interno della DJD
– ma quello fu comunque
un dettaglio che lo avrebbe comunque portato a sorridere se solo avesse
avuto
le labbra sotto la sua maschera metallica.
Decise
che per quella sera aveva comunque il suo lavoro da sbrigare e poco
tempo da
concedere a quella disgraziata creatura, lanciandogli quello che era un
dito
mozzato di una loro vecchia vittima – la cui designazione era
ormai andata
perduta da tempo – che il cane accettò tutto
contento prima di ritirarsi nelle
ombre. Quello che Vos aveva sotto il naso meritava tutta la sua
attenzione, e
forse anche quella di Shockwave quando domani sarebbero giunti alla sua
dimora.
In
due differenti cilindri di vetro aveva riversato
quell’insolita sostanza nera e
oleosa – simile per certi versi al bitume – che era
rimasta intaccata nel
polpaccio ferito della giovane femme, a causa di una medicazione poco
attenta
sulla stazione medica, e nelle nocche di una delle grandi mani di
Tesarus.
In
principio aveva dato per scontato che quella maleodorante sostanza
fosse
semplicemente sporcizia che i mortiliani si ritrovavano ad avere a
causa di una
scarsa igiene sacrificata letteralmente per una vita di preghiere e
mutilazioni, ma ad un esame più attento era saltato fuori
che la sua natura era
prettamente tecnorganica.
Così come
potrebbe essere un loro fluido corporeo – dal più
nobile al più intimo – quella
sostanza nera era una sorta di droga vivente sintetizzata in
chissà quale modo
e da chissà quale individuo con un potere simile.
Si… potere.
Perché
quella cosa era in qualche modo viva ancora adesso sebbene sempre
più debole e
poco reattiva alle sollecitazioni – iniziava praticamente ad
agitarsi se Vos
allungava le dita vicino al vetro – lasciando intendere che
solo un outlier poteva avere
l’innata di
secernere una simile sostanza che riuscisse a fare di più
che rendere pazzo chi
la assumeva… ma letteralmente ne soggiogava la
volontà rendendolo una
marionetta ambulante sia da viva che da morta. In
quell’ospedale maledetto lo
scienziato li aveva visti bene quei lunatici religiosi, implacabili e
assetati
di energon come sciacalli, pertanto era sicuro che le sue teorie non
fossero
semplici fantasie dettate da una mente ancora spaventata.
Aveva
bisogno di attrezzature più sofisticate, e ne aveva bisogno
quanto prima.
Alla
fine sono tornata ad aggiornare! Non ho lasciato morire questa serie,
ma per
motivi vari (lo confesso, principalmente di salute)
aggiornerò con tempi molto
lunghi, presumo. Vi chiedo scusa e portate pazienza.