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Autore: Enchalott    26/10/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutta la verità
 
Si erano ritrovati all’improvviso nella sala del trono: stesi sul pavimento e circondati dagli abiti sparsi, a guardarsi negli occhi con inesauribile trasporto, con il respiro accelerato e le membra nude allacciate, frementi di eros. Anthos aveva steso il braccio e aveva agguantato il mantello, avvolgendo entrambi nella stoffa nera, che era subito divenuta calda.
«Cos’è successo?» aveva domandato Adara, spaesata dall’alternanza repentina e dal freddo inatteso.
«Mh» aveva sogghignato il principe, celando il viso contro il suo «Ho perso il controllo della zona trascendente. I poteri che possiedo sono inibiti dalla mia forma mortale, ho pensato di riuscire a fare due cose insieme, ma… »
La ragazza era arrossita nel suo abbraccio, poiché era stato manifesto a quale delle due avesse dato la precedenza.
Dopo che Irkalla aveva soddisfatto con un semplice pensiero l’istanza a favore di Dionissa, non le aveva lasciato scampo. Avevano fatto l’amore, avviluppati dalla piegatura dell’esistente: dividendo con lei quell’amplesso appassionato, l’aveva allontanata da qualunque dubbio, da ogni inquietudine, aveva dissipato la sua vergogna, strappando al tempo che scadeva un tempo al quale, secondo le sue parole, avevano sacrosanto diritto.
«Tutte le volte in cui non sono riuscita a trovarti o quando non ricevevo risposta alcuna da te…» mormorò Adara
«Ero celato in questo spazio-tempo ultraterreno. All’interno della piega dimensionale la realtà risponde a me solo, è l’unico luogo concessomi oltre a Iomhar. Ma non ho mai mancato di ascoltarti da qui.»
Al lucore delle stelle, apparse nel cielo del Nord dopo secoli di assenza, il Medaglione brillava adagiato a terra. La ragazza lo esaminò senza timore.
«È stato Ishkur a manomettere il gioiello?»
“No. A lui sarebbe convenuto lasciarlo intatto. Con i poteri sigillati in toto, mi sarei rivelato molto prima a causa dell’insofferenza verso questo corpo mortale. La penitenza stabilita per me da Amathira avrebbe favorito parimenti suo fratello, non saprei stimare con quanta consapevolezza da parte sua. È fastidioso ammettere che entrambi mi conoscono bene. Togliere l’amuleto mi restituisce il pieno controllo dell’energia spirituale, ma equivale a un’autodenuncia: il Traditore mi avrebbe subito scoperto come nei suoi biechi intenti. Invece la sostituzione della Gemma del Cielo ha concesso uno spiraglio imprevisto: mi ha permesso di restare nascosto senza privarmi delle mie pur dimezzate doti, che hanno funzionato in sordina. Essere Anthos, il reggente dalla magia arcana e micidiale, non ha destato sospetti in quella direzione e mi ha consentito di arrivare dove desideravo. La contraffazione mi ha elargito del tempo, ho avuto modo di riflettere con calma sul sistema più consono per sfuggire alla Profezia, ho tenuto a freno la mia irrequietezza. A conti fatti, si è trattato di una possibilità insperata: se così non fosse stato, noi non ci saremmo mai incontrati. Non com’è avvenuto. Suppongo che, diversamente, avrei disintegrato l’esistente senza pensarci due volte.»
Adara rammentò le occasioni in cui lui aveva manifestato il proprio potere devastante, volto a liberarsi con qualunque mezzo dalle costrizioni cui era sottoposto, passando sopra tutto con algido distacco e rabbia implacabile. Ai suoi occhi e nelle sue speranze, al presente non era più così.  
«Quindi non è stata la divina Amathira a creare una copia della Pietra blu. È stato qualcuno che, a dispetto di tutto, ti ha dimostrato affetto e fiducia. O quantomeno ti ha concesso il beneficio del dubbio.»
Il Distruttore si sollevò a sedere, riservandole uno sguardo perplesso.
«Dovrei intenderla così? Eppure, se io avessi decretato l’annientamento anni fa, ora non ci troveremmo Ishkur tra i piedi. L’avrei dissolto sul nascere senza difficoltà, insieme con il cosmo o subito dopo.»
