Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà, ma le cose, dopo Hill House, si sono mutate in fili sottili che hanno spezzato legami. E la verità non è pazzia, ma solitudine. Ha passato troppo tempo ad analizzare gli errori della sua famiglia, distogliendo l’attenzione dai suoi. Imperdonabili, egoisti, fragili come quei fili; fatti di ricordi, di uno scetticismo nato dalla paura e da un’anima arida come quei fogli, dove racconta bugie su un passato che torna. Come quei fantasmi, rinnegati, rimossi dalla memoria, che ora sono solo immagini sbiadite di una famiglia spaccata.

Hanno preso forma e nitidezza solo tra le righe che scriveva, tra le parole rimaneggiate, sui volti colorati di emozioni artefatte. Ritornano sempre, loro, quei fratelli bugiardi e pazzi che ha messo in una vetrina oscurata a pagamento, nella quale guardare solo tramite i suoi spioncini personali di scartoffie rilegate. Non si intrappola il passato e adesso quello torna a prenderlo, perché è dentro di lui, nel suo DNA. 

Non se n’è mai andato: l’ha seguito fino a quella porta come un fantasma che ha sempre avuto davanti agli occhi e ha sempre negato di vedere.