«È vero, ma in tal caso avresti agito come un vendicatore dispotico e corroso dal risentimento, non come un giudice equanime. Non saresti risultato tanto differente dal Nemico. Chiunque abbia operato lo scambio invece, ti ha aiutato in silenzio, senza intaccare il tuo orgoglio. Non voleva che tu ti trasformassi in una furia castigatrice. Forse si tratta della medesima entità che ha modificato i versi del Testo Sacro, ponendoli in avvicendamento. Se ti avesse offerto il proprio diretto appoggio dopo la tua incarnazione, posto che fosse attuabile, tu lo avresti certo rifiutato. Io avrei fatto così, conoscendoti bene.»
Irkalla sorrise, soppesando l’esternazione priva di eufemismi. Scacco matto.
«Ti credo. Ma non hai mai frequentato gli Immortali. Nessuno ha preso le mie parti né allora né adesso, eccezion fatta per alcune divinità minori, che non hanno il potere necessario a realizzare un simile atto.»
«Non direttamente forse. Prova a scremare i candidati: considera l’intervento di una divinità tanto autorevole da intervenire su un oggetto sacro, impossibilitata a palesarti il suo supporto schietto, ma dotata di grande rettitudine. Che ha conservato immutate stima e amicizia nei tuoi riguardi, che non ha creduto alle accuse che ti sono state rivolte e non le ha gradite. Chi corrisponde alla descrizione?»
Il reggente sgranò gli occhi, contemplandola con stupore crescente. Esalò il fiato, come se la dissertazione tanto semplice gli avesse strappato dalla mente un velo che aveva mantenuto sollevato. Non un furto casuale o spregevole, bensì un’azione mirata. Ci aveva ragionato quando aveva sperimentato il vero scopo del Medaglione, ma poi… ah, certo, il suo maledetto orgoglio! Sorrise, biasimando se stesso.
«Ho detto una sciocchezza?» domandò Adara.
«Tutt’altro. Penso tu sia nel giusto.»
«Oh, allora chi…?»
Irkalla le sollevò una mano e le baciò il polso. Grazie a lei tutti i pezzi del rompicapo si erano ricollocati nella corretta posizione.
«Reshkigal.»
«Il dio della Morte?»
«Custode delle Anime. Mio fratello non ha mai soppresso nessuno, si limita ad accogliere gli spiriti che fanno ritorno al loro luogo d’origine» la corresse Anthos.
«Tuo…?!» balbettò Adara sbigottita.
Era riuscita ad assumere, esiliando le proprie pudiche insicurezze umane, il fatto che il Distruttore fosse suo marito e che avesse appena fatto l’amore con lei come un semplice mortale. Trovarsi il supremo Reshkigal come cognato era inconcepibile.
«Spiegherebbe molto altro» mormorò Irkalla, ponderando quanto gli aveva riferito Elkira qualche tempo prima, sul fatto che il dio della Morte stesse ospitando nel suo sconfinato dominio la sua antica amante.  
La principessa osservò il suo profilo perfetto, dotato dell’inconfondibile aria corrucciata e meditativa che tanto la affascinava. Averlo accanto era gioia e paura. Averlo trovato nell’uomo cui si era legata la riempiva di incontenibile felicità. Ma sapere che non era una creatura di quel mondo la precipitava nel terrore cieco. Come se lo scoccare di ogni minuto fosse quello designato a dirgli addio. Perché Irkalla apparteneva al pantheon e lì sarebbe tornato. Cercò di focalizzare altrove i pensieri, rammentando che forse la divinità era in grado di percepirli. Non lo avrebbe turbato con le proprie egoistiche angosce alle soglie di un duello fatale.
«Non dirmi che aveva ragione Dare Yoon» borbottò con incredulità «Quando hai salvato la vita a Narsas, era certo che tu fossi sceso a patti con il sommo Reshkigal. È andata così?»
Il Distruttore si rilassò, rasserenato. Per un attimo aveva pensato che il soldato elestoryano fosse a conoscenza della sua identità.
«Non lo incontro da millenni. Ho usato sull’arciere i miei poteri, più di una volta. Ma non ti voglio illudere, Adara. Anche per gli Immortali è impossibile recuperare una vita già perduta. È una legge inviolabile. Lui morirà.»
Lei annuì, riprecipitando il cuore nella consapevolezza dell’assenza di soluzioni: l’unico conforto era sapere che Narsas aveva accettato con serenità il proprio destino, estorcendole il giuramento che la obbligava a non soffrire per lui.
«Posso chiederti perché sei intervenuto? Solo per astio verso le costrizioni come mi hai raccontato?»
«In parte. L’ho aiutato perché me lo hai chiesto tu. Perché mi hai pregato con cuore sincero. È merce rara. Ma anche perché quel ragazzo, di cui non si fa menzione in nessuna divinazione o in alcun testo arcaico, mi incuriosiva e al contempo mi disturbava. Desideravo scoprire chi fosse e cosa significasse il suo voler raggiungere Jarlath. Inoltre ho pensato di sfruttare il tuo debito a mio vantaggio, ma…»
La sua stretta aumentò, così il tepore che scaturiva dal suo corpo.
«Ma in seguito ho compreso i tuoi sentimenti per lui. Se Narsas fosse trapassato, ti saresti spenta con il suo ultimo respiro e non ci sarebbe stata speranza nemmeno per me. Posto che essa esistesse, poiché l’ho sempre considerata come una stanca illusione in cui annegarmi nei momenti di sconforto. È stato un atto di egoismo, non ne vado fiero, ma non voglio che tu vi scorga altro. Se non fosse stato per me, per la mia legge, voi due sareste insieme.»
Adara gli prese il viso tra le mani, colpita dalla vibrazione sofferente della sua voce, dal dolore che gli transitò nelle iridi dorate. La ferocia che Anthos aveva sempre dimostrato era l’esternazione fisica dello scoramento avvilente provato da un dio, che avrebbe dovuto riscuotere, nel suo status naturale, deferenza e onore.
«Non accusarti di egoismo. Hai impedito che io soffrissi ed è così – concedimelo - così amorevolmente umano! Se non fosse stato per te, Narsas sarebbe morto sul mare! Non mi avrebbe trasmesso la forza di restarti accanto, non mi avrebbe inculcato il coraggio tramite l’esempio, non mi avrebbe insegnato ad amare tanto, non mi avrebbe posta difronte alla verità. Sarei rimasta la ragazzina convinta di giocare all’eroina delle fiabe, non sarei stata in grado di affrontare questo! Senza Narsas saremmo stati irrimediabilmente perduti! Ci hai salvati tutti e tre, Irkalla!»
Anthos le rivolse lo sguardo fiero di sempre, venato di malinconia.
«Lui mi ha rinfacciato quanto io ritenevo fosse un’imperdonabile debolezza: il non consentire che tu patissi era, nelle sue parole schiette, una forma d’amore per te. Esse mi hanno graffiato come uno sprone aguzzo, hanno gettato una luce impietosa sui miei sentimenti. Mi hanno costretto ad ammettere che li nutrivo nel profondo. Come hai fatto tu ogni volta che eravamo soli.»
Adara trattenne il respiro con il cuore in tumulto.
«Lui è riuscito a realizzarlo per primo. Quella notte, quando mi hai abbandonata nel suo letto, Narsas ha fatto in modo che io smettessi di negare ciò che sentivo per te. Tu… oh, perché?»
Il Distruttore le appoggiò le dita sulle labbra.
«Ricordi cosa ti ho domandato viso a viso alla città bassa?»
«Che cosa provassi per l’uomo per cui pregavo. Per tutte le dune, tu hai creduto…»
«Sì. Ho pensato che tu amassi Narsas. Di essermi illuso che tu provassi qualcosa nei miei confronti, che invece restassi al mio fianco solo per compassione verso un essere abietto e incapace di qualsiasi rettitudine. Che per me fosse finita e che mi avresti spezzato il cuore come scritto millenni orsono. Che stesse accadendo in quell’esatto istante, poiché non avevo mai provato tanta pena. Ho scelto di non sopportare l’onta, ma non avrei mai potuto pretendere la mia rivincita su di te o su di lui, quando ero io stesso l’artefice della mia tanto umana sofferenza. Non mi restava che la spada per preservare il mio onore, per non perire da sconfitto, per tornare tra i miei pari a testa alta e cercare di dimenticarti.»
«Eppure nelle mie preghiere ricordavo te!» esclamò Adara «Era il tuo nome a posare sulle mie labbra! Come hai potuto fraintendere!?»
Scoppiò in lacrime nel comprendere finalmente le ragioni dell’atteggiamento inconsueto che lui aveva mostrato sotto la pioggia e il rischio sfiorato a causa dell’equivoco. Irkalla le sfiorò il viso con dolcezza.
«Il mio più del suo. È difficile scorgere ciò che è palese, quando sembra maledettamente impossibile. Per eoni sono vissuto in solitudine, finché non sei arrivata tu. Davanti a te nessuna delle mie risoluzioni ha mai funzionato. Hai incrinato il mio gelo e le mie certezze. Tutte, senza infierire, senza prevaricare. Se tu fossi stata per me un altro travaglio, un'altra umiliazione… no, non l’avrei tollerato. La neve si è tramutata in acqua dietro a quel dubbio assillante, per il vuoto che avvertivo al pensiero che la tua anima appartenesse a un altro uomo. Ma ero io stesso, con quei sentimenti controversi dai quali non volevo escludere l’orgoglio, a consentire alla Profezia di prevalere. Ho perso la strada che ritenevo degna e percorribile perché ho tenuto gli occhi chiusi. Poi, nel buio, tu hai preso la mia mano.»
Sono… un idiota.
L’eco di quei termini tanto scabri, che il principe aveva rivolto contro se stesso, acquisì il suo reale significato, sganciato da ogni forma di arrogante riserbo. L’apocalisse prescritta li aveva lambiti con spietata puntualità. Non si era verificata poiché la loro unione completa l’aveva fermata, ma i segni della fine dell’esistente avevano continuato a infierire sui due Regni.
«Perché Iomhar ha continuato a perire?»
Il Distruttore si portò una mano al petto in atto di sincerità.
«Perché quella notte non ti ho rivelato il mio vero io. Di me avevi scelto Anthos, non Irkalla. È la divinità a essere stata condannata all’emarginazione, il tuo eterno giuramento alla mia forma umana non è stato sufficiente, neppure quando hai espresso interessamento per la sorte della mia parte immortale. L’anatema che mi è stato imposto, nelle mie ferree convinzioni e dal mio solitario punto di vista, risultava ineludibile. Ma avevi ragione tu, Adara: essere persuaso che non avrei mai ricevuto amore mi ha spinto a non offrirne, originando una catena di dolore autoimposto, che non riuscivo tuttavia a distinguere come tale. Invece ne ero la fonte primaria, mi sono ostacolato con le mie stesse mani. Il gioco sottile e spietato di Amathira era incentrato sull’effetto di prigionia mentale: pur detestandolo, ho remato in quella direzione e più il mio risentimento si accresceva, più mi avvicinavo alla fine cui ero destinato. Il mio rabbioso desiderio di vendetta corrispondeva paradossalmente all’avverarsi della Profezia. Nella vita di tutti i giorni e nei sogni, senza scampo. Fino all’istante in cui la tua preghiera non mi ha raggiunto. In quel momento mi hai distolto per un infinitesimo dalla mia cieca atrocità, dalla mia infinita solitudine e ho pensato che, forse, avrei potuto cambiare le cose. Certo a mio modo, senza rinunciare alla rivalsa legittima che mi spettava. Un passo dopo l’altro, impresso su un fragile cristallo, e ti ho incontrata. Da allora nulla è stato come avevo immaginato o programmato. Neanche il cielo del Nord, che ora è privo di nubi proprio come io davanti a te sono privo dell’ultimo segreto. Rivelato dalla luna alla Luna che avrebbe dovuto uccidermi, ma che si è opposta offrendo se stessa in cambio.»
Adara lo ascoltò commossa. Era sincero, privo di difese mentre lasciava il cuore nelle sue mani. Gli appoggiò le dita sul petto.
«Ho pensato che fosse un effetto dell’annullamento della maledizione.»
«È un effetto del tuo ti amo a ciò che sono.»
«Baciami! Baciami finché non mi passa la paura a posteriori per ciò che avrebbe potuto essere, se quella notte io…»
Irkalla si chinò su di lei, impedendole di continuare. Il calore della sua pelle incrementò come accadeva quando le sue pure emozioni prendevano il sopravvento. Le labbra di lui la trascinarono nel suo vortice, staccandola dal contingente, come ogni volta. Non perché era un dio, ma perché senza di lui non esisteva più come se stessa.
«Il tuo Aethalas non mi ha mai temuto» sussurrò il reggente, riprendendo il discorso antecedente «Neppure quando ha compreso chi fossi in realtà.»
«Narsas sapeva?»
«Sì. Mi ha riconosciuto in fretta. Difficile ingannare un’empatia come la sua.»
«Perché non me l’ha detto?»
«La sua sensibilità gli ha suggerito di non interferire, il suo senso dell’onore di mantenere il riserbo. Ha confidato in ciò che ha letto in noi e lo ha preservato. È riuscito a rappresentarmi il suo rispetto, sebbene io non lo meritassi affatto. Sebbene io non gli avessi manifestato altro che disprezzo e collera. Ogni sua parola o azione è stata volta a mandare in frantumi ciò che ci separava. Me lo hai confermato tu. Se quella notte avesse fatto l’amore con te, tutto sarebbe stato perduto. Sapeva che eravamo innamorati l’uno dell’altra e che ci stavamo perdendo dietro a uno schermo di stolta autoconservazione, composto di timori e incertezze. Osservando con integrità la vita che gli sta sfuggendo, non ci ha consentito un comportamento privo di comune buon senso. Senza imporsi ha impiegato ogni sua risorsa affinché l’amore sommerso che ci legava non andasse smarrito per un orgoglio mal riposto. Non ne ha mai dubitato, non si è sottratto alla sofferenza che ciò ha comportato, ha annullato se stesso per spingerci a essere felici anche solo per un istante in questo mondo in rovina. Non so valutare quanto abbia collegato gli effetti della nostra unione con gli eventi in corso e ritengo che abbia pensato unicamente a te, quindi a noi. Ma posso affermare con certezza che a lui dovrebbe andare la nostra imperitura riconoscenza sia che Ishkur venga sconfitto sia nel caso contrario.»
Adara si sentì dilaniare davanti alla verità evidenziata dai termini riguardosi di Irkalla. Una punta spietata a trafiggerle il cuore già ferito dalla certezza di sapere Narsas alla fine. L’affascinante guerriero, il tredicesimo uomo, il ragazzo che le aveva promesso fedeltà eterna, il suo strenuo difensore. Era necessario capire prima che fosse troppo tardi, prima che il marchio degli Anskelisia esigesse la sua vita. Prima che se ne andasse con l’animo lacerato da un dolore che non le aveva mai lasciato intuire.
«Chi è Narsas? Tu lo sai?»
«Ho a lungo pensato che fosse la personificazione dell’amore che a me era stato negato. Che possedesse tutto ciò che a me mancava e che la sorte lo avesse condotto a Jarlath per esibirlo e strapparmi l’ultima speranza. Una nemesi volta a irridermi. Ma ero in errore. A mente fredda fatico anche ora a capire quanto il suo cuore altruista conservi nella sua dimensione più segreta. Ma a te lo ha rivelato, Adara, pur senza parole. È amore puro. Credimi, non ne ho mai incontrato uno più limpido e più immenso. La sua anima ha una luce intensa, sconfinata. Essa scaturisce dall’esistenza effimera che ha trascorso anteponendo il prossimo a se stesso. È il potere più spaventoso e rassicurante che ci sia. Più forte persino di me.»
«Di te? Narsas è il dio dell’Amore?»
«No. È un comune mortale. Se fosse una divinità, il suo valore non sarebbe altrettanto grande. Il sacrificio che ha operato non sarebbe così prezioso. Non esiste un dio dell’Amore. Sarebbe una contraddizione. Se esso sorgesse per arbitrio di un Immortale e non fosse spontaneo, cesserebbe di rappresentare il prodigio puramente umano che sperimentiamo e condividiamo. Non sarebbe un dono reciproco, ma un’ingiunzione, una forzatura. Narsas, nel suo essere uomo, nel suo ardimento, è un autentico miracolo.»
La principessa non poté che assentire con il cuore che le pulsava violento nel petto. Sin dal giorno in cui avevano cavalcato affiancati sulla strada verso il Nord, l’arciere aveva comunicato con dolcezza e fermezza soltanto ciò che le parole attente di suo marito avevano riassunto. Amore. Per la sua gente, per la sua terra, per sua sorella, persino per il compito che aveva assunto e per Iomhar, per chi aveva ritenuto arido nell’anima o timoroso di lasciarsi andare. Come Anthos. Come lei! Oh, stelle! Stelle!
«Amore e basta» mormorò in subbuglio, sollevando gli occhi lucidi sul marito.
«Sì. Non dovresti avere perplessità, vero?»
«Non più. Non riuscirai mai a perdonarmi, Irkalla… sento che in una misura diversa, che non trova definizione, differente da come avviene con te, senza intaccare il giuramento sincero che ci congiunge in eterno, io lo amo. In qualche modo amo anche Narsas.»
«Lo so.»
«Tu… e non sei adirato?»
Le iridi d’ambra del Distruttore fiammeggiarono nelle sue, prive di incertezza. Non stava diffidando dei suoi sentimenti per lui né imputandole di aver sostenuto un’ignominiosa menzogna. Non rinfacciandole l’evidente legame con il ragazzo Aethalas che da sempre le aveva rimproverato, Quello che non era stata in grado di discernere, perché Narsas si era fermato a una promessa di imperitura amicizia.
«Se mi avessi confidato una cosa simile qualche tempo fa, ti assicuro che la mia prevedibile reazione non si sarebbe fatta attendere. Ma ora non mi offende. Non scalfisce la nostra promessa e non le sottrae alcunché. C’è un concetto che persino io, a dispetto della mia indole altezzosa, ho appurato osservando te, Adara: l’amore, più lo dividi, più si moltiplica. È un paradosso che si è verificato persino in questa terra maledetta. Pertanto non mi sento oltraggiato, bensì grato per ciò che mi è stato trasmesso. Con le maniere pesanti che meritavo, lo ammetto. Ma in fondo conta il risultato: tu sei con me, niente è perduto.»
La ragazza indugiò sul suo sorriso furbo, riflettendo sulle sue ultime ammissioni. Si girò e gli si sedette in grembo in un contatto epidermico che fece ardere entrambi.
«Ti riferisci al pozzo delle ombre?»
Il Distruttore strinse le palpebre con rabbia all’udire quel nome. Fece scivolare le mani lungo la sua schiena, le sue dita si soffermarono sul Crescente.
«Se vogliamo scendere nei particolari. Non mi diverte riesumare un fallimento.»
«Come sarebbe? Sei tu che mi hai sottratta a Yfrenn-ammri! L’ho sentito!»
«Te l’ho detto, Adara, non attribuirmi il merito. Non sono stato abbastanza. Ho ottenuto un deplorevole insuccesso, finché non è intervenuto l’Aethalas.»
L’amore è il potere più spaventoso e rassicurante che ci sia… più forte persino di me.
Narsas. Più forte del dio più temuto del pantheon, più forte del nulla stesso.
«Anthos…» pronunciò con dolcezza, usando volutamente il suo nome terreno «Non stai tenendo conto di un fattore. Anche tu sei umano adesso. In base a questo hai accettato l’aiuto di un’altra persona e penso di comprendere quanto ti sia costato in termini di fierezza. Una divinità non lo avrebbe preso in considerazione.»
Il principe inarcò un sopracciglio, poco convinto.
«L’arciere mi ha spronato, ha fatto in modo che avessi tempo.»
«Sì, come tu hai concesso a lui. È l’amore diviso che si è accresciuto all’infinito. Pensaci, Anthos, di quale tempo necessitavi tu che sei eterno?»
Irkalla sgranò gli occhi, mentre una lucida consapevolezza si apriva la via nel suo io. Le parole dell’arciere, quella sua risposta…
«Sai qual è il modo per salvarla?»
«No. Ma sono certo che esso risieda in voi.»
«Tempo per annullare me stesso. Per ammettere che eri solo tu a contare per me. Per ripeterti che ti amo, che privo di te non esisto, che ti ho riportato a me, perché non c’è ostacolo davanti all’amore puro che mi pervade. Più potente di me, Irkalla, che l’ho finalmente accolto, l’ho riprodotto all’infinito, l’ho usato per raggiungerti! Sconfitto sì… ho vinto da sconfitto!»
 
«Che ne farai, amore mio…» gli disse piano, nel rispiro diviso con lui «Che ne farai di questo universo piagato dall’ombra del male?»
Il dio della Distruzione si scostò per guardarla negli occhi, asciugandole le lacrime con il pollice. L’anello sponsale brillò. I due semicerchi incisi sulla sua fronte emanarono luce e buio tra le lunghe ciocche sciolte sulle spalle.
»Dormi, Adara. Riposati accanto a me nelle esigue ore che precedono l’alba. Perché domani sarà battaglia senza requie.»
 
«Cosa stai aspettando, Amathira?!» ripeté Reshkigal, fissando la volta celeste con viva preoccupazione.
«La maledizione è annullata» si giustificò lei con sorpresa estrema.
«Quel creato sta sprofondando nell’abisso! Non è cambiato nulla! Com’è possibile? Era forse troppo tardi?»
Lo sguardo sconcertato della dea fu più eloquente di qualunque risposta. La mezzaluna dorata tra le sue sopracciglia si spense, segno che aveva davvero ultimato quanto era nelle sue intenzioni riparatrici.
«No. Irkalla è ancora vivo, la ragazza non lo ha respinto e il suo cuore pulsa di gioia. Se anche non avessi ritirato l’anatema, esso si sarebbe comunque spezzato in ragione dell’amore inspiegabile che si sono promessi. Lui non ha motivo per procedere con l’annientamento.»
«Non ha motivo?» ripeté il dio della Morte, stringendo le palpebre sulle iridi argentate «Allora perché non è tornato tra noi? Perché non riacquista la propria pienezza di Immortale accedendo al pantheon?»
Amathira scosse la testa, incerta.
«Forse il mio desistere non gli è stato sufficiente o desidera vendicarsi di Ishkur.»
«Cosa!?» tuonò Reshkigal «Non può farcela in quelle condizioni! Le sue facoltà sono più che dimezzate in forma umana! Lui lo sa!»
La balconata del Palazzo delle Anime tremò in parallelo alla concitazione del suo Custode, che dovette compiere uno sforzo per contenere la propria dilagante angoscia ed evitare che l’edificio subisse danni irreparabili. La dea del Cielo impallidì: non aveva mai visto il compagno in quello stato di affanno misto a collera.
«In tal caso dovremmo considerare l’agghiacciante ipotesi che il Distruttore abbia deciso di lasciare l’annientamento del cosmo nelle mani del suo Nemico. Così attuerebbe la sua rivalsa su noi tutti senza intervenire, per punirci del nostro disinteresse e per farci pagare l’amaro scotto della sua imposta assenza.»
L’occhiata acuminata del dio della Morte la trafisse senza pietà.
«E tu osi affermare di conoscerlo. Non essere ridicola, Amathira. Irkalla non farebbe mai una cosa del genere, piuttosto piomberebbe qui per constatare se riesci a sostenere il suo sguardo dopo ciò che gli hai fatto! No, le sue ragioni sono altre e io penso di comprenderle. Non c’è altra soluzione, devi andare laggiù. Suppongo sia inutile cercare di convincere tuo fratello a recedere da questa follia, ma non possiamo privarci del benché minimo tentativo. Dovrai domandare perdono al Distruttore.»
«Se anche accettasse di vedermi, non accoglierebbe mai il mio pentimento!»
«È possibile« concesse il Custode «Ma la donna che lui ama sì. Intercederebbe per te e lo convincerebbe a recuperare i pieni poteri.»
La dea del Cielo lo guardò indecisa. Reshkigal le sfiorò la guancia con una mano.
«Va’, Amathira. Rimedia al tuo errore. Confido in te.»
Lei annuì, rincuorata dalle sue ultime parole. Si concentrò per traslare nel mondo in cui aveva esiliato il suo antico amante, ma una forza estranea la ostacolò. Guardò il compagno esterrefatta e a sua volta lui aggrottò la fronte pensieroso. Prima che potessero esprimere qualsiasi perplessità, la presenza acquisì corpo.
«Nessuno si muoverà da qui» ordinò Kalemi «In particolare tu, Amathira. Esigo da te più di una spiegazione.»
Schierati a fianco del nuovo sovrano celeste, Elkira e Valarde la guardarono con malcelata ostilità.
   
 
